24. Dati anagrafici

Convincere il robotaxi a partire, nonostante Allison non fosse cosciente e non avesse allacciato la cintura, non fu semplice. Alla fine raggiunsero un compromesso, con Alley comunque stesa sul divanetto posteriore, ma agganciata alla bell'e meglio.

Abbandonarono il letto lì dove si trovava, e furono costretti a infilare Bubi nel portabagagli.

Fu un viaggio breve ma scomodo. La febbre di Alley aveva ricominciato a salire, e il compagno le era stato vicino, tenendole la testa poggiata sul proprio grembo.

La scheda identificativa di Prima Scelta non era accettata e, privo com'era dell'indice sinistro, Nathan dovette pagare con l'impronta retinica; consapevole che, da quel momento, Edgard avrebbe saputo che era ancora vivo, e dove si trovava.

Ma non gli importava: l'avrebbe affrontato, a tempo debito.

Per farla entrare in clinica, Nathan la prese in braccio. Puzzava di sudore, di vestiti non lavati, di malattia. Ma era la sua amica.
Lei si svegliò proprio mentre raggiungevano l'accettazione.
«Lasciami, da qui posso proseguire da sola.» sussurrò, la voce resa sibilante dall'infezione.
«Non ci penso nemmeno.» replicò il suo accompagnatore, con un cipiglio risoluto.

Un androide li accolse e li scansionò per verificare le loro identità, quindi ascoltò il resoconto del ragazzo. «Allison Dubois. Matricola 425312. Cittadina di livello 2: palliativo, contenimento, trattamento del dolore.» declamò.

«Che stai dicendo? Ha bisogno della cura con le nanomacchine!» sbottò Nathan, che stava perdendo la pazienza.
«Sono desolato, signore, ma solo i cittadini di livello 1 possono accedere a questo tipo di trattamento.»
«Addebitate tutto a me, non importa. Basta che vi sbrighiate.»
«Non è possibile. Mi dispiace, signore.»
«Questo l'hai già detto.» borbottò il ragazzo.

«Lascia stare, Nate. Ti avevo avvertito su come sarebbero andate le cose.» la voce della sua compagna era ormai così flebile, che a stento riusciva a distinguere le parole. «Questa è una delle cose che dovremmo cercare di cambiare.» aggiunse, sorridendo debolmente. «Non possono esistere "classi" di cittadini. Se ora sei indignato, cerca di ricordartene, e lotta per modificare questo stato di cose. Anche per gli altri.»

Lui trattenne un singhiozzo. «Lotteremo insieme.» le assicurò.

«Promettimelo, ok?»

La aiutò a stendersi di traverso sulle seggioline della sala d'attesa, quindi chiamò a sé Bubi.

«Collegati alla rete, e mettimi in comunicazione con il responsabile umano di questa struttura.» ordinò.
Meno di un minuto dopo, era in videochiamata con un uomo anziano, il cui volto segnato dalle rughe veniva proiettato, attraverso gli occhi della tata meccanica, sulla parete della sala d'aspetto.
«Sono lieto di scoprire che è ancora vivo e in buona salute» borbottò lo sconosciuto con scarso trasporto, facendo fremere un paio di folti baffi grigi. «In ogni caso, quel che mi chiede non è possibile, signor Flynn; è contrario alle procedure.»

Il giovane si portò una mano alla fronte, massaggiandosi le tempie con pollice e medio.Sentiva la rabbia montare. Ogni secondo che passava poteva fare la differenza sull'esito della cura, e loro perdevano tempo in cavilli amministrativi.

Cosa avrebbe detto suo padre?

Di certo avrebbe aggredito l'interlocutore, pretendendo a gran voce ciò che riteneva gli spettasse.

Ma lui non era così. Non più, almeno.

Chiese a Bubi di inquadrare Allison, che aveva di nuovo perso conoscenza.

«La guardi.» impose. «Potrebbe essere sua figlia, o sua nipote. Se si trattasse di loro, sarebbe disposto a guardarle morire senza fare nulla, solo perché non sono cittadine di prima classe?»
Il vecchio si agitò, a disagio. «Capisco cosa vuole dire, ma davvero, non posso...»

«Se ora lei non fa niente, sarà come se l'avesse uccisa lei stesso. Sarà una sua responsabilità.»

«Per la miseria, giovanotto!» sbottò l'altro, battendo con violenza un pugno sul piano della scrivania alla quale era seduto, così forte da far vibrare l'intera inquadratura. «Può far leva finché vuole sulla mia coscienza, ma i sistemi sono automatici! Non potrei far nulla, così su due piedi, nemmeno se si trattasse di un mio familiare! Ci vorrebbe almeno qualche giorno, per forzare la situazione!»

Nathan sbuffò. La sua amica non aveva qualche giorno, ma lui non riusciva a saltar fuori da quella situazione. Si chiese se il padre l'avrebbe spuntata lo stesso, al posto suo.

«E se fosse mia moglie?» domandò, colto da un'idea improvvisa.
«Come?»
«Se fossimo sposati, potrebbe accedere alle cure?»
«Beh... acquisirebbe de facto lo status più alto, diventando cittadina di primo livello. Suppongo di sì. Ma ovviamente ci vorrebbe del tempo... bisogna presentare adeguata documentazione...»
«Sotto la mia piena responsabilità, dichiaro che costei è la mia sposa, e vi ordino di trattarla immediatamente come merita.» proclamò il giovane, in tono sicuro. «Dovrebbe bastare solo un attimo, a uno che ricopre la sua carica, per aggiornare un simile, banale, dato anagrafico. Dico bene?»

«Signore... devo ricordarle che la sanzione in caso di autocertificazione mendace...»

«Merda! Non mi interessa! Forzi il maledetto sistema, adesso!» sbraitò Nathan, interrompendolo, prima di ricomporsi e soggiungere un laconico «la prego.»

Il vecchio ammutolì, annuì con aria grave, quindi prese il proprio dispositivo portatile e cominciò a digitare una serie di comandi.

Meno di un minuto dopo, il receptionist sintetico tornò da loro. «Signore, ho registrato il cambio di credenziali, e sono lieto di informarla che, adesso, la signora Allison Dubois in Flynn, può accedere al trattamento contro il Morbo Blu. Ci prenderemo immediatamente cura di lei.»

Nello stesso istante, alcuni robot infermieri fecero il loro ingresso nella sala d'aspetto, caricarono dolcemente Alley sulla barella e la portarono via.

«Grazie.» mormorò semplicemente il giovane.

Il responsabile della clinica, ancora stampato sulla parete della stanza come un poster olografico, gli sorrise con dolcezza. «Hai l'intelligenza di tuo padre.» commentò «Ma, per tua fortuna, hai anche il cuore di tua madre.»
Nathan sgranò gli occhi, sorpreso da quell'osservazione inattesa. Per un attimo fu tentato di approfondire come quell'uomo conoscesse i suoi genitori, ma alla fine preferì limitarsi a un secondo «Grazie.», sentendosi vagamente impacciato.

«Tieni da conto entrambe le cose.» insistette l'altro. «E grazie a te: mi hai permesso di dormire sereno, stanotte.» così dicendo, con un bel sorriso e un occhiolino che sembravano stranamente fuori posto sul suo volto arcigno, tolse la comunicazione.

Nathan rimase qualche momento ancora seduto sulle poltroncine, a riprendere fiato: si sentiva spossato dai recenti eventi. Quante volte era scampato a una sorte terribile all'ultimo momento, nelle ultime settimane? Ripensò a Lobo e si chiese se l'avrebbe mai rivisto e, curiosamente, provò una pena infinita persino per il cacciatore di taglie che aveva cercato di catturarlo: nemmeno lui meritava di finire così, sbranato da una belva feroce, lontano dall'affetto dei suoi simili.

Si augurò di poter avere vicino qualcuno che lo amava, negli ultimi istanti della sua vita.

Qualcuno come Allison. Ma ormai l'aveva allontanata, rifiutata.

Lei gli aveva confessato i propri sentimenti, e lui glieli aveva ributtati in faccia, solo perché lei aveva conservato qualche segreto per sé. Era davvero una cosa così sbagliata?
Perché non era riuscito ad accoglierla, ad accettare che le cose potessero anche andare diversamente da come lui pensava?

Per fortuna, Bubi gli si parò davanti, distogliendolo da quelle considerazioni deprimenti. «È stato davvero in gamba, signorino.» si complimentò. «Una trovata notevole.»

«Ora manca l'atto finale. Dobbiamo trovare le prove di quanto ha fatto quello schifoso di mio padre, e renderle pubbliche.» si alzò in piedi, e si accorse di essere terrorizzato. Ma non aveva nessuno da poter chiamare, nessuno a cui chiedere aiuto.

«Sei pronto?» chiese al robottino.

Quello si limitò ad emettere un fischio acuto. Nathan prese un paio di respiri profondi, quindi dispose: «Ordina un'auto a noleggio a mio nome. Andiamo alla sede principale della Mayer's Chemicals.»

***

L'apice dell'enorme struttura a forma di fungo aveva una estensione pari a quella di molte grandi città dell'epoca antica, ma in proporzione non erano in molti a viverci: oltre i due terzi della superficie, infatti, erano occupati dalle serre, dagli impianti per la produzione di energia e la raccolta e la depurazione dell'acqua, e dalle fabbriche.

Ovviamente, trattandosi di una città costruita per i ricchi, i comfort non mancavano. Rapidi trenini a lievitazione magnetica collegavano ogni angolo dell'agglomerato urbano, i robotaxi garantivano spostamenti ancora più capillari e, per chi proprio non poteva aspettare (ed era abbastanza ricco da permetterselo) c'era la possibilità di noleggiare un'auto a guida autonoma.

Rispetto al taxi, quest'ultima soluzione aveva l'innegabile vantaggio di poter garantire una certa privacy sulla destinazione e sulla durata di eventuali soste.

La sede della Mayer's Chemicals era un palazzo di vetro verde, a due piani, con un grande logo con la "M" al centro. Si trovava nella parte più ricca della città, ben lontana dagli impianti produttivi.

Per fortuna, come aveva ipotizzato Bubi, le credenziali di Nathan non erano state disabilitate, e il sistema di riconoscimento automatico della guardiola li lasciò passare senza problemi.

Raggiunsero indisturbati l'ufficio di Edgard e, lì giunti, si guardarono intorno.

«Da dove cominciamo?»
«C'è un punto di accesso alla rete protetta proprio lì, a quella scrivania.» notò il piccolo robot.

Stavano ancora girando intorno all'imponente tavolo di metallo, quando una voce li fece trasalire.

«Ed è meglio se lo lasciate dove sta.» disse.

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