Chapter XVII - King

{Marill}

Non ebbi nemmeno il tempo di urlare il nome di Finn, o come diavolo si chiamasse adesso, che svenne a terra.

Un vaso si ruppe nella sua testa, provocando un rumore sordo e lieve.

Le urla mi morirono in gola e, la prima cosa che feci, fu correre verso di lui a braccia aperte.

Ebbi una paura tremenda. Era ovvio che fosse una trappola, dovevo saperlo benissimo.

Mi ero fatta fregare troppo facilmente.

Arrivai quasi a Finn ma, prontamente, venni presa dalle braccia. Due generali me le strinsero con forza, provocandomi dolori lancinanti.

Mi divincolai immediatamente, scalciando i piedi in aria «lasciatemi stare» urlai.

Cercai, invano, di evocare il mio elemento, ma non ci riuscì nemmeno per un secondo «ragazzina, ti conviene calmarti» abbaiò uno, ma non lo lasciai finire.

Evocai il fuoco, prima che me ne rendessi conto, e lo scagliai contro la prima guardia. Lui non ebbe nemmeno il tempo di proferire parola che fu incendiato e scaraventato a terra.

Non passò nemmeno un secondo che buttai una gomitata all'altro, girandomi di schiena e buttandogli un calcio all'altezza della mascella.

«Che trambusto oggi» mormorò qualcuno dietro di me, ma non ci feci molto caso e continuai ad imprecare, attaccando chiunque si stesse avvicinando.

La verità è che non sapevo nemmeno io perché lo stessi facendo, potevo benissimo restare buona e ferma; soprattutto perché mi trovavo al cospetto dei sovrani di Barlume.

Non che comunque dovessi cercare di contenermi, ma quando avevo visto Finn a terra, qualcosa in me era scattato.

Avevo paura. Avevo una paura tremenda.

Vederlo cadere a terra aveva riaperto in me vecchie ferite, che avevo nascosto e sepolto tanto tempo fa.

Mi ripresi nello stesso momento in cui sentì un gelo nelle ossa.

Abbassai lo sguardo terrorizzata, fissando, prima Finn steso a terra, e poi la mia gamba.

Era congelata, in tutto e per tutto. Dal mio piede stava iniziando ad emergere il ghiaccio, che pian piano mi stava consumando dentro.

Ebbi una paura tremenda e cercai di riscaldare il mio corpo, con scarsi risultati «odio il rumore, quanto meno, preferisco la calma e il dialogo. Non so se capisci cosa intendo» il ghiaccio arrivò fino alle ginocchia, paralizzandomi.

Fissai l'interlocutore e notai con schifezza che si trattasse proprio del Re di Barlume. Stavo arrivando a tal punto di schifare quell'uomo più di quanto non schifassi il genere umano in generale.

«Se odiasse davvero il rumore eviterebbe di ghiacciarmi e di spaccare vasi in testa, non so se capisce cosa intendo» sputai acida a mia volta.

Sua moglie stava seduta, come a godersi lo spettacolo, la fissai, come per incenerirla con lo sguardo e poi lo spostai sul sovrano di fronte a me.

Di tutta riposta lui alzò la mano; al tempo stesso, il ghiaccio salì fino alle cosce. Sentì il mio respiro mozzarsi e il fiato mancarmi, avevo freddo, troppo ghiaccio per il mio temperamento caldo «sei un maledetto Gelida» sputai acida, riferendomi poi verso la regina «hai dato a James dello schifoso, quando hai sposato un Gelida! Avete idea di che problemi ci sta causando la vostra tribù? Ha ucciso una mia compagna!» guardai Finn a terra e strinsi i pugni.

Mi sentì terribilmente impotente, non potevo andare da lui ad aiutarlo, non potevo sconfiggere nessuno da sola, ero inutile. Non sapevo nemmeno evocare l'ignesco, senza scottarmi e avere ustioni per giorni.

La cruenta verità, che mi doleva ammettere, era che ero inutile, non servivo a molto e avevo sempre e costante bisogno di essere protetta.

«Se fossi in te, cercherei di placare i toni, sapendo di viaggiare da giorni con uno come me» mi paralizzai, spostando lo sguardo dall'uomo di fronte al ragazzo per terra, «è impossibile, Finn è un Finigus» risposi, convinta, senza pensarci due volte.

No, era impossibile, avevo visto usare la magia di Finn una miriade di volte, non poteva assolutamente essere.

Prima che potessi dire qualcosa, il ghiaccio si spezzò ed io corsi immediatamente verso Finn; prendendogli la testa tra le mani e appoggiandolo sulle mie ginocchia.

Mi posizionai a terra e gli accarezzai la testa «andrà tutto bene, vedrai» gli sussurrai.

No, non volevo crederci, ma Finn mi aveva raccontato di come non riuscisse ad usare appieno i suoi poteri, il che era possibile.

I sovrani sospirarono «pregherei a tutti di uscire immediatamente, abbiamo delle cose da sbrigare qui dentro» tutti le guardie si dileguarono velocemente, chiudendosi il portone alle spalle e borbottando parole che non riuscì a decifrare.

La regina si alzò «potresti alzarti, cara?» cara? Mi chiamavano cara come se non fosse successo nulla e fossimo due sovrani che parlavano tranquillamente, magari davanti ad una tazza di tè.

Non se ne parlava proprio «non lascerò Finn nemmeno sotto tortura» il sovrano sorrise «il che significa che finirai nelle segrete con lui» guardai Finn e gli accarezza i nuovamente i capelli, mi piacevano tantissimo, erano lunghi e morbidi «e così sia.» Affermai, prima che i due coniugi si scambiassero uno sguardo eloquente e scoppiassero a ridere.

La regina si avvicinò a me, abbassandosi alla mia altezza e fissandomi con degli occhi azzurrissimi «oh cara, ci dispiace per il teatrino, ma siamo i sovrani. Cos'avrebbe pensato il popolo se due sconosciuti entrassero a palazzo, iniziando ad attaccarci e noi saremmo rimasti fermi e immobili? Non ci avrebbero presi sul serio, nonostante sia Stephan, mio figlio, e la sua ragazza, ho dovuto darvi un pò di filo da torcere. Purtroppo questo richiedeva anche metterlo a terra per un pò» arrossì violentemente, ma sorvolai sulla questione "fidanzata".

Nello stesso momento, lei fu affiancata immediatamente dal marito, che si sedette di fronte a me.

La situazione era così assurda che mi venne quasi da ridere, avevo un tic nervoso che non saprei spiegare, mi sembrava tutto surreale. Una fuggitiva che parlava con i sovrani di Barlume, con il suo compagno svenuto sopra le gambe, seduti a terra, come se niente fosse mentre prima si prendevano a scazzottate.

Il sovrano prese tra le mani la fronte di Finn e, chiudendo gli occhi, recitò delle parole che non compresi per nulla. Il mio primo istinto fu ritrarre Finn indietro, non mi fidavo appieno di quelle persone, ma non mi sembravano cattive.

All'improvviso Finn aprì gli occhi, come se non avesse preso un vaso in testa, e si alzò a sedere, facendomi barcollare «per favore, ti sei alzato da cinque secondi e già ne stai combinando di tutti i colori» gli dissi , rimettendomi dritta e seduta.

Finn sbatté le palpebre, guardando la situazione e il luogo in cui si trovasse, poi si rivolse a me, come se avesse capito tutto «non sono io che sto tranquillamente parlando con i nemici» urlò rabbioso, puntandomi il dito contro.

Non aveva capito niente, come sempre.

Mi alterai «non sono nostri nemici e sto cercando di capire cosa stia succedendo» lui strinse i pugni «perché pensi di sapere sempre tutto, non è così? Invece non sai mai niente, quindi ti pregherei di fare silenzio.»

Qualcosa dentro di me si spezzò e le parole mi morirono in gola, mi auto commiseravo da tantissimo tempo, ma detto da lui, fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Stavo quasi per mettermi a piangere e rispondere, ma fui preceduta dalla regina «Stephan ora è meglio se ci ascolti, senza fare storie» si alzò, insieme al marito, e noi facemmo lo stesso, evitando di fissarci, toccarci e mettendo una certa distanza di sicurezza tra di noi.

Non gli avrei parlato per giorni, per mesi e anche per anni se ne avessi avuto la scelta e possibilità «il mio nome è Lucy mentre mio marito è Harry, 19 anni fa avemmo un figlio, nacque il 12 Aprile del 1664 e lo chiamammo Stephan Stuart. Un anno dopo rimasi incinta nuovamente e nacque Mary, il 13 Giugno del 1666. Fu una disgrazia, vedete, mia figlia nacque di Venerdì 13 di un anno dedicato fortemente al diavolo. Essendo figlia di un Gelida e di un'Ignis, molti pensarono che fosse il frutto di un peccato. Voi sapete che sposarsi con un Gelida è proibito. Per questo ingaggiammo uno stregone che fece dimenticare a tutti del potere di Harry, all'infuori delle guardie del castello che, ahimè, passano tantissimo tempo con noi. Adesso lui viene considerato un'Ignis come me. Vedete, per nessuna ragione, qualcuno all'infuori del castello doveva saperlo. In ogni caso, voi crescevate così velocemente che vedervi era una gioia per gli occhi, ma voi eravate diversi» strinse la mano del marito e mi si strinse il cuore.

Finn, accanto a me, ascoltava tutto con i pugni chiusi, avrei voluto sostenerlo, ma mi aveva umiliata troppo senza alcun motivo «Mary era sempre stata una bambina allegra, le piacevano tantissimo le rose, regalava collanine di rose a chiunque e amava passare tempo in giardino. Stephan era sempre un prodigio, adorava la spada e, nonostante i continui richiami, preferiva la lotta allo studio. Entrambi fratelli erano legatissimi, non si mollavano nemmeno un secondo e facevano tutto insieme. Un giorno, però, tutto è cambiato. Sapevamo che un giorno il potere si sarebbe attivato, ma non pensavamo così presto. Sperammo con tutto il cuore che nessuno dei due avesse ereditato il potere di Harry, ma scoprimmo di peggio» Lucy iniziò a singhiozzare e a continuare fu Harry, che le cinse le spalle con le mani «cinquant'anni fa la mia tribù fu esiliata per essere entrata in possesso del Foínix e dell'Antígrafo: stiamo parlando rispettivamente della fiamma della fenice e del duplicato. La fiamma della fenice fu la protettrice di Ethal per migliaia di anni, fu sempre affianca dal duplicato, il duplicato comanda tutti i poteri di Ethal. In questo caso parliamo dal ghiaccio, fuoco, terra, acqua e aria, fino ad arrivare ai poteri minori come il legno. Secondo gli antichi Greci quattro erano gli elementi fondamentali di cui ogni cosa era costituita, secondo altri uno solo, secondo altri ancora cinque. Ma in realtà con le nuove creazioni ne sono molte di più. Il problema fu che chiunque ne entri in possesso, rompa automaticamente il processo di salvezza e puoi comandarlo a tuo piacimento, facendone qualsiasi cosa.»

Spostò lo sguardo verso Finn «Entrambi i guardiani non sono mai morti, hanno sempre protetto Ethal fon dagli albori. Nessuno poteva immaginarsi che qualcuno andasse a prendere il loro controllo attraverso il nucleo principale. Per questo non c'è mai stato il bisogno di far nascere discendenti.
I Gelida volevano comandare e diventarono invincibili. Si decise, da qual momento, di rendere Ethal un luogo sicuro grazie ad ogni anziano delle tribù, che, tramite la propria energia, creasse una barriera magica per i forestieri fuori dal regno. Fu incaricato un giovane in grado di uccidere i Foínix e l'Antígrafo. Riuscì effettivamente nel suo intento e divenne il vecchio saggio di Icegoat, adesso protettore di Ethal.»

Prese un respiro «quello che invece non notarono gli anziani, fu che, rompendo il nucleo, si attivò una linea temporale. Il vecchio mi aveva avvertito: finché il nucleo non sarà ritornato ad Iceagoat, ogni 31 anni il Foínix e l'Antígrafo si potrebbero reincarnare.» Sorrise amaro «Attualmente sappiamo che il nucleo è stato trasportato nel corpo di un ragazzo della tribù Gelida, ma non abbiamo idea di chi possa essere e il vecchio non vuole dircelo. In ogni caso, il processo dei 31 anni, come detto, non era sicuro, ma poteva pur sempre essere una possibilità. Se entrambi i guardiani si fossero reincarnati in altri corpi, prima o poi sarebbero dovuti ritornare al loro compito iniziale, ossia quello di proteggere Ethal.
Ma la gente non ne voleva più sapere. E, mentre la tribù del ghiaccio fu esiliata e i due protettori, che avevano sembianze umane, furono uccisi, gli anziani decisero di uccidere i prossimi discendenti. Reincarnandosi ogni 31 anni per noi era nettamente impossibile che voi ne faceste parte. Ma non fu così: Mary era sempre fuori controllo, faceva bruciare tutto come se non ci fosse nulla intorno a se, anche mentre dormiva era solita prendere addirittura fuoco. Stephan, invece, non riusciva a maneggiare nulla all'infuori del ghiaccio e della terra. Il fuoco lo scottava e l'aria lo stremava.
Poi un giorno Mary fece bruciare una locanda al centro della città e Stephan venne in suo soccorso, congelandola in modo da spegnere il fuoco. Fu uno scandalo, tutti si accorsero di loro e ne risultò quasi una rivolta. Volevamo portarvi dallo stregone di Icegoat, il vecchio saggio che avrebbe saputo come istruirvi. Sapete, non è mai stato d'accordo nell'uccidere i prossimi discendenti, lui avrebbe potuto accudirvi e proteggervi, ma non ci arrivammo mai.»

Lucy prese parola «la mia tribù, Huntress, venne velocemente a reclamare Mary, le cancellammo la memoria per paura che qualcuno potesse sapere la verità e finire per ucciderla. La chiamammo Queen e lei se ne andò con loro. Stephan ne fu distrutto, scappò di casa per cercarla e non ritornò mai più. Lo cercammo ovunque ma non lo trovammo mai, fu invece lo stregone a ritrovarlo, cambiandogli i ricordi, in modo che pensasse di essere un semplice orfano abbandonato» Finn strinse i pugni ed io sussultai al nome di Queen.

«L'idea iniziale fu quella di venirvi a prendere ma lo stregone non volle mai, assillandoci di quanto fosse importante farvi crescere come persone normali. Per Stephan avrebbe anche potuto funzionare, Damon lo aveva preso sotto la sua stretta cura e sorveglianza, l'aveva aiutato a padroneggiare l'arte dei Finigus perfettamente, molto meglio di com'era prima. Ma per Mary era diverso, Mary era stata portata nel nucleo del suo potere. La sua anima aveva riconosciuto Huntress, l'alimento base della fenice e giorno dopo giorno ne veniva consumata. Le sue emozioni ne avrebbero risentito, sarebbe esplosa da un momento all'altro» scoppiai prima di rendermene conto.

Feci un passo in avanti e urlai con tutto il fiato che avevo in corpo «allora perché invece di farla consumare, non siete venuti a riprendervela?» Loro si scambiarono uno sguardo, mentre Finn mi prese per un braccio e mi tirò indietro.

Mi divincolai velocemente e mi allontanai da lui «avremmo voluto, se Charlie Rice non ci avesse fermati» il mio cuore si spezzò in mille pezzi «lui aveva capito che Queen era speciale, aveva capito che era la fiamma della fenice. Non so cosa volesse farne di lei, ma sarebbe andato alla congrega degli anziani a riferire tutto» il mio stomaco si contorse e li guardai con uno sguardo duro.

Finn mi fissò a lungo «nonno Charlie non avrebbe mai fatto una cosa del genere, era l'unico al campo a credere in me e in Queen, non l'avrebbe mai tradita in questo modo» Harry mi fulminò con lo sguardo «non abbiamo motivo di mentire sui nostri figli» stavo per ribattere quando Finn si mise di fronte a me, ignorando completamente la mia esistenza.

Li guardò a lungo, quasi sul punto di piangere, ma non sarebbe stato da lui, Finn non era solito piangere.

«Siete davvero i miei genitori?» loro annuirono e sentì quasi il cuore di Finn scoppiargli nel petto. Andò in avanti e corse ad abbracciarli.

Mi sentì quasi di troppo ma non potei non disprezzarli più di prima, genitori di Finn o meno.

Quando si staccò, lui si girò verso di me «so riconoscere una bugia Marill e ti assicuro che loro sono tutto in questo momento, ma non stanno mentendo. E poi guardali, mi sembra di guardarmi allo specchio insieme a Queen» lo guardai sconcertata ma non volevo fare la maleducata.

Quel giorno capì che per quanto Finn potesse piacermi, eravamo troppo diversi.


Quando la riunione di famiglia terminò, i genitori di Finn ci pregarono di trovare Queen e riportarla qui. Ribadirono di come nonno Charlie sia andato a fare la spia, provocandomi un fastidio allo stomaco.

Il problema però fu un altro, le raccontammo di Katy e Damon e di come mancassero tre giorni all morte definitiva di Katy.

Harry e Lucy si erano allarmati e la loro richiesta fu di recarsi ad Icegoat per far riprendere a Finn e Queen la memoria, non prima di averla rintracciata. Il problema fu che non avevamo la più pallida idea di dove potesse essere.

Alla fine ci eravamo dileguati velocemente, promettendo che domani ci saremmo messi in viaggio. La regina era nuovamente scoppiata in lacrime.

Mi sembrò me nel periodo che odiavo più di tutti.

Seguì Finn fuori, ero ancora arrabbiata con lui per la sfuriata di prima.

Non avevo ancora capito perché si era comportato così male con me.

Non era da lui, di solito ero io che me ne uscivo con commenti e frasi poco carine nei suoi confronti, ma insomma, era lui che mi portava a farle.

Stavolta io non avevo fatto e detto proprio nulla, a parte metterlo nelle mie ginocchia. Che forse si sia arrabbiato per questo?

Ma al punto di sputarmi in faccia quanto io sia inutile, mi sembra un pò esagerato.

«Non posso credere che uno dei tuoi sia un traditore» mi fermai di scatto e lui si girò verso di me.

Quasi non gli sputai addosso quando si avvicinò a me. Eravamo in un enorme giardino fuori dal castello, che, a dirla tutta, mi stava soffocando.

Finn era diventato improvvisamente pensieroso, ma, se cercava di attaccare bottone con me in questo modo, si sbagliava di grosso «almeno Charlie non mi ha abbandonata» sputai acida, lui sorrise ironico, avvicinandosi di più verso di me e sovrastandomi con la sua altezza.

Ora che era così vicino potei notare quanto fosse arrabbiato, non lo avevo visto mai così nero «no, infatti ci hanno pensato i tuoi genitori a farlo» respirai affannosamente, cercando di trattenere le lacrime, prima di evocare il mio potere.

Appoggiai la mano sul suo petto prima che ne rendessi conto e lo lanciai in aria con tutta la forza che avevo.

Finn rotolò a mezz'aria e poi cadde a terra, la maglietta tutto bruciata e il petto scottato.

Mi precipitai velocemente da lui, con i sensi di colpa, anche se effettivamente non avrei dovuto averne; aveva insultato la mia famiglia, non considerando quanto per me sia un tasto dolente.

Mi inginocchiai accanto a lui, per la seconda volta nell'arco della giornata. Lui si massaggiò il petto e, come se non fosse successo nulla, la ferita si rimarginò.

Guardai il petto largo e tonico con la bocca spalancata.

Mi misi a sedere, allontanandomi da lui, che non si mosse. Fissava il cielo a braccia aperte, sdraiato sulla terra mentre io ero seduta rannicchiata «sai Marill, in realtà sospettavo da molto tempo di non essere normale» iniziò «mi capita molto spesso di non riuscire a padroneggiare il mio elemento e, molto spesso, esco illeso da allenamenti e battaglie. Dentro di me so che anche Damon si è sempre accorto che qualcosa non andasse, ma non me ne ha mai parlato apertamente.»

Si rimise seduto e poi si alzò in piedi, io rimasi seduta e scoppiai a piangere. Avevo accumulato troppe tensioni, problemi e paure.

Come non fossi crollata prima, non ne avevo idea.

Finn mi tese la mano che, molto bruscamente, cacciai indietro; non avevo voglia di parlargli, avevo bisogno di stare sola con i miei pensieri.

Mi sarei aspettata che se ne andasse, invece si inginocchiò di fronte a me e mi fece alzare la testa, prendendomi il viso tra le mani.

Era la prima volta che mi facevo toccare in questo modo da un ragazzo, non era mai capitato che qualcuno si avvicinasse verso il mio viso, nemmeno di un centimetro.

Ma con Finn era diverso, non seppi quando iniziai a provare quell'emozioni, ma io mi fidavo profondamente di lui, non avevo paura se provava ad avvicinarsi a me e non mi dava fastidio se era solito farlo.

Considerando che il primo giorno che lo vidi volevo incendiarlo, questi erano passi enormi verso il nostro rapporto.

Mi accarezzò lentamente il viso e scoppiai a piangere più forte, sotto le sue carezze mi sentivo piccola e indifesa. Non sapevo perché.

Queen era sempre stata la più sentimentale e facile alle lacrime del duo, io ero lo scudo, il muro del suo dolore.

Eppure con lui era diverso, faceva crollare tutti i muri e gli scudi che mi ero sempre formata, come se fossero pan di zenzero. E per quanto auto controllo avessi, con lui crollava sempre «non piangere Marill, mi sento uno schifo quando versi anche solo una lacrima.»

Forse erano le sue parole che mi ammaliavano spesso o la sua voce, in ogni caso, sapevo che potevo mostrare a Finn Marill, senza maschere, muri o scudi.

Appoggiò la fronte alla mia e sospirò forte mentre io buttai un singhiozzo enorme «senti, mi dispiace per oggi non so cosa mi sia preso, non volevo offenderti. E scusami anche prima per i tuoi genitori, so che non ti piace parlarne. Mi dispiace tantissimo perché sono così stressato e confuso che non ci sto capendo nulla» la sua fronte era stranamente fredda, il che mi fece pensare di avere la febbre, poi mi ricordai che il mio corpo era sempre caldo.

Sempre tenendo lo sguardo verso il mio e la fronte schiacciata alla mia, alzai lo sguardo verso di lui «essere stressati non ti dà il diritto di parlarmi in quel modo» risposi, cercando di staccarmi.

Ovviamente con scarsi risultati, considerando di aver Finn davanti che mi evitava completamente qualsiasi tipo di movimento «hai ragione, non posso dirti altro. Ma ho paura Marill, va bene? Non posso scegliere nulla, il mio destino è stato scritto, se non morirò per mano di Damon, morirò per mano dei guardiani o viceversa. O se dovessimo vincere, dovrò rintanarmi ad Icegoat col vecchio finché qualcuno non verrà ad uccidermi» scoppiai a piangere più forte, non mi stava aiutando per niente, anzi, mi sentivo più uno schifo.

Appoggiai la mia mano sulla sua, ancora nella mia guancia «Finn, troveremo una soluzione, te lo prometto» lui sorrise amaro e mi si spezzò il cuore in mille pezzi «Marill, le soluzioni sono semplici: o muori o sopravvivi nella solitudine» scossi la testa, continuando a piangere ininterrottamente, come un fiume in piena «non puoi lasciarmi anche tu» sussurrai tra i singhiozzi.

Poi, lui fece qualcosa di strano: mi sorrise e mi accarezzò la guancia, sporgendosi in avanti.

Sentì il mio respiro pesante mentre il mio cuore prese a battere all'impazzata.

Pochi secondi dopo sentì le labbra di Finn sulle mie. Mi baciò con insistenza, oserei dire, con amarezza.

Potevo fare la difficile moltissime volte, ma niente avrebbe eguagliato la realtà dei fatti; e, per quanto mi dolesse ammetterlo, ricambiai il bacio con altrettanta enfasi.

Certo, sembrai quasi impacciata, fu il mio primo bacio dopotutto, ma non me ne pentì affatto.

Sentì mille farfalle nello stomaco e quasi non sorrisi a quel contatto, forse era il momento che mi lasciassi andare e che mi fidassi ancora di più di lui.

Quando si staccò fu la cosa più tenera del mondo. Le labbra erano gonfie e le guance arrossate e mi sorrideva a trentadue denti.

Non potei far a meno di sorridere anch'io.

Non bisognava aggiungere altro.

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