CAPITOLO 27
"Ti lascerò delle note sotto la porta, sotto la luna che canta. Vicino al luogo dove i tuoi piedi passeggiano. Nascoste nei buchi dell'inverno".
-Je te laisserai des mots, Patrick W.
Chiusi gli occhi, inalando l'aria fredda. La vivida sensazione nello stomaco, quella percezione che si creava quando si era certi di vedere il proprio mondo crollare.
E nonostante, apparentemente, davo l'impressione di essere intera, la mia maschera si stava lentamente sgretolando nel nulla.
Ripresi la corsa, sfrecciando attraverso la nebbia e gli alberi, mantenendo il mio passo regolare. Poche persone pareggiavano intorno al parco di Heaton, quel giorno.
Le auricolari alle orecchie e i volti stanchi.
Rilasciai un debole respiro anch'io, cercando in tutti i modi di ostacolare i miei pensieri dal correre verso di lui.
Verso il senso di colpa, quella verità che in una maniera pungente, attanagliava le mie viscere e chiudeva i miei pori.
E come se non bastasse...
Avevo pure scoperto che eravamo cresciuti insieme. E che io scioccamente, nel colpo ricevuto alla testa, avevo rimosso ogni nostro più tenue ricordo. Avevo rimosso ogni cosa di lui: a partire dall'amicizia coltivata all'amore serbato.
A tal punto da non riconoscerlo più, e accostarlo a tutti gli altri sconosciuti che non facevano parte della mia vita. Io da sola, con le mie stesse mani, avevo fatto di Jace Eyre uno straniero qualunque.
Chi diavolo poteva fare un'azione del genere??
Come risultato di tutta questa tragedia, mi ero poi chiusa in camera, e alle parole di mio padre, ero scoppiata a piangere.
Un pianto per sua madre, per la donna che avevo conosciuto in passato, eppure non ricordavo.
Per mia zia, per il suo gesto impulsivo e maldestro.
Per mio padre, per me stessa, per essere stata così stupida e cagionevole.
E infine per lui: perché mi mancava da morire, perché avrei voluto chiedergli scusa. Scusarmi per aver invaso il suo spazio, per essermi imposta nella sua vita, quando il suo odio, era invece tutto quello che avrei dovuto meritare. Il suo rancore e tutta la sua incandescenza.
Volevo disperatamente rivederlo, anche se solo per ricevere il fardello della sua vendetta. Assorbire la sua ira come punizione legittima.
-Ehi! -
Trasecolai, per poco non rischiando di saltare in aria. Totalmente persa tra i miei pensieri da non notare il ragazzo accanto a me.
Un ragazzo alto dalla riccia chioma rossa, e gli occhi castani. Le labbra incurvate in un sorriso malizioso.
-Percorri sempre questo sentiero?-
Iniziò a parlare, trascurante della mia espressione smarrita.
-...Cosa?- risposi insicura, non sapendo se parlare con questo sconosciuto o tirare dritto.
In questo ultimo mese, avevo cominciato a correre al parco ogni mattina quando non avevo l'università. Convinta che se mi occupavo a fare qualcosa, mi sarei distratta molto più facilmente.
-Si può sapere chi sei?- chiesi a bassa voce, guardando gli angoli della bocca ruotare in un ampio sorriso.
E poi una vivace risatina.
-Sono Damien Lorraine- disse allegramente, prima di allungare un braccio verso di me.
-Ci conosciamo?-
Esaminai la sua mano tesa, con un sopracciglio inarcato.
-Certo! Tua madre è per caso Veronica Herondale?-
Se solo cinque secondi fa apparivo disorientata, ora ero decisamente sconvolta.
Strinsi la mascella, socchiudendo gli occhi.
-Come conosci il nome di mia madre?-
Lo guardai con sospetto, indietreggiando di qualche passo.
-Ma come? Non mi riconosci? Sono Damien! Siamo andati alla materna insieme! Io, tu e Jace!- mi spiegò, regalandomi un occhiolino amichevole.
Girai la faccia a terra, frustrata di non ricordare assolutamente nulla.
Quante persone avevo rimosso dopo quell'incidente?
Le sue sopracciglia si alzarono in attesa di una risposta. Mi morsi il labbro inferiore, guardando le fronde degli alberi e il forte, vivido cielo grigio.
-Scusami, è solo che... Davvero non ricordo-
Cercai di scusarmi in qualche modo, per non apparire superficiale o maleducata.
Insomma, questo stava parlando di aver frequentato la materna con me e Jace! Non era una cosa da poco! Tuttavia.... Non riuscivo davvero a ricordarlo.
-Non ti preoccupare, prima o poi ti ricorderai di me- mi consolò lui, cercando un indizio nel mio sguardo perso.
-C'è forse qualcosa che non va?-
Damien incrociò le forti braccia sul petto, inclinando la testa su un lato.
Arrossii rapidamente, volgendo lo sguardo verso i vasti campi verdi. Sicura di star facendo una figuraccia di merda.
-No, scusami tu...-
Lui parve trovare la mia reazione divertente e sorrise di rimando.
-Va bene, scommetto che c'è qualcosa che non va, ma non chiederò nulla di più...-
Ne fui grata, dal momento che non potevo mica rivelargli di essere vittima di amnesia. E che purtroppo i miei ricordi erano pressoché inesistenti.
-Ti va di andare a bere qualcosa?-
Notai solo in quel momento, che anche lui era vestito in modo sportivo. Indossava una semplice canotta bianca e dei pantaloncini neri. Le scarpe Nike, simili alle mie.
-Non saprei...-
In teoria ero di malumore, e non stavo cercando in nessun modo di socializzare, neanche se fosse stato un vecchio amico d'infanzia.
Troppo aggrovigliata nel mio stato precario, per solamente pensare d'intraprendere una conversazione.
E se questo avesse dissotterrato un ricordo passato, o nominato Jace di nuovo...
Avevo paura di rimettermi a piangere e di non riuscire a controllare gli sbalzi emotivi.
-Tranquilla, non ti devi sentire costretta, possiamo fare domani? Che ne dici? Stessa ora?-
Si passò una mano tra i suoi riccioli definiti, l'espressione comprensiva e cordiale.
-Oh okay... Va bene-
Non volevo fare neppure quello. Non me la sentivo di uscire con lui domani, ma non volevo neanche sembrare antipatica. Era il minimo che potevo fare, dal momento che questo diceva di conoscermi sin da bambina.
⚜DAMIEN⚜
Non capivo come Jace fosse riuscito a lasciarsi una creatura come lei alle spalle. Una ragazza così intricata e al tempo stesso semplice. Due occhi grandi e un viso incantevole. Uno sguardo in grado di atterrare i cuori più duri e spezzare le menti più fredde. Minuta eppure forte. Elegante.
Un animo nobile che traspariva da lontano, un cuore altruista privo di cattiveria. Mi ero imbattuto nella sua persona, molto tempo prima. E non perché avevamo fatto la materna insieme. Quella era una menzogna.
Non l'avevo mai vista prima d'ora, fino a quando Jace non aveva cominciato a parlarmene. E poi, un giorno, smise di nominarla, lasciandomi barcollare nella speranza d'incontrarla; di tastare per mano mia, se fosse poi così incredibile come raccontava.
I lunghi capelli neri raccolti in una coda alta da cavallo, con alcune ciocche sul volto. Le labbra morbide e piene.
Ebbi un improvviso desiderio di toccarla, stringerla e farla mia. Non curante delle minacce di Jace, al nostro gruppo. Non volevo starle alla larga, e se Jace lasciava i suoi tesori incustoditi, perché non potevo appropriarmene...?
-Perfetto allora! A domani-
Finsi di stare al gioco, mentendo di nuovo. Aspettando con impazienza d'incontrarla il giorno seguente.
Alzò la mano in una forma di saluto, per poi riprendere a correre per il suo sentiero.
Restai fermo per un altro minuto, intento a fissare la sua sinuosa figura, i suoi capelli sottili come fili d'erba. La vita stretta e le gambe prestanti.
Per un istante imbambolato, fino a quando il mio cellulare non prese a suonare.
Lo sfilai dalla tasca, osservando il nome del mio amico sulla schermata.
-Damien?-
-Sì, Cole?- Sorrisi, già intuendo cosa volesse dire.
-L'hai trovata?- chiese lui, speranzoso. Al corrente dei miei spostamenti; dei piani che mi ero prefissato.
-Sì... Ho trovato Beatrice-
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