CAPITOLO 47

"La nonviolenza non funziona sempre - ma la violenza non funziona mai."
(Madge Micheels-Cyrus)

-Non sei nemmeno un po' curiosa di sapere dov'è andato?-
Abbassai lo sguardo sul volto di Damien, sdraiato contro il tessuto arancione. Le mani incrociate dietro la testa.
-Sì, che lo sono-
Aveva proposto un'uscita insolita, lasciandomi un pochino confusa.
Spariva e poi spuntava dal nulla, non mi scriveva per giorni, settimane, e infine si presentava sotto casa mia chiedendomi di fargli compagnia.
Non aveva voluto rispondere ad alcuna domanda rivoltagli e con aria assente, mi aveva chiesto di venire con lui in un parco a lui gradito.
Al nostro arrivo fui sorpresa di trovarci al Fletcher Moss park. Un luogo situato vicino al bosco di Didsbury e il fiume Mersery. In parte un giardino botanico e dall'altra faunistico.
Era conosciuto per le strutture ricreative come campi da tennis, rugby e da calcio; e anche una caffetteria a conduzione famigliare "The Alpine Tea Rooms".
In passato usavo venirci in compagnia di mia madre, quando i miei erano ancora insieme, e fu di per sé una sorpresa scoprire che era anche uno dei tanti luoghi preferiti da Damien.
Oltre a ciò, la temperatura non era molto favorevole, e per questo avevo portato un telo dove sdraiarci sopra, il terriccio era ancora umido e ricoperto di brina.
I passanti stavano invece chiusi nelle loro giacche impermiabili, sollecitati dal forte venticello a intraprendere una camminata spedita, verso un'altra destinazione.
-Non sembri tanto curiosa...-
Sospirai, fissando i suoi occhi ambrati, la cascata di boccoli rossi che incorniciavano il volto serio.
-Definisci curiosa...-
Lui alzò gli occhi al cielo, distogliendo lo sguardo.
-Che ci posso fare se non mi rispondete? Non è che non provo a chiedere o parlare, ma non posso neanche obbligarvi-
Damien socchiuse gli occhi, riportando l'attenzione su di me.
-Ti riferisci anche a me?-
Annuii con la testa, spostando una ciocca dietro l'orecchio destro. Insomma, non è che lui mi aveva raccontato qualcosa inerente al suo lungo silenzio. Anzi, come faceva anche l'altro, amavano tenermi sulle spine.
-Neanche tu mi dici nulla....-affermai piano, mettendomi a sedere.
-Che cosa vuoi sapere?-
Damien si alzò a sua volta, incrociando le gambe. Portava una giacca di jeans, i pantaloni strappati sulle ginocchia.
Una serie di anelli sulle dita, adornato di piercing e catene di ferro. E non capivo se fosse una moda o se avesse un altro significato nascosto.
-Posso sapere che rapporto hai con Jace, e perché non vi sentite più? Scusa se te lo chiedo ma non capisco davvero...-
Alla mia richiesta, Damien si irrigidì, scuotendo subito il capo.
-No, non lo puoi sapere... Chiedi qualcos'altro-
La sua reazione non mi fu nuova, anche perché l'avevo notata al ristorante, dove avevamo passato tutta la serata.

Per qualche motivo a me ignoto, alla sola menzione del suo nome, Damien si inaspriva. Mutava radicalmente espressione. I suoi occhi si incupivano e le pupille divenivano instabili.

-Che ti ha fatto Jace?-

Parlai senza riflettere, un tantino egoista. Improvvisamente curiosa di sapere, di conoscere cosa avesse fatto la persona che amavo.
-Ti ho detto di no! Non chiedermelo!-
Lo afferrai per il polso, prima che potesse alzarsi in piedi, ostacolandolo nel suo piano di evadere. La mia mano stretta attorno alla sua pelle calda. Abbronzata.
-Va bene... Okay, non ti farò altre domande-
Damien mi guardò scettico, ancora irritato ma poi lentamente, si sedette di nuovo accanto a me.

-Allora perché mi hai portato qui? Sicuramente non è per contemplare il tuo silenzio. È ovvio che tu voglia parlare di qualcosa...-

Non mi guardava, gli occhi puntati nella breve distanza. Il mento appoggiato sulle braccia conserte, il quale a loro volta riposavano sulle ginocchia. Appariva stanco, turbato. La fronte aggrottata e le labbra imbronciate.

-Non sei stato forse tu, a cominciare il discorso con Jace? Perché tu puoi chiedermi di lui e io non posso...?-

-Basta-mi interruppe bruscamente, il volto di nuovo adirato.

-Ti prego, non chiedermi più niente. Cambiamo discorso...-

Sospirai, lasciando perdere, soffocando la curiosità per un altro momento.
-Di cosa vuoi parlare allora?-

-Di tutto tranne che di lui...-

Damien si ravvivò la folta chioma riccia, soffermando nuovamente l'attenzione su di me.

-Ma io voglio sapere di te... Non so niente di te mentre tu sai alcune cose di me-

-Che testarda che sei- ammicò un fioco sorriso, addolcendo lo sguardo.

Fui per un attimo presa alla sprovvista, stupita da quell'espressione così armoniosa. Non mi aveva mai guardata così. Era sempre impassibile o ironico.

-Quindi? Dove sei cresciuto?-

Ora che lo guardavo in una luce diversa, era molto carino. Gli occhi di un castano-giallastro. I lineamenti dolci, non troppo spigolosi o duri. Le labbra lineari, né sottili ma nemmeno carnose. I ricci definiti scendevano appena sulle spalle, sfumando dalla base castana a un rosso cremisi.
E inoltre, aveva un fisico snello. Non pompato ma solido.

-Sono nato a Yorkshire, e poi a cinque anni mi sono trasferito a Manchester con la mia famiglia-

-Oh bello, che cosa hai studiato?-

-Non ho finito la scuola, ho smesso in quarta superiore- rispose velocemente, chiudendo il discorso a metà.

-Posso sapere perché?-

Lui fece spallucce.
-Non mi andava, avevo altro a cui pensare-

Non cercò nemmeno di approfondire la conversazione, socchiudendo gli occhi. Le mani intente a strappare l'erba dal terreno.
-Hai fratelli o sorelle?-
Alla mia domanda sussultò improvvisamente, dilatando le pupille. L'aspetto intirizzito. L'espressione solcata da un senso d'inquietudine.
-Hey, tutto okay? Ho detto qualcosa che non va?-
Lui scosse il capo, sottraendosi al mio contatto visivo. Lo sguardo ora amareggiato, velato da un manto di tristezza.
-Sì, un fratello gemello, ma è morto in un incidente quando avevo 8 anni-
Mi portai una mano alla bocca, sconvolta.
-Oddio, mi dispiace tanto-
Mi fissò per un secondo, esaminando la mia faccia. Pareva cercare qualcosa di concreto, famigliare; calcolare se poteva continuare o se era meglio restare muto.
-Come si chiamava...?-
Aprì la bocca solo per richiuderla di nuovo. E così resto per un momento, soppesando il vuoto davanti a sé.

-Jace... Jace David Roosevelt-

Jace...?

Rimasi ancor più colpita, pervasa da una nuova realizzazione. Una possibile teoria incerta.

Per caso Jace, aveva a che fare con la storia del suo gemello? Era per questo che non riusciva a parlarne?

-Mi dispiace Damien... Davvero-
Allungai una mano sopra la sua, cercando di mostrargli la mia solidarietà. Il mio conforto e il mio affetto. Damien trasalì al mio tocco, spostando gli occhi tra me e la mia mano.Visibilmente perplesso.

〰️〰️〰️

DAMIEN

I suoi occhioni grigi mi fissarono premurosi, facendo crescere in me una sensazione piacevole. Straniera.
Non ricordavo di esser mai stato guardato in quel modo, eccetto agli inizi, prima che mia madre perdesse il senno e mio padre la ragione. E ancora prima che Jace Eyre mi abbandonasse. Mi mettesse da parte come il resto degli altri.

-Damien...?-

Rinvenni dai miei pensieri, boccheggiando appena, non sapendo cosa dire.

-Mi manca...-dovetti ammetterlo a me stesso poiché era più forte di me.
E non potevo più negarlo.

-Ti manca tuo fratello?-

Beatrice mi accarezzò il braccio gentilmente, inclinando leggermente la testa di lato. I lunghi capelli neri sciolti sopra il giubbotto in pelle. La piccola mano sopra la mia giacca.
-Mi mancano entrambi- risposi con fatica.
Lei strabuzzò gli occhi, sorpresa. Stringendomi il braccio ancor di più.

-Quando dici tutte e due, intendi anche Jace Eyre?-

Annuii con il capo, consapevole che alla fine Cole aveva ragione. Una parte ostinata di me ci teneva ancora, a differenza di quello che invece volevo professare.
-Quando è morto mio fratello... Ho davvero creduto che non sarei più ritornato quello prima, con gli anni ho solo continuato a peggiorare...- presi una pausa, sospirando, spostando le ciocche indietro con le dita.
La mente ovattata dai passi di mio fratello, la sua risata contagiosa e il suo grande sorriso.
-Incontrai Jace Eyre una sera, davanti a un pub. E mi era subito parsa come una seconda possibilità, come se l'universo mi avesse permesso di ritrovare mio fratello sotto altre sembianze. Diverse circostanze...-
Mi fermai per guardarla, stupito di vederla con gli occhi lucidi, attenti. Empatici.
Assorta nella contemplazione della mia storia. La mia vita trasandata.

-Avevo più o meno 14 anni, impreparato e convinto di essere un duro. Spacciavo a insaputa dei miei genitori e amavo prender parte alle risse di strada... A volte, portavo anche a termine richieste pericolose per conto di alcuni sbirri-

Riportai la mente a quel giorno, ricostruendo nella testa le vivide immagini. I colori sfocati. Le mie espressioni distaccate, sprezzanti, nella fasulla speranza di apparire intero, stabile. Non cagionevole.
Tuttavia, Jace mi aveva disintegrato la maschera con poche parole semplici.

🔸️🔸️🔸️

||Flashback||
Manchester
▪️(Diversi anni prima)

-È cosi che mi ripaghi, dopo averti salvato?-
Jace si fece sostenere dal muro di pietra, poggiando la spalla sinistra su di essa, le braccia incrociate sull'ampio torace.

-Jace...?-

Damien si allontanò dalla scena del crimine, fissando Jace come se fosse stato colto con le mani nel sacco.
Un ragazzino innocente che aveva volutamente preso di mira, il quale ora stava ranicchiato sul freddo pavimento del marciapiede con le mani sopra la testa. Quasi come se volesse difendersi, proteggersi dai pugni e i calci nella sua direzione.

-Che cazzo stai facendo?-

Damien ingoiò la saliva, abbassando subito lo sguardo verso il suolo, il senso di colpa come un'ombra sulla sua figura.

-Non voglio ripetermi-
Jace calcò la frase, il tono severo, dittoriale. Una punta di disapprovazione nella voce.

-Mi... Mi stavo sfogando...-

Si scansò dalla parete avvicinandosi alla sua silhouette, arrestandosi davanti alla sua statura più bassa.

-Quando ti ho aiutato quella sera, che cosa ti stavano facendo quei ragazzi?-

Damien balbettò non sapendo dove guardare, sentendosi esposto, in difficoltà.
Strinse i pugni fortemente, trasferendo gli occhi sul ragazzo giovane. La sua zazzera scura, gli occhi vispi, neri. Pieni di paura.

-Damien!-

-Si stavano sfogando con me...-

-Quanti anni avevano?-
Jace ribatté pacato, studiando la sua attitudine nervosa, le pupille ambrate.

-18 anni...-

-Mentre tu invece avevi solamente 14 anni... Perché pensi che mi sono incazzato così tanto?-
Fece ancor più pressione, procedendo con un altra domanda.

-Perché ero più piccolo e avrebbero dovuto cercare gente della loro stazza. Perché la violenza è sbagliata e non bisogna sfogarsi per mezzo di essa...-
Damien alzò gli occhi nelle sue orbe chiare, leggendovi delusione, sentendosi ancora più in colpa di prima.

-Bene Damien, vedo che ricordi ancora. Allora posso sapere cosa stai facendo a questo ragazzino?-

Jace si sporse su di lui, abbassandosi quel poco per raggiungere la sua visuale, guardarlo in faccia.
-La violenza non è giustificabile, eccetto se non si sta difendendo se stessi o qualcuno che si ama...-

Trascinò lo sguardo sul ragazzino silenzioso.
-E lui non è una minaccia!-

Si sentì sporco, totalmente incapace di aggiungere altro. Soggetto alla durezza di Jace, la mano ferma, l'espressione impassibile. La maniera in cui lo guardava. L'aura intossicante e la profondità dei suoi occhi turchesi.

-La prossima volta che vuoi pensare di fare il duro, vieni a cercarmi e risparmia quelli più deboli-

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