CAPITOLO 16

"Non ho ragioni per dubitarti".
-James Arthur-

🔸️ JACE 🔸️

Non vi era niente di peggiore se non la morte interiore, niente che la parte esteriore avrebbe mai potuto compensare.
E con questa verità avevo vissuto per 21 anni, non riuscendo a evadere dalla mia gabbia di cicatrici, la mia angoscia personale.
Una trappola mortale che avevo eretto con le mie stesse mani, paralizzato nel mio stato di amarezza. Nel mio mondo fatto di tradimenti. Un mondo che difficilmente mi appagava o mi rendeva sazio, e che raramente mi regalava soddisfazioni.
Pertanto, le complicazioni si erano aggravate così tanto negli anni che ne ero divenuto parte.
Ed ora, era diventato inesplicabile lasciarmi andare; arduo amare ed estremo potermi fidare.
-Jace...?-
Trasalii, voltandomi verso la figura assopita di Beatrice. Sorpreso nel vederla ancora sveglia e non persa nel suo mondo fatto di sogni.
Gli occhi apparivano socchiusi, eppure attenti, come se per qualche saliente motivo, non volesse pienamente lasciarsi vincere dal sonno.
- Tutto bene?-
Riportai l'attenzione sulla strada, il braccio fuori dal finestrino. L'odore della sigaretta nell'aria.
-Che vuoi dire...?-
Mi indignai di nuovo.
Infastidito all'idea di trovarmi impreparato davanti a quella domanda, bensì, davanti a tutte le sue domande in generale. E dal fatto che in qualche modo, cercasse di leggermi attraverso le sue pupille nebbiose.
Due grandi occhi espressivi, in grado di farmi cedere e abbassare la guardia. Un qualcosa che non ero intenzionato a fare né ora, e né successivamente.
-Nulla... E' solo che sembravi turbato...- rispose lei.
Il tono gentile, abbastanza innocente da farmi sentire in colpa.
Sospirai, portandomi la sigaretta alla bocca, conscio che i miei sbalzi d'umore stavano decisamente peggiorando.
-Tranquilla, sto bene-
Lei sorrise appena, le mani abbandonate sul grembo, il vestito celeste simile a un faro nell'oscurità.
-Voglio solo vederti felice Jace... -
Ebbi un momentaneo tuffo al cuore, stupito anche se non visibilmente.
Gli occhi socchiusi in due fessure, il palmo stretto sul volante.
Mi morsi il labbro inferiore, con l'intento di sopprimere ogni cosa: la rabbia, la frustrazione e il dolore.

L'ultima volta che avevo sentito quelle parole erano dalla bocca del mio migliore amico, prima che perdesse la vita.

Liberai altre nuvole di fumo fuori dal finestrino, consumando il tabacco, nella stessa maniera in cui andavo esaurendo me stesso.

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