Capitolo 25.

Cosa ho capito con il tempo?

Che non si dimentica, ma si va avanti.

Il vestito che Nora ha scelto non mi convince. Lo tolgo dall'armadio e lo osservo, dubbiosa.

Mi avvicino allo specchio e trattengo il respiro.

Non sono io.

L'immagine riflessa non mi appartiene. Sembra una maschera che evidenzia solo quello che non va: la pelle non abbastanza liscia, il corpo che non rientra mai nei miei standard, le curve che vorrei più armoniose, come quelle delle ragazze che sembrano sempre a loro agio. Inizio a elencare ogni difetto, come fosse un mantra.

Le lacrime arrivano rapide, come sempre, e il nodo in gola mi soffoca. Mi asciugo il viso con rabbia.

Basta. Ho promesso a Nora.

Decisa a combattere i miei demoni interiori, mi dirigo verso la scarpiera. Opto per un paio di sandali allacciati alla caviglia e una pochette nera elegante per completare l'outfit. Prendo il soprabito e le chiavi dalla cesta all'ingresso, mentre un misto di eccitazione e apprensione si fa strada nel mio stomaco.

Quando varco la maestosa porta argentata del locale, mi ritrovo catapultata in un mondo di splendore. La sala principale, con la sua imponente pista da ballo al centro, è un incanto per gli occhi. Pareti rivestite di specchi creano un effetto di ampiezza e luminosità, riflettendo ogni movimento e illuminando l'ambiente con una magia sfavillante. Il bar si estende ai due lati della sala, con un bancone che sembra essere fatto di puro vetro cristallino, scintillante come una gemma preziosa. Dalla parte opposta, una parete intera formata da una grande finestra si affaccia su un resede incantevole, circondato da una struttura a vetri che lo protegge dal rumore e crea un'oasi per i fumatori. L'atmosfera è avvolta da luci soffuse e un sottofondo musicale che avvolge l'aria con una melodia seducente.

Ai lati della pista, leggermente rialzati, si ergono i tavoli, divisi tra loro da pareti fatte di sbarre dorate finemente intrecciate, i tavoli offrono un senso di intimità e privacy senza mai sacrificare la visione della pista da ballo e la libertà di movimento.

Mentre vago con lo sguardo cercando di catturare ogni singolo elemento, un braccio scivola sulla mia spalla. Mi volto e mi ritrovo la faccia di Mattia ubriaco, con un sorriso stampato sulle labbra.

«Ragazzi, è arrivata! Ora siamo al completo!» urla a pochi centimetri dal mio orecchio, facendomi sobbalzare.

Nora mi corre incontro con passo svelto, il viso illuminato dalla soddisfazione di aver vinto la scommessa sul vestito.

«Andiamo. Il nostro tavolo è quello in fondo», mi dice con entusiasmo, afferrandomi per mano e trascinandomi con sé.

E poi lo vedo.

Tommaso.

Appoggiato al tavolo, un drink in mano. La camicia bianca aperta quel tanto che basta a svelare una linea sottile di pelle. Le maniche arrotolate con una noncuranza studiata. L'immagine perfetta di qualcuno che sa di essere osservato.

E che adora esserlo.

Il suo sguardo mi cattura subito, magnetico.

"Non guardarlo."

Ma è impossibile. C'è qualcosa in lui che mi sfida, che mi spinge a dimostrargli che non ha alcun potere su di me.

Tommaso solleva il bicchiere, come per un brindisi silenzioso.

Il suo sorriso è lento, provocatorio.

"Non dargli corda, Adele."

Appena raggiungiamo il tavolo, Lorenzo ha già sistemato una fila di shottini, con il loro vibrante assortimento di colori e fragranze.

«Bene ragazzi. Direi che possiamo dare inizio alla danza», annuncia con un sorriso complice.

Non sono solita bere in modo eccessivo, poiché l'alcool mi fa perdere il controllo.

«Honey, non mi sembra proprio che tu beva», mi colpisce la voce di Tommaso, le braccia incrociate e lo sguardo penetrante che mi fissa.

«E tu non mi sembri il tipo da fare commenti inutili.» La mia voce è calma, tagliente.

Lui solleva un sopracciglio, divertito. «Touché.»

Decisa a non fargli vedere le mie debolezze, prendo uno dei bicchierini dalla fila e lo alzo verso di lui con un sorriso sfidante.

«Speed, hai paura di non reggere il confronto?!» dico con tono provocatorio, bevendo tutto il contenuto di un fiato. Poi afferro un altro bicchierino e faccio la stessa cosa. La gola mi brucia da morire, ma non gli permetterò di vincere questa sfida.

Con gli sguardi increduli degli altri presenti, l'unica a dimostrare entusiasmo è Nora, che afferra due bicchierini e mi segue coraggiosamente.

Dopo altri tre giri, siamo al centro della pista, il corpo che si muove al ritmo della musica, ogni pensiero che si dissolve nell'ebbrezza. La stanza sembra pulsare di luci e suoni, avvolgendoci in un vortice elettrico.

Mattia e Lorenzo ci raggiungono, i loro drink in mano, pronti a condividere l'euforia della serata. Con un gesto deciso, afferro il bicchiere di Lorenzo e ne prendo un sorso, il liquore caldo che scorre lungo la gola come fuoco liquido.

Mi sento audace. Invincibile.

I miei occhi, però, tornano al tavolo.

Una ragazza si avvicina a Tommaso. Si muove con una grazia quasi ipnotica, il sorriso smagliante che sembra dire: Sono qui per te. Il suo corpo ondeggia lentamente, come se la stanza intera fosse una passerella solo per lei.

Tommaso, però, non guarda lei. Guarda me.

Il suo sguardo è una lama affilata che mi trafigge da lontano.

In risposta, inizio a ballare intorno a Lorenzo. Mi appoggio contro il suo petto, il calore del suo corpo che si mescola al mio. I nostri fianchi si muovono all'unisono, sfiorandosi appena. È un gioco pericoloso, ma necessario.

Vedo la sua mascella di Tommaso irrigidirsi. Il suo sguardo, prima divertito, ora è ombra e tensione.

Attraversa la pista con passo sicuro, come un predatore che ha individuato la sua preda.

«Vieni con me.»

La sua voce non è una richiesta. È un ordine.

«No, grazie.»

In un attimo, le sue mani sono sulla mia vita. Mi solleva come se fossi una piuma.

Le parole si perdono nella musica e nel frastuono del locale. Lui continua a camminare, ignorando le mie proteste, mentre la folla si apre davanti a noi.

Le luci stroboscopiche esplodono in lampi di rosso e blu, e per un momento tutto sembra capovolto.

«Aspetta, Speed... perché sono sottosopra?» dico ridendo, cercando di nascondere il battito accelerato del cuore.

Ho bevuto troppo. Ma io non perdo mai il controllo.

Finalmente raggiungiamo il tavolo, mi posiziona a terra ma la sua vicinanza è pericolosamente intensa.

Lo guardo negli occhi, chiedendogli con uno sguardo impaziente «Cosa vuoi?».

«Mi sembra di avertelo già detto una volta. Qualcosa di dannatamente stupido», risponde con un tono carico di desiderio e mistero. Con determinazione, posa le sue labbra sulle mie, il suo respiro caldo e il profumo avvolgono l'aria intorno a noi. Il bacio è tanto intenso quanto violento.

Sbatto le palpebre incredula, cercando di fare mente locale. È come se il tempo si fosse fermato, e siamo soli in questo momento carico di tensione.

«Mi stai facendo impazzire,» dico tra i denti, ma non so se mi riferisco a lui o a me stessa.

«Non è la prima volta che me lo dici,» risponde con un sorriso arrogante. «In effetti, mi piace quando sei arrabbiata.»

Le sue parole mi bruciano, ma non riesco a fermarmi. Mi guardo dentro e vedo solo una rabbia profonda, mista a qualcosa che non voglio ammettere. Cosa sta succedendo tra di noi?

Ci fissiamo, senza dire una parola, ma le nostre espressioni parlano per noi. Ed è in quel momento che i miei freni inibitori vanno a farsi benedire.

Spinta da una bramosia che non capisco nemmeno, lo spingo con forza sul divanetto. Mi siedo sopra di lui, il calore del suo corpo che penetra attraverso i vestiti. Le mie mani scorrono sul suo petto, esplorando ogni curva, ogni muscolo che mi fa sentire viva. Lui mi afferra il collo da dietro, un misto di dolcezza e forza, avvicinandomi con prepotenza alla sua bocca. Ci baciamo come se non ci fosse domani, come se fosse la fine del mondo. È un bacio che mi scuote, che mi prende tutta, rabbia ed eccitazione mescolati in un vortice senza fine.

«È sbagliato,» mormoro contro le sue labbra, il mio respiro che si fa corto, ma non posso fermarmi.

«Lo so.» La sua voce è bassa, le sue parole vibrano di un desiderio che mi trascina, ma mi fa anche paura.

«Ti odio,» dico, cercando di fare un passo indietro, ma le parole mi escono vuote. Non credo nemmeno a quello che dico.

Lui sorride, quell'espressione che mi fa impazzire. «Tranquilla. È reciproco.»

E poi mi bacia di nuovo, più profondo, più disperato, come se il nostro odio fosse il carburante che alimenta questo fuoco.

Muovo i fianchi sopra di lui, sentendo il calore della sua erezione contro di me. La sua mano risale lungo la mia coscia nuda, lasciando una scia di brividi sulla mia pelle, finché si ferma vicino alla mia intimità, come se volesse esplorare ogni centimetro di me. Delusa dal suo improvviso stop, afferro la sua mano, desiderosa di sentirlo più vicino, e la guido sotto il mio vestito, dove il suo tocco non fa che alimentare la mia voglia.

Se non fossimo circondati da altre persone, sono sicura che non avremmo esitato a spogliarci. L'atmosfera è carica di tensione sessuale, ma la consapevolezza della nostra situazione ci tiene a freno. La testa mi gira, e non solo a causa dell'effetto dell'alcool; lo voglio sentire, desidero esplorare ogni parte di lui.

All'improvviso, sento la risata di Nora dietro di noi, come un richiamo alla realtà che ci circonda. Mi allontano da lui, cercando di sistemare il mio vestito, mentre Tommaso incrocia le gambe per nascondere l'erezione che lo tradisce. Mattia che cerca di tenere in piedi Nora mi guarda, sento le guance andare a fuoco, ma poi aggiunge «Ragazzi credo che sia l'ora di andare. La mia dolce metà ha già dato fin troppo spettacolo».

Faccio per alzarmi, ma la stanza inizia a girare e perdo l'equilibrio. Prontamente, vengo afferrata da due braccia che mi circondano. Ancora sotto l'effetto dell'alcool, la mia mente è annebbiata e la realtà sembra sfocata. Nora ha iniziato a invitare gli altri ragazzi a dormire a casa mia. Confusa e incapace di oppormi, mi ritrovo con tutti loro a casa mia.

Nel salotto al piano di sopra, cerchiamo di improvvisare un'accampamento per la notte. Le luci soffuse e la confusione generale aumentano la sensazione di straniamento. Mi sento come se fossi in una bolla, distante dal mondo esterno. Le mie scarpe mi stanno uccidendo, così decido di andare in camera da letto per mettermi qualcosa di comodo.

Quando apro la porta, lo trovo lì che mi fissa. Ha lo sguardo del predatore che osserva la sua preda, il desiderio che brucia nei suoi occhi. In un attimo, mi solleva in collo e mi porta sul letto.

La sua presenza è oppressiva, il calore del suo corpo e il profumo del suo respiro mi avvolgono. Ma non c'è niente che io possa fare, sono come una farfalla intrappolata nella sua ragnatela.

E poi, tutto svanisce... Crollo in un sonno profondo.

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