CAPITOLO 52
"E se ti avessi detto che avrebbe soltanto fatto male, se ti avessi avvisato che la fiamma avrebbe solamente bruciato, oseresti comunque entrare, nel nome dell'amore?"
-Nel nome dell'amore, Martin & Bebe
⚜JACE⚜
-No, stai mentendo. Tu non sei mio padre-
Sprofondai in un vasto senso di malessere, di confusione mentale; osservando l'uomo che per quanto assurdo, pareva assomigliarmi più di quanto lo volessi negare. I piccoli dettagli che aveva di me, che invece mia madre non aveva. Tratti genetici che non avevo mai visto sul volto di Jonathan Eyre e che invece vedevo nei suoi.
E non riuscivo a capacitarmi di come avessi vissuto con questa bugia per anni.
Ero cresciuto osservando il volto di Jonathan Eyre, la compassione nei suoi occhi. Per tutti questi anni, avevo creduto che fosse mio padre e che quella fosse casa mia.
Ed era così strano, anormale, pensarlo in modo diverso. Non mi stava che uno sconosciuto sbucato dal nulla, sgretolasse tutto quello in cui avevo creduto. Non mi stava che rovinasse quello che avevo pensato di conoscere come mio.
-Capisco se sei confuso Jace, sono tante informazioni da assimilare. E non te ne faccio una colpa ma, sono tuo padre e devi credermi-
Scossi il capo, con il solo scopo di evadere e uscire da lì il più in fretta possibile. La stanza mi sembrava improvvisamente soffocante, quasi come se fossi claustrofobico e la tensione pareva diventate fitta come la nebbia invernale.
-Non è vero...-
Alaric cominciò a irritarsi, entrando di nuovo nel mio campo visivo, oltrepassando lo spazio vitale di cui avevo urgentemente bisogno.
-Jace! Pensi davvero che ho tempo di dirti cazzate? Perché fare tutto questo casino per niente?-
Non risposi, evitando di guardarlo in faccia, non volendo accettare quella fraudolenta verità.
-Jace, sarei venuto prima da te, ma non ci è stato modo. Non sapevo nemmeno che aspetto avessi-
Aggrottai la fronte, perplesso. Seccato a mia volta.
-E Jonathan? Avresti potuto chiederlo a lui-ribattei, non trovandovi un senso logico.
-Ho provato ma... Lui mi disse che su richiesta di Martha non potevo vederti, ha detto che voleva che ti stessi lontano, almeno fino a quando non fossi stato abbastanza adulto per conoscere la verità-
Mi portai le mani sui capelli per la frustrazione, tirandogli indietro, lontano dagli occhi.
- E perché non voleva che io ti incontrassi?-
Alaric sorrise appena, un sorriso fioco che non raggiunse le pupille.
-Per punirmi, per ricordarmi cosa avremmo potuto costruire... La famiglia che avremmo potuto creare-
Mi sentii avvilito, stanco. Volevo soltanto tornare a casa e sprofondare nel vuoto più totale. Spogliarmi di tutto, fino a quando non sarebbero rimaste soltanto le spoglie. I resti dei miei pensieri. I rivoli dei miei tormenti.
Alaric restò in silenzio per un po',
gli occhi in movimento nei miei, sulle mie espressioni, il mio disagio. E per un secondo, apparve esserne in parte dispiaciuto. Responsabile.
-Le assomigli così tanto che oserei quasi pensare, che tu sia la punizione mandata in carne e ossa-
Sorrise di nuovo, in modo finto, automatico; allontanandosi di nuovo, per poi chiamare dentro uno dei suoi uomini.
-Portami le sue cose-
L'uomo annuì con un cenno della testa, uscendo svelto, solo per ritornare subito dopo con un diario vecchio, dal colore sbiadito. Un blu che si stava tramutando in un bianco rovinato. Assieme a un amuleto argentato con una lunga catena deteriorata.
-Questi sono di tua madre, gli ha lasciati nel mio appartamento l'ultima volta che ci siamo visti, forse di proposito o forse no, ma vorrei che gli avessi tu...-
🔸️🔸️🔸️
[•||DIVERSE ORE DOPO||•]
-VERSO MEZZANOTTE
-Jace! Dove vai?-
Damien mi corse dietro, troncando la mia azione, non dandomi modo di aprire la portiera dell'auto.
-Torno a Manchester...-
Lui mi guardò agitato non riuscendo interpretare il mio umore, la mia attitudine.
-Ma non hai altri affari da portare a termine?-
Annuii con la testa, sapendo di avere altre faccende da sbrigare con i ragazzi l'indomani.
-Sì, ma come ora non m'importa-
-Perché?-
Inarcai un sopracciglio, fissando i suoi occhi ambrati, la mano stretta sul mio avambraccio.
-Che cosa vuoi Damien?-
Lui ammutolì per qualche istante, sottraendosi al mio sguardo.
-Voglio parlare di Alaric...-
Alzai gli occhi al cielo spingendo le sue dita, lontane dal mio corpo.
- Ti ho detto che sto bene, va tranquillo-
Damien si incupì velocemente, scuotendo il capo.
-Non dire fesserie! Ho visto la tua faccia quando sei uscito da quella stanza! Eri sconvolto Jace! Cosa ti ha fatto Alaric?-
A sto punto lo afferrai per le spalle, scuotendolo fortemente.
-Nulla! Non mi ha fatto niente. Ora se non ti dispiace, vorrei poter salire in macchina. Torna da Cole!-
Damien obiettò di nuovo, stavolta incazzato.
-Perché non mi dici nulla! Perché non mi parli?-
La frustrazione si mosse prima di me, afferrandolo per il bavero dello smoking bianco che portava.
-Stai dicendo che mi vuoi nella tua vita, Damien?-
Alla mia domanda restò spiazzato, non riuscendo più a proferire una parola.
-Fino neanche a qualche ora fa, non mi volevi nemmeno in mezzo al cazzo. Giuravi di farmela pagare e di farmi soffrire. Sei forse ipocrita? O facilmente ritiri le minacce che brandisci?-
Damien apparve più in difficoltà di prima, fissandomi con rabbia e amarezza.
-Sei uno stronzo!-
Cercò di svincolarsi ma non glielo permisi.
-Rispondi Damien! Perché d'un tratto ti interessa della mia salute? Cos'è cambiato tra ieri e oggi?-
-Vaffanculo Jace! Vattene pure, vai dove vuoi andare!-
Si liberò, cercando di tirarmi un pugno che parai prontamente nel palmo della mia mano. E la cosa lo fece imbestialire, tant'è che cercò di ferirmi di nuovo, però senza successo.
-Ti ricordi cosa ti avevo detto due anni fa, quando avevi più bisogno di me?-
Avvolsi un braccio attorno al suo collo, incastrandolo nella mia morsa, il suo capo sotto il mio mento, la sua bassa statura contro il mio torace. Potei percepire il cambiamento del suo corpo. L'ansia e il nervosismo. La paura e lo sconforto, camuffati sotto il nome dell'odio.
-Quella sera, ti avevo detto che eri un fallimento, che non avevo bisogno di persone come te... Devo continuare Damien?-
-Jace sei un enorme bastardo!-
Tentò di svincolarsi di nuovo, scalciando e cercando di tirarmi gomitate sul fianco.
Gli occhi lucidi e le vene pulsanti.
-Ti avevo detto che mi avevi solamente fatto perdere tempo e che non ho mai amato la tua compagnia...-
- Jace per favore... Smettila!-
-E' per questo che hai accumulato il tuo odio negli anni? Perché non ti sei sentito accettato dall'unica persona che pensavi ti considerasse importante? O perché i tuoi non ti hanno mai dato le attenzioni che meritavi...?-
Qualcosa di bagnato cadde sul mio braccio, un'inaspettata tenue goccia salata. Un segno che stavo spezzando la sua fortezza invisibile.
-E con la morte di tuo fratello, non hai fatto altro che peggiorare, pesarti secondo il piacere degli altri. A tal punto che era più importante quello che pensavo di te, piuttosto che quello che pensavi di te stesso-
Diverse gocce d'acqua toccarono la mia pelle, e siccome avevo la sua schiena contro di me, non potei vederlo in faccia ma era palese che stesse piangendo silenziosamente.
-E con quelle cose che ti ho detto, ne ho avuto la conferma-
Sciolsi la presa attorno al collo, lasciandolo andare, permettendogli di allontanarsi da me.
-Damien, ti sei dato un valore così infimo, a tal punto che ti sono bastate le mie parole per annullarti, è bastato un mio pensiero su di te per renderti debole-
Damien si asciugò le lacrime con il dorso della manica, dandomi le spalle per non farsi vedere in quello stato imbarazzante.
-E perché me le hai dette allora! Se sapevi di aver così tanto potere su di me, perché me le hai dette Jace!-
Sospirai, chiudendo gli occhi per un istante, non sapendo da dove partire. Tuttavia, era giunto il momento di dirgli la verità. E non potevo più sopprimerla.
- Avevi una taglia sulla tua testa, il tuo amato zio voleva impadronirsi della tua eredità lasciata dai tuoi nonni, e l'unico modo era toglierti di mezzo. Ha pagato qualcuno per spararti una pallottola sulla fronte, e io in tutto questo, ero nelle vicinanze. Ho avuto la fortuna di passare per quel locale con Nicholas-
Damien si voltò esterrefatto, fissandomi scioccato.
-Però si vede che, nel momento in cui quel qualcuno ti ha visto, non è riuscito a spararti per via della tua giovane età.
E quello è stato il momento in cui sono entrato in scena. Ho finto di stare per ucciderti, così che lui non avrebbe dovuto farlo, e in fatti così è stato. Si è ritirato nel momento in cui ti ho messo le mani al collo-
Damien si accovacciò verso l'asfalto del parcheggio in cui stavamo; scivolando con la schiena contro la ruota di una macchina parcheggiata. Tremante, e allo stesso tempo traumatizzato.
-E perché non me lo hai detto subito Jace... Perché hai aspettato che ti odiassi così tanto e cercassi di...-
Le sue parole vennero stroncate dal nodo in gola, dalle nuove lacrime che abbandonarono i suoi occhi tristi.
Infilai le mani in tasca, avanzando verso di lui, per poi fermarmi di fianco alla sua figura.
-Prima mi hai chiesto... Di dirti perché ti ho detto quelle cose, pur sapendo di aver un tale potere su di te. Ecco io non sapevo di avere quel potere su di te, fino a quando non ti ho visto deteriorare successivamente...-
Mi lasciai andare contro il pavimento cementato, sedendomi vicino a lui.
-Ho scelto di non dirtelo, perché volevo che ti facessi valere. E che non dipendessi dal valore che ti davano gli altri, ma solo dal tuo. L'ho fatto per vedere se mi avresti superato, e se mi avresti provato che tu sei più di me. E non hai certo bisogno di un Jace del cazzo a venirti a dire quello che non sei...-
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