13. Lo scandalo




13. Lo scandalo



È il pubblico scandalo ad offendere: peccare in silenzio è non peccare affatto.

(Molière)



«Ora che hai ottenuto quello che volevi, cosa si fa?»

Le parole di Pansy continuavano a risuonare nella testa di Blaise Zabini.

Comparivano nei momenti meno inaspettati e lasciavano in bocca al ragazzo un gusto amaro, che non riusciva a spiegarsi.

Blaise non aveva iniziato a tormentare Malfoy e Granger per ottenere qualcosa, l'aveva fatto per noia. Poi aveva continuato a farlo per passare del tempo con Pansy a ridere, stuzzicarsi...

Ora che Pansy era troppo impegnata con il suo contrabbando di compiti per dedicargli più di qualche minuto a settimana, Blaise era di nuovo annoiato.

Ecco perché aveva iniziato a scrivere di proprio pugno i racconti erotici, ecco perché si stava concentrando sulla preparazione della migliore festa di Halloween di sempre, ecco perché aveva parlato con Millicent la sera prima.

Le labbra di Blaise si sollevarono in un sorrisetto, che Pansy avrebbe definito crudele, mentre sistemava il nodo della cravatta di fronte allo specchio, che aveva personalmente appeso accanto al suo letto, nel dormitorio maschile di Serpeverde, il primo anno.

La noia l'aveva portato spesso a compiere azioni in modo del tutto istintivo e sconsiderato.

Il quarto anno aveva invitato Daphne Greengrass al Ballo del Ceppo per noia, ignorando la sofferenza che quel gesto aveva causato a Theodore Nott — segretamente invaghito della ragazza dal terzo anno. Sempre per noia si era unito alla Squadra di Inquisizione della professoressa Umbridge il quinto anno e al Lumaclub il sesto.

La noia l'aveva portato alla brevi relazioni che aveva avuto con Goldstein e con la Weasley.

La noia l'aveva spinto ad organizzare, ogni anno feste sempre più stravaganti per Halloween.

Sempre la noia, la sera prima, l'aveva spinto a parlare con Millicent Bulstrode nella sala comune Serpeverde deserta.

Con un gesto veloce e preciso Blaise si sistemò i capelli, in modo da scoprire la sua fronte ampia e perfettamente liscia; fu in quel momento, che Theodore Nott entrò nella stanza con un'espressione divertita in volto e gli occhi che gli brillavano.

«Blaise, vieni!», esclamò il ragazzo, muovendo in modo concitato la mano: «Non crederai mai a quello che Milly ha scritto in bacheca!»

Blaise seguì il compagno di casa fingendosi sorpreso e incuriosito da quelle parole, anche se aveva un'idea piuttosto precisa di quello a cui avrebbe assistito, appena avesse messo piede in sala comune.

Come c'era da aspettarsi, molti Serpeverde si trovavano di fronte alla bacheca accanto all'ingresso e borbottavano e ridacchiavano tra di loro.

La mole di Goyle impedì, in un primo momento, a Blaise di poter vedere quello che tutti stavano osservando, ma appena Nott fece in modo di creare abbastanza spazio per sé e il compagno di stanza di fronte alla bacheca, lo sguardo del moro si posò su una pergamena color rosso acceso, sulla quale spiccava la scritta: "Vendesi racconti erotici per 2 galeoni a pezzo - per ulteriori informazioni chiedere a Millicent Bulstrode". Sotto l'intestazione si trovava l'elenco puntato di ogni scritto, con qualche linea di descrizione della trama.

In fondo alla pergamena una postilla informava i possibili clienti che i racconti potevano essere personalizzati e riportare i nomi e le caratteristiche di persone specifiche, per solo otto falci in più.

Blaise ripensò alla conversazione che aveva avuto con Millicent la sera precedente e a quanto fosse stato facile convincere la ragazza, che vendere i propri racconti erotici avrebbe potuto essere un modo onesto e facile di guadagnae qualche galeone in più. Al pensiero, Blaise non riuscì a trattenere il sorrisetto crudele che si aprì sulle sue labbra.

Dopo aver studiato attentamente la pergamena, Blaise iniziò a far vagare lo sguardo sul gruppo di altri Serpeverde accanto a lui, così da prendere mentalmente nota delle loro reazioni.

Daphne e Astoria Greengrass ridacchiavano divertite, mentre leggevano ad alta voce i titoli dei racconti e gli estratti; Roxanne Bole, del quarto anno, aveva l'aria di chi aveva appena ingoiato accidentalmente del pus di Bubotubero e Harold Pucey, del quinto anno, continuava a sfilarsi e a rimettersi gli occhiali rettangolari sul naso, come se fosse stato convinto di aver qualche problema di vista.

Un paio di ragazzini del primo anno sembravano non capire cosa stesse succedendo e si guardavano intorno smarriti; Goyle osservava la bacheca con aria distratta, come se la presenza di una pergamena rossa, che annunciava la vendita di racconti erotici per soli due galeoni a pezzo, fosse qualcosa di comune e alquanto noioso e Malfoy, quasi completamente nascosto dalla mole di Goyle, aveva un'espressione che Blaise avrebbe pagato oro per poter fotografare in quel momento e riguardare nei momenti di sconforto.

Gli occhi di Draco sembravano essere il doppio della loro grandezza naturale; due grandi e tondi piattini grigi in mezzo al volto di un pallido malaticcio. Le labbra del ragazzo erano socchiuse ed erano di un rosso tanto acceso da spiccare, come una ferita sul viso.

Blaise provò una soddisfazione che sfociava nell'eurofia, nell'immaginare quali dovessero essere i pensieri che attraversavano la mente di Malfoy in quel momento.

Non potè godersi oltre lo spettacolo, perché proprio in quel momento apparve accanto a lui Pansy Parkinson e all'improvviso tutta la propria attenzione si concentrò sul braccio della ragazza che sfregava contro il proprio e sull'odore del profumo della sua pelle.

Blaise studiò con la coda dell'occhio la reazione di Pansy alla pergamena, ma l'espressione della ragazza non sembrò variare minimamente, mentre i suoi occhi scuri scorrevano lungo le linee dell'annuncio.

Quando lo sguardo della ragazza si spostò dalla pergamena al suo volto, Blaise sentì una scarica di adrenalina attraversargli il corpo e si trovò a trattenne il respiro, nell'attesa di sentirsi elogiare e complimentare per la sua astuzia e bravura.

Pansy però non disse niente, lo prese semplicemente per il braccio e lo allontanò dalla calca di gente, per poi fermarsi accanto all'orologio a pendolo — che si diceva essere un cimelio appartenuto a Salazar Serpeverde in persona — dove lo bloccò contro la parete.

La prima cosa che Blaise notò, furono i segni scuri sotto agli occhi dell'amica, segno che anche quella notte doveva aver dormito molto poco.

«Sei stato tu, vero?»

Blaise non provò nemmeno a fingere innocenza, ma si limitò a sorridere maggiormente: «Forse».

L'espressione impassibile di Pansy si trasformò in una smorfia turbata e... furiosa?

«Tutto ok, Pansy?»

La Serpeverde aveva gli occhi assottigliati e le labbra arricciate quando parlò: «Perché l'hai fatto? Milly sarà lo zimbello dell'intera casa per mesi!», esclamò, mantenendo un tono di voce appena più alto di un sussurro.

Blaise ridacchiò: «Oppure potrebbe fare quello che ha sempre sognato: guadagnare grazie alla scrittura».

Pansy sollevò una mano, il gesto talmente veloce da essere a malapena registrato da Blaise, e proprio nell'istante in cui il ragazzo capì, che l'amica stava per colpirlo in viso, lei si fermò, strinse la mano a pugno e la riportò lungo il fianco.

Blaise aveva le labbra socchiuse e gli occhi spalancati, mentre osservava il volto di Pansy e cercava di capire cosa stesse succedendo.

Aveva pensato che l'amica avrebbe riso con lui, appena avesse letto l'annuncio in bacheca.

Si era immaginato il sorriso divertito di Pansy, le rughe d'espressione intorno agli occhi e il naso leggermente arricciato.

Si era immaginato domande, esaltazione e complimenti per l'idea geniale; tutto quello che stava ottenendo invece, era... un rimprovero?

«Non capisco perché sei arrabbiata», ammise Blaise alla fine, arrendendosi di fronte all'evidenza che, per quanto conoscesse la sua migliore amica, a volte non la comprendeva minimamente.

Pansy non disse niente per qualche secondo, poi parlò: «Perché l'hai fatto?»

Dal suo tono di voce si sarebbe potuto pensare che Blaise avesse ucciso qualcuno.

«Ho solo convinto Millicent a pubblicizzare i suoi racconti erotici, così da provare a guadagnarci qualcosa vendendoli ad altri studenti!», disse in un sussurro Blaise, ma dentro di sé stava urlando, frustrato e infastidito.

«Perché l'hai fatto?», ripetè Pansy, senza abbassare lo sguardo.

«Perché mi andava di farlo... e perché ho pensato potesse depistare Malfoy e la Granger e togliermeli dai piedi per un po'».

«Quindi la noia non c'entra nulla, giusto?»

Non era la prima volta che lui e Pansy avevano una conversazione simile; era successo anche il quarto anno, quando Blaise aveva invitato Daphne al Ballo del Ceppo e Theo aveva avuto gli occhi rossi e il muso lungo per giorni interi. In quella circostanza Pansy gli aveva detto chiaramente che non poteva continuare a usare gli altri, giocando con i loro sentimenti per scacciare la noia.

Blaise si sentì improvvisamente in difetto e sentì la necessità di difendere ad ogni costo la legittimità delle proprie azioni.

«Hai paura che Milly ottenga più galeoni di quanti ne guadagni tu con i tuoi temi?»

«No, Zabini, sono preoccupato che la mia compagna di stanza venga presa in giro da tutta la scuola, solo perché tu eri annoiato e ti andava di giocare con la vita degli altri».

«Quanto sei melodrammatica», borbottò il ragazzo, sollevando gli occhi al cielo.

«Far trovare qualche racconto erotico a Malfoy e alla Granger è un conto, spingerli l'uno tra le braccia dell'altra: un po' esagerato, ma ancora accettabile. Convincere Milly di poter vendere i suoi racconti agli studenti di Hogwarts come se niente fosse, invece, è stato ingiustificatamente crudele».

Blaise non ebbe modo di ribattere, perché proprio in quell'istante Millicent Bulstrde fece il suo ingresso in sala comune, ricevendo come benvenuto fischi e commenti divertiti.

Pansy lanciò un'ultima occhiata colma di rimprovero al moro, poi raggiunse la compagna di stanza e la presa per il braccio, trascinandola all'uscita con passo veloce e lanciando occhiate di fuoco a chiunque osava dire qualcosa di anche vagamente maleducato e insensibile, nei confronti di Milly e i racconti erotici.

Blaise rimase appoggiato alla parete accanto all'orologio a pendolo per qualche secondo ancora, prendendo profondi respiri per cercare di non scoppiare a piangere; tutta l'euforia che aveva provato fino a qualche minuto prima era scomparsa.

Vuoto, Blaise si sentiva vuoto.


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A Draco era bastato leggere un paio dei titoli elencati sulla pergamena rosso fuoco, apparsa in bacheca quel sabato mattina, per rendersi conto che forse, nelle ultime settimane, aveva sospettato della persona sbagliata.

Il titolo:"Un letto coperto di petali rossi", aveva riportato alla mente di Draco l'immagine ben precisa delle sue braccia fittizie avvolte intorno al corpo nudo di Hermione Granger —anch'esso fittizio — mentre venivano pronunciate dalle sue labbra fittizie alcune parole che ancora lo tormentavano: «Sei stata molto brava, Hermione, molto brava»

"La torta di mele", invece rievocava una serie di immagini diverse, ma non per questo meno potenti, e ricordava a Draco la settimana in cui aveva evitato le mele e nello specifico le torte di mele ad ogni pasto; essendosi reso conto che gli bastava sentire parlare di quel frutto, per pensare alle parole che la fittizia Hermione Granger aveva detto in quel racconto — «Vuoi forse mangiarmi, Draco?» — e avere un'inopportuna erezione.

Subito dopo aver letto per intero l'annuncio in bacheca, Draco Malfoy era dovuto fuggire dalla sala comune Serpeverde, per evitare che l'orrore presente sul suo volto potesse essere giustamente interpetato da qualche suo compagno di casa. Reputava altamente improbabile che qualcuno potesse comprendere il vero motivo della sua violenta reazione all'improvvisa comparsa di quella pergamena rossa, ma aveva ritenuto saggio allontanarsi comunque.

Aveva vagato senza meta per il castello per lunghi minuti; troppo sconvolto per avere fame e raggiungere la Sala Grande per colazione, e troppo agitato per poter trovare pace in qualche aula studio vuota.

Più rifletteva su quanto aveva scoperto quella mattina, più la sua confusione aumentava.

Se era stata davvero Millicent a far trovare a lui e alla Granger i racconti, mantenendo l'anonimato per tutto quel tempo, perché quel terzo sabato di Ottobre aveva deciso di uscire allo scoperto e pubblicizzare i suoi scritti, proponendoli in vendita per un paio di galeoni al pezzo?

Passeggiò per minuti interi per i corridoi, cercando di incastrare meglio che poteva tutti i pezzi di puzzle a sua dispisizione, ma ogni volta che gli sembrava di esser giunto alla verità si rendeva conto di non sapere niente.

Infine, giunse alla conclusione che forse non aveva senso continuare ad aspettare che fosse Hermione a fare il primo passo, e che avrebbe potuto avvicinarla lui per primo, date le circostanze.

Erano due giorni che lui e la Grifondoro non si parlavano, il che rendeva abbastanza buffi e imbarazzanti i momenti in cui si incrociavano nell'Ufficio dei Capiscuola e Prefetti.

Da quando c'era stato l'incidente nel bagno, da quando Hermione l'aveva guardato con quello sguardo colmo di pietà e ribrezzo, da quando tutto quello che era riuscita a dire era stato «Mi dispiace» e Draco si era sentito tanto piccolo e insignificante e sbagliato da non riuscire a rimanere in quella stanza con lei per un minuto di più; Malfoy aveva iniziato a chiedersi con serio rimprovero cosa pensava che sarebbe potuto succedere di diverso.

Il fatto che si fosse illuso di poter esplorare quella sua malsana attrazione per la Grifondoro con la leggerezza dell'adolescenza, mostrava già la portata della sua stupidità.

A Malfoy non capitava spesso di illudersi; si era sempre ritenuto un ragazzo piuttosto realistico e concreto, ma scoprire di avere dei sogni, come qualunque altro ragazzino di diciotto anni, lo aveva reso incosciente.

Aveva sbagliato a credere che Hermione potesse vedere qualcosa di diverso in lui, rispetto al crudele ragazzo che per anni l'aveva umiliata e tormentata; qualcosa di diverso dal Mangiamorte che era stato e che, in fondo, sarebbe sempre stato. Aveva sbagliato a credere che un semplice "scusa" e qualche confidenza potessero appianare ogni cosa non detta e ogni insulto degli ultimi sette anni. Aveva sbagliato e anche se avrebbe dovuto esserci abituato ormai, considerando tutti gli errori che aveva commesso negli ultimi anni, faceva male rendersene conto.

Mentre percorreva i corridoi e le scale, diretto alla biblioteca — dove era sicuro avrebbe trovato la Granger — si chiese se la pergamena rossa, appesa nella bacheca da Millicent Bulstrode quella mattina, potesse essere la svolta che tanto attendeva nelle indagini; quel dettaglio necessario per risolvere il mistero dietro ai racconti erotici una volta per tutte e tornare alla propria vita di sempre.

Forse si stava semplicemente illudendo — di nuovo — ma l'idea di tornare alla sua vecchia routine non gli dispiaceva poi più di tanto.

Sapeva che non sarebbe stato facile, non con il ricordo ancora troppo vivido dei baci che lui ed Hermione si erano scambiati e del dolore che il rifiuto della ragazza gli aveva causato; ma lentamente sarebbe sbiadita e scomparsa ogni illusione, che nelle ultime settimane aveva lasciato crescere e maturare dentro di sé, e allora ogni cosa sarebbe tornata alla normalità.

Draco trovò Hermione Granger in Biblioteca, proprio come aveva immaginato.

La ragazza era seduta al tavolo che occupava spesso, nell'angolo della biblioteca più vicino alla scivania di Madama Pince; Draco la riconobbe dalla massa informe di capelli ricci e ribelli che sbucavano oltre i bordi di un tomo spesso e antico.

Il Serpeverde si sedette di fronte a lei, ignorando l'ansia che sentiva in petto all'idea di parlarle, dopo giorni di silenzio.

Hermione Granger abbassò il tomo sul tavolo e sollevò brevemente lo sguardo su Draco; il ragazzo ebbe giusto il tempo di notare la sorpresa negli occhi scuri della Grifondoro, prima che lei tornasse alla sua lettura.

«Non ho trovato alcun racconto oggi, se è questo che sei venuto a chiedermi», sussurrò la Granger, voltando pagina e continuando a tenere lo sguardo sul libro.

Draco non si stupì della freddezza con cui la ragazza lo stava trattando, si era comportanto allo stesso modo negli ultimi due giorni.

Meglio, si disse, meglio tenere le distanze.

«Devo parlarti di una cosa», disse Draco, riuscendo a mantenere un tono di voce neutrale.

Con sua sorpesa, Hermione chiuse il volume che aveva di fronte e lo ripose nella sua borsa, prima di sollevare nuovamente lo sguardo sul Serpeverde e scrollare le spalle: «Parliamo, allora».

«Non credo che questo sia il luogo più indicato per parlare», disse Draco, lanciando una veloce occhiata alla figura poco distante di Madama Pince: «A meno che tu non voglia essere scacciata dalla biblioteca per il resto dell'anno scolastico».

Hermione sorrise appena, mentre si alzava e si appoggiava la borsa a tracolla sulla spalla: «Dubito che Madama Pince possa effettivamente tenermi lontana dai libri, ma apprezzo la tua preoccupazione».

Draco si trovò, suo malgrado a sorridere a quelle parole, ma aveva già voltato le spalle alla Grifondoro e aveva iniziato a fare strada verso l'aula studio più vicina, così che Hermione non potè vedere il suo viso rilassarsi in un'espressione divertita.

Faticarono a trovare un posto deserto dove poter parlare, dato che ogni stanza sul loro cammino sembrava già essere occupata da alcuni studenti mattinieri, principalmente del quinto e settimo anno; alla fine Draco fu costretto a fare strada verso l'Ufficio dei Capiscuola e dei Prefetti.

«Penso di sapere di cosa vuoi parlare, ci ho riflettuto, penso che tu abbia mal interpretato quello che è successo nel Bagno dei Prefetti», disse Hermione, appena si chiusero la porta dell'ufficio alle spalle e rimasero soli, cogliendo completamente alla sprovvista Malfoy.

La pergamena rossa e l'annuncio di Millicent Bulstrode abbandonarono immediatamente i pensieri di Draco, sostituiti da un'irritazione difficile da controllare; il fatto che Hermione Granger desse per scontato che lui avesse "mal interpretato" ciò che era accaduto due giorni prima lo mandava fuori di testa.

«Davvero?», si limitò a sbottare il ragazzo, tenendo gli occhi puntati sul volto della Grifondoro.

Hermione appoggiò la propria borsa sul tavolo al centro della stanza, poi sollevò maggiormente il mento, osservando con sguardo arrogante Malfoy: «Sì, davvero».

«E sentiamo? Cos'avrei mal interpretato?»

«Non volevo che te ne andassi».

Draco aggrottò la fronte a quella parole, l'irritazione l'aveva abbandonato momentaneamente, sostituita da una punta d'insicurezza: «Ah no? Strano, la tua espressione piena di ribrezzo e pietà mi aveva portato a credere l'opposto».

Hermione abbassò lo sguardo e la sua voce si fece improvvisamente sottile: «Ho sbagliato, ok?»

Draco socchiuse le labbra e si pizzicò il braccio, così da avere la certezza di non trovarsi in un sogno: «Ho sentito bene, Granger? Hai appena detto di aver sbagliato

Hermione, con le guance scurite dall'imbarazzo, sollevò gli occhi al cielo: «Ora non fare lo stronzo, Malfoy; capita a tutti di sbagliare e di ammettere i propri sbagli».

«Sì, ma non pensavo che tu ne fossi capace, Granger»

Lo sguardo irritato della ragazza fece sentire Draco più vivo che mai; battibeccare con la Grifondoro aveva sempre avuto quell'effetto su di lui.

«Hai finito?»

«Pensavo fossi troppo perfetta, per poter fare qualcosa di così umano come commettere errori», rincarò la dose, Draco, sfoggiando un sorriso divertito.

«E io pensavo fossi privo di sensi di colpa, eppure l'altro giorno sei riuscito a chiedermi scusa, anche se malamente; direi che siamo pari», ribattè la Grifondoro, sorridendo a sua volta.

«Davvero non volevi che me ne andassi?», chiese Draco, mostrando la propria fragilità e incertezza per la prima volta quella mattina.

Hermione cancellò le distanze e appoggiò la mano sull'avambraccio sinistro del ragazzo, facendolo sussultare per quel contatto improvviso: «Davvero, Draco, non volevo che te ne andassi».

Per qualche secondo rimasero in silenzio.

Draco poteva sentire chiaramente il battito del proprio cuore nelle orecchie, mentre lasciava che la speranza lo illudesse nuovamente, di poter essere un diciottenne qualunque alle prese con una cotta per una ragazza qualunque.

«Quindi... abbiamo fatto pace?», domandò il Serpeverde, con un filo di voce.

Hermione gli premette un timido bacio sulla guancia e Draco sentì chiaramente il profumo dolce di lei avvolgerlo: «Sì, abbiamo fatto pace, ma penso che dovremmo impegnarci a migliorare la comunicazione, per evitare simili equivoci in futuro».

Draco annuì, soppesando le parole della ragazza, poi sussultò, nel ricordare il vero motivo per cui era andato a cercare Hermione in biblioteca quella mattina: «C'è un'altra cosa di cui dovremmo parlare: penso che Millicent Bulstrode abbia a che fare con i racconti erotici».





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Buonsalve popolo di Wattpad!

Intanto chiedo perdono per il terribile ritardo. Vorrei potervi dire che dalla prossima settimana tornerà ad essere tutto nella norma e che non ci saranno più ritardi, ma non posso saperlo con certezza. Ho iniziato da qualche giorno a lavorare part-time (miracolo dei miracoli, considerando i tempi particolari in cui ci troviamo), e di conseguenza parte del tempo che solitamente dedicavo alla scrittura lo passerò a guadagnarmi la pagnotta, quindi vi avviso fin d'ora che se qualche mercoledì non doveste trovare alcun aggiornamento della sottoscritta e tutta colpa mia e della mia incapacità di organizzarmi.

Passiamo ora al capitolo.

Ho faticato a scriverlo, ogni volta che buttavo giù qualche riga non riuscivo a scrivere la scena proprio come volevo (uno dei motivi per cui avete dovuto attendere tanto per poter leggere questo capitolo) ma sono finalmente arrivata a qualcosa di cui posso ritenermi fiera.

A inizio capitolo abbiamo nuovamente Blaise e la sua noia, che lo porta ad avere un litigio con Pansy. Cosa dite che succederà nel prossimo capitolo? Blaise avrà capito il suo errore, o continuerà a credere di non aver fatto nulla di male?

Draco ed Hermione invece fanno pace e sembrano tornare al precario equilibrio dei capitoli scorsi. Dite che durerà?

Come sempre vi ricordo che potete seguirmi su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp.

Un bacio,

LazySoul_EFP

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