·9· {31} L'incubo. Il primo.


Torno a casa e, dopo aver salutato i miei nonni, mi dirigo direttamente verso la mia camera. Oggi, non so come sia possibile, ma sono molto stanco. Vorrei non dover sprofondare in un sonno profondo, ma mi è letteralmente impossibile. Appena mi addormento, nella mia testa compaiono migliaia di immagini, Thomas, i miei nuovi compagni. Ma questo non è un sogno, è un incubo.

Mi ritrovo in una sala d'aspetto di un ospedale. Sto aspettando che Thomas esca fuori dalla sala TAC. Improvvisamente sento un suono acustico molto acuto e prolungato. Io, preoccupato, mi dirigo verso la sala TAC, ma gli infermieri mi chiudono la porta in faccia. Lo vedo. È steso sul lettino da TAC con un filo che gli esce dal naso. Cos'ha? Non respira. Gli infermieri gli si mettono intorno per rianimarlo. Vedo che la signora Dillon piange disperata. Cosa sa che io non so? Mi avvicino a lei chiedendole il motivo del suo pianto improvviso.

<<Sai, Nico, Thomas... ha i giorni contati. Potrebbe anche essere già morto.>> Piange di nuovo disperatamente. Thomas può morire? Sta per morire? Come è possibile?

<<Signora? Suo figlio è forte.>>

<<Guarda, Nico, che lui sa di avere i giorni contati. Lo sa che non vivrà a lungo.>>

Mi avvicino di nuovo alla finestrella della porta di sala TAC. Noto che gli infermieri gli stanno facendo il massaggio cardiaco. Io spero per il meglio. Lui sopravviverà. Ce la farà. Ce la deve fare. Io ne sono sicuro. Poi noto un affare con due magneti. Chiedo alla signora Dillon se sa di che strumento si tratti, lei risponde che sa che si chiama defibrillatore. Defibrillatore. A che serve?

<<Il cuore di Thomas è in arresto. In fibrillazione. Quindi ora devono defibrillare, ossia far ritornare a pulsare il suo cuore.>>

Ma allora è grave. Può sopravvivere a tutto questo?
Speriamo di si. Gli voglio tanto bene. E se dovessi perderlo non so come reagirei. Mi farebbe di sicuro malissimo. Malissimo.

Poi un infermiere esce dalla sala TAC. Ha gli occhi un po' tristi. Sono gli occhi più tristi che abbia mai visto. Più lo guardo, più capisco che sta per raccontare qualcosa che ci farà malissimo... <<Signora Dillon?>> La signora risponde con un'alzata di mano. Lo guarda preoccupata. Gl chiede come stia suo figlio. Lui risponde con un po' di difficoltà. <<Signora Dillon. Suo figlio è in coma. Se gli venisse un altro arresto, non ci sarà più niente da fare. Mi dispiace dirle queste cose, ma è il mio lavoro e devo farlo. Se volete vederlo, non dovete fare il minimo rumore. I medici si arrabbiano se si sentono dei rumori dalle stanze dei pazienti. Mi dispiace, signora Dillon.>> dice tutto in una volta e le afferra la mano per consolarla. <<Grazie>> risponde lei.

Io mi ritrovo a dover vedere la scena più straziante della mia vita. È davvero orribile. La mamma di Thomas appena entra nella sua camera, si lancia sul letto di Thomas. È brutto stare al capezzale di un ragazzino. Fa malissimo. Malissimo. Non vorrei essere qui.

<<Signora infermiera?>> chiamo la sua attenzione. <<Posso toccargli la mano?>> dico fra i singhiozzi. <<Per favore?>>

<<D'accordo, ma con delicatezza. Non vivrà molto a lungo. Non vorrei che morisse per la troppa forza.>>

Io gli prendo la mano e con delicatezza la stringo. Mi fa uno strano effetto. Me lo ricordo bene quando lo mettevo sulle spalle e come urlava di gioia. Non voglio che questo non succeda più. Voglio che Thomas sappia che io gli vorrò un mondo di bene, per sempre. La nostra amicizia non può finire. E non finirà. Se morisse io gli vorrei comunque bene.

La madre piange, disperatamente ma silenziosamente. Lo stesso faccio anch'io. Piango silenziosamente. La nostra amicizia non finirà mai. Neanche fra un milione di anni.

All'improvviso odo un rumore stridulo. Sembra un allarme. O mio Dio. Di nuovo. No, Thomas. Ti prego! Se non riprendesse a battere io non vivrei più dal dolore. <<Aiutoooooooooo>> grido. All'improvviso arrivano circa tre infermieri con due dottori. Aiutoooooooooo. Nooo... lui no. Almeno lui nooo.


<<Nooooooooo>> Mi sveglio. Se continuavo a dormire, mi da che non mi sarei più svegliato. Cavolo... faceva davvero paura il mio incubo. Spero che non sia ndata proprio del tutto così. Spero che abbia sofferto di meno. Non gli doveva succedere.

I nonni salgono in camera mia. Sembrano preoccupati. Ma che? Ma hanno visto un fantasma? Anche da piccolo facevo incubi, ma non erano mai così preoccupati. Thomas li ha cambiati e in meglio. <<Che succede, Nico?>>

<<Niente. Era solo un incubo. Ma è finito.>>

<<Sognavi lui, vero?>>

<<Si, nonnina. Era orribile. La signora Dillon piangeva. Thomas aveva un infarto. O mio Dio. Spero che non sia morto così. Sarebbe stato troppo tragico. Io, al contrario di lui, non sarei riuscito a sopportare per molti di più. Avrei preferito farla subito finita.>>

<<Oh! Nico! Non dire così. Lui ora ti guarda, da lassù.>> dice indicando il cielo.

<<Come la mamma?>>

<<Si. Come la mamma. Loro ti sono sempre accanto. Non spaventarti. Un incubo non è reale. Tutto ciò che si può toccare...>> dice iniziando a solleticare il collo <<...è reale. Fidati di nonna. Lei lo sa bene.>>

Domani c'è la partita di hockey di Julie. Andrò sicuramente a vederla. Gliel'ho promesso. E mantengo sempre le mie promesse. Spero che giochi bene. E che non sia distratta da me... Sapete? Io credo che lei sia innamorata di me. A meno che non sia io quello innamorato. Cerco qualcosa da indossare per una partita di hockey. Cosa si indossa qui? Poi non sapevo che in Olanda si giocasse a hockey. Forse una nuova moda di qui. D'altronde anche in altri paesi europei si gioca a hockey, perché in Olanda non dovrebbero? Ma poi, vorrei togliermi una curiosità. Ma ci sono anche le squadre maschili? Spero di no. Non vorrei mai fare il tifo per Huge. E lui sicuramente non lo farà per me. Quindi, perché io dovrei farlo?

Cerco un maglioncino sportivo, una felpa e dei jeans. Li trovo in fondo all'armadio. Meno male. Temevo di dover andare a comprare il necessario per una partita di hockey. Non ne avevo neanche voglia, quindi meno male che li ho trovati.

Prendo il cellulare e invio un messaggio a Julie.

"Ciao, Gatta... ti va di andare a fare un giro stasera? ~ STORPIO IL POTENTE"

La risposta mi arriva subito.

"Certo che mi va, STORPIO IL POTENTE. E domani se non ti fai vedere ti fai male. Haha... ~ Julie"

"Dove?"

"Non saprei. Andiamo dove ti ho organizzato la festa l'altro giorno?"

"D'accordo. ~ STORPIO IL POTENTE"

Mi vesto elegante, dato che quello è un posto dove si va vestiti eleganti. Indosso camicia bianca, giacca e pantaloni neri con scarpe nere. Elegantissimo. Un vero figurino.

Appena esco, mi ritrovo per strada da solo, quando sento il peso sulle spalle. È tornato, ma non ne capisco il motivo. Non l'ho chiamato io. Forse mi vuole dare consigli per non fare figuracce con Julie.

<<Eccola>> dice con la sua fievole vocina.

<<Ehi! Sei elegantissima. Che bello il tuo vestito.>> Ed è vero. Mette un po' troppo in evidenza le sue curve, ma non è eccessivamente stretto. Diciamo che è nella norma. Le sue scarpe con i tacchi, nere, la fanno sembrare molto più alta. Noto che oggi non porta trucchi o cosmetici di nessun tipo. Non ne ha bisogno. Perché li usasse io non lo so, ma se non li utilizzasse, non sembrerebbe una tipa facile. Anche se non lo è. Ovvio. Lei è una brava ragazza. Lo so per certo.

<<Anche tu, STORPIO IL POTENTE. Dove hai ereditato il tuo grande gusto nel vestirti?>>

<<Da mia mamma. Era una stilista. È lei che me l'ha disegnato e cucito questo completo.>>

<<Wow. Era bravissima, scommetto.>>

<<Si>>.

Lei mi chiede se vogliamo andare. Io la prendo sottobraccio e la porto nel locale. Oggi sembra allestito molto più raffinatamente dell'ultima volta che ci siamo venuti. È più elegante. Sento una musica di valzer che mi coinvolge. Ho una grandissima voglia di ballare con Julie. Le cingo i fianchi delicatamente e lei mi mette le mani intorno al collo. Inizialmente mi irrigidisco, ma poi, ricordando che è il ballo che si fa così, la lascio fare. Siaml entrambi coinvolti dalla delicatezza della musica. È così bella.

Cavolo... oggi Julie è più bella del solito. È sempre la stessa, ma i sembra diversa. Non saprei dire in cosa, questo è certo, ma mi da questa impressione. Il peso sulle mie spalle aumenta di nuovo. Thomas è qui vicino a me. Nella mia testa inizio a confabulare con lui.

<<Che cosa ci fai qui?>>

<<Sono certo che tu sia al sicuro>>.

<<D'accordo, ma non farmi fare figuracce con Julie.>>

<<D'accordo>>.

Mi rimane sulle spalle, ma ora è più tranquillo e mi lascia ballare in pace con Julie.

Alla fine della serata, la accompagno fino a casa. Poi sotto casa, Julie mi stampa un bacio fievole e leggero sulle labbra. Io arrossisco. Sembro un peperoncino extrapiccante. Accidenti la mia timidezza. Inizio a sorridere come un demente. Lei mi saluta con la mano e mi dice che ci vedremo domani a scuola e domani sera alla sua partita.

Non vedo l'ora che sia domani.

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