2 agosto

Mentre addentavo con lentezza esasperante una merendina spagnola e l'odore di hashish già invadeva le narici, ripensavo alla sera prima, a quei minuti di fuoco dentro il bagno della discoteca. Ripensavo a me con la gonna alzata fin sulla pancia e le punte bionde che si muovevano tra le mie cosce riempiendomi di lampi di piacere mentre le tenevo strette tra le dita e cercavo in tutte le maniere di evitare mugolii troppo forti e ansimi troppo profondi.

Ripensavo al momento in cui mi aveva stretto le natiche nelle mani e aveva allungato la sua lingua frenetica appena sotto il mio clitoride, mentre le sue labbra succhiavano le mie piccole omologhe fino a una deflagrazione di piacere che mi aveva sbattuta con forza indietro di qualche anno alle prime sessioni di furibondo sesso orale che avevo inscenato in adolescenza, quando erano esplosi in me i desideri tipici di quell'età.

Ripensavo al suo ansimante sorriso mentre le mie ginocchia sembravano cedere e lui continuava a massaggiare vagina e perineo con indice e medio, inginocchiato come davanti all'altare di una madonna piangente. Le lacrime c'erano, ma provenivano da altri luoghi del corpo, decisamente più profani, e l'ilare esclamazione di complimenti che mi era arrivata dal bagno di fianco dopo un mio gemito particolarmente sostenuto aveva fatto sorridere anche me.

Ero già entrata nel magico mondo della Barcelona Prohibida? O forse, scrollandomi dalle spalle ulteriori inibizioni, avrei potuto scendere ancora qualche passo nel denso e oscuro liquido del desiderio?

Poi lui si era alzato, mi aveva guardato negli occhi con aria sorniona, facendomi balenare l'ipotesi di uno di quei passi appena vagheggiati.

«Tocca a te».

Ero ritornata in me, e tre paia di occhi mi fissavano, quelli di Cate erano inferociti.

«Che volete?».

«Tocca a te darmi la tua versione da traditrice. Spiegami perché mi hai fatto questo. Bella amica di merda che sei».

«Aspetta, fammi il riassunto, di cosa parliamo?» avevo chiesto.

«Ma sei scema Maty?! Mi hai convinta a scopare con uno e appena fuori dal locale il suo amico negro l'ha pigliato a botte che non lo riconosce nemmeno sua mamma!».

«Oh si, beh, mi sembravi la più adatta alla missione, possiedi meravigliose arti magiche per conquistare i tipi».

«Mi hai raggirata, mi hai tradita, mi hai costretta a guardare il mio acchiappo farsi spaccare le costole! Ma sei senza cuore!».

«Non mi dirai che ci tenevi veramente a fartelo?» avevo domandato, a mio parere legittimamente.

«Beh, fai te, stavamo andando ad approfondire! Siete senza cuore. Tutte!».

Tina aveva rubato il marker a Brenda e si era scritta nelle mani 6 e 0, pronta a mostrarle all'amica per provocarla, ma la proprietaria del pennarello le aveva intimato di evitare con un'occhiataccia.

«Dai, Cate, non te la prendere, era uno scherzo, e poi considera che è stato fatto per una giusta causa.» aveva provato a mediare Brenda. «Era per sdebitarsi con Taiwo».

«Ma andate a cagare voi e Taiwo!» e Cate si era accasciata a piangere coprendosi il viso con un gesto drammatico delle mani.

L'avevo immediatamente abbracciata chiedendole mille volte scusa, ma lei continuava a lamentarsi «Finirò la vacanza a bocca asciutta come te e Brenda se va avanti così!».

Il silenzio che era succeduto a quella sua affermazione era stato assolutamente inopportuno, me ne rendo conto, ma mi ero sentita un po' in imbarazzo per quello che avevo combinato la sera prima nei bagni della discoteca.

E immediatamente la Cate aveva alzato la testa, puntando su di me un paio di occhi da falco.

«Ti prego dimmi che non è successo».

Nonostante Tina fosse scappata in bagno, l'avevamo sentita comunque ridacchiare come una cretina, con l'asciugamano premuto sulla bocca. Brenda aveva continuato a sorseggiare caffè lungo aspettando che arrivasse la parte più divertente della nostra resa dei conti.

«Non proprio, nel senso che abbiamo fatto una, ehm... intensa sessione di sesso orale a vicenda».

«Cioè tu, al primo che intorti in Spagna glielo prendi in bocca? Sul serio, Maty?!».

Era sconvolta, avevo cercato di spiegare che prima avevo beneficiato di una abbondantissima dose di lingua maschile, ma lei era sprofondata nello sconforto.

«Ve lo giuro, non mi capacito del perché sono rimasta l'unica con Brenda al palo. Ve lo giuro! Vedete qualcosa di sbagliato in me?!».

«Ma non dire idiozie, Cate, su! Sei quella di sempre! Sarà un caso, può capitare qualche giornata storta» avevo provato a tirarle su il morale, ma non avevo sortito l'effetto desiderato.

Cate aveva guardato Brenda con apprensione aggiungendo «Se anche te scopi prima di me, giuro che mi faccio monaca».

E la Tina era tornata in bagno per sfogare una nuova sessione di risatine non proprio silenziose.

Più tardi, mentre prendevamo il sole sulla spiaggia, Brenda aveva sentito Mick e la Mory, preannunciando che saremmo arrivate lunedì, o al massimo martedì per evitare la ressa del weekend, come potevamo ben vedere dal casino che in città era ovunque in quella prima domenica di agosto.

La Mory aveva detto che non vedeva l'ora di vedere Brenda, che a quanto pareva, le era proprio in grande simpatia, le ricordava vagamente la sorella minore, mentre per il fratello c'era poco da fare, era un adolescente scemo, molto più di quello che era stata lei.

Dalla voce della Mory un paio di volte avevamo sentito alcune storie della sua adolescenza e su di lei ci si sarebbe potuto scrivere un paio di romanzi di Wattpad, anche se ci sarebbero volute scene hot supplementari per farle raggiungere il successo.

Dettagli.

La Mory era una tipa determinata, piuttosto vulcanica, a volte mi ricordava la Cate e la Tina per la voglia di provare e sperimentare, altre volte assomigliava Brenda per la capacità di fiutare i guai ed evitarli (o limitarli). Invece, per il rapporto non proprio perfetto con i genitori, mi ricordava me stessa.

Non vedevamo l'ora di vedere come si erano sistemati a Palma, ma nel frattempo volevamo finire i nostri giorni barcellonesi, senza fare troppi danni.

«Ciao Gek. Stiamo prendendo il sole in spiaggia».

«Nessuna avventura mirabolante per ora?».

«No, siamo scialle. Ieri però la Cate ha adescato uno spacciatore a cui poi hanno fatto un agguato. Però non credo sia morto».

«Sembra Gomorra».

«Eh, ma tipo. Però, dai, noi non abbiamo visto nulla, eravamo ancora dentro il locale. Voi dovete dire qualcosa a Gek?»

La Tina aveva ragguagliato il tutore con un «Gek sono a sei sere su sei. E pensa che ieri sono riuscita a far scopare anche la Maty. Per la Cate nulla da fare, invece. Stasera la missione è far scopare Brenda. Mi dai l'ok?»

«Ma certo, però se puoi evita quelli di colore, lei è alle prime armi».

«Non capisco perché ce l'hai con i neri, sono ragazzi dolcissimi. Ma il mio cuore è per te, non dimenticarlo!».

«Ah bene, quindi storie molto sentimentali».

Mi ero lanciata sul cellulare cercando di dare le mie giustificazioni.

«Gek, ma a me lui piace. E mamma mia se fa certe cose bene!».

«E non è un cane stavolta!» aveva aggiunto la Tina ridacchiando.

«Si, immagino che lo leggerà tutto il mondo su Wattpad tra pochi giorni. "Tratto da una storia vera"» aveva concluso Gek, ironico.

«Gek ma tu non ci credi!».

«Certo che vi credo!».

La Cate era molto silenziosa, mi ero appressata a lei dicendole che stavamo solo facendo le sceme, che sicuramente quella sera avrebbe trovato la sua avventura barcellonese, e magari l'avrei aiutata. Che come frase non aveva molto senso giacché da sempre erano le altre che mi davano aiutini con i ragazzi che mi interessavano. Ma un supporto morale non si nega a nessuna.

Tuttavia sembrava potersela cavare da sola: quella stessa sera aveva passato un tempo infinito in bagno a rimettersi a nuovo, e quando era uscita sembrava pronta per un film di Rocco Siffredi. Voleva sbaragliare la concorrenza, nella sua probabile ultima notte a Barcellona.

E così eravamo andate in questo locale che vi giuro manco ricordo il nome, o forse non lo voglio dire. L'idea scema era quella di mettere in atto il trucco Dua Lipa, ma onestamente sembrava più un gioco, uno scherzo, che una cosa studiata scientificamente. L'idea era che stessero lei e Cate qualche posto più indietro in fila e noi facessimo finta di riconoscerla, per correre da lei e farci mille selfie tutte elettrizzate, cercando di convincere qualcuno lì in giro.

Il colpo di genio della Tina fu convincere un piccolo gruppo di turisti di Manchester in maglietta e abbronzatura da mozzarella Santa Lucia, a venire dietro alla nostra pantomima.

Con quindici persone che le si accalcavano attorno per farsi selfie e autografi, la sicurezza si era subito avvicinata e la nostra capofila aveva spiegato che si, in effetti era Dua Lipa ed era da quelle parti ma non era sua intenzione disturbare la vigilanza. I buttafuori, ben felici di avere una futura star nel locale, si erano precipitati a portarla dentro per poi uscire a prendere anche noi, le più accanite fan.

E così ci avevano trovato un posto figo vista pista e il direttore del locale era venuto a farle la riverenza. Il fatto che la cantante non fosse ancora una star mondiale ci aveva dato un margine da giocarci. La Cate ci aveva abbandonato volando in pista a cercare qualche manzo che potesse toglierla dai problemi di cuore. O sarebbe più calzate dire dai problemi di vagina.

Era andato tutto benissimo finché il deejay non aveva chiamato la finta Dua Lipa in consolle, le aveva fatto mettere qualche disco e poi le aveva trovato un suo pezzo su soundcloud, chiedendole di cantarlo.

Io a quel punto mi sarei cagata addosso, ma Brenda era rimasta freddissima, disse che aveva bisogno di un paio di minuti per riscaldare la voce, e poi sarebbe stata disponibile anche a fare un piccolissimo concerto per i ragazzi che erano nel locale in quel momento.

Io sinceramente non ero molto attenta in quel momento, avevo mandato un paio di messaggi a Punte Bionde ma si era reso irreperibile, per cui, scocciatissima, mi ero confidata con Tina.

«Non starci male, Maty. Ti sei divertita?» aveva chiesto.

«Oh sì, decisamente».

«E allora sei a posto. Fuori uno, avanti un altro».

«Ma come fai a spogliare tutti i rapporti del sentimento?».

«Ti sbagli, anche io ho i miei sentimenti, ma semplicemente non gli permetto di bloccarmi la vita. E non c'è mica bisogno del grande amore per passare qualche sera a divertirsi» poi aveva lanciato un'occhiata alle mie spalle, aggiungendo, «per esempio, tu hai guardato un sacco il cellulare e poco in giro. C'è qualcuno che ti tiene gli occhi incollati addosso da parecchio».

Avevo seguito lo sguardo della mia amica e intercettato quello di un bel moro che mi fissava. Era un po' voluminoso di fisico rispetto al mio canone, ma in fondo eravamo in vacanza, l'occasione giusta per provare qualcosa di diverso senza starci troppo a pensare. Così, con un'occhiata complice gli avevo dato il giusto via per avvicinarsi a me e provarci.

Mia madre probabilmente sarebbe svenuta a pensarmi con due ragazzi diversi due sere consecutive, però non era stato affatto male. Non era stato niente male sentire le dita che mi percorrevano la schiena e i fianchi, non era stato male sentire un petto forte che mi si spingeva contro, non era stato nulla male sentire labbra insistenti e respiri irregolari che si mischiavano ai miei.

E non era stato male farlo pensando che tutto attorno c'era una grande calca e un grande ammassarsi di corpi, e noi ugualmente in grado di dedicarci l'un l'altra senza grossi intralci.

Mi era piaciuto, così come mi era piaciuto sentire la sua erezione contro la coscia, come una specie di strana spada di Damocle che solleticava le mie fantasie più torbide sul come e quando sarebbe caduta, e che "danni" avrebbe fatto.

Avevo iniziato a fantasticarci sopra quei danni, ritrovandomi a sperare che fossero tanti, grossi e indimenticabili.

Finché la Tina non mi aveva preso per un braccio, rompendo la mia bolla di eccitazione.

«Maty dobbiamo andare, hanno chiesto a Brenda di cantare, non è in grado. Ci becchiamo fuori»

L'avevo fulminata e con il labiale le avevo detto «Fammi finire».

Sì, volevo finire, volevo che quella spada mi trafiggesse. Così, dopo esserci lasciati andare a un bollente intermezzo nel bagno del locale, ero stata sconvolta dalle mani di lui che mi avevano trattata con forza e passione. Mi ero ritrovata seno contro il muro di piastrelle, senza poterlo toccare, in sua balia, mentre lui, senza troppo farsi pregare, aveva spinto una coscia tra le mie gambe costringendomi a divaricarle.

Improvvisamente avevo ritrovato il suo tocco. Aveva afferrato una mia mano, l'aveva baciata mentre ripiegava il braccio dietro la schiena, ed era andato alla ricerca dell'altra, per ricongiungerle poco sotto le scapole, entrambe trattenute per i polsi con una sola sua stretta. Spingeva il suo bacino, enormemente rigonfio al centro, contro il mio culo, mentre io quasi a fatica respiravo.

Mi aveva alzato la gonna, e io incapace di dire qualcosa di anche solo spagnoleggiante avevo urlato "prendimi ti prego" più o meno con lo stesso tono con cui Montserrat Caballé urlava "Barcelona" con i Queen. Lui aveva titubato un secondo, domandandosi se fosse un invito a smettere o a continuare. Poi mi ero girata ringhiando «Fuck me soon!» allungando la "o" per un tempo infinito, e lui era ripartito facendo scorrere le dita lungo il perizoma sfoggiato per l'occasione e ormai fin troppo umido, fino a spostarlo e a spingere dita voraci dentro di me.

Dopo aver scoperto e stimolato il clitoride fino a farmi quasi urlare contro lo specchio, era entrato senza indugio, giungendo in un attimo con la bocca al mio collo che aveva morso.

Si, morso, morso e morso e morso fino a che aveva vinto in lui la voglia di gemere e solo alla fine di tutto quello, dopo un orgasmo intenso seppur aiutato alla sua mano sul clitoride, mi ero resa conto che era senza preservativo.

Ma lui si era sfilato con maestria inondando le piastrelle del suo seme e ridendo. E lo avevo seguito rendendomi conto di quanto di poco avessi scampato il pericolo di piccole Maty in giro per casa di mia madre.

Era praticamente mattina quando ero rientrata all'appartamento, salvo poi trovarci Cate, accucciata sullo zerbino.

«Cate, che succede?» avevo chiesto.

«Boh, non c'è nessuno, meglio stare qui che su una panchina».

«Non hai chiamato nessuno?».

«Il mio cell ce l'aveva Brenda, volevo pochi impicci mentre, ehm...» aveva ridacchiato.

«Beh, per lo meno è andata bene».

E mentre ancora parlottavamo sull'uscio, era tornata la Tina con alcuni ragazzi del giro di Taiwo.

«Ditemi che Brenda è tornata».

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