CAPITOLO 26: Blog
• Blog personale di Beatrice Herondale.
~ Sir Labyrinth
I Atto: Confessioni al chiaro di Luna
"Non avventuratevi nei boschi dopo il tramonto. Specialmente nella foresta delle anime perdute".
Usavo violare quella richiesta più di quanto dovessi, quella semplice regola impostata dal sindaco nel nostro villaggio.
Un modesto paesino di cittadini benestanti; di cui non si poteva contare più di una settantina di persone. Una comunità ricca e pacifica, dove tutti si conoscevano sin dai tempi remoti.
Tuttavia, per quanto amassi il mio borgo, vivevo ancor di più per la natura selvaggia. E se potevo, anche se non dovevo, scarpinavo ogni sera verso di essa.
Molte volte, solo per farci una passeggiata e altre per raccogliervi dei frutti selvatici.
E così trascorrevo tutte le mie lunghe giornate di sole, fino a quando, un giorno, mentre passeggiavo per i boschi, lo vidi.
L'uomo per la quale, il mondo intero avrebbe fermato il carro.
Seduto sotto la luce lunare, come se le stelle fossero sue sorelle e la luna sua madre.
E immobile, guardava il cielo nero: parte dello stesso ingranaggio che componeva la creazione. Appartenente alla medesima sostanza che formava la terra.
Mi nascosi dietro un albero eccitata, a momenti, come un bambino davanti al suo eroe preferito. E questo perché nel villaggio, si raccontava spesso delle gesta di Sir Labyrinth, e di tutte le sue avventure oltre i sette mari. Era diventato così celebre che poterlo scorgere, appariva quasi un miraggio.
E non potevo credere di star contemplando tale accadimento.
Con passo felpato, mi avvicinai piano, cercando di far il minor rumore possibile, nonostante le foglie scricchiolanti.
Non lo avevo mai incontrato di persona, e non sapevo che aspetto avesse. L'unica elemento che avevamo per riconoscerlo, era il mantello verde che si portava a presso; chiuso con un medaglione dorato sul petto.
Uno stemma di un drago attorcigliato con le spine di una rosa velenosa.
Cauta, mi acquattai lentamente, indifferente all'abito contro il terriccio.
E per qualche istante, restai a contemplarlo da lontano. Lo mirai quando tirò fuori la spada dal fodero. E ancora un altro po', quando decise di raccogliersi la folta chioma bionda, in una lisca di pesce.
E così rimasi, indisturbata, come se stessi studiando un dipinto cavalleresco; o una scultura di Michelangelo.
Apatica a ogni altra cosa a me circostante, fino a quando non parlò.
-Avanti, vieni fuori... So che sei lì-
Sussultai impreparata, guardandomi attorno.
Stava parlando con me?
No, non poteva avermi visto... Vero?
Accidenti! Non avevo fatto alcun rumore! Non potevo essere io.
Forse, c'era qualcun'altro nei dintorni o un possibile amico nelle vicinanze...!
Con mia sorpresa invece, Sir Labyrinth si voltò nella mia direzione. La mano alzata in segno di saluto.
-Io??-
Mi puntai col dito, fingendo di non sapere perché fossi lì.
Lui annuì divertito, un largo sorriso accompagnato da due profonde fossette.
Mi alzai dall'erba spolverando il mio abito celeste, il corsetto stretto sul mio busto, abbastanza da risaltare la mia vita stretta e i due piccoli seni.
-Che ci fa una signorina a quest'ora, in un posto del genere?-
Mi sedetti di fianco a lui sulla roccia alta, le gambe a penzoloni nel vuoto.
-Potrei chiederti la stessa cosa...-commentai. Un sorriso da volpe stampato sulla mia bocca.
Socchiuse gli occhi, apparentemente sorpreso. Lo sguardo immerso in uno stato di visibile riflessione
-Quanti anni hai?-
Innarcai un sopracciglio, fissandolo impacciata.
-Perché me lo chiedi? Devi prima saperlo per poter dialogare con me?-
Lui fece spallucce, tornando a fissare il laghetto sottostante.
-Non necessariamente ma... Da gli indumenti che porti, posso ben vedere che sei una giovane ragazza di paese-
Imbronciai le labbra, leggermente irritata.
A conoscenza della direzione, nella quale stava andando a parare.
-Ebbene? Soltanto perché sei di classe alta, dovrei forse soffocare i miei pensieri?-
Lui scosse il capo, curioso. Gli occhi turchesi in risalto, brillanti come lapislazzuli nell'oscurità.
-La prudenza non è il tuo forte...-dichiarò invece, le mani sull'elsa della spada.
-Mmm no, al contrario... Sono sempre in guardia- ribattei, sorvolando il cielo con lo sguardo.
Il suono delle cavallette e dello scorrere dell'acqua, simile a un opera orchestrale. L'ululato lieve del vento tra i rami degli alberi. Gli scoiattoli all'interno delle loro tane.
-Di solito, le donne che incontro non parlano, a meno che non interpellate. Timide e delicate. Prive di alcuna malizia o sfrontatezza... Eppure tu...-
Si fermò per fissarmi bene, le labbra tirate in un fioco sorriso.
-Parli come se non avessi alcun superiore al di sopra di te. Nessuna classe sociale-
Inclinai il capo di lato, studiando la sua solida figura. Il portamento sicuro, confidente, come se in qualche modo sapesse da dove fosse stato forgiato. Le potenzialità che possedeva e le imprese erculee che avrebbe potuto superare.
-No, non sono una ragazza prevenuta. So rispettare chi siede sopra di me, ma so anche rispondere se questi ultimi, mi disprezzano-
Lui annuì con un cenno della testa, riponendo la spada nel fodero.
-E dimmi, perché sei qui? Vuoi un autografo?-
Le lunghe ciglia non facevano altro se non intensificargli lo sguardo. Le fossette di nuovo visibili.
-Mentirei se dicessi di non volerlo, ma ora non è più la mia priorità- risposi, avendo appena gustato una parte del suo carattere borioso.
-E allora cosa cerca, signorina?-
Si voltò completamente verso di me, mettendosi a gambe incrociate. Abbastanza da averlo davanti, vicino al mio corpo.
Arrossii senza preavviso, non sapendo cosa dire. Immersa nel mio improvviso imbarazzo. Le mani strette sui lembi della gonna.
-Cosa potreste regalare a una giovane di paese, come me?- domandai invece, facendomi coraggio. Respingendo con fatica la timidezza invasiva.
-Cosa potrebbe mai donarmi un avventuriero come voi?-
Sir Labyrinth rilasciò un verso di apprensione. Incuriosito o forse soddisfatto dalla mia richiesta. Il capo sorretto dal braccio, mentre in silenzio mi contemplava. Permettendomi invece, di vederlo da più vicino. Di osservare alcuni dettagli del suo volto che non avevo scorto prima.
Le labbra cedevoli e gli occhi dal taglio particolare. Un viso ovale, simmetrico, contornato da ciocche dorate, in ciuffi morbidi sulla fronte.
Un uomo affascinante come già si diceva nel villaggio, ma ancor più radiante una volta visto di persona.
-Non ho nulla di così inestimabile...-
Parlò piano, pacato. Quasi, come se stesse meditando su quello che stava per dire.
- E dal poco che posso intuire, non sei una donna carnale, e le cose materiali non sembrano appagarti...-
Ero sicura che si stava riferendo al mio abito semplice, sprovvisto di perle o decori raffinati. Il collo e le mani, privi di gioielli.
Mi sporsi verso di lui, catturata dal bagliore della luna sui suoi vestiti ricamati.
Le orecchie in ascolto, pronta a rapire le sue prossime parole nel mio intelletto.
-E nemmeno posso narrarti dei viaggi compiuti, poiché una notte sola non basterebbe...-
Mi lasciai cullare dal venticello della notte e dal tono cordiale della sua voce.
Un tono profondo e vibrante. Quel tipo di parlare veritiero, offuscato dall'esperienza della vita.
-Però posso regalarti il mio nome, sempre che tu voglia regalarmi il tuo...-
Stortai il naso, a quella donazione insolita. Avendo pensato di ricevere qualcosa di differente. Qualcosa che avrei potuto portare nel villaggio al mio rientro.
-Il tuo nome?-
Lui parve cogliere la mia perplessità, sciogliendosi in un altro dei suoi sorrisi divertiti. Inebrianti.
Forse, "Abbaglianti" era la parola giusta.
Dal momento che non potevo negare l'effetto che faceva alla mia persona: il vuoto, le farfalle e i tuffi al cuore.
-Mi conoscono tutti come Sir Labyrinth, ma nessuno conosce il mio vero nome-
Mi ritrovai a voltarmi anch'io verso di lui, ora tutti e due a gambe incrociate sulla roccia alta. Il suo mantello spiegato sul masso, così come il mio abito azzurro.
Si stava facendo tardi, e presto dovevo ritornare a casa, anche se nel profondo avrei voluto restare in sua compagnia, per altre ore infinite.
Per scalfire le sue espressioni e interpretare le sue parole. E per fare delle sue avventure la mia giornata.
Sbuffai un po' delusa, anche se non lo diedi a vedere. Lo sguardo fermo sullo specchio d'acqua per non far traspirare nulla di me.
-Dammi il tuo nome allora, e io ti darò il mio...-dissi infine.
Il tempo non era dalla mia parte. E quel dialogo così gradito stava ora giungendo a una fine. Lui staccò un fiore dall'alta vegetazione, e senza che potessi prevederlo, infilò il gambo tra i miei capelli neri.
I quali stavano raccolti in una crocchia ordinata. Un'acconciatura sofisticata che mi aveva fatto mia madre per la festa del paese.
-Aspetta un secondo...-
Sfilò una collana argentea, dalla tasca dei pantaloni di velluto, afferrando la mia mano nella sua.
Venni poi investita dal calore del suo tocco, sorpresa da come la mia carne fosse pervasa da brividi inaspettati.
-Questo pendente ci farà da giuramento. E la natura da testimone...-
Non riuscivo a proferire una sola parola, esaminando l'uomo di bell'aspetto che avevo davanti. Non riuscendo a cogliere l'incantesimo che sembrava lanciare nel vento.
-E che sappiano che io ti dono il mio nome, e mi prendo carico di questa confessione. E se nel caso dovessi violare questa consacrazione...-
Entrambi i nostri sguardi, posati sul pendolo.
Consumata dal rumore che produceva il mio cuore davanti alla sua presenza. Perplessa dall'infatuazione che stavo fermentando. Non capendo se fosse lui o il mistero attorno alla sua persona a destabilizzarmi.
-Tu chiamami per il mio nome...- concluse, alzando gli occhi su di me.
Esitai per un secondo, perdendo contatto con la realtà presente. E poi cordiale, confessò piano.
- Jace Eyre...-
Con delicatezza rimosse il pendolo, rinchiudendolo tra le mie mani. Allontanando le sue braccia a se stesso
-Piacere di conoscerti Jace...-
Ripetei il suo nome in un sussurro, volendo provare il suono sulla mia bocca. Stranamente intrigata da quella tenue confessione.
-Io sono Beatrice... Beatrice Herondale-
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