CAPITOLO 42: Blog
🔸️Blog Personale di Beatrice Herondale
Sir Labyrinth
~ATTO II: Canti Nel Silenzio~
Avevamo cominciato a vederci di nascosto, come scoiattoli nelle proprie tane. Reconditi, chiusi al mondo scrutatore. Rondini senza una dominazione, piantagioni di un campo isolato, non coltivato da mani umane.
E in questi luoghi, Sir labyrinth mi aveva parlato di lui, dei suoi progetti. Mi aveva reso partecipe dei suoi sogni e del futuro che sognava oltre i sette mari. Le sue storie avventurose, i viaggi tropicali e le navi imbarcate.
Tutte escursioni che avevano finito per invogliare anche la mia persona radicata, a smuovere i miei piedi e ampliare i miei orizzonti. Un valido motivo per lanciare le mie visioni fin largo i confini del mondo, oltre la siepe di casa mia, fin dove l'occhio dell'uomo poteva arrivare.
Con Sir Labyrinth avevo anche cominciato a esplorare il paese. E certe sere facevamo il bagno nel laghetto delle città che visitavamo, e se Jace non era troppo stanco, andavamo a pesca. Mi portava con lui in barca e mentre stavo appisolata, lui mi narrava di altre storie. Altre leggende, aneddoti mai sentiti. E barzellette ridicole. Eppure, mi rendeva felice. Tornavo a casa con il sorriso più grande del mondo. Le stelle al posto degli occhi e il firmamento come dimora del mio cuore. Vasto, infinito. Senza andata e senza alcun ritorno.
Un mondo non più bianco e nero, nemmeno a colori, ma sgargiante, dorato. Raggiante, quando lui entrava nella stanza. Quando occupava uno spazio vuoto.
-Signorina Beatrice! Vuoi imparare a cacciare o no?-
Tornai con i piedi per terra, voltando lo sguardo verso la sua figura alta. In piedi, a torso nudo, a qualche metro da me. L'arco nella mano destra e le frecce dall'altra.
La folta chioma legata in una mezza coda, elegante, selvaggio.
Le fattezze simili a quelle di un angelo del rinascimento.
-Arrivo! -
Il cherubino di Michelangelo in carne e ossa. La perfezione nel suo sorriso. L'universo intero nelle sue orbe turchesi.
-Certo che voglio imparare!-
Portava degli stivali sporchi di terra, sopra i pantaloni scuri. Le bretelle anch'esse lasciate cadere ai lati dei pantaloni. Aveva abbandonato la sua camicia da qualche parte, insieme al mio scialle arancione, nella speranza di portarmi a caccia.
Mi ero alzata di buon ora, indossando un abito estivo dello stesso colore dello scialle, con una scollatura a V, e il corsetto sulla vita. E con qualche piccola bugia, ero sgattaiolata dal villaggio.
Mia madre credeva che andassi a trovare Cinthya, e non era proprio al corrente delle mie indecorose fughe per incontrare Sir Labyrinth. Ed era meglio così. Era meglio che nessuno lo venisse a sapere.
-Vieni qui!-
Jace posizionò le sue grandi mani sulla mia spalla, voltandomi con la schiena contro il suo torace, per poi passare l'arco sopra la mia testa.
-Prendilo e mettiti in posa-
Divaricai leggermente le gambe, distanziando l'elastico dell'arma da caccia.
Gli occhi puntati davanti alla fitta boscaglia, i conigli, gli scoiattoli e i cervi in lontananza.
-Se vuoi cenare stasera, vedi di catturare qualche preda-disse lui, passando un braccio sul mio. Mi infilò la freccia nella mano destra, aiutandomi a coordinare la direzione nel punto giusto. Chinato su di me, abbastanza da poter sentire il suo profumo. Il calore della sua pelle e il torace solido.
-Concentrati Beatrice...-
Come potevo farlo? Come cribbio pensava che avrei potuto concentrarmi con un soggetto come lui alle mie spalle?
-Sono concentrata!- mentii, grata che non poteva vedermi in volto.
-No che non lo sei, il tuo bersaglio è tutt'altra parte e la cena sta scappando...-
Feci mente locale, riportando l'attenzione sul coniglio in movimento, aguzzando la vista sul piccolo animale bianco.
-Ora!-
Scoccai la freccia con il massimo della determinazione, convintissima di vederla fare breccia, già certa di sentire gli elogi sulla mia bravura, ma invece, andò a conficcarsi dritto nel tronco di un albero.
-Ops...!-
Perfetto... Niente Cena.
Sollevai il capo per vedere la sua reazione. Per sbirciare se fosse deluso della mia performance, considerando che non era nemmeno la prima volta che mi dava lezioni.
Tuttavia, non parve molto arrabbiato, anzi curioso, prese a contemplarmi dall'alto. Le braccia incrociate sul petto.
-Oggi, sei più distratta del solito...-
Si chinò quel poco per scrutarmi attentamente, radunando i pozzi chiari sul mio volto paonazzo.
E poi scosse il capo.
-Dai, per oggi basta così...-
Sfilò l'arco dalle mie mani, prendendo un'altra freccia dalla faretra. E senza troppo sforzi, scoccò la freccia nel ventre della lepre. Un'agilità fine e piena di grazia. Movimenti studiati, degni della sua reputazione. E non potei fare a meno che restarne stupita. Ammaliata.
Stavo persino per battere le mani.
-Hey, chiudi la bocca, potrebbero entrarci delle api...-
La sua mano fu sotto la mia mandibola, il pollice sulla mia bocca, sotto di lui. Incontro ai suoi occhi divertiti.
-Non ho fatto niente di che, potresti imparare anche tu, se no fossi troppo occupata a guardarmi-
-Cosa?!-
Diventai ancor più rossa, distogliendo subito lo sguardo.
-Non essere vanaglorioso! La mia attenzione era su quel coniglio!-
-Eh già! È per questo che ti è sfuggito?-
Che spiritoso!
Sir Labyrinth sorrise, raccogliendo il porta-armi sulla spalla, per poi incamminarsi verso la preda abbattuta. Mi mossi dopo di lui, osservando la schiena scolpita. Nuda.
Le sottili cicatrici di lotta sulla parte bassa. I muscoli prominenti e le spalle larghe.
Era davvero una tentazione disumana. La tentazione in persona che camminava liberamente per il villaggio, cercando chi indurre in pericolo.
-I tuoi genitori sanno che sparisci fino a sera?-
Parlò di nuovo, interrompendo il mio flusso di pensieri. Evitai il terriccio umido, alzando i lembi del vestito per non sporcare il tessuto. Non che fosse pulito, ma almeno doveva apparire presentabile.
-Ho detto che andavo a trovare una mia amica... -
Una bugia grande come una casa, altro che piccola! Dal momento che Cinthya, abitava dall'altra parte del villaggio, verso le colline di Morsith.
-Uhm... Devo essere onorato? Che hai mentito per stare con me?-
Jace si voltò per rifilarmi un altro dei suoi sorrisi sgargianti. Regala-infarto!
Le fossette intente a salutarmi con audacia.
-Sì, moltissimo! Non sai a che tipo di morte andrei in contro, se mia madre dovesse scoprire che sono in giro con uno sconosciuto...-
-Sconosciuto...?-
Sospirai prima di continuare.
-Jace, ti conosco soltanto da qualche settimana, per mia madre equivale a zero...-
Si arrestò davanti al coniglio, sollevando il corpo esile dalle gambe.
Rilasciai un verso schifato alla visione del sangue, spostando lo sguardo altrove.
Una reazione che non passò inosservata.
-Principessa, è così che le cose funzionano qua fuori. Voi donne non dovete nemmeno cacciare. Aspettate solo il nostro rientro-
-Che cosa stai cercando d'insinuare? Chi preparera la cena per i vostri burberi sederi al rientro? Noi! Voi cacciate e noi cuciniamo!-
Incrociai le braccia al petto, seguendolo stizzita.
Lui alzò le mani in segno di resa, trascinando il povero coniglio al laghetto, dove lo lavò per bene e vi tolse gli organi interni. La fronte corrugata per la concentrazione.
-Per chi è quel coniglio?-
Mi sedetti vicino a lui, sulle rocce, osservandolo a lavoro con un pugnale. Le vene visibili, in rilievo sulle braccia forti.
-Per me... Ho fatto io la caccia. La tua cena è scappata-
Sbuffai imbronciata, fingendo disinteresse.
Sir Labyrinth alzò gli occhi su di me, osservando la mia espressione. Compiaciuto dalla reazione infantile che talvolta esponevo in sua presenza.
-È per te Principessa, stavo scherzando...-
-Non chiamarmi Principessa!-
-Perché no? Ti sta a pennello!-
Jace sorrise ancora un po', preparando la legna per arrostire l'animale. Un mucchio di legnetti che avevamo messo da parte a mezzogiorno.
- Ti strozzerei!-
-Fallo se hai coraggio!-
Mi alzai imperterrita con l'intento di spingerlo dentro il laghetto sottostante, ma purtroppo mi precedette, facendomi lo sgambetto. Scacciai un grido, chiudendo gli occhi all'impatto con l'acqua fredda. Sicura, di star cadendo di sotto. Eppure, con mia sorpresa, Jace mi afferrò. La sua mano sul mio braccio sinistro, e con un lieve strattone, mi tirò contro di lui. Contro il petto, direttamente a contatto con la sua pelle.
-Attenta principessa, se cadi, cosa racconterai a tua madre?-
Socchiusi gli occhi, pronta a ribattere con un altra frase d'effetto, ma il suo sorriso ebbe la meglio, lasciandomi di nuovo in cerca di parole. In cerca delle redini del mio cuore.
-Cos'è, hai perso la lingua? Non mi insulti più?-
Accidenti a me e accidenti a lui!
Scossi il capo, cercando di evadere da quella posizione troppo ravvicinata, non volendo essere responsabile dei miei impulsi carnali, dei capricci che venivano con l'amore.
-Si sta facendo tardi, e devo tornare a casa...-
Il suo braccio era ancora stretto attorno alla mia vita, accostata contro il suo torace, totalmente ancorata su di lui.
-Okay...-
Mi rilasciò con riluttanza, gli occhi pieni di qualcosa che non conoscevo. Fame, passione o forse altro ancora.
Negli ultimi venti minuti, arrostì il coniglio e mi aiutò ad avvolgerlo nel cesto che avevo portato da casa.
Mia madre mi aveva chiesto di comprare un coniglio, nel mercatino sulla via del ritorno, ma siccome non ci ero più andata, ero rimasta in conflitto sul da farsi, sulla possibile bugia da sfornare una volta a casa.
E quindi Jace mi aveva aiutata.
Mi pulii la gonna, eliminando ogni possibile traccia di terriccio visibile, riponendo lo scialle attorno alle mie spalle.
-Ti conviene cominciare a metterti in viaggio, si sta facendo tardi...-
Sir Labyrinth alzò lo sguardo verso il buio saliente, dal fondo delle colline.
-Grazie ancora...-
Lo ringraziai nuovamente per il coniglio, afferrando il cesto di legno tra le mani.
Mi fece un cenno con la testa, restando in silenzio. Le dita congiunte dietro la schiena.
Un sorriso fioco sulla bocca.
-Ci sarai, domani? Verrai?-
Esitai lievemente, speranzosa. Già eccitata all'idea di rivederlo ancora.
E come risposta, Sir Labyrinth avanzò verso la mia postazione, per poi arrestarsi davanti a me. Le pupille ancora incastonate sulla mia effigie, quasi come se volesse studiarmi, assimilare ogni singolo suono o gesto che compievo.
-Ti ricordi quella cantilena che ti ho raccontato...?-
Restai visibilmente stupita dalla sua domanda, non avendola minimamente prevista, o forse convinta che stesse per fare altro.
-Sì... Perché?-
Era una delle tante storie che aveva condiviso con me, e tra queste c'era questa cantilena che aveva imparato in Spagna, quando era salpato con altri uomini.
-Voglio che la ricordi, in ogni momento...-
Socchiusi gli occhi, confusa. Non sapendo cosa dire. Il rossore di nuovo sulle mie guance.
-Chiamami per nome... Canta, anche quando non sentirai altro che rumore... Questa?-
Lui annuì col capo, appressandosi su di me.
La sua fronte sulla mia. Le sue mani sopra le mie.
-Sì Beatrice...Rendimi la fonte di quella cantilena... Pensa a me quando la canti-
Chiusi gli occhi, assaporando quel momento. La sua vicinanza e la brezza estiva. I passi del cuore, i tuffi dello stomaco. Le scintille sulla pelle e il piacere che mi divorava dall'interno.
Annuii con il capo, sporgendomi ancor di più, fino ad avere la mia guancia sulla sua.
-Canta sempre Bea, anche se non dovessi più udirmi... In tempi come quelli, canta più forte-
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