CAPITOLO 33

"Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende."

-Divina Commedia, Dante Alighieri-

-Ciao Papà-

Entrai in ambulatorio, trovandolo alle prese con i suoi apparecchi medici, occupato a ripulire la superficie con cura.
La fronte aggrottata, concentrato nella piccola impresa che stava svolgendo.

-Oh! Ciao tesoro! Hai già finito con tua madre?-

Si tolse i guanti di lattice, sistemando il camice bianco. La tesserina con il suo nome, pinzato sul taschino frontale.
"Dr. Dorian Herondale" scritto in caratteri spessi.

-No, non lo so… Sta ancora parlando con la signora Eyre-

Mio padre annuì, per poi fermare lo sguardo su di me. Gli occhi socchiusi, una visibile analisi della mia persona.

-Sono forse io, o sembri aver corso una maratona?-

Si spostò i ciuffi neri dalla fronte, raccogliendo l'attenzione su di me.
Boccheggiai appena, prima di trovare le parole giuste.

-No, perché?- mentii, cercando di apparire meno sospetta. Le mani intrecciate dietro la schiena.

Mio padre sorrise, scuotendo la testa.

-Non sei brava a mentire…-

Sospirai imbronciata, lo sapevo bene anch'io. Difficilmente riuscivo a dire una bugia e non essere beccata.

-Ah dimenticavo! Hai visto che è tornato Jace?-
Mi irrigidii a quella menzione, dal momento che stavo appunto scappando da lui. E la squallida maratona era dovuta alla sua persistente personalità. Mi aveva continuato a tallonare, fino a quando mi sono trovata costretta a mettermi in fuga.

-Riguardo a quello che ci siamo detti, quel giorno, puoi dirglielo ora… Puoi confessargli che sei al corrente della tua amnesia-

-No! Non ci penso nemmeno-

Mi portai una mano alla bocca, sorpresa di quanta intensità avesse lasciato la mie labbra, con quanto disappunto lo avessi espresso. Un'obiezione risoluta che lasciò di stucco anche mio padre.
-Perché no?- domandò lui turbato, le sopracciglia corrugate per la confusione.

-Non me la sento...-

Come potevo dirgli che sapevo, che mia zia aveva ucciso sua madre?
Con che faccia e con quale coraggio potevo poi restare al suo cospetto? E non solo, che sapevo di averlo dimenticato...?
No, non potevo farlo. Lui non poteva sapere che avevo scoperto della mia amnesia. Era meglio così per tutti.

-Beatrice... Jace lo sa ormai da diverso tempo, eppure non ci hai mai odiati per questo. Non aver paura di dirgli la verità-
Scossi il capo di nuovo, contrita. Ancora convinta che fosse una cattiva idea, perché quando si amava qualcuno, tutto cambiava.
Mutava anche il valore che davi a qualsiasi gesto. E mentre per mio padre, ammettere una tale tragedia, era cosi facile, per me era devastante.
Inconcepibile.

-Papà... Vorrei andare a casa, puoi riferirlo a mamma, quando torna?-
Lui annuì, leggermente amareggiato. Era palese che volesse aggiungere altro, ma aveva deciso di non parlare.
-Okay, prendi le mie chiavi e torna con la mia auto-
Mi indicò il mazzo di chiavi nella tasca della sua giacca appesa al muro.
-Okay, a stasera- lo salutai con un bacio veloce, lasciando l'ambulatorio. Il cuore improvvisamente pesante, inzuppato dal senso di colpa e dalla voglia di vederlo.
Due sentimenti contrastanti che minacciavano di farmi impazzire.
L'aria era gelida all'esterno, e il vento udibile tra gli alberi. Mi strinsi nel maglione bianco, incamminandomi verso l'auto nera di mio padre; parcheggiata nell'area riservata allo staff.
Aprii le portiere, impaziente di giungere a casa e di rilassarmi sotto la doccia. Volendo disperatamente trovare sollievo in qualche modo. Tuttavia, non fui nemmeno in grado di fare un altro passo, ritrovandomi con la schiena contro la superficie metallica. E con mia ulteriore sorpresa, Jace Eyre mi stava di fronte.
Le braccia robuste ai lati del mio corpo, poggiato con i palmi aperti contro l'auto; urgendomi alla resa e troncando ogni mia possibile via di fuga.
-Jace...!-
Trasalii appena, non avendolo visto arrivare. Troppo assorta a pensare a tutte le cose negative, che tener conto a quello si muoveva nei dintorni.
I suoi occhi scesero su di me, catturandomi, ammaliandomi per la millesima volta.
Un non so che di arcano, oscuro. Lo sguardo gelido eppure vigoroso. Brillante.
-Che stai facendo?-
Mi ritrovai a perdere il senso delle parole per un secondo, avvampando alla vicinanza del suo corpo al mio.
-Sto cercando di andare a casa- mi difesi.
Intimidita dalla sua forma massiccia, slanciata. Il mento alzato, per guardarlo in faccia.
-Con così tanta fretta?-chiese lui, l'aria interdetta. La bocca socchiusa.

-Ho tante cose da fare-
ribattei impacciata.

I suoi capelli si erano fatti più lunghi dall'ultima volta che lo avevo visto, e ora i ciuffi ricadevano sulla sua guancia, fermandosi all'altezza del naso.
I muscoli più definiti, a tal punto da poterli intravedere sotto il tessuto leggero. Portava una camicia bianca, con i primi tre bottoni aperti, permettendomi di scorgere una parte dell'ampio torace.
Voltai lo sguardo per non vedere altro, completamente molle sulle ginocchia.
Dovevo assolutamente andarmene.
-Perché mi stai evitando?-
Le sua mano si racchiuse sotto la mia mandibola, in modo dolce, avvolgendola completamente.
-Beatrice?-
Mi voltò verso di lui, verso il suo volto frustrato. Perplesso.

Oh signore!
Se continuava così non sarei più riuscita a resistergli.

Dovevo trovare una scusa e in fretta!

-Non possiamo essere amici...!- sbottai tutto d'un fiato. Il cuore palpitante e le mani sudate.
-Avevi ragione tu, sin dall'inizio...-
Rievocai le sue stesse parole, e la cosa mi costò una certa fatica. Il solo pensiero di ferirlo, trucidava prima me. Annientava la mia persona prima di toccare la sua.
-Che cazzo stai dicendo?-
Gli occhi increduli, abbastanza scosso da poterglielo leggere in faccia. Non risposi, voltando subito lo sguardo.
-Beatrice guardami...-
Il tono gelido, un movente di lui che comprometteva tutta la mia stabilità. Il decesso della mia ragione. La morte dei miei pensieri. E persino quando mi parlava così, il mio cuore osava perdersi in fitte piacevoli. Capriole nello stomaco.

-Fino a 3 mesi prima, a malapena riuscivi a reggerti in piedi da sola...-

Mi obbligò a fissarlo di nuovo.

-Maldestra, goffa, cedevole. Così pericolosamente Ingenua... - lo disse quasi come se stesse elencando i miei peccati. Una forma di accusa che mi offese quel tanto da mutare la mia espressione.

-Simile una bambina, con la testa tra le nuvole. E gli occhi curiosi...-

Si chinò su di me, la sua mano di nuovo sotto la mia mandibola.

-Sempre pronta a rovistare tra le mie cose. Le cose a me, segrete. A prender parte della mia vita, a occupare il mio spazio...-

Fece una pausa, volendo in qualche modo fremere la sua irritazione.

-E ora, dopo tutta questa tua ossessione. Vuoi concludere le cose così?-
Mi venne quasi da piangere, perché non capiva. Non stava capendo.

-Sei egoista! Ecco cosa sei!-
In qualche modo, la tristezza mi fece trovare la rabbia. E senza volerlo, mi ritrovai a gridargli in faccia. Jace sobbalzò leggermente, guardandomi allibito. Gli occhi socchiusi, incapaci d'intendere la situazione.
-Non sono un edificio dove puoi entrare e uscire quando vuoi! Non puoi sparire per 3 mesi e pretendere di trovarmi come mi hai lasciato. Non sono un oggetto Jace!-
Un singhiozzo abbandonò le mie labbra senza il mio permesso. Gli occhi nuovamente lucidi.
-E per me non era un'ossessione! Scusa se mi piaci così tanto da non riuscire a...-
Mi bloccai, non riuscendo più a continuare. La voce spezzata dalla frustrazione.
Mi voltai dall'altra parte, con l'intento di aprire la portiera, e sfrecciare via. Lontana da lui.

Eppure di nuovo, non me lo permise, attirandomi contro il suo torace. Le mani intrecciate dietro la mia schiena.
Restò poi in silenzio, fissandomi con occhi più gentili. Premurosi.
-Mi dispiace... -rispose poi infine, le fossette lievemente in rilievo.
Scossi il capo ancora irritata.
La parola "Ossessione" mi aveva ferita, poiché era tutt'altro che quello. Una terminologia inadatta in confronto all'interesse che provavo.
-E non preoccuparti, non invaderò più la tua privacy- dissi stanca. Emotivamente sopraffatta.
Non riuscivo neanche a guardarlo. Non potevo in quel momento. Dovevo resistergli completamente.
-Bea non è quello che intendevo...-
Sospirò, portando le mani sui miei fianchi.
-Non ti sto elencando tutto questo per rinfacciarti qualcosa. È il contrario...-
Sollevai gli occhi nelle sue pupille chiare, curiosa di capire il significato.
-La tua persona maldestra, le piccole cose che fai, la tua consistenza... Il modo in cui mi guardi-
Mi portò più vicina sé, chinandosi ancor di più.
-Sono tutte cose che mi scompongono, che alterano il mio equilibrio...-

-Non capisco, stai forse dicendo che ti do fastidio?-

Colse il mio disappunto, sciogliendosi in un debole sorriso.
-No scema, sono tutte cose che amo vedere-
Arrossii come un pomodoro, rimanendo a bocca aperta. Invasa da uno stormo di farfalle nello stomaco.
Persi il contatto con la realtà, trovandomi incapace di formulare una frase a senso compiuto. Lui sorrise al mio blocco verbale, mettendomi ancor più in difficoltà.
-E allora perché hai detto che sono ossessionata?-
Jace sospirò di nuovo, l'espressione divertita.
-Per ossessione, non intendo la vera e propria ossessione in sé. Ma parlavo della tua personalità perseverante...-
Mi accigliai, rimanendo in ascolto. Il calore del suo corpo contro il mio.
-E del fatto che tendi ad affrontare le cose con così tanta costanza, da farla quasi apparire come un'ossessione. Non stavo cercando di offenderti-
Alzò la mano sulla mia guancia, massaggiandola piano. Gli anelli di ferro contro la mia pelle.
Freddi, in contrasto al fervore della sua mano.
Chiusi gli occhi per un istante, appoggiando la guancia contro la sua mano, lasciandomi completamente sorreggere, dimenticando il senso di colpa, la frustrazione e ogni infimo dubbio. Anche il motivo principale per la quale stavo cercando appunto di evitarlo, ma poi, fui severamente ripresa dalla mia coscienza, la quale mi spinse a ritornare con la testa sulle spalle, destandomi dal suo asfissiante incantesimo. E prima che Jace potesse capire le mie intenzioni, mi liberai dalle sue braccia, aprendo in fretta la portiera e infilandomi dentro.
Feci partire il motore, abbandonando il parcheggio e imboccando la strada.
Il cuore smunto. E gli occhi appannati.

"Che cosa vuoi da me, Bea?"

Demerya mi aveva detto che aveva una natura imprevedibile e quindi, quello che oggi vedevo, non necessariamente sarebbe rimasto tale più avanti. Jace spariva sempre, così aveva detto anche Jonathan. Non amava soggiornare in uno stesso luogo per troppo tempo. E io purtroppo, ero un posto radicato.

"Devi smetterla di pensare così bene di me perché forse... il mio pensiero non coincide con il tuo".

Rilasciai un verso frustrato, non riuscendo a mettere le cose insieme. Totalmente confusa da quello che voleva, e quello che invece desideravo io.

-Ecco, io cerco il mio piacere, cerco quello che fa comodo a me. Sono egoista Bea, e credimi, che esserti amico è l'ultima cosa che voglio."

Le sue parole mi riempirono la testa.

"Bea, io voglio soltanto fotterti... E non vi è nulla di amichevole in tutto questo".

La rabbia mi assalii di nuovo, contorcendomi le interiora, combattendo con il mio cuore e i miei buoni propositi. Intenzioni genuine che in qualche modo, ambivano a giustificarlo sempre.

E a sto punto non capivo se fossi amareggiata per la rabbia, o per la confusione che mi suscitava.

"Tu sei guidata da un'idea sbagliata che ti sei fatta di me.
Tu ami l'idea del pericolo e del mistero.
Ami l'idea di aprirmi un pezzo alla volta.
Ami l'idea di scoprire qualcosa di me che nessuno conosce.
E ancora una volta convinta di trovarci qualcuno che tu possa amare. Ed ecco dove sbagli di nuovo".

Strinsi le dita sul volante, troppo ferocemente. Il corpo tremante e la fatica nel respiro.

"Custodisci il tuo cuore, nascondilo anche a me".

Avevo paura di star dimostrando molto più di quello che dovevo.
Paura di riempirlo di certezze che invece lui non mi dava, o almeno... Fino a questo ultimo momento.

"Sono tutte cose che mi scompongono, che alterano il mio equilibrio... Tutte cose che amo vedere".

A quale delle tante versioni di Jace, dovevo credere?
Come potevo capire quando mentiva e quando parlava con sincerità...?

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