Hacker

La luce tenue di una striscia a led, incassata nel soffitto, illuminò una scrivania in plastica, in colore cemento. Appoggiato sopra, un tubo di patatine Pringles troneggiava nel nulla. Il contenitore, grazie a peperoncino piccante e pepe di Cayenna, riportava la scritta gusto hot.

Attorno al tavolino, una leggera penombra grigiastra assorbiva ogni altra forma di colore.

Il notebook che si posò sul piano in laminato apparve come un corpo estraneo, precipitato da un'altra dimensione. L'uomo che sollevò lo schermo teneva il cappuccio di una felpa calato sulla testa. Sul dorso dell'indumento un drago stilizzato sembrava pronto a vomitare fiamme infuocate

Bene, cominciamo.

Mentre si metteva in bocca due Pringles, infilò una chiavetta USB nel dispositivo.

Entriamo nel setup.

Digitò F2.

E attiviamo il boot da USB.

Ok, vai!

Diverse righe di caratteri comparvero sull'LCD. Spostò il cursore sulla linea che era comparsa a video:

Try Kali without installing

Quando diede l'invio, la stessa immagine del drago ritratto sulla felpa si materializzò sullo schermo.

L'uomo, quasi in trance, fece uscire altre patatine dal tubo, che andarono a spargersi sul ripiano. Ne prese una e la mise in bocca, masticandola come se dovesse scioglierla.

Adoro questa live Linux e adoro anche queste maledette patatine.

L'audio del computer era connesso ad auricolari wireless.

Il 34% degli americani non protegge il proprio smartphone, nemmeno con un semplice PIN a quattro cifre, e chi lo fa, non sa di auto confinarsi nel mondo dei patetici.

E questa donna appartiene di diritto all'immenso mondo dei patetici. Usa un PIN sconfortante e un riconoscimento biometrico facciale. La povera testina di cazzo non sa che il PIN è il meno peggio dei sistemi di protezione, soprattutto se ha sette cifre e non quattro fottuti digit come i suoi. Per bucare questo mi basterebbe un semplice algoritmo di forza bruta. Ma la povera illusa ha pensato bene di mettere il riconoscimento del suo faccino.

Si mise in bocca altre patatine, poi riprese a battere sulla tastiera, con tutte e dieci le dita.

È bastato scaricare quei tuoi primi piani in alta risoluzione. Era quanto mi serviva per fottere il riconoscimento facciale del tuo cazzuto iPhone. Sei molto social, stronzetta, e lasci troppe cose in giro, cose tue... cose personali.

Ma non è nemmeno stata questa la cosa più divertente. Quando, mentre ti servivo un Margarita, ho sostituito il tuo dispositivo senza nemmeno una cover, con uno identico: questa è stata la cosa più divertente. È bastato studiare alcuni video, in cui comparivi, per conoscere il modello del tuo telefono. E per trovare il tuo bar preferito, in cui ti rintani almeno una volta al mese, è bastato solo del banale social engineering. Ho assecondato lo scambio dei dispositivi  giusto il tempo per portare il tuo apparecchio nel retro, bucare il FaceID e caricarti uno spyware. Ventitré giorni come barista in cambio di quei pochi minuti che mi servivano.

Altre patatine e altre dita che battono i tasti.

Ho detto un'inesattezza. La parte più divertente è arrivata dopo, quando ti ho visto armeggiare con il tuo smartphone che non si sbloccava. Lo tenevi davanti a te, mentre cambiavi espressione, nemmeno fosse un cazzo da succhiare. E stavi per immettere il tuo codice di quattro patetici numeretti.

Poi sono arrivato io. "Mi scusi, credo che, inavvertitamente," col cazzo inavvertitamente, "ci siamo scambiati i telefoni."

Lo sguardo dell'uomo si fissò su un punto dello schermo e lui smise di masticare Pringles insaporite al gusto di chili.

Ho detto una fila di stronzate: nulla è più divertente di quanto sto sentendo ora.

*

"Non ti manca l'Università?"

"Se mi manca insegnare come trovare figure retoriche in un testo latino?"

"Ad esempio."

"Negli ultimi tempi sono più vicina a concetti come cinquanta sfumature di grigio, piuttosto che al significato delle cinquanta figure retoriche che sarei in grado di riconoscere."

"Cinquanta?"

"Sfumature di grigio?"

"No, figure retoriche."

"Sì, credo che, dall'alto della mia sapienza io possa dire di padroneggiare le profonde sfumature di almeno una cinquantina di queste, echeggiandone significati nascosti o forse solo sussurrati, in un silenzio assordante."

"Ne hai usata una ora? di queste figure..."

"Più di una."

L'altro la fissò con uno sguardo che voleva risposte e lei continuò.

"Amplificazione, ossimoro, iperbole, ironia..."

"Ok, ok... io conoscevo solo la parafrasi."

"Che non è una figura retorica, ma una ricostruzione sintattica che, semmai, prevede l'esplicitazione di figure retoriche."

"Faccio finta di aver capito. Ora ho altri pensieri in testa."

"Quali?"

"Ho voglia di te."

"Dovrai aspettare."

"Quanto?"

"Martedì prossimo."

"Dove?"

"A casa tua. Ho un incontro a poca distanza da dove abiti. Potrei passare la notte da te."

"Puoi farlo?"

"Perché no? Congedo per una notte la mia guardia del corpo."

"Così ne rimarresti senza."

"Beh, si tratterebbe solo di affidarlo a qualcun altro."

"Cosa?"

"Il mio corpo."

*

In ogni momento so dove sei.

Vedo dove navighi.

Sento le tue telefonate.

Leggo i tuoi messaggi e le tue mail.

Guardo le foto che scatti.

E quando non usi il telefono, se non sei troppo distante da quel delizioso giocattolino, posso sentire ogni cosa tu dica.

Le dita dell'uomo si libravano in un volo leggiadro sui tasti, come suonassero una melodia.

Tutte le informazioni che sto raccogliendo su di te vengono criptate in tempo reale e memorizzate in un luogo che nessuno troverà. E io sarò il custode dei tuoi segreti.

Devo solo aspettare, raccogliere dati e... aspettare.

*

"La convention è stata massacrante, ho bisogno di riposare."

"Ho già prenotato un Hotel, signora, e..."

"Annullalo."

L'uomo alla guida della Mercedes cercò lo sguardo della passeggera seduta sui sedili posteriori. Ogni suo desiderio era ordine e non andava ribattuto, doveva solo assecondarla e vegliare sulla sua incolumità.

"Mi dica dove la devo portare."

"Domani saremmo partiti per Washington a che ora?"

"Ha un incontro con il Senatore repubblicano..."

"So chi devo incontrare, chiedevo solo a che ora saremmo partiti."

"Alle 8:00, signora."

"Bene, ti risparmio la levataccia e ci avviciniamo già questa sera; ci fermeremo a Baltimora."

"Baltimora dista solo un'ora da Washington, vuole che..."

"Baltimora, ho detto."

"Certo, signora."

"Un'ultima cosa... quanti anni hai, Karl?"

"Trentotto, signora."

"Io ne ho esattamente uno più di te, quindi, smettila di chiamarmi signora... mi accelera il processo di invecchiamento."

"Come desidera, Deputata."

*

"Fra dieci minuti sono da te."

"Ho una bottiglia di Champagne semisommersa dal ghiaccio."

Lei sorrise e chiuse la telefonata.

Quando le apparve, la vide più bella che mai. Un abito nero attillato, a spalle scoperte, le scendeva appena sopra le ginocchia, esaltandone le forme. Sandali in pelle, con cinturino alla caviglia e tacco dodici, la facevano svettare oltre il suo metro e settanta.

"Sei magnifica."

"Mi fai entrare?"

Lui la invitò con un cenno galante della mano.

*

Il vestito Ralph Lauren era in terra e sul letto si intravedeva uno slip in pizzo nero a fianco di una bottiglia vuota di Champagne brut da 75 cl.

Pantaloni da uomo e una camicia stavano sulla destra del letto. Sparpagliato per la camera c'era il resto di quanto i due avevano indossato poco prima.

A lei, in realtà, erano rimasti i sandali. Mentre si muoveva sotto di lui, teneva le ginocchia sollevate e i tacchi puntati sul materasso, che sembrava si dovesse perforare da un momento all'altro.

Pochi istanti dopo l'orgasmo lei si rilassò, distese le lunghe gambe e il materasso finì di essere molestato.

Lui la abbracciò, "Sei stata fantastica."

Lei sorrise maliziosa, "Devo fare una telefonata."

Si guardò attorno, "Dove l'ho messo?"

Già, dove l'hai messo?

L'uomo col cappuccio aveva sentito ogni gemito e ogni sospiro. L'audio era così fedele e coinvolgente da averlo portato prima a toccarsi e poi a masturbarsi.

"Eccolo", lei afferrò l'apparecchio dal comodino e cercò un numero, camminando nuda per la camera, con solo i sandali.

Il telefono dell'uomo incappucciato suonò e lui sobbalzò sulla sedia.

Aveva ancora le braghe calate e non perse tempo a tirarle su.

"Abbiamo bisogno di una posizione attendibile entro domani mattina."

Lui non rispose subito.

La voce al telefono continuò, "Ce l'ha?"

"Ce l'ho."

"Bene, fra poco riceverà i codici per l'acconto di accredito, il resto solo dopo aver avuto la posizione e la conferma che sia valida."

"Invio il tracking della sua posizione attuale, resterà attivo per dodici ore."

La chiamata si chiuse e l'uomo tornò alla tastiera, senza aver ancora sollevato le braghe.

Batté INVIO, Spedite.

La ricezione di una serie di codici di una transazione in criptovaluta non tardò ad arrivare.

Perfetto, questo sì che mi fa godere.

Fu il momento in cui si tirò su mutande e calzoni.

Chiuse il coperchio del laptop e distrusse sia la SIM che il criptofonino dal quale aveva ricevuto la chiamata.

Una prepagata, un sistema TOR con crittografia multistrato e una live Linux che una volta spenta non lascia alcuna traccia. What else?

*

Lei lo guardò fisso negli occhi, "Te l'ho mai detto che scopi da favola?"

"Me lo dicono tutte."

"Se era una battuta, era di cattivo gusto."

"Non era una battuta", sorrise lui.

"Allora è divertente." Lei indugiò su quegli occhi scuri, poi fece lo sforzo di scostarsi e aspettò che lui dicesse qualcosa.

"Sarò a Washington la settimana prossima, ma... potrei arrivarci anche in ogni momento, se tu lo desideri."

Lei ammiccò, "Lo so."

"Quindi?"

"Quindi, niente. Mi farò sentire io."

Lui non rispose.

"Lo sai che prima o poi arrivo", aggiunse lei.

Lui annuì e lei, distogliendo lo sguardo, si allontanò dall'ingresso.

Quando fu in strada si guardò attorno, il suo autista e guardia del corpo sarebbe arrivato a breve.

Sentì il rombo di un motore, ma non era lui, si trattava solo di una moto con due uomini, che si stava avvicinando.

La ignorò guardando oltre, nella speranza di scorgere la Mercedes, ma non vide nessuno.

Il suo cellulare stava suonando.

Deve essere lui. "Dove sei finito? Ti sto aspettando in strada."

"Non sono chi crede lei, signora."

La donna guardò il display e vide che il chiamante era sconosciuto.

"Chi è lei?"

"Nessuno, io sono nient'altro che... nessuno, e volevo solo salutarla. Prima che..."

La donna alzò gli occhi e la canna di una pistola mitragliatrice fu l'ultima cosa che vide prima di essere trafitta da tre raffiche di proiettili calibro 7.65.

L'uomo col cappuccio spense il laptop.

E ora aspettiamo il resto dei bitcoin.

*

L'uomo che risaliva i ripidi scalini scavati in una rupe non sembrava attratto dalle bellezze naturali che lo circondavano.

Teneva in mano una felpa con cappuccio che poco si confaceva a quel luogo tropicale e con la quale cercava di allontanare fastidiosi insetti che lo stavano assediando.

Brasile, isola di Fernando de Noronha.

È stata scelta da un mio algoritmo di ricerca. Come input ho immesso: Brasile, isola, pace, relax, bellezze naturali, caldo ventilato e... accesso limitato.

Devo dire che l'algoritmo ha scelto bene, ma la prossima volta devo inserire: no insetti.

Era così preso dai suoi pensieri da non accorgersi della donna che sembrava lo stesse aspettando, sulla sommità della scala.

La tipa non gli sembrò affatto male, "Olà"

"Boa tarde" rispose lei con un sorriso smagliante, "La stavo aspettando."

L'uomo si irrigidì, sentendo parlare la propria lingua, "Ci conosciamo?"

"Lei non mi conosce, ma io sì", disse lei avvitando un silenziatore su una semiautomatica.

Lui rimase impietrito, "Sto per morire vero?"

Lei lo guardò, ma non era chiaro a cosa stesse pensando.

"Sì, stai per morire."

Lui si asciugò la fronte con la felpa, stava sudando e non era colpa del caldo.

"Come mi avete trovato?"

Lei sorrise, solleticando il grilletto della semiautomatica.

Ai colpi attutiti dal silenziatore seguì il rumore dei tonfi dell'uomo mentre precipitava dalla scalinata, chiazzandola di un colore carminio scuro.

Mentre moriva, l'uomo trovò un'innaturale lucidità per ricostruire quanto era successo e si immaginò la donna che rispondeva alle sue domande.

Aveva ancora stampata nella mente l'immagine di lei che sorrideva.

"Come mi avete trovato?" Le chiese.

Lei sorrise, "Mi avevano avvisato che l'avresti chiesto e quindi..."

L'uomo deglutì saliva acida.

"... E quindi mi sono preparata", assunse un'espressione indecifrabile prima di riprendere la parola, "Mi hanno detto che ti sei fottuto", si fermò e alzò gli occhi come per pensare, "Sì, proprio così, hanno usato questo termine: fottuto. Quindi, dicevo, pare che tu abbia fatto un grosso errore."

"Q-quale?"

"Quando hai chiamato la tipa."

"Da un indirizzo IP non rintracciabile su canali criptati da un TOR?"

"Sì, ma non ti abbiamo rintracciato di certo per quello."

"E per cosa allora?"

"La prossima volta maschera anche la tua voce."

"Cosa ve ne siete fatti della mia voce? È una voce sconosciuta."

"Una pippa, ce ne siamo fatti, ma un software di AI su un supercomputer ha cercato il tuo pattern tra miliardi di audio e pare..."

"Merda."

"... pare che abbia trovato, tra le tante, anche qualcosa di tuo. Lo sai che lasciamo tracce ovunque, potrebbe essere stata la registrazione di una tua telefonata in un momento qualsiasi, magari mentre mandavi a quel paese un operatore telefonico che ti importunava."

"E da lì siete risaliti a me e a una delle tante identità che ho assunto."

"All'ultima identità che hai assunto", lei fece una pausa come per sottolineare che si era arrivati al punto, "La sicurezza è una cosa dannatamente cazzuta."

Lui abbassò lo sguardo, "Gli hacker aprono scatole inaccessibili, ma loro stessi, come delle matrioske, sono all'interno di scatole che qualcun altro prima o poi aprirà, in una sequenza senza fine."

"Ma allora è vero che l'hacker è una sottospecie di filosofo", disse lei storcendo le labbra e premendo il grilletto della semiautomatica.

L'uomo non stramazzò dalla scalinata imbrattandola di colore carminio scuro, questo era già successo. Aveva solo ricostruito, nelle sue ultime sinapsi attive, un immaginario discorso tra lui e la donna che l'aveva appena ucciso.

La felpa consunta rimase sulla sommità della scala. La donna infilò la canna della pistola nel cappuccio e la rivoltò. Quando vide che sul dorso vi era disegnato il simbolo di un drago stilizzato, nonostante il caldo torrido, un brivido la percosse lungo la schiena.

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