Capitolo 26.
Un raggio di sole trapassa le tende socchiuse, insinuandosi sulla pelle come un ospite indesiderato. Mi porto un braccio sugli occhi, cercando riparo dalla luce e, insieme, da un mal di testa che pulsa dietro le tempie.
L'alcol. Mai più.
La mano cerca alla cieca la coperta, ma il gesto si interrompe quando percepisco un calore vicino, sotto le dita. Qualcosa di vivo. Qualcuno.
Mi avvicino istintivamente, attratta da quella sensazione di sicurezza che mi avvolge per un istante. Come una naufraga, stringo quel calore, lasciandomi cullare dalla sua presenza. Ma una memoria spezzata irrompe nella mia mente, come un fulmine a ciel sereno.
"Oddio... ci siamo baciati."
Il pensiero si abbatte su di me, e la realtà, finora confusa e lontana, prende forma. Provo a sollevarmi dal letto, ma un braccio forte, tatuato, si stringe intorno a me, trattenendomi.
Il respiro mi si blocca in gola. Abbasso lentamente lo sguardo. Seguo quella linea d'inchiostro fino a scoprire chi è accanto a me.
Tommaso.
Le sue dita riposano sulla mia pelle, il torace scoperto si solleva e abbassa in un ritmo lento e regolare. Sento il suo respiro contro di me, caldo, tranquillo.
Come mai è nel mio letto e, per di più, senza maglietta? E perché indosso solo una canottiera? La confusione e l'imbarazzo si mescolano in un vortice dentro di me.
Solo per un momento, mi perdo nella sua bellezza, ammettendo a malincuore che, almeno in quel momento, non può vantarsi di nulla. Ma poi mi rendo conto che la mia mente è ancora annebbiata dall'alcool.
Decido di spostare il suo braccio dal mio seno e, con cautela, scivolo fuori dal letto. In punta di piedi, con passi silenziosi, mi dirigo al piano di sotto, quando per poco non inciampo sopra a uno dei ragazzi ancora addormentato in un angolo buio della stanza. Sposto lo sguardo verso il divano e vedo Nora che dorme serenamente sopra Mattia, le loro figure avvolte in una coperta disordinata.
Tutto sembra essere fuori posto, come pezzi di un puzzle che non riesco a riunire. La confusione mi avvolge, mentre cerco di ricordare cosa diavolo sia successo quella notte. La mia mente è in preda a una serie di immagini sfocate e frammenti di conversazioni.
Mi allontano dalla scena, dirigendomi verso la cucina. Raggiungo la cucina, sperando che l'acqua possa calmare il fuoco che ho in gola e schiarirmi la mente. Appoggio i gomiti alla penisola, le dita che premono contro le tempie.
Pensa. Ricorda.
Ma la mia mente è un mosaico di immagini frammentate, pezzi che non riesco a incastrare.
Poi, una mano calda scivola sul mio ginocchio. Lenta. Sicura. Risale fino al bordo della maglia, tracciando una scia di brividi lungo la pelle.
Trattengo il respiro e alzo lo sguardo.
Due occhi azzurri mi fissano.
«Dormito bene, Honey?»
La sua voce è roca, ancora impastata dal sonno. Mi sfila il bicchiere dalle mani e beve un sorso, senza distogliere lo sguardo da me.
Il cuore batte più forte. Troppo forte.
«Sì?» La mia voce è incerta, come se le parole fossero incastrate tra i pensieri.
Lui sembra percepire il mio turbamento e anticipa la domanda che non riesco a formulare.
«Tranquilla.» Sorride appena, inclinando la testa. «Abbiamo solo dormito. Eravamo troppo ubriachi.»
Un sospiro di sollievo misto a una strana sensazione di delusione si fa strada dentro di me. Scaccio immediatamente quel pensiero, cercando di adottare un tono leggero. «Dici che dovremmo svegliare gli altri?»
Lui sorride, un sorriso enigmatico che racchiude mille sfumature di significato, e risponde: «Considerato che abbiamo una partita da giocare, direi proprio di sì.»
Dopo aver affrettato un boccone tutti insieme, Nora si è offerta di aiutarmi a mettere a posto il disordine lasciato dalla serata precedente. Non mi ha chiesto nulla riguardo a quanto accaduto ieri sera, e forse dovrei ringraziare il fatto che fosse in condizioni peggiori delle mie. Quando ripenso a ciò che ho fatto, un senso di colpa mi assale.
«Adele, sei pronta per andare alla partita? Però ti chiedo un favore. Devi guidare tu, io non sono in grado», mi chiede Nora, mentre chiudo la porta di casa.
Arriviamo allo stadio quando il primo set è appena iniziato e la squadra avversaria è già in vantaggio di cinque punti. È evidente che anche loro stanno risentendo dei postumi della serata precedente: i loro riflessi sono rallentati e sembrano esausti. L'allenatore li definisce "rammolliti" e "bradipi", manifestando la sua frustrazione.
Finalmente, dopo aver perso ulteriori punti, riescono a segnare. In quel momento, Tommaso si posiziona per servire e un silenzio avvolge gli spalti.Prende la palla, la solleva vicino al viso, e poi schiaccia con una potenza che strappa un boato dagli spettatori.
«SPEED! SPEED!»
Il coro esplode intorno a me. Non posso fare a meno di ammetterlo: il soprannome gli si addice perfettamente. Ma ciò che non mi aspettavo è quello che accade subito dopo.
Prima di tornare alla sua posizione in campo, Tommaso si gira. Mi cerca. I suoi occhi trovano i miei. E alza il pallone in un gesto che sembra quasi... un saluto.
Vorrei solo sprofondare.
«Che diavolo era quello?» chiede Nora, girandosi verso di me con uno sguardo tagliente.
Cerco di svicolare. «Di cosa parli?»
«Oh, Adele. Non far finta di niente. Quel gesto era chiaramente per te. Quindi la mia domanda è: quando avete seppellito l'ascia di guerra?»
«Non abbiamo seppellito proprio un bel niente.» Il tono mi esce più acido di quanto vorrei. «Smettila di guardarmi in quel modo e concentrati sulla partita.»
La squadra riesce a ribaltare il risultato, vincendo con tre set a due. La tensione sugli spalti esplode in applausi e urla di entusiasmo, ma io non riesco a unirmi a loro.
Lasciando Nora ad aspettare Mattia, fingo di voler fare qualche esercizio in palestra per evitare l'inevitabile incontro con lui.
Mentre provo i movimenti del corpo libero, una sola parola rimbomba nella mia testa: codarda.
Le mie scelte, il mio costante tentativo di evitare tutto... lui, mi rendono furiosa con me stessa.
Cerco una traccia musicale che possa accompagnare il mio esercizio. Le note scorrono una dopo l'altra, nessuna sembra funzionare. Poi, una melodia cattura la mia attenzione.
"Can't fight the moonlight... Deep in the dark, you'll surrender your heart..."
Una voce alle mie spalle rompe il silenzio. «Arriverà al tuo cuore.»
Sobbalzo, una mano sul petto. Mi volto di scatto. «Ma sei impazzito? Vuoi farmi morire d'infarto?».
Tommaso si appoggia al telaio della porta con quella sua solita espressione di sfida. «Scherzi? Non saprei più con chi litigare.»
Alzo gli occhi al cielo. «Divertente.»
Mi volto per andare a cambiarmi, ma sento scattare la serratura alle mie spalle.
«Sai, Honey, dovresti chiudere la porta a chiave.» La sua voce è bassa, un sussurro che mi sfiora la pelle. «Qualcuno potrebbe entrare.»
Mi avvicino a lui «So difendermi da sola» gli dico ad un centimetro dal suo orecchio.
Ma lui non mi sta più ascoltando, è concentrato sul mio seno premuto contro il suo corpo.
Quando cerco di allontanarmi, la sua presa diventa più forte, tirandomi con decisione verso di lui.
Il suo tocco è audace, e mi accende in un modo che odio ammettere. Dannazione.
Senza pensarci, afferro la sua maglietta e la tiro via con rabbia. Finisce da qualche parte sul pavimento, ma non mi interessa.
Lui mi spinge contro il muro, le mani che trovano le mie e le sollevano sopra la testa. I nostri corpi si incastrano perfettamente, ogni contatto una scintilla che incendia la pelle.
I suoi baci sono fuoco puro. Mi perdo in quel desiderio selvaggio che ci avvolge. Quando finalmente libera le mie mani, gli tolgo anche i pantaloni con una fretta disperata.
Mi solleva, e io avvolgo le gambe attorno ai suoi fianchi.
La doccia è a pochi passi, e quando l'acqua calda inizia a scorrere su di noi, tutto diventa ancora più intenso.
Le sue mani esplorano ogni centimetro di me, e io mi arrendo completamente al piacere
«Honey,» sussurra contro il mio collo, la voce roca, «se fai così, non riesco ad essere delicato.»
Lo guardo negli occhi, sfidandolo. «Speed, non sono un vaso di cristallo.»
Un lampo attraversa il suo sguardo, e in quel momento, so che ho appena scatenato qualcosa che non potrò più controllare.
A queste mie parole mi fa voltare, lo sento scartare un preservativo, mi divarica leggermente le gambe e con un colpo mi penetra. Spinge così forte che mi fa mancare il respiro, ma allo stesso tempo mi manda in paradiso. Stringo i pugni sulle piastrelle, inarco leggermente la schiena per assecondarlo. Ad ogni spinta sento un'esplosione di piacere mai provato prima. Mi bacia dietro la schiena, quando sto per arrivare al culmine esce da dentro di me e mi fa voltare. Mi morde le labbra ed io di riflesso afferro i suoi capelli. Mi tira su, allaccio le gambe ai suoi fianchi e senza darmi il tempo di prendere fiato entra nuovamente dentro di me. Non ha problemi a muoversi con me aggrappata, in confronto a lui sembro una bambina.
Affonda un ultima volta, facendomi urlare e in quel momento viene anche lui. Restiamo per qualche minuto così sotto il getto dell'acqua, con la sua fronte appoggiata nell'incavo del mio collo. Entrambi stanchi e senza fiato, ci lasciamo cullare dal suono della doccia.
Perchè credetemi tra di noi non c'e nulla di delicato.
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