CAPITOLO 40
"Poiché esso polverizzava le parole nella bocca. Cancellava le metafore fatte di uomini, distruggeva le comparazioni. Difatti, il vero amore restava unico, irripetibile, non emulabile."
-J.Kai
Come ben previsto, Cinthya si beccò una sospensione di una settimana.
E ora stava fumante in caffetteria con il fumo fuoriuscente dalle orecchie, non che si vedesse, ma se potevamo per un instante diventare cartoni animati, sarebbe stata uguale a Tom il gatto; quando Jerry lo faceva infuriare.
-Avanti, non pensarci. Non dargli la soddisfazione di vederti così-
Sorseggiai il tè nella bottiglietta di plastica, seduta al tavolino con Cinthya; la quale aveva deciso di comprarsi una brioche di cioccolato per sbollire la rabbia. Entrambe perse nei nostri pensieri, nella vasta sala mensa. Assieme ai tanti studenti seduti ai tavolini, tra quelli occupati a mangiare e chi chiacchierare.
A far da sfondo a quel giorno nuvoloso, stavano le pareti grigie del refettorio; bilanciate dalle grandi finestre che davano sul cortile.
Le donne addette alla distribuzione, in piedi dietro i banconi. Un grembiule comune di color rosso. La cuffia nera posata sulla chioma.
Un via e vai continuo, di persone impazienti, gente che non vedeva l'ora di pranzare.
-Oh guarda... Sta entrando sua altezza...-
Spostai lo sguardo nella sua direzione. In tempo per vedere Jace sorpassare la soglia della mensa. I capelli leggermente scombinati. Le ciocche ribelli davanti agli occhi. La bocca in una linea ferma. Indossava una felpa verde senza cerniera. Le mani intascate nei Jeans strappati. L'aria svogliata. Quella perenne espressione di chi non era felice di stare al mondo. Fredda. Distaccata.
Lontana anni luce dal calore del sole e della vita. Un lato di lui che non comprendevo. Arduo per me da interpretare.
"Avete rimosso la luce nei suoi occhi".
Rabbrividii di nuovo, stringendomi nelle spalle. Le parole di Rosalia ancora inchiodate nel muro della mia mente.
E in modo assiduo, continuavano a emergere, a riaffiorare, a penetrare il mio vano tentativo di trovare pace.
Emergevano dal fondo delle acque irrequiete, ogni volta che la mia barca trovava stabilità. Ogni volta che mi convincevo che Jace mi aveva perdonata.
-Sembra di cattivo umore...- commentò Cinthya, una lieve curiosità negli occhi scuri. Attenti.
Vispi.
Pronti a captare qualunque sfaccettatura sfuggente. Decisa a scorgere qualche parte incongruente di lui, da mettere a nudo. Da mettere in cattiva luce.
Per Cinthya, Jace non poteva essere così impassibile, e doveva in qualche modo avere un segreto.
-Ha sempre quest'aria cupa che mi fa venir voglia di provocarlo, di scuoterlo! Di fargli capire che non è l'unico che passa le pene dell'inferno...!-
E quando non lo era?
Bello anche quando adirato, radiante anche nell'assenza del chiarore. Il sole spento nei giorni invernali.
E non potevo biasimarla, poiché non era neppure un pensiero a lei personale ma, gran parte degli studenti la pensavano allo stesso modo. Molti volevano vedere fino a che punto era possibile spingere il suo bottone. Vedere se sarebbe poi scoppiato, e se quell'infinita freddezza si sarebbe poi tramutata in qualcosa di vivo.
-Beatrice Herondale... C'è qualcosa che mi sta sfuggendo?-
Sgranai gli occhi, grattandomi la nuca. L'attenzione di nuovo sul mio tè verde.
-Che cosa intendi?-
Feci finta di nulla, distogliendo lo sguardo. L'aria nervosa. Tesa.
Cinthya mi scrutò lenta, come se avesse colto un dettaglio che non aveva fatto prima.
-Bea, credo che ieri non stavi mentendo... Sul fatto che lo ami... Lo guardi nello stesso modo in cui mia madre guarderebbe mio padre-
Alzai gli occhi al cielo.
-Addiritura...! Cinthy smettila-
-Okay, forse ho esagerato ma... Seriamente Bea! Quello che leggo nei tuoi occhi è genuino. Ho solo paura che lui non ti guardi nello stesso modo-
Scossi il capo, cercando di spazzare la sua ultima affermazione dalla mente. Ero già una persona insicura di mio, e la mia migliore amica non mi stava aiutando. Anzi, dava spazio alle incertezze che governavano il mio subconscio.
-Cinthya lo so... Lo so. Devo essere prudente. Fidati che lo sono. È solo che...-
-... Che lo ami?-
Boccheggiai appena, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi castani, curiosi. In quel momento, indagatori.
-Tu sai che l'amore è tutto che prudente...?-
Sbuffai, portandomi le mani sul viso, tra i capelli, per poi arrestarli per un secondo sulla testa. La frustrazione visibile come un lampione notturno.
Non volevo che mi venisse ricordato. Non volevo che mi ricordasse la miserabile posizione in cui mi trovavo.
-Oh merda... Sta venendo qui...-
Sussultai, voltando la testa verso l'angolo. Gli occhi fermi sulla sua figura slanciata. Il corpo agile e le gambe robuste. I piedi indirizzati nella nostra direzione.
-Che dici Cinthy! Sta solo salutando il suo gruppo di amici...-
Allungò un braccio, salutando un paio di ragazzi nel suo passaggio. Un sorriso fioco sulle labbra delineate, non troppo gioviale ma nemmeno apatico. Le fossette di nuovo in vista.
Sospirai mentalmente, distogliendo lo sguardo. Totalmente annichilita come un ramo davanti alla sua presenza. Convinta che fosse impossibile che mi stesse cercando. Era sicuramente qui per qualcun'altro.
-Non sta venendo qui...-
Anche perché Jace, non veniva mai in mensa, era raro vederlo entrare e se entrava era solo perché cercava qualcuno in particolare.
Non era da lui fermarsi a dialogare, ancor meno pranzare.
-Bea, smettila di dormire come un cavallo! Ti ha guardata prima...! Ed è evidente che sta venendo qui!-
Non ero pronta. Non ero psicologicamente né corporalmente pronta.
-Cinthy non voglio parlare con lui. Non ora almeno...-
Diamine!
Potevo chiaramente percepire le scariche nello stomaco, il calore nelle parti più intime. Accaldata come una cozza al mare. Profondamente imperterrita da come, ultimamente, il mio corpo facesse di testa sua.
Altro che autocontrollo qui! Una staffetta verso la fine del traguardo.
"La perdita della verginità".
E a sto passo, avevo seriamente paura della mia reazione, la passione e di tutto quello che il mio corpo stava bramando.
-Che cosa? Bea? Sei matta?-
Cinthya mi passò la mano destra sulla fronte, misurando la mia temperatura come se fossi malata.
-Cinthya sto bene... Per favore!- allontanai il suo braccio, cercando di rassicurarla.
-Come no! Sei un pomodoro rosso! E stai sparando idiozie!-
Cribbio! Doveva pure sottolinearlo?
Jace era quasi giunto al tavolo quando decisi di alzarmi con una scusa. Uno scatto improvviso. Goffo.
-Bea, dove vai?-
-In bagno!-
Me la diedi a gambe, abbandonando una Cinthya piuttosto confusa. Il capo inchiodato verso il basso e il passo veloce.
Nella fretta di uscire, gli sfiorai il braccio accidentalmente, abbastanza da farlo voltare verso di me.
-Scusa...!-
Mi scusai senza però arrestare la mia fuga. E quasi pensando di farla franca, voltai l'angolo del corridoio; ma sfortunatamente, non andai molto lontano e Jace mi raggiunse, piazzandosi davanti a me. Una mano ferma sulla mia spalla. Sotto il calore della sua pelle.
-Bea?-
Merda...
-Sì che c'è? Sto andando in bagno...-
Lui socchiuse gli occhi dubbiosi. La testa lievemente inclinata di lato. Un'espressione paziente nello sguardo severo.
-Davvero? Anche perché il bagno è dall'altra parte...-
Scema! CRETINA!
Distolsi l'attenzione dal suo volto, incolpando gli stupidi flashback che avevano cominciato a riaffiorare. Poiché erano la causa di tutto. Il motivo della mia confusione, delle forti scariche tra le gambe. I buchi nello stomaco e la testa leggera.
-Beatrice... Mi stai evitando?-
Sì e No...
Vi erano molti fattori in ballo e non solo uno:
Il primo era che mi stavo decisamente innamorando e c'era il rischio che Jace non fosse così preso. E che non provasse più le stesse cose.
Seconda cosa: I flashback riportavano un Jace completamente diverso. Un Jace sereno che non combaciava con quello presente. E peggio, poteva anche essere radicalmente cambiato e non avere più le mie stesse motivazioni.
Terza opzione: Decidere di buttarsi in questa caduta senza paracadute e sperare che si sarebbe poi presentato alla fine della mia disfatta.
E come ultima trovata: Il decesso dei miei sentimenti.
Mettere a morte tutto quello che provavo. Sgretolare ogni singolo atomo che provava amore per questo individuo. Un atto che mi avrebbe sicuramente prosciugata ma tenuto un vita.
-Ci stai pensando troppo...-
Mi morsi il labbro inferiore, alzando di nuovo lo sguardo nei suoi occhi afflitti, leggermente arrabbiati. La fronte corrugata e le mani chiuse a pugno.
-Jace non so cosa pensare, non sono sicura di cosa voglia tu e di...-
Non mi fece finire, afferrandomi per il braccio, e in un moto di rabbia mi trascinò via con lui.
-Jace...! Cosa fai?-
Alcuni studenti si voltarono verso di noi allibiti, forse, stuzzicati dalla visione di un Jace furioso che portava via una ragazza nel bel mezzo del corridoio. Un nuovo gossip, finalmente. Un nuovo dramma da divulgare tra gli amici. E come già previsto, non persero nemmeno tempo a tirare fuori i cellulari.
Di male in peggio...!
Ignorai tutto e tutti, lasciandomi trasportare verso quello che sembrò un bagno addetto ai bidelli o allo staff dell'università.
E senza che potessi ambientarmi, Jace mi spinse dentro, chiudendo la porta alle nostre spalle.
-Jace??-
In un gesto repentino, passò le mano sui miei fianchi, sollevandomi di peso, facendomi sedere sul bancone del bagno, affianco al lavello del lavandino.
E con non-chalance, mi divaricò le gambe, posizionandosi a suo interno. Le mani poggiate sulla superficie di marmo, ai lati del mio corpo.
Abbassai lo sguardo sulle sue mani, sulla posizione in cui eravamo, sconcertata dalle guance infuocate che velocemente stavano prendendo posto sulla mia faccia. L'imbarazzo tremendo e l'eccitazione dei miei ormoni ribelli.
-Ora, puoi ripetere la cazzata che stavi dicendo poco fa?-
Sbattei le ciglia, osservando i suoi occhi chiari. L'espressione autoritaria, spruzzata da una leggera sfumatura di frustrazione.
-Beatrice?-
Inarcò un perfetto sopracciglio, osservandomi sotto le lunghe ciglia scure, il labbro inferiore tormentato dai suoi canini prominenti.
-Non... Penso di piacerti...-
Stava a pochi centimetri dal mio volto e il tutto rendeva la situazione ancor più difficile, soprattutto la concentrazione.
-Tu pensi di non piacermi...?-
Socchiuse gli occhi, storcendo la bocca in una smorfia di disapprovazione. La fronte di nuovo corrugata.
-Non né sono sicura, e credo che le mie incertezze siano giustificabili se non fondate- boccheggiai appena, trovando le parole con fatica.
Mi aveva elevato su un bancone, per permettermi di raggiungere il livello del suo volto. Un tentativo inutile siccome toreggiava comunque su di me.
-E' vero che ho avuto un'amnesia abbastanza grave, ma come posso sapere se la relazione che abbiamo avuto in passato, esiste ancora...?
Come faccio a sapere che non mi stai usando?-
Parlai cauta, evitando il suo sguardo di tanto in tanto, scampando alla forza dei suoi occhi; sottraendomi alla tensione che si creava quando i nostri volti si incontravano.
Al contrario di lui, che invece non deviò l'attenzione ma rimase stabile. In silenzio. Le labbra semichiuse come se fosse pronto a parlare.
-Sto solo dicendo che temo di essere l'unica davvero interessata...-
Il profumo del suo corpo sotto le mie narici. Un profumo speziato. Un misto di gelsomino e aromi esotici. Fiori selvatici e lavanda. Odori che volevo avere su di me, sotto la mia pelle, e fin dentro le mie unghie.
-E non credo di arrivarti, come tu arrivi a me...-
Continuò a guardarmi curioso, simile a un adulto intento ad ascoltare il parlare disordinato di una bambina elementare.
L'impressione di un qualcuno che stava elaborando un discorso insensato. Una teoria senza radici.
-Non mi credi?-
A sto punto mi fermai, leggermente seccata. Non aveva senso continuare se non mi stava realmente ascoltando.
Jace sorrise appena, scuotendo la testa.
-Ti sto ascoltando, va avanti... -
Incrociai le braccia sul petto, scettica, insicura sul fatto di continuare o lasciar perdere. Stava chiaramente formulando un'obiezione nella sua testa, e la sua incitazione non era molto convincente.
- A una condizione però...-
Sgranai gli occhi, insospettita. L'espressione confusa.
-Sì...?-
Jace stavolta sorrise un pelino di più, portando le mani sulla mia vita, avvicinandomi al suo torace.
-Un bacio per ogni cazzata che dirai...-
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