19. Sapone (reprise)

Sedeva sotto all'ombrellone sbrindellato, con il cappello di paglia calcato in testa e Bubi al proprio fianco. Erano lì, in silenzio, da molto tempo ormai. Ogni tanto, una gocciolina di sudore giocava ad acchiapparella con la gravità terrestre, cercando una strada lungo le sue membra accaldate.

Era pomeriggio inoltrato, e la sua amica non si era ancora risvegliata.

«Non è giusto.» Era rimasto in silenzio così a lungo, che la sua voce aveva un suono strano, roco e graffiante.
«Signorino Nathan.» Bubi gli si avvicinò leggermente. «Mi dispiace.»
«Non importa. Hai fatto del tuo meglio.»
«Veramente mi riferivo alle condizioni della signorina Allison, non al mio fallimento nell'analisi dei dati. Anche se, in effetti, sono dispiaciuto anche di quello.»
«Grazie.»

Un refolo di vento sollevò una manciata di polvere dal terreno e la trascinò per qualche metro, prima di depositarla di nuovo.

«Eppure è così strano.» rifletté l'androide «Non c'è nessuna correlazione. I dati sarebbero più compatibili con una intossicazione, che con una malattia.»
Nathan scattò in piedi, come se l'avesse punto un insetto. «Merda!»
«State bene?» si preoccupò il suo compagno.
«E se fosse proprio questa la chiave? Se fosse per questo che nessuno è mai riuscito a venirne a capo?»
«Cosa intendete?»
«Hai fatto una copia dei dati di Alley?»
«Ma certo.»

«Ripeti l'analisi, ma stavolta non cercare il vettore di un'infezione. Trova invece cosa potrebbe essere il responsabile di un avvelenamento.»

Bubi elaborò le informazioni per un paio di minuti, in totale silenzio.

«C'è solo una cosa che tutte le vittime hanno usato, con cui tutte sono venute in contatto.» disse infine. «Il detergente gel per la disinfezione senza acqua.»

«Merda!» ripeté Nathan. Rifletté per qualche momento, quindi diede un gran calcio allo sgabello, che si era rovesciato quando si era alzato in piedi con foga. «Ma certo! Lei mi ha detto di aver aperto un barattolo nuovo da pochi giorni! Io invece ho usato solo quello vecchio, e quindi non sono stato infettato!»
«Ha senso.» ammise il robot. «Spiegherebbe tutto. Alcune confezioni hanno la tossina, altre no. Lasciatemi fare qualche altra elaborazione...»

Mentre Bubi rivedeva i dati, Nathan andò a prendere entrambi i contenitori aperti.

«Signorino Nathan. Avrei dovuto accorgermene anche da solo.» si scusò la tata cibernetica. «In tutti i casi documentati dove c'è stato uno scambio di detergente, anche coloro che hanno ricevuto il barattolo hanno contratto il Morbo.»

«Si stanno avvelenando.» capì il giovane. «Non è un'infezione. Ecco perché nessuno capisce come si trasmette: perché non c'è alcun contagio!»

«È plausibile.» confermò Bubi. «Ma servirebbero altre prove per confermare questa tesi.»
«Eccole qui, le tue prove.» gli porse i due vasetti. «Analizza queste due sostanze e trova le differenze.»
Nel farlo, gli cadde l'occhio sul fondo di uno dei barattoli, sul quale campeggiava un logo che gli era familiare. Lo avvicinò al volto per guardarlo meglio. «Mayer's Chemicals.» inorridì, mentre un nuovo pensiero prendeva forma nella sue mente. «Bubi, ascolta... e se non fosse un caso? Se la sostanza responsabile del Morbo Blu fosse inserita volontariamente all'interno di questa roba?»
«È possibile.» ammise l'androide.
«Ma a che scopo?»
«Sono solo illazioni, ovviamente.» specificò il robot «Ma posso azzardare che sia un metodo per tenere sotto controllo la popolazione della città-discarica. E forse anche per giustificare la mancanza di contatti tra gli abitanti di Eurasia-2 e quelli della baraccopoli qui intorno.»

«Padre.» mormorò Nathan. «Cosa hai fatto?»

***

Le analisi confermarono i sospetti: nel vasetto di più recente apertura, Bubi individuò un composto sconosciuto, assente nell'altro.

«Quindi è vero: il morbo viene diffuso attraverso questa poltiglia avvelenata, forse in modo casuale. E quel bastardo di mio padre è complice in questa faccenda... Se non ne è direttamente l'artefice!»
«In effetti, il controllo demografico è la possibilità più probabile. Tuttavia, il prelievo casuale è un metodo poco efficiente. Strano che non se ne siano resi conto.»

«Hai ragione.» Convenne il giovane. «Non è possibile che non ci abbiano pensato. Inoltre, se si trattasse di una decisione ufficiale, lo avrebbero reso pubblico: non c'è ragione di alimentare anche tra i cittadini la paura del contagio. No, deve esserci sotto qualcosa di più. Me lo sento.»

«Signorino Nathan» interloquì l'androide, spostandosi sui suoi nuovi cingoli fino a trovarsi proprio davanti all'interlocutore «qualche tempo fa, mi avevate chiesto cosa avrei rivelato alla mia amica IA, nel caso avessi perso agli scacchi.»

Il giovane rimase stravolto per un attimo, mettendo a fuoco con difficoltà il nuovo argomento. «Vuoi dirmelo adesso? D'accordo, magari mi aiuterà a pensare ad altro, per un momento.»

«In realtà, ci sono buone possibilità che le due questioni siano strettamente correlate. Alcuni anni fa, poche settimane prima che mi chiudeste in quello sgabuzzino» a queste parole, Nathan fece una smorfia colpevole, ma il suo tutore cibernetico lo ignorò «mentre stavo scaricando alcuni pacchetti di dati sui pirati del passato, per rendere più verosimili i nostri giochi, mi capitò di captare qualcosa di inconsueto. C'era stato un cospicuo trasferimento di informazioni tra il computer privato del signor Flynn, e un indirizzo esterno. La cosa curiosa era che il trasferimento era stato avviato tramite una connessione iperprotetta, praticamente invisibile per chiunque.»

«Tranne che per te, eh?»

«Io ho potuto vederla soltanto perché mi trovavo all'interno della stessa rete, ed ero collegato proprio in quel momento.»
«Sei un impiccione artificiale, questa è la verità!» Lo redarguì scherzosamente Nathan.
«Beh, quando uno si vede passare davanti tutte quelle informazioni, è difficile non dare almeno una sbirciatina.» si giustificò l'androide.
«Quindi, le hai lette?»
«Lo avrei fatto, ma era tutto criptato, e con il massimo livello di sicurezza possibile.»
«Ma allora, come puoi dire che questa storia riguarda il Morbo Blu?»
«Non ho elementi per stabilire una correlazione certa.» ammise Bubi «tuttavia, la destinazione del trasferimento file era una banca dati della Mayer's Chemicals.»

«Per la miseria!» scattò Nathan. «Non può essere una coincidenza! Puoi accedere a quei dati?»

«Se non sono stati spostati, sì. Ma non da remoto...»

Il giovane rifletté in silenzio per qualche momento. «Certo che, se sono criptati, anche andando lì di persona non risolveremmo granché...»
«Si dà il caso che io abbia memorizzato la chiave di decodifica.»
Il ragazzo provò l'impulso di baciarlo. «Cosa? E perché mai lo avresti fatto?»
Se il suo hardware lo avesse consentito, probabilmente Bubi avrebbe fatto spallucce. «Avevo intuito che si trattava di materiale molto importante e, dato che gli esseri umani sono sempre così distratti, ho pensato potesse essere utile avere una copia di riserva.»

«Fantastico! La tua lungimiranza si è rivelata preziosissima: forse li dentro troveremo le conferme ai nostri sospetti. Con le prove in mano, riusciremo a mettere fine al Morbo Blu... Come Allison ha sempre desiderato!»
«Comprendo il vostro entusiasmo, signorino Nathan; tuttavia, vi esorto ad assegnare le priorità opportune alle vostre prossime azioni: visto che l'avete nominata, vi rammento che la signorina Allison necessita di cure immediate.»

«Ma certo. Non l'avevo dimenticato! Dobbiamo trovare un modo per portarla di sopra. Credi che abbiano già disabilitato le mie credenziali?»

«Mi sono preso la libertà di verificare, durante la mia ultima connessione. C'è tuttora un'indagine in corso e, fintanto che il vostro decesso non verrà ufficializzato, è assai improbabile che la vostra identità venga annullata. Tuttavia, nel momento in cui la vostra identità venisse svelata, il signor Flynn lo verrebbe a sapere immediatamente.»

«Speriamo di fare in tempo a raggiungere la clinica prima che ci fermi, allora.»

***

Tornarono in casa.

Allison aveva ancora la febbre alta, e delirava. Purtroppo, nessuno aveva avuto la presenza di spirito di chiederle dove custodisse i medicinali; ora lei non era in grado di rivelare il nascondiglio, e Nathan da solo non era stato in grado di scoprirlo.

«Trasformeremo il letto in barella.» stabilì il ragazzo. «Fisserò le tue vecchie ruote a un tubo metallico che userò come mozzo, e attaccherò un gancetto a questo montante, in modo che tu lo possa appoggiare proprio sopra alla presa di ricarica, e spingere. Dal lato davanti, invece, taglierò le gambe, fisserò delle cinghie alla testiera e lo trasporterò sulla schiena. Con te a spingere dietro, e io a tenerlo sollevato davanti, dovremmo riuscire a trasportarla senza grossi scossoni, e senza ammazzarci di fatica.»

Il robottino elaborò in silenzio per una manciata di secondi, quindi emise un fischio di approvazione. «Credo che funzionerà. Non ho scaricato pacchetti dati per il fai-da-te, né tantomeno per la costruzione di macchine; quindi non ho soluzioni migliori da proporre.»

«Ci faremo andare bene questa, allora.» dispose Nathan «Tra i componenti che ti ho tolto, l'avanzo di ciò che ho rubato al mercante, e qualche altra cosetta che avevo messo da parte, dovrei avere tutto l'occorrente. Spero di completare il tutto entro due o tre ore al massimo. Dopodiché, ci metteremo in marcia, sperando che per lei non sia troppo tardi.»

SPAZIO AUTORE

In questo capitolo c'è quello che io reputo l'unico, vero colpo di scena di questa storia: la malattia non è una malattia!

Se vi va, fatemi sapere nei commenti se ve lo aspettavate, se lo avevate già capito.

E anche se la cosa vi sembra "funzionare", se vi convince. :)

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