Capitolo 34.
Sciare è come andare in bicicletta. Mi chiedo chi abbia inventato questa frase. Dicono che una volta che impari, non lo dimentichi mai, ma per me sembra tutta un'altra storia. In realtà, credo di aver sviluppato uno stile di discesa unico: la discesa con il sedere.
Per fortuna mia, Nora è alla sua prima esperienza sugli sci. Questo mi ha dato la scusa perfetta per trattenermi con lei e Mattia, che la sta guidando con la pazienza di un maestro, nella sezione dedicata ai principianti. Forse il mio problema è più mentale che fisico. Sono passati cinque anni dall'ultima volta che ho sciato, ma non posso credere che tutte le lezioni ricevute sin da quando avevo sei anni siano svanite nel nulla.
Salgo sulla seggiovia, stringendo i bastoncini come fossero l'ultima cosa che mi tiene in equilibrio. L'aria fredda mi pizzica le guance, e il cigolio ritmico della seggiovia accompagna il panorama.
La neve si stende a perdita d'occhio, brillante sotto un sole che sembra quasi troppo generoso per essere Dicembre.
Faccio un respiro profondo, cercando di ignorare i bambini che, con una naturalezza irritante, sfrecciano giù per le piste.
Quando arrivo in cima, mi fermo un attimo per godermi il paesaggio. La neve è perfetta, caduta abbondantemente nei giorni scorsi. I pini sono incrostati di bianco, e l'aria ha quell'odore fresco e pulito che solo le montagne riescono a offrire.
"Forza, Adele, ce la puoi fare", mi ripeto mentalmente.
Chiudo gli occhi per un istante e, quando li riapro, mi spingo in avanti. Le prime curve sono lente, quasi esitanti. La neve scricchiola sotto gli sci, e ogni movimento sembra amplificato dal silenzio attorno a me. Poi, man mano che trovo il ritmo, qualcosa cambia. Traccio curve morbide sulla neve fresca, lasciandomi guidare più dall'istinto che dalla tecnica. Per un attimo mi sembra di planare.
Quando arrivo in fondo alla pista, mi fermo bruscamente, quasi incredula. Non sono caduta. Mi guardo intorno, cercando conferme.
"Ok, non sto sognando, vero?" mormoro a me stessa.
«Adele, ce l'hai fatta!» esclama Mattia, che arriva insieme a Nora, sorridendo come se fosse stato lui a fare la mia discesa.
«Avete visto?» urlo, quasi incapace di trattenere l'entusiasmo.
«Sì, campionessa, ma non voglio rovinare l'atmosfera... Visto l'orario, dovremmo sentire gli altri e decidere un punto d'incontro per pranzare,» dice Mattia, alzando le sopracciglia per richiamare la nostra attenzione.
«Va bene, ma prima voglio fare un'altra discesa», replico, sentendo crescere dentro di me un nuovo entusiasmo.
«Ti aspettiamo in cima alla baita», annuncia Mattia, indicando la direzione con il bastoncino. Faccio un cenno di assenso e mi avvio verso la seggiovia.
La seconda discesa inizia ancora meglio della prima. Le curve sono più sicure, e per un attimo mi lascio andare, permettendo all'emozione di prendere il sopravvento. Ma proprio quando penso di avere ritrovato il mio equilibrio, succede qualcosa. Un rumore di raschiatura dietro di me mi fa girare appena la testa.
Uno snowboarder, visibilmente in difficoltà, ondeggia fuori controllo. Non ho nemmeno il tempo di spostarmi che mi colpisce facendomi cadere.
La neve mi accoglie con un soffice schianto, ma l'umiliazione brucia più del freddo. Sbuffo, cercando di ignorare lo sguardo curioso di qualche spettatore lontano, e mi trascino di lato per liberare la pista. Poi mi sdraio sulla neve fresca, lasciando che il cielo mi consoli.
«Davvero elegante, Adele. Stai inaugurando un nuovo stile di discesa?»
Il sarcasmo mi colpisce prima ancora di riconoscere la voce. La sua voce.
Tommaso è lì, fermo a pochi passi, con quel sorriso che sembra scolpito per irritarmi. Gli occhi gli brillano di un malizioso divertimento, e il suo tono, sempre al limite della provocazione, mi fa venire voglia di affondarlo nella neve.
Mi sollevo quanto basta per lanciargli uno sguardo gelido. «Pensavo che ignorarti fosse già abbastanza faticoso. A quanto pare, non lo è.»
Lui ride. Una risata bassa, che mi scivola addosso come un guanto ruvido. «Oh, Adele, quanto mi piacciono le tue frecciatine. Rendono tutto così... stimolante.»
Stimolante? Ma chi si crede di essere?
«Lascia che almeno ti dia una mano a rialzarti.» Fa un passo verso di me, tendendo la mano. «Non vorrai rimanere lì tutto il giorno, vero? Anche se, devo ammettere, è un'ottima posizione per attirare l'attenzione.»
Il suo tono è talmente leggero che mi fa venir voglia di restare sdraiata per principio. E infatti, lo faccio. «Sto benissimo qui, grazie. Il cielo è molto più interessante di te.»
«Oh, mi spezzi il cuore,» risponde, portandosi teatralmente una mano al petto.
Mi dà sui nervi il modo in cui si muove, con quella sicurezza che sembra voler sfidare il mondo.
Poi lo sento. I suoi passi si avvicinano, il lieve scricchiolio della neve sotto i suoi scarponi. E prima che possa protestare, lui si lascia cadere accanto a me, disteso sulla neve come se fosse la cosa più normale del mondo.
Ma che problema ha questo tizio?
«Ti ho chiesto di lasciarmi in pace,» sbotto, senza neanche guardarlo.
«E io ti sto accontentando.» Lo sento sorridere nella voce, quel tipo di sorriso che mi fa venire voglia di prenderlo a pugni. «Sono qui. In silenzio. Con te.»
Mi volto verso di lui, pronta a rispondergli per le rime, ma mi blocco. Ha sollevato la maschera, e i suoi occhi sono fissi nei miei. Due lame di ghiaccio che sembrano sfidarmi a distogliere lo sguardo.
E il peggio? Non ci riesco.
«Sei sempre così bravo a ficcarti dove non sei invitato?» Gli dico, ma la mia voce non è più così ferma.
«E tu sei sempre così brava a fingere che non ti piaccia,» ribatte lui, il sorriso evidente anche nella voce.
«Tu hai un talento per mettermi nei guai,» sussurro, cercando di sembrare indifferente, anche se il battito del mio cuore mi tradisce.
«E tu per farmi venire voglia di restarci,» ribatte, il tono così basso che quasi non lo sento.
L'attimo si spezza quando Lorenzo arriva con la sua inconfondibile energia, frenando bruscamente accanto a noi e sollevando una nuvola di neve.
«Voi due, volete congelarvi o state facendo una dichiarazione artistica?» esclama, ridendo mentre ci osserva.
Tommaso si alza per primo, scrollandosi la neve di dosso con un movimento deciso. Mi fissa con uno sguardo impaziente e solleva le spalle. «Adele sta perfezionando l'arte della caduta. Io, da bravo compagno di squadra, osservo e applaudo.»
Mi scappa una risata, ma è più amara che divertita.
«Sì, grazie per il supporto morale.»
Si china per porgermi la mano. Vorrei rifiutarla, ma so che sarebbe stupido. Prendo la sua mano, sentendo il calore della sua pelle contrastare con il freddo pungente dell'aria montana. La sua presa è salda, determinata, e mi solleva con facilità, come se non pesassi nulla. Un'ombra di imbarazzo mi pervade, ma cerco di ignorarla.
Cerco di agganciare lo scarpone allo sci, ma qualcosa cattura la mia attenzione. Una ragazza si sta dirigendo verso di me, ondeggiando pericolosamente. Non faccio in tempo a fare un passo indietro che Tommaso si sposta davanti a me, come un muro umano, bloccando l'impatto con una naturalezza che mi sorprende.
«Protezione inclusa nel pacchetto?» chiedo, con sarcasmo, ma il tono della mia voce non riesce a nascondere la sorpresa che mi coglie.
«Considerala un bonus,» risponde, lanciandomi un'occhiata che sembra studiata per irritarmi e confondermi allo stesso tempo.
«Oddio, scusatemi, non vi avevo visto», esclama, un tono di falsa sorpresa nella voce. Poi, senza esitazioni, sorride con quell'espressione che conoscevo fin troppo bene. Un sorriso da regina del ghiaccio, perfetto e privo di calore. «Non ci posso credere... questo è il destino.»
Mi sposto leggermente per cercare di non incrociare i suoi occhi, ma non posso fare a meno di farlo. Quando realizzo di chi si tratta, il mio stomaco si annoda.
La sua figura è inconfondibile, come un fantasma che non riesco a scacciare. Valentina. La stessa ragazza che anni fa mi considerava una sorella, fino a quando ha deciso che avevo esaurito la mia utilità nella sua vita, lasciandomi come un vestito vecchio, da sostituire con qualcosa di più brillante, più "adatto".
«Direi piuttosto un incubo», mormoro tra i denti, cercando di nascondere il mio disagio. Tommaso ride complice
Stasera alla baita organizzano una serata a tema. Ci sarete anche voi?» La sua voce è dolce, ma c'è un'acidità che la rende insopportabile. Vorrei urlarle in faccia quello che penso di lei, ma Lorenzo, sempre così entusiasta, risponde prima che io possa aprire bocca.
«Ovviamente ci saremo! Una serata del genere è imperdibile.»
«Perfetto, allora ci vediamo stasera,» conclude Valentina, rivolgendo a Lorenzo e Tommaso un sorriso smagliante. A me, invece, riserva uno sguardo che brucia di gelida superiorità, come se volesse ricordarmi chi è che "vince" alla fine.
Tommaso si abbassa leggermente, cercando di incontrare il mio sguardo preoccupato. «Tutto bene?», mi chiede.
«È troppo sperare che una valanga la travolga?» rispondo, lasciando trasparire il sarcasmo, anche se il nodo alla gola è difficile da ignorare. Tommaso sorride, un'espressione che, nonostante tutto, riesce a farmi sentire un po' meno sola. Tommaso, notando la tensione, si abbassa leggermente e mi guarda, preoccupato. «Tutto bene?» mi chiede, e il suo tono dolce mi fa sentire ancora più vulnerabile.
«È troppo sperare che una valanga la travolga?» rispondo, con sarcasmo, ma la mia voce tradisce il nodo alla gola che non riesco a sciogliere.
Tommaso sorride, ma è un sorriso che sembra più comprensivo che divertito. È come se capisse, anche senza parole, quanto mi faccia male questa situazione.
«Dai, andiamo a pranzo,» propone, con dolcezza. «Mettiamo da parte tutto questo, almeno per ora. Non ne vale la pena.»
Ma mentre mi allontano, il pensiero di Valentina resta lì, nella mia testa, come un peso che non riesco a scollare.
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