CAPITOLO 31
"Nessun grado di separazione
Nessun tipo di esitazione
Non c'è più nessuna divisione".
-Francesca Michelin
Mi svegliai il giorno seguente, accecata dai raggi solari provenienti dalle tapparelle.
Gli occhi ancora pesanti per il sonno. Avevo fatto tardi ieri sera, e nonostante la promessa di tornare a casa prima, avevo speso il resto della serata in compagnia di Damien. Tra il ballo e la musica, eravamo rimasti a parlare fino all'una.
Mi ero trovata piuttosto bene, e non mi era più parso come qualcuno da evitare.
Anzi, mi aveva fatto venir voglia di conoscerlo meglio, di riportare a galla l'infanzia che non ricordavo.
E grazie a lui, stavo anche cominciando a distrarmi, a tenere il senso di colpa lontano dalla mia mente.
-Bea! Tua madre sarà qui a breve!-
Voltai il capo verso la porta, mettendo chiarezza nei pensieri. Oggi avevo tante cose da sbrigare e una madre da accompagnare fuori città. Progetti da finire e i nonni da andare trovare.
-Sì! Mi sto alzando!-
Mi stiracchiai, abbandonando la mia calda postazione, poggiando i piedi sul freddo pavimento.
- E a proposito...? Chi era il bel giovanotto di ieri sera? Il tuo nuovo ragazzo?-
Alzai gli occhi al cielo, sbuffando.
Mio padre aprì la porta, infilando la testa tra lo stipite, un ghigno stampato sulla bocca larga. Le sue pupille ferme sulla mia figura silenziosa. Esasperata.
Pertanto, parlava di "Nuovo ragazzo" come se ne avessi avuti altri in passato.
Ero vergine come una pera cotta e lo sapeva anche lui.
La mia relazione più lunga, risaliva a un anno fa, una relazione che era durata precisamente una settimana. E non vi erano ragioni per girarci ancora attorno: non ci sapevo fare con i ragazzi, e loro non ci sapevano fare con me.
Mi vedevano solamente come un distributore automatico, una macchina di piaceri. Per loro andavo bene fisicamente; ma poi, non appena si parlava di relazione seria, scappavano a gambe levate.
-Papà... Non c'è nessun ragazzo-
Lui sorrise, gesticolando con la mano, quasi come se volesse spazzare il mio commento lontano da sé.
-Come si chiama il fortunato? Vivrà a lungo per vedere i tuoi figli?-
Mi levai da lì, entrando in bagno. Convinta che a questo punto mio padre mi stesse solo sfottendo. Potei chiaramente udirlo sghignazzare dall'altra parte.
Lui e mamma erano uguali. Se non mi sfotteva lui, lo faceva lei.
Mi lavai in fretta, indossando un maglione bianco e dei leggings grigi. I capelli leggermente bagnati, ma non avevo il tempo per asciugarli, meno ancora per pettinarli.
Mi avviai al piano terra, preparando la borsa e indossando la giacca.
-Mi raccomando, divertiti! Tua madre è già fuori che ti aspetta-
Salutai mio padre con un bacio al vento, per poi fiondarmi fuori.
[...]
-Oh figlia mia! Come sei cresciuta!-
-Mamma! Sono solo passati 5 giorni!-
Mia madre non mi diede nemmeno il tempo di entrare completamente in auto, avventandosi su di me come un genitore che non vedeva sua figlia da quarant'anni.
Sospirai, lasciando perdere, sicura che se avessi aggiunto altro, saremmo finiti a parlare del mio futuro matrimonio. Non vedeva mai l'ora che le regalassi dei nipotini.
La sua voglia matta di diventare nonna, era pressoché allarmante.
Notai invece il profumo di Dolce Gabbana, e la giacca nuova che portava addosso. Un segno così ovvio che dimostrava una sola cosa...
Si stava decisamente sentendo con qualcuno.
E questo perché solo in quelle occasioni, cambiava l'intero guardaroba.
-Mamma, chi è il tipo nuovo?-
Lei strabuzzò gli occhi scuri, l'espressione simile a un ladro colto a sborsare una banca.
-Chi? Tipo?! Ma va...!-
Pensava davvero di essere così discreta?
-Mamma... L'ultima volta che hai cambiato l'intero guardaroba era per papà, lo stai facendo di nuovo...-
Sorrisi appena, sfidandola a dire il contrario. Le braccia incrociate sul petto, mentre paziente, aspettavo una sua reazione.
-E tu come lo sai?- proruppe sorpresa.
Feci spallucce, appoggiando il gomito sul margine del finestrino.
Uno dei pochi tratti che avevo ereditato da lei, era proprio questo, ovvero, il fatto di poter facilmente leggere le sue espressioni.
E come lei, eravamo due libri aperti. Testi scritti, che la gente poteva leggere prontamente. Senza molta fatica.
Un difetto o forse un pregio, che comunque in molti casi mi aveva recato diverse problematiche.
E questo perché certe persone, nel momento in cui riuscivano a individuare le tue debolezze, facevano di esse un profitto personale. Un gioco meschino per soddisfare i loro capricci.
-Sì mi sto sentendo con qualcuno, ma nulla di che. Per ora non dirlo a tuo padre...-confessò nervosa.
Una nota di dispiacere nella frase finale. Annuii, non molto interessata all'idea di raccontarlo a mio padre, sapendo che ancora provava qualcosa per lei.
-Oh! E un'altra cosa. Mi sono sentita d'invitare Katelyn, non ti disturba se passa una giornata con noi?-
Ebbi un momentaneo senso di smarrimento, e poi una stretta al cuore.
Non avevo nemmeno cercato di andarla a trovare. E peggio, dopo la confessione di mio padre, mi ero incarcerata in casa. Avevo fatto di tutto per tenere il mio intelletto occupato. Senza invece pensare, che Katelyn avesse più bisogno di me.
Che stupida! Mi sentivo davvero un pessimo esemplare di amica.
-No, nessun problema- risposi, incerta. Già pensando alle miriadi giustificazioni da dover trovare.
-Okay! Benissimo!-
Mia madre accese il motore, facendo partire l'auto.
-Sarà una giornata tra donne!- esclamò col sorriso.
Gli occhi castani fermi sulla strada,
I capelli scuri, raccolti in un chignon sulla nuca.
Al contrario di me, le piaceva sempre vestire elegante. Era molto attenta al look esteriore, e spesso, mi incoraggiava a seguire le sue orme. Non che non sapessi apparire in pubblico, ma non amavo l'attenzione, ancora meno la vistosità. E preferivo di gran lunga rimanere invisibile.
Mia madre arrestò l'auto davanti a casa Eyre, in tempo per vedere l'esile figura di Kate, oltrepassare il cancello.
Portava una felpa rosa chiaro, e dei jeans stretti, i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle. Il viso appariva grazioso seppur, pallido. Dopotutto, si parlava della famiglia Eyre, tratti genetici di un altro mondo. Un insieme di lineamenti spigolosi e fini incastonati nello stesso volto. E se non fosse perché i vampiri non esistevano, gli avrei tranquillamente associati alla famiglia Cullen. Apparivano sempre presentabili anche se stanchi, arrabbiati o afflitti.
-Ciao Signora Travis... Scusa per-
Si bloccò all'entrata, una mano inchiodata sulla portiera. Gli occhi per un secondo sorpresi. Sgomenti.
-Ciao Katelyn... -risposi imbarazzata.
-Ciao...- si sedette, chiudendo la porta dell'auto. Lo sguardo improvvisamente cupo.
Fantastico!
Ci mancava soltanto che fosse arrabbiata con me.
Sospirai, appoggiando il capo contro il finestrino. Dopotutto, era colpa mia. Non facevo altro che rovinare tutto. Deteriorare tutto quello che toccavo.
[...]
Prima di andare a fare shopping, avevamo deciso di fermarci a mangiare qualcosa al McDonald. Io avevo optato per un'insalata di pollo, mentre Kate
per un McChicken. Al nostro arrivo il locale era pieno di gente, con la solita musica alta per intrattenere i clienti.
Ci sedemmo al tavolo, avendo già ordinato online.
-Ragazze! Scusate, ho una chiamata importante-
Mia madre sfilò il cellulare squillante dalla tasca posteriore.
-Torno subito!-
E si avviò verso l'esterno, lasciandomi in compagnia della tensione e della freddezza di Katelyn. Mi strinsi nelle spalle, leggermente frustrata.
Non mi guardava neanche, apparivo quasi come una sconosciuta. Qualcuno con cui non voleva minimamente interagire.
-Katelyn...?-
Scrutai il volto neutro, l'espressione disinteressata; domandandomi quali sofferenze avesse dovuto sopportare. E se vi fosse qualcuno a sorreggerla in momenti come questi. Un atto che avrei dovuto fare io, eppure troppo presa dal caos della mia vita personale. E come ora, non potevo nemmeno lamentarmi, aveva tutto il diritto di essere adirata con me.
-Kate per favore, parlami...- insistetti comunque. La frustrazione leggibile, radicata sul mio volto stanco.
Lei alzò gli occhi per un breve secondo, sorreggendo il mio sguardo; contemplando se ne valesse la pena, oppure se fosse meglio ignorarmi.
-Katelyn mi dispiace…-
-Non ti giustificare-
Il tono acido e lo sguardo lontano. Rilassò invece la schiena contro la sedia, incrociando le braccia sul petto. Come se volesse sottolineare la sua indisponibilità.
La mancata voglia di un dialogo.
-Non è come credi, davvero. Non ti stavo evitando-
Mi morsi il labbro inferiore, non sapendo come spiegarmi.
-Ah no? Stranamente, da quando Jace se né andato, si sono anche allontanate tutte le mie amiche-
Gli occhi celesti di nuovo su di me, la fronte aggrottata. L'irritazione nei suoi movimenti.
-Sai come ci sente...? Mi guardano tutti con un'espressione di pietà... Come la povera ragazzina con la madre in coma e il fratello lontano da casa-
Deglutii, con aria mortificata.
-Sono passata per la ragazza da compatire. E persino le mie amiche mi trovano sfigata... Speravo che almeno tu fossi diversa-
Scossi il capo contrita.
-Credimi Kate, non era mia intenzione evitarti. Non ero in me, davvero. Non avevo la mente lucida-
Lei mi guardò esigente, il milkshake stretto tra le mani.
-Ho ricevuto una brutta notizia e sono collassata in tutti i sensi...-
Lei inclinò il capo di lato, osservandomi con discrezione, una luce più comprensiva negli occhi.
-E' così?-
Annuii piano, esprimendo la mia sincerità al massimo che potevo, sperando che potesse capire. Comprendere che non era lei il problema, ma suo fratello. E tutto quello che ruotava attorno a lui.
-Bene...-disse tra un sorseggio e l'altro.
Focalizzai lo sguardo sulla sua espressione spenta. Una ragazzina di 11 anni, che sapeva già essere così fredda e cupa.
Alla sua età, avresti dovuto sperimentare la vita, essere spensierata, felice e piena di sogni.
Ma invece Kate, appariva voler intraprendere la strada di una solitaria. Apatica in certe occasioni e infelice in altre.
Avevo senza dubbio eseguito un pessimo esempio.
-Scusami Kate... -ripetei di nuovo, cercando di ottenere un contatto visivo con lei.
-Mi perdoni...?-aggiunsi, allungando una mano sopra la sua. Lei rimase in silenzio per qualche secondo, ma poi si sciolse in un sospiro liberatorio.
-Ti perdono...-
Le sorrisi di rimando, stringendole la mano gentilmente.
-Scusatemi care, era il mio datore di lavoro...-
Mia madre tornò dentro, raggiungendoci al tavolo. Il cibo nel mio piatto ancora intatto, a differenza di Kate, che stava finendo il suo. Al contrario di noi, mia madre non aveva ordinato niente, troppo presa con le sue telefonate. E vi erano giorni in cui avevo seriamente pianificato di buttarglielo, se non rompergli il cellulare direttamente.
-Cambio di programma, vi va di andare al cinema?-
Annuimmo entrambi con un cenno della testa. Alzandoci per liberare il tavolo, infilai l'insalata nel sacchetto di mia madre, buttando il restante. Katelyn fece altrettanto venendo dietro di me. Le mani serrate sul vassoio.
-Vi aspetto in macchina!-
Mia madre si riportò il cellulare all'orecchio, scarpinando verso la direzione dalla quale era venuta. Esalai un respiro, guardando la sua silhouette frettolosa lasciare l'edificio, per poi riportare l'attenzione sulla sorella di Jace.
-Che cosa vuoi guardare al cinema?-
Aspettai con calma che buttasse le scartoffie del suo menù, sorvolando con lo sguardo i tavoli affollati. Pieni di ragazzini e famiglie con i loro bambini. Socchiusi poi gli occhi di conseguenza, attraversata da un leggero colpo di emicrania.
L'attenzione oscillante—tra Katelyn e quello che stava nei paraggi, il brusio esterno e la fatica interiore.
E così restai in attesa, fino a quando non potei chiaramente scorgere alcune righe sottili sul polso destro di lei. Tagli freschi, ben nascosti dalle manica della felpa, tuttavia visibili in quell'istante.
-Katelyn! Che hai fatto lì?-
Senza pensarci due volte, le alzai la mano, scoprendo il polso. Lei si agitò, liberandosi con uno strattone. L'espressione inorridita.
-Nulla! Mi sono tagliata per errore...-
La squadrai per un momento, spostando lo sguardo sul polso e la sua espressione nervosa. Consapevole che quelli non erano tagli comuni ma da autolesionismo.
Santo cielo!
-Kate... Da quando? Quando hai cominciato?-
La preoccupazione era ora evidente sulla mia faccia, e anche l'amarezza nel mio tono.
-Lasciami stare!-
Corse fuori dal locale del McDonald, destando curiosità negli sguardi dei presenti. Mi scusai con il personale, correndole dietro.
-Katelyn aspetta! Ascoltami!-
La trovai vicino alla mia auto rossa, gli occhi spaventati. Mia madre era troppo occupata a parlare all'interno per solamente cogliere cosa stava accadendo attorno. Mi avvicinai con cautela, tentando di non metterle pressione.
Il cielo si stava coprendo di nuvole scure e l'aria pareva diventare sempre più fredda.
-Kate... -
Lei scosse il capo, indietreggiando.
-Non voglio parlare!-
-Non voglio obbligarti, dimmi solamente da quando hai cominciato...-
Si rifiutò di nuovo, dandomi la schiena.
-Perché non mi hai chiamato...?-
le domandai, ancor più avvilita.
Avrebbe potuto sfogarsi con me, scaricare qualsiasi male, dubbio o incertezza.
-Ti stai sentendo?-
Katelyn si voltò per un minuto, il tono gelido.
-Se non eri lucida, se non eri in te, come avresti potuto aiutarmi...?-
Mi passai una mano tra i capelli, in preda a una confusione mentale. Pesante. Mi sentivo letteralmente soffocare dall'interno.
Merda... Aveva solo 11 anni...
-Mi sarei messa da parte Kate... Per te lo avrei fatto. Sarei tornata in sesto, solo per te. Avresti... Devi dirmelo! Io voglio aiutarti-
Si asciugò una lacrima fuggente, restando però neutrale.
-Non puoi, non sai nemmeno aiutare te stessa-
Le sue parole acide mi arrivarono dritto al cuore, per un attimo, smuovendo il mio equilibrio mentale. La profonda verità che sussisteva dentro di me. Dal momento che non era vero. E l'unico motivo perché non sapevo aiutarmi, era solamente perché avevo sempre aiutato gli altri. Posto altre persone prima di me, a tal punto da trascurarmi completamente.
Mi irritai per un secondo, marciando verso la sua posizione, per poi voltarla verso di me.
-Katelyn!-
Fissai lo sguardo severo nel suo, osservando gli occhi lucidi, il nodo in gola che stava cercando di reprimere.
-Quando hai cominciato a tagliarti?-
Lei esitò, non trovando le parole, ma prima che potesse rispondere, mia madre ci interruppe.
- Ragazze! Katelyn! Tua madre si è svegliata!-
Ci voltammo verso di lei con gli occhi sgranati. Per un istante, dimenticandoci tutto il resto. Il sollievo visibile come la improvvisa gioia nel volto di Katelyn.
Non la avevo mai vista così piena di emozioni, così viva.
-Su ragazze! Entrate in macchina! Andiamo a trovarla!-
Non se lo fece ridire, seguendo mia madre all'interno, mi affrettai anch'io non volendo farle perdere tempo.
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