Capitolo 32.

Era da tanto tempo che non dormivo così bene.
Mi stiracchio nel morbido letto matrimoniale, cercando di liberarmi da un braccio che pesa sul mio fianco come un'ancora. Lo sposto con un gesto brusco, senza preoccuparmi di essere delicata. Con gli occhi ancora socchiusi, cerco di mettere a fuoco la stanza. La penombra del mattino dipinge i contorni dei mobili, e per un attimo mi lascio avvolgere dalla morbidezza delle lenzuola. È così facile lasciarsi cullare da quel torpore... troppo facile.

Un bagliore rosso cattura la mia attenzione. L'orologio digitale sul comodino segna un orario che mi fa gelare il sangue.

«No, no, no! Non può essere così tardi!».

Con un movimento repentino, mi sollevo in posizione seduta e, senza rendermene conto, gli tiro una botta involontaria allo stomaco.

«Cavolo, Adele, vacci piano», brontola con un'espressione ancora intorpidita.

Mi giro verso di lui, scomposta e con i capelli che mi cadono sugli occhi. «Be', non startene lì a lamentarti! Se fossi stato nel tuo letto, questo non sarebbe successo!»

Lui solleva un sopracciglio, la bocca che si piega in quel mezzo sorriso irritante che lo rende ancora più insopportabile. «Tecnicamente sei tu nel mio letto.»

Arrossisco, ma cerco di mascherare l'imbarazzo con un'occhiataccia. «Non abbiamo tempo per queste sciocchezze!» esclamo, saltando giù dal letto e afferrando la felpa abbandonata sul pavimento.

«Che novità,» mormora.

Prendo la felpa gettata a terra, e mi precipito verso la porta. Ma la mia fuga improvvisa viene interrotta quando mi trovo di fronte a Mattia e Nora, che mi guardano con un misto di stupore e curiosità.

Mattia, con le braccia incrociate sul petto e un'espressione divertita, è il primo a parlare. «Wow. Questo è un buongiorno interessante.»

Dietro di me, Tommaso arriva in tutta la sua disinvoltura. È ancora in boxer, con i capelli arruffati e un sorriso beffardo che sembra non abbandonarlo mai.

«Buongiorno a voi,» dice con un tono quasi divertito, come se trovasse tutta la situazione incredibilmente spassosa. «Dormito bene?»

Nora mi scruta come se cercasse di leggere nella mia mente, ma non riesce a dire nulla. Mi sento il viso che brucia sotto il suo sguardo inquisitorio.

«Benissimo,» interviene Mattia, l'unico a mantenere la calma. «Stavamo pensando di andare a mangiare qualcosa.»

«Sì!» rispondo, forse un po' troppo in fretta, aggrappandomi al braccio di Nora come fosse un'ancora di salvezza. «Perfetto. Andiamo!»

La trascino via senza nemmeno aspettare una risposta, ignorando lo sguardo interrogativo di Mattia e... peggio ancora, quello compiaciuto di Speed.

Appena entro nel bagno, chiudo la porta con uno scatto deciso e mi appoggio contro di essa, come se potesse proteggermi. Nora mi guarda con le sopracciglia alzate, le braccia incrociate e un'aria che urla "pretendo spiegazioni".

«Ma che diamine...» comincia, ma alzo una mano per zittirla. «Abbassa la voce!» le sibilo.

«Mi vuoi spiegare che diavolo sta succedendo? E adesso basta con le stronzate.»

«Non c'è niente da spiegare,» rispondo in fretta, cercando di non incontrare il suo sguardo.

«Oh, certo,» ribatte lei con sarcasmo. «E infatti sei apparsa sulla soglia con Tommaso in boxer dietro di te. Davvero niente di strano.»

«Abbiamo solo parlato e dormito insieme stanotte. Diciamo che facciamo sesso qualche volta, ma nulla di più».

Nora sgrana gli occhi, e per un attimo resta senza parole.

«Non fare quella faccia», sbuffo, puntandole un dito contro. «Non eri tu quella che fantasticava su questa storia?»

«Oh, santo cielo», esclama lei, portandosi una mano alla bocca. Ma il suo tono è tutto tranne che scandalizzato. È entusiasta. Troppo entusiasta. «Non ci posso credere. Avevo ragione! Sapevo che tra voi c'era qualcosa. Lo sapevo! Mattia impazzirà quando lo scoprirà.»

«Nora!» la blocco, stringendole il braccio. «Abbassa la voce. Tra me e Tommaso non c'è niente. Solo attrazione fisica. Fine.»

«Mh-mh», fa lei, con un sorriso così beffardo da farmi venire voglia di strozzarla. «Certo. Solo attrazione fisica. È per questo che ogni volta che siete nella stessa stanza sembra che l'aria stia per prendere fuoco, giusto?»

La ignoro. O almeno ci provo. Non posso darle ragione. Non sarebbe sopportabile.

«Ne riparliamo in montagna», conclude lei, scuotendo la testa. «Adesso muoviti. Hai bisogno di sistemarti, e io ho fame.»

Più tardi, la città ci avvolge con i suoi rumori e il caos familiare. Camminiamo verso un chiosco dove ordiniamo dei panini al volo. Nora parla senza sosta, mentre io cerco di ignorare la sensazione di essere osservata. Quando mi giro, i miei occhi incontrano quelli di Tommaso, che sta mangiando il suo panino con una calma irritante.

«Che c'è?» chiede, con quel mezzo sorriso che mi fa venire voglia di lanciargli il panino in faccia.

«Niente», rispondo, girandomi di scatto. Ma sento ancora il suo sguardo su di me. E non so se è più irritante o... altro.

«Questo è perfetto!» esclama, brandendo un piumino rosso fuoco come se fosse un trofeo. «Adele, devi provarlo!»

«Nora, non mi serve un piumino nuovo», protesto, ma è inutile. Prima che io possa opporre resistenza, me lo infila nel braccio.

Un risolino basso alle mie spalle mi fa irrigidire. Mi giro di scatto «Qual è il problema?» sbotto, stringendo il piumino come un'arma.

«Nessun problema.» Le sue mani sono infilate nelle tasche, il suo sorriso lento e, purtroppo, affascinante. «Solo che sei adorabile quando fai finta di essere furiosa.»

«E tu sei insopportabile.»

Lui inclina la testa, come se stessi confermando una verità assoluta. «Lo so. Ed è per questo che non riesci a starmi lontano.»

Stringo gli occhi, ma decido di ignorarlo.

Finalmente arriviamo ai camerini. I ragazzi si appoggiano pigri contro il muro, aspettando, mentre Nora mi trascina dentro per cercare un nuovo paio di pantaloni da sci. I miei vecchi sono quasi bucati, quindi, per una volta, sono motivata a trovarne un paio decente.

Sto cercando di decifrare le taglie quando la tenda di una cabina si apre, e una risata familiare mi colpisce come una scossa elettrica.

«Ma guarda che coincidenza. Ciao Adele.»

La voce di Valentina, la mia ex migliore amica, è come un'eco dal passato, e per un attimo il negozio sembra più piccolo, l'aria più densa. Mi volto lentamente, cercando di mascherare la sorpresa.

«Ciao Valentina», dico, cercando di sembrare disinvolta. Dentro, però, sono una tempesta. I ricordi riaffiorano con una chiarezza dolorosa: le risate condivise, le confidenze, il momento in cui tutto è andato in frantumi.

Lei mi guarda con quel suo sorriso ambiguo, metà dolce metà velenoso. «Anche voi qui per lo sci? Non dirmi che passerete il Capodanno in montagna.»

Un brivido mi percorre. Il mio piano di una vacanza tranquilla si sgretola in un istante. Come ho fatto a dimenticare che Valentina aveva una casa nella stessa località?

«Che coincidenza», riesco a dire, il tono neutro che maschera il caos nella mia testa.

Prima che possa aggiungere altro, la voce di Tommaso ci raggiunge come un fulmine.

«Ragazze, muovetevi! Non abbiamo tutto il giorno!»

Tutte si girano verso di lui, ma il suo solito atteggiamento spavaldo attira più di qualche occhiata interessata. Una delle ragazze si copre la bocca, come se avesse appena visto una celebrità.

«Oddio, ma tu sei Speed!» esclama, la sua voce acuta risuonando nel negozio.

Il mio stomaco si stringe. Lo sguardo di Valentina si illumina, e in pochi secondi si getta tra le sue braccia. La scena davanti a me è quasi surreale: Valentina, tutta sorrisi e mani, che si comporta come se Tommaso le appartenesse.

«Non ci posso credere!» esclama. «Stavamo parlando di te giusto ieri! Che segno del destino, vero? Stavamo cercando i biglietti per la tua prossima partita.»

Tommaso sorride con cortesia, ma il suo sguardo sfiora il mio, rapido, come se volesse valutare la mia reazione. Mi sento invisibile e, allo stesso tempo, messa sotto un riflettore.

«Honey, posso vedere come ti stanno quei pantaloni?» chiede lui

Valentina si volta verso di me, lentamente, come in un film. Il sorriso che indossava fino a un attimo prima si incrina, trasformandosi in un'espressione fredda, calcolatrice. Gli angoli della bocca si sollevano appena, ma il gelo nei suoi occhi è inconfondibile. È un messaggio chiaro: Non ti conviene nemmeno provarci.

Inspiro. So che dovrei lasciar perdere, ma qualcosa si accende in me, un misto di rabbia e stanchezza.

«Ma anche no», rispondo secca, incontrando il suo sguardo con fermezza.

Lui alza un sopracciglio, sorpreso, e poi sorride. Stavolta è un sorriso più genuino, quasi divertito. «Ah, sempre diretta. Mi piace.»

«Non mi interessa cosa ti piace,» replico, cercando di mantenere il tono neutro. Ma il mio cuore batte più forte, e sento le guance arrossarsi.

Si passa una mano tra i capelli, un gesto che so essere il suo modo di guadagnare tempo. «Sei sempre così difficile da leggere, Honey,» dice, inclinando la testa. «Non sono sicuro se sei arrabbiata o solo... diffidente.»

«Forse entrambe le cose,» ribatto, stringendo il piumino rosso tra le mani.

«Oh, per favore,» interviene Valentina, alzando gli occhi al cielo. «Adele è sempre stata così: drammatica e difficile.»

La sua voce mi trafigge, ma mi obbligo a non reagire.

La fisso invece, con la calma più glaciale che riesco a fingere «E tu sei sempre stata la regina dell'eccesso,» dico, con un mezzo sorriso che non raggiunge gli occhi.

Rientro nel camerino e chiudo la tenda con un gesto deciso. Guardo il mio riflesso nello specchio, e sento le emozioni ribollire.

Mi dispiace solo che, nonostante il tempo trascorso, ancora riesca a farmi sentire così fragile.

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