·6· Non sei tuo padre.
NICO'S POV
Stamattina, io e Thomas abbiamo deciso di riportare il portafogli a casa di... della regina di Avalor, come la chiama lui.
Sarà divertente.
Prima di tutto, nel portafoglio cerchiamo la residenza della donna.
<<Saint Peter Street>> legge Thomas.
Cerchiamo su una mappa questa strada e la troviamo. Si trova a circa un miglio da qui.
Abbastanza vicino.
Prendo Thomas sulle mie spalle e ci avviamo verso Saint Peter Street.
Non sembrava molto lontano visto sulla mappa, ma con Thomas sulle spalle è un po' complicato.
Perché anche se sembra leggero, pesa tanto perché porta sempre con sé il suo zainetto, anche se non c'è motivo.
Arriviamo a Saint Peter Street e vediamo un edificio tutto scrostato, con un intonaco di colore rosso.
Quanto sarà alto all'incirca?
Una sessantina di metri.
Ho fatto il calcolo.
Il primo della mia vita.
<<È questo?>> chiedo a Thomas.
<<Per forza.>>
<<Allora significa che la regina di Avalor deve aver cambiato architetto>> dico io ghignando.
Thomas ride.
Sono spiritoso secondo lui.
Anche se non lo sono mai stato.
Come potrei con il trauma che ho subito da piccolo?
Entriamo e alla reception c'è un uomo di circa quarant'anni, alto, robusto e muscoloso. Ha gli occhi marroni e i capelli biondi. Sembra aver lo stesso difetto di Fosco e Fosca, perché sembra non sorridere mai.
<<Stiamo cercando questa donna.>> Thomas gli mette davanti al naso la foto della donna.
<<Terzo piano, stanza 111>>
<<Grazie>>
Saliamo al terzo piano con l'ascensore, che però va molto piano.
È inquietante.
Sembra di essere in un luogo tenebroso.
Si sentono rumori strani che, o sono prodotti dall'ascensore o dalla gente nelle camere.
Ho il cuore in gola.
Perché ci stiamo mettendo tanto? Non era al terzo piano? Guardo sul contatore che indica che siamo ancora al secondo piano.
L'ansia continua a salire e non posso farci niente.
Dentro di me sto gridando dalla paura.
L'ascensore puzza di chiuso, come se non fosse stato mai pulito.
Finalmente il tic che indica che siamo arrivati mi salva.
Già mi sento meglio.
111.
111.
111.
Giriamo in lungo e in largo ma non riusciamo a trovarlo.
Poi ci ritroviamo vicino l'ascensore.
Come abbiamo fatto a non accorgercene prima?
111.
Ecco l'appartamento.
Thomas bussa alla porta.
Sentiamo che qualcuno toglie il cancelletto dalla porta.
Apre la porta una donna carina ma con gli occhi scavati, sembra abbia bevuto dieci bottiglie di birra. Se non anche di più. Ha un alito tramendo. Quello di chi ha bevuto molto ed è ubriaco.
È poco più alta di me, magra, indossa una vestaglia. Ha gli occhi azzurri chiari e i capelli color carota.
<<Ehi! Manny, vieni a vedere. È arrivato il circo in città>> dice ridendo.
<<Non siamo del circo>> dice Thomas. <<Siamo venuti a riportarle qualcosa che le appartiene.>> dicendo questo le porge la pochette (termine francese con cui si indicano le borse).
<<Non posso crederci>> dice. <<Me l'avevano rubato ieri dei ragazzi. Grazie>>. Ci dice tirandoci in casa.
L'appartamento è minuscolo. Una camera da letto nella quale si trovano anche i divani e un bagno.
Spero davvero che questi non vivano sempre qui.
Io non ce la farei.
<<Ma io ti conosco>> dice indicandomi.
<<No, mi starà sicuramente confondendo con qualcun altro.>>
<<Manny, vieni a vedere. Non è la sua copia sputata?>>
Lui mi scruta da capo a piedi.
<<Harry Kane.>> dice poi. <<Era tuo padre. Poverino, siamo stati in carcere insieme. Brav'uomo. E bell'uomo. Hai preso tutto di lui. Bravo. Spero anche il lavoro>>
Che lavoro faceva mio padre?
Giusto... l'assassino, il ladro, lo sborseggiatore. Non farò mai il suo lavoro.
<<Voglio ricompensarvi.>> dice cacciando dei soldi dalla pochette. <<Come ti chiami caro?>>
<<Nicolas Kane. Preferisco Nico.>>
<<Ma sai parlare? Ricordi quando finisti sul giornale in prima pagina. Non riuscivi a parlare. Come ti hanno chiamato? Il bimbo muto, se non sbaglio. Non una parola dicesti quel giorno. I giornalisti si erano anche preoccupati e...>>
Non la faccio dinire che mi prende la rabbia.
<<Nooooooo>> dico tirando la porta con una tale violenza da portare via anche un po' di muro, oltre che il cancelletto.
<<Aspettami Nico.>> mi chiama Thomas.
<<Stammi lontano. Da quando ti conosco ho sempre avuto dei problemi.>> gli dico sedendomi su una panchina.
Lui mi si avvicina. Si siede accanto a me.
<<Sai, mio padre era un mago. Almeno così mi ha detto la mamma. Non appena ha sentito la parola "malformazione" è evaporato. Non si è fatto più vedere. Ma io sono ben certo di una cosa. IO NON SONO MIO PADRE.>> dice.
Si allontana un attimo.
Prende una scodella in un ammasso di roba e mi ritorna vicino.
Passa il suo cappotto sulla scodella rendondola limpida.
<<Neanche tu sei tuo padre.>>
Non lo sono.
Lo so.
Me lo dicono anche i nonni.
Ma... come faccio a sapere che non sono come lui? Magari da grande diventerò un assassino, magari contro la mia volontà, ma lo diventerò.
Ce l'ho nel sangue.
Spero tanto che lui abbia ragione.
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