Capitolo 8

Irisa's pov

La prima lezione della giornata era arte e io non potevo esserne piu felice.
Adoravo la sensazione delle matite o dei pennelli stretti nella mia mano che li guidava a formare disegni, avvolte semplici e avvolte molto complessi, quasi a farli diventare realistici.
Adoravo disegnare.
Disegnavo molto spesso in orfanotrofio con Matt.
Immaginavamo come si poteva vivere con due genitori presenti e affettuosi e ad una bella vita.

Mi ero completamente scordata di Matt in questa settimana.
Dopo scuola dovevo passare da lui per vedere come stava e se aveva ancora bisogno di me come cameriera. In questi giorni avevo sempre vissuto a spese di Colton e questa cosa non mi piaceva.
Dovevo ritornare nella vecchia e brutta topaia che era il mio appartamento.
Non volevo vivere ne con Colton, ne con Nash e ne con Cara.
Stavano facendo molto per me ma io non riescivo a fidarmi di nessuno e non mi andava di sembrare una povera barbona ai loro occhi.
Non volevo la compassione di nessuno.
Stavo bene cosi com'ero.
Ma l'unica cosa che mi teneva legata li era il fatto che Colton aveva deciso di pagarmi le rette scolastiche e questo non mi andava giù.

Un tonfo mi riportò con i piedi per terra.
Il prof di arte aveva appena sbattuto un martelletto di legno sulla cattedra e ci fissò uno ad uno attentamente.
Cominciai a guardare l'ultima fila in alto per poi finire sulla prima fila ovvero li dove mi ero posizionata io.
Ovviamente mi ero seduta da sola non volevo nessun vicino di banco. Non sopportavo che la gente potesse occupare il mio spazio e men che meno che mi parlasse.
Biel aveva insistito che mi sedessi affianco a lui, Nash e Cara ma avevo rifiutato all'istante e lui non me l'avevo piu chiesto, cosi mi ero seduta da sola in prima fila.
Quando il professore posò lo sguardo verso di me fece un mezzo sorriso e cominciò a parlarmi.

"Allora, tu con la felpa oversize nera vieni qui presentati e prendi questo pennello e questa tavolozza e disegna quello che stai provando ora." disse indicandomi.

"Perché proprio io?!"sbuffai.

Amavo l'arte ma non mi piaceva disegnare con gli occhi di tutti i miei compagni di classe puntati su di me.

Il professore mi guardò senza parlare e decisi di non opporre resistenza e fare quello che mi aveva detto.

Mi alzai lentamente dal banco e spinsi la sedia in dentro, cosicché potessi passare tranquillamente.
Scesi i quattro scalini e mi ritrovai tutti gli sguardi puntati.

Odiavo essere al centro dell'attenzione.

Mi posizionai vicino alla tela, prensi il pennello e lo intinsu metà nel colore nero e metà nel colore rosso.
Appoggiai il pennello all'inizio della tela e lo trascinai fino a giù facendo dei lievi zig zag.
Arrivata in fondo, tolsi il pennello dalla tela e lo immersi nell acqua.
Il nero e il rosso iniziarono a mischiarsi procreando una strana sfumatura di colore.

'disegna quello che stai provando ora. '
Che domanda stupida.

Non avevo bisogno di provare nulla.
Però mi sarebbe piaciuto farlo.
Non avevo bisogno di nessuno.
Però mi sarebbe piaciuto avere qualcuno accanto.
Non avevo bisogno di aiuto.
Però c'erano persone che mi stavano accanto anche non conoscendomi.

Io ero una contraddizione.
Ero stronza ma dolce.
Ero antipatica ma simpatica.
Ero acida ma gentile
Ero triste ma felice
Sembravo una persona negativa ma in realtà ero molto positiva.
Dovevo sempre trovare il bello nelle persone.
Dovevo analizzarle.
Dovevo conoscerle.
Amavo scrivere ma non volevo che nessuno leggesse le mie cose.
Amavo disegnare ma non volevo che nessuno vedesse i miei disegni.
Io vivevo d'istinto. Non rimpiangevo nulla.

Ero un disegno astratto lasciato a metà.
Un disegno che non valeva la pena finire.

Presi il vasetto d'acqua nerastra e lo posizioni all'estremità superiore della tela e lasciai far scorrere l'acqua sulla tela.
Sotto tutti gli sguardi stupiti dei miei compagni di classe, la tela si intinse di nero/grigio e la striscia che precedentemente avevo tracciato si sfumò creando dei affluenti velati di grigiastro.

Come due occhi innocenti velati di rabbia.

Sollevai il baratto e lo appoggiai sulla cattedra.
Tutti guardarono la tela stupiti e nessuno accennò a parlare.

Caricai la mano e tirai un pugno in mezzo alla tela spezzandola e facendo sobbalzare tutti i miei compagni di corso.

Non guardai in faccia nessuno e mi affrettai a salire gli scalini per prendere lo zaino e uscire da questa maledetta classe.
Chiusi la porta sbattendola e mi incamminai verso l'uscita d'emergenza.
Camminai lentamente aumentando sempre un po' di più la velocità.
Mi ritrovai a correre per i corridoi scolastici da me sconosciuti.
Chiusi gli occhi e corsi sempre di più.
Il mio respiro si fece sempre più pesante,apri gli occhi e l'ultima cosa che vidi prima di scontrarmi su di lui era il suo sorriso che li moriva sulle labbra.

"Vattene e lasciami in pace!" gli urlai sul petto sentendo le sue grandi braccia stringermi e alzarmi da terra.

Abbassò le sue mani fino ad arrivare alle mie cosce,mi caricò e fece si che si le gambe si intrecciassero tra loro dietro la sua schiena.

"Non muoverti e stai zitta."mi sussurrò all'orecchio e venni percossa da brividi per tutto il corpo.

"Non sono una delle tue amichette perció o mi lasci subito o ti ammazzo di botte!" urlai mentre lui si incamminava per il corridoio verso l'uscita di emergenza.

Iniziai a tiragli calci alla schiena e lui scoppiò in una fragorosa risata.
"Tranquilla che non mi fai nulla." mi sussurrò nuovamente all'orecchio.

Alzai la testa che era poggiata sulla sua spalla e lo guardai negli occhi. Quei suoi maledetti occhi particolari.

Occhi pieni di malizia,di forza,di sfacciataggine. Ma anche vuoti e spenti.

Appoggiai le mie labbra sul suo collo e iniziai a premere i denti su di esso. Lo sentii lamentarsi del dolore, ma sentii anche il suo respiro affannoso.

"Smettila o ti butto a terra!"mi urlò all'orecchio e io non potei far altro che smettere di morderlo perché oramai ci sentivo solo da un orecchio.

"Non saresti in grado." lo stuzzicai.
"Non provare a sfidarmi." ringhiò.

Riappoggiai le labbra sul collo e iniziai a succhiare. Il suo respiro era irregolare e a volte gemeva.
Finii di succhiare e iniziai a mordere più di prima.

Con me non si scherza.

"Stronza." urlò
"Lo so" feci spallucce dopo aver finito di morederlo. Avevo fatto un capolavoro, mi stupí di me stessa. Avevo detto che vivevo giorno per giorno attimo per attivo e se mi veniva voglia di fare qualcosa lo facevo senza ma e senza se.
La vita era solo una.
Avevamo i giorni contati.
Ogni giorno ci avvicinavamo sempre di più al countdown.

"Spiegami perché sei cosí lunatica e bipolare?" mi chiese Colton. Staccai la testa dal incavo del suo collo e mi misi a fissarlo intensamente.
"Dove mi stai portando?" risposi.
Odiavo essere sottoposta ad interrogatori, quello che volevo dire lo dicevo da sola, fine.
"Non si risponde ad una domanda con un' altra domanda sai?" affermò.
"Tu rispondi prima a me e forse io risponderò a te." dissi.

Alzò un sopracciglio e fece una smorfia con la bocca.
"Ti porto al mare."
Cosa? Non ero mai stata al mare ma di certo non volevo andarci con lui!
"Mollami! Non so neanche perchè ti sto parlando e sto in braccio a te! Coglione mettimi giù subito!"
Gli urlai e lui tolse le mani e mi ritrovai con il sedere per terra.
Alzai lo sguardo e vidi il suo sguardo strafottente e divertito.

Ora lo avrei ammazzato.
L'avevo detto con me non si scherzava.
Non gli avrei parlato per un po' ma ora stava per vedere il peggio di me.
E il mio peggio lo riservavo a poche persone. E lui diventerá una di loro.



N-A: Ciao scusate per il ritardo, AGGIORNO SOLAMENTE QUANDO IL CAPITOLO AVRÁ 5 STELLE E 5 COMMENTI.

ADIOS.

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