Capitolo 29.

La mattina seguente, per fortuna, la febbre è scesa. Svegliandomi, allungo un braccio cercando il suo calore accanto a me, ma il letto è vuoto. Un vuoto che mi fa sentire più fragile. Mi alzo, un po' stordita, e mi siedo sul bordo del letto, sentendo il peso della stanchezza che non se ne è ancora andata. Il corpo mi sembra leggero, ma la testa è ancora annebbiata, come se non fosse del tutto pronta a svegliarsi.

Con una mano mi sfrego gli occhi e, quasi istintivamente, volto lo sguardo verso il comodino. Tra le ombre della stanza, il mio telefono lampeggia con insistenza.

Lo afferro e scopro un messaggio da un numero sconosciuto. Apro il messaggio e leggo: "Scusami se non ti ho svegliato, ma avevi bisogno di riposare. Anche se avrei preferito rimanere, oggi, al contrario di qualcuno, devo allenarmi. PS: Se ti stai chiedendo come ho fatto ad avere il tuo numero, sappi che ho i miei informatori. Ci vediamo in palestra, Honey".

Sorrido come una stupida, sentendomi alleviata dal fatto che lui si sia preso cura di me durante la mia febbre, ma scaccio subito quel pensiero perchè nella mia testa riecheggia la parola "informatori". Preoccupata, decido di inviargli iun messaggio di risposta: "Dimmi che non hai chiesto il numero a Nora". Non appena invio il messaggio, l'attesa ansiosa prende il sopravvento. Ogni secondo che passa sembra un'eternità. Mi trovo nel panico, mentre davanti a me si svelano una serie di scenari, ognuno dei quali mi vede alle prese con l'invenzione di scuse plausibili. Sento una sfumatura di impotenza che si riflette sul mio viso, mentre mi passo una mano sul viso in segno di resa.

Faccio avanti e indietro per la stanza, cercando di trovare un senso di calma. Mi sento meglio rispetto al giorno precedente e valuto in modo attento i pro e i contro di recarmi in palestra. Tra i pro, c'è la possibilità di recuperare l'allenamento perso, tuttavia, tra i contro, so che dovrò affrontare Alessandro, che non mancherà di riprendere la sua ramanzina da ieri e di elencarmi tutti i rischi che ho corso con il mio gesto incosciente.

Nonostante l'incertezza la decisione di uscire di casa è irremovibile. Ho bisogno di scoprire se Nora è l'informatrice.

Afferro il mio borsone e esco di corsa, senza riflettere troppo.. Mentre mi avvicino all'ingresso della palestra, stringo la tracolla del borsone, sentendo l'ansia che mi assale sempre di più. Faccio un bel respiro, cercando di raccogliere coraggio, e varco la soglia della palestra.

Forse ho un'insegna luminosa sulla testa e non me ne sono accorta, ma nell'istante in cui passo davanti agli spogliatoi, tutti i ragazzi si girano nella mia direzione. Mi sento intimidita. I loro sguardi pesano su di me, ma nello stesso istante, i miei dubbi vengono dissipati dal volto di Mattia che sogghigna, capisco che sono fregata. Mi cambio più veloce del solito, ma non appena esco da li non faccio in tempo a fare un passo che vengo subito fermata da Alessandro.

«Dove credi di andare?» mi chiede, alzando un sopracciglio in segno di disapprovazione.

«Ad allenarmi?»rispondo con nonchalance, cercando di mascherare la mia insicurezza.

«Non credo proprio. Al massimo puoi assistere».

«Dai Alessandro, sto bene. So benissimo quali rischi ho corso, ma non sarei qui se non mi sentissi bene».

«Va bene. Facciamo così, per oggi assisti, se poi mi rendo conto che mi stai dicendo la verità, puoi provare qualche elemento. Ma ti proibisco di allenarti come sempre».

Accetto, anche se controvoglia. Capisco le sue preoccupazioni, ma non metterei mai a repentaglio la mia partecipazione alla nazionale.

Nora arriva di corsa, con lo sguardo di chi riesce a fare una radiografia delle cose che non vanno. La interrompo subito, cercando di anticipare i suoi pensieri.

«Prima che la tua testa inizi a formulare strane immagini, ti dico subito due cose: la prima è che adesso sto bene, e non dico tanto per dire; la seconda è che ti confermo che Speed mi ha accompagnata a casa, ma ti posso assicurare che non è successo nulla tra di noi», evito di raccontare quello che è successo, anche perché non sono sicura nemmeno io di come classificarlo, un misto di attrazione e confusione che ancora devo comprendere. Per la prima volta da quando la conosco rimane senza parole. Mi fissa a bocca aperta, e io ne approfitto per spingerla verso gli attrezzi.

Il resto del pomeriggio lo passo in disparte, osservando attentamente le altre atlete. Ogni movimento, ogni passo, è un'ispirazione per me. Alla fine della giornata, riesco a convincere Alessandro a farmi rimanere. Ho deciso di provare a montare l'esercizio sulla canzone che ho scoperto di recente. Faccio partire la musica e, come se fosse stata creata appositamente per me, il mio corpo si muove in perfetta sintonia con le note.

La musica nella palestra è svanita, ma il ritmo del mio cuore no. Non ho nemmeno bisogno di voltarmi per sapere che Tommaso è lì. Lo sento, come se la sua presenza riempisse l'intera stanza.

«Sai, Honey, hai la capacità di ipnotizzare chi ti guarda», dice con quella voce bassa, quasi un sussurro.

Mi volto lentamente, cercando di mantenere il controllo. Tommaso è appoggiato a una colonna, le braccia incrociate sul petto, un sorriso storto che mi fa vibrare qualcosa dentro.

Lo odio perchè è più semplice che ammettere l'effetto che ha su di me, il modo in cui mi rende vulnerabile, come se avesse sempre il controllo.

«Fossi in te starei molto attento a quello che dici, potrei prenderlo come un complimento», rispondo, cercando di mascherare l'effetto che ha su di me.

«E se lo fosse?» Ribatte, inclinando leggermente la testa. Il suo tono è una lama affilata, un misto di provocazione e sfida. I suoi occhi color ghiaccio sembrano scavare sotto la superficie, leggermi dentro.

Un brivido mi corre lungo la schiena, ma non gli do la soddisfazione di saperlo. «Allora saresti il primo a sorprendermi.»

Succede tutto in un attimo, eppure ogni secondo sembra infinito. Tommaso mi fissa con quello sguardo carico di sfida che non sopporto, lo stesso che usa ogni volta che cerca di avere la meglio su di me. È sempre un gioco, un continuo spingersi oltre i limiti, ma stavolta c'è qualcosa di diverso. Non ci sono spettatori, né scuse dietro cui nascondersi.

«Che c'è, Adele? Ti stai tirando indietro adesso?» sussurra con quella voce bassa, irritante e irresistibile allo stesso tempo. Ha un sorriso storto, di quelli che vorresti cancellare con un pugno... o con un bacio. Lo odio. Lo odio davvero.

«Sei proprio pieno di te, Tommaso.»

Si avvicina ancora. La sua mano sfiora l'orlo della mia maglietta, ma non la solleva subito. Mi sfida con lo sguardo, come se aspettasse che sia io a fermarlo. Non lo farò. Non gli darò la soddisfazione. Faccio un passo indietro senza pensarci, e il muro freddo contro le spalle mi fa sobbalzare. Il respiro di Tommaso è caldo, sfiora la mia pelle.

«E tu sei bravissima a nascondere quello che pensi davvero», dice, con quel tono basso che sembra fatto apposta per farmi perdere la testa. «Ma non a me.»

Resto ferma, i miei occhi fissi nei suoi. Non posso tirarmi indietro, non adesso, non con lui. «E cosa penserei, secondo te?»

Lui non risponde subito. Mi fissa, come se stesse decidendo se dirmelo o no. Poi sorride, quel sorriso storto che conosco troppo bene. «Penso che tu mi odi.» Si china appena, il suo volto a pochi centimetri dal mio. «E penso che questo ti piaccia più di quanto vuoi ammettere.»

Le sue mani si posano sui miei fianchi, ferme, forti, e per un attimo penso che stia per dirmi qualcosa.

Invece non dice nulla. Si limita a guardarmi, come se stesse leggendo ogni pensiero che cerco disperatamente di nascondere.

«Tu non mi conosci,» mormoro. La mia voce è appena un sussurro, ma lui la sente. E si avvicina di nuovo. Questa volta, non mi muovo.

«No?» replica piano, e la distanza tra noi svanisce.

E tutto si spezza. Le mani che prima volevano respingerlo ora trovano la sua maglia e gliela sfilano con un gesto rapido, come se volessi togliermi di dosso un peso insopportabile. Il mio palmo scivola sul suo petto, la pelle calda e tesa sotto le dita, e tutto ciò che pensavo di odiare di lui sembra trascinarmi ancora più a fondo.

«Sai Speed, essere una ginnasta ha i suoi vantaggi» dico con un filo di malizia.

«E dimmi, quali sono?»

Sfilo i pantalocini restando in mutande, slancio la gamba portandola di fronte fino ad appoggiare la caviglia sulla sua spalla ed aggiungo «La capacità di essere particolarmente flessibili».

Vedo i suoi occhi riempirsi di desiderio e senza darmi di pensare ad altro, sposta di lato le mutande, afferra un preservativo dai pantaloni e mi penetra facendomi con una forza tale da mandarmi fuori di testa. Butto indietro la testa e lo sento gemere contro di me.

«Honey, tu un giorno mi farai morire».

Ci stiamo distruggendo pezzo dopo pezzo, ad ogni spinta crolla un pezzo del muro che abbiamo eretto, lasciando scoperta una parte di noi. Ma non mi importa.

Perché un cuore ormai distrutto, non può essere nuovamente ridotto in pezzi.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top