1 agosto

Ci eravamo svegliate con l'odore del fumo e la voce della Cate che cercava di strapparci dalle braccia di Morfeo per portarci al mare. Era già in costume e continuava a sistemarsi lo slip perchè probabilmente se lo era infilato troppo tra le natiche e le dava fastidio.

«Dai che adesso voglio andare in spiaggia! Sveglia! Mamma mia. Sembra che non dormite da duemila anni!».

La Tina era uscita dal letto di Taiwo un po' indolenzita, ma tutto sommato soddisfatta. Poi si era sporta dicendo, perentoria «Voi fate come vi pare, fate i bagagli, andate al grand hotel. Io stasera dormo di nuovo qui».

Brenda, prima di dirsi d'accordo, aveva voluto sentire il parere del padrone di casa, spiegando che la nostra idea era di fermarci al massimo per altri tre giorni per poi migrare effettivamente a Palma, andare a trovare Mick e la Mory, e poi magari finire tutte ad Ibiza a farci un paio di giorni un po' sopra le righe.

Aveva detto "Sopra le righe", come se finora, a Barcellona fosse stata una gita all'Angelus per i pensionati della parrocchia.

Tina, per essere sicura che la risposta di Taiwo fosse quella giusta, si era seduta esattamente sul suo inguine, e lui non aveva perso tempo piazzandole il joint tra le labbra e una mano sulla maglietta all'altezza del seno.

A me piace scrivere racconti erotici, le altre mi sfottono ma poi li leggono. Sono materiale un po' scivoloso, metto una trama forte che dia senso alle scene esplicite, scelgo le parole per trasmettere la sensazione giusta. Il porno eccita per l'atto in sé e certi porno non mi sono nemmeno dispiaciuti, tutt'altro; ma l'erotico eccita perché ti ci immedesimi in quelle sensazioni e vorresti cadere anche tu in quella spirale di desiderio e complicità.

Complicità, che non denota per forza un sentimento di amore, ma può essere anche una comunanza di intenti, una affinità mentale che termina nello spazio del contesto in cui si svolge. Tina e Taiwo mi sembravano continuamente così, continuamente avvolti da una incredibile tensione erotica. Prendetemi per pervertita, ma quando lei aveva voltato la testa verso di lui e gli sguardi si erano impigliati l'uno nell'altro, nonostante la notte di fuoco di cui portavano ancora i segni sulla pelle, arrossata e in alcuni punti perfino graffiata, si era subito rinfocolata la passione. Le labbra si erano avvicinate con bramosia, fino a scattare per annullare l'ultimo tratto, con le lingue già quasi protese, in un attimo mischiatesi tra di loro.

Lui non aveva esitato a scendere sotto l'orlo della maglietta e alzarlo fino ad incontrare il reggiseno. Il capezzoli erano sgusciati fuori con un rapido movimento delle dita sull'elastico e l'indumento era rimasto inerte sopra la curva dei seni, mentre lui iniziava a torturare le areole, strappando a lei mugolii profondi, quasi obbligandola a contorcersi per il piacere.

«Maty? Ti sei incantata?» mi aveva riportato sulla terra la stessa Tina, già vestita con un costume color gilet d'emergenza e un abitino traforato che prendeva a schiaffi le fantasie maschili.

E così eravamo uscite di casa, e Brenda aveva chiamato Gek.

«Ciao, Best Tutor».

«Ciao, ci siete ancora tutte e quattro?».

«Si, avevi dei dubbi? Però abbiamo rischiato».

«Immagino, si è spiaggiato Godzilla?» aveva replicato lui, non trattenendo una risatina.

«No, però la Tina e la Cate sono state arrestate perché pensavano fossero prostitute».

«Eh no, questa me l'hai già raccontata. Non hai una gran fantasia».

«Ma è così! Le hanno arrestate perché si rincorrevano-»

«Alla Cate non va giù che io scopo e lei no» si era intromessa la Tina facendo il segno del 5-0 alla Cate.

«Si ok, fammi finire» aveva ripreso Brenda, «si rincorrevano dicendosi nomacci e gli agenti hanno pensato fossero prostitute che litigavano per la posizione, perché non sapevano dire dove alloggiavano e avevano preservativi in borsa».

«Stay Safe, eh?» aveva ridacchiato lui.

«Insomma non volevano mollarle così abbiamo chiamato Taiwo, il pusher nero, e lui in commissariato conosceva tutti e le hanno mollate».

«Gli amici farebbero di tutto per te».

«E poi quindi la sera siamo state in giro, ma tranquille dai, tranne che mi hanno scambiata per Dua Lipa».

«E chi è?».

«Gek, sei boomer».

«Pensavo scambiassero Tina per Valentina Nappi».

La Tina aveva sgranato gli occhi e si era attaccata al cell urlando «Gek da te non me l'aspettavo! La prendo come un'offesa! Io ti amo sul serio!».

Se dio vuole, la chiamata era finita e ce ne eravamo andate al mare mentre la nostra caposquadra prendeva su il suo albo da disegno, le sue penne e scendeva per la metro intimandoci di non fare cazzate in spiaggia, per lo meno finché non fosse tornata verso mezzo pomeriggio.

«Brenda è ben strana. Poi adesso con questa cosa della calligrafia, è ancora più strana» aveva detto la Cate che da sotto gli occhiali teneva controllato il viavai di maschietti.

«Brenda ci salva tutte. Santa Brenda» avevo replicato, pensando a quante volte ci aveva riportate a casa sane a salve e a quante volte ci aveva "consigliato" di non fare idiozie, come se avesse il radar.

«Quindi adesso che non c'è, Cate, non fare casini» l'aveva stuzzicata Tina.

E l'altra, quasi serafica, le aveva risposto con un dito medio.

Ma in realtà era veramente filato tutto liscio senza inghippi se non qualche tipo che si fermava a fare due chiacchiere per vedere di rimediare qualche appuntamento per il pomeriggio o la sera. L'idea era di...

«Andare a ballare. Stasera voglio andare a ballare!» aveva esclamato di punto in bianco la Cate.

Pacha, Shoko o Opium, l'idea era di stare dalle parti dell'affaccio al mare. Ne avevamo lungamente dibattuto con i ragazzi che, in base all'orientamento musicale e ai bisogni di sostanze stupefacenti, propendeva più per un locale che per l'altro.

Ma poi era arrivata Brenda.

«Mi congratulo, siete ancora tutte vive e intere».

«Ehi, Dua Lipa, stasera dove andiamo a ballare?» le avevo chiesto così a bruciapelo, ma poi mi era venuta un'idea geniale, «Girls, e se entrassimo gratis spacciandola veramente per Dua Lipa?».

«Che idea di merda» aveva risposto la diretta interessata.

«Dai, ma che ti frega! Al massimo se ci sgamano ci fanno pagare l'ingresso!» avevo insistito.

«Basta con le cazzate, ho già sentito Taiwo, ci fa entrare gratis al Ker» ci aveva bloccate la Tina sventolandoci il cell sotto il naso. Brenda aveva tirato un sospiro di sollievo.

Quando eravamo tornate all'appartamento, con un meraviglioso senso di leggerezza perché per la prima volta non avevamo bagagli e sapevamo dove avremmo dormito. Il padrone di casa ci aveva accolto tutto felice, parlando lungamente del posto dove ci avrebbe portato quella sera. La Cate si era stufata in fretta e come qualche giorno prima, era andata a docciarsi cantando qualche hit del momento che non ricordo.

E così Taiwo aveva chiesto a Brenda se poteva fargli un favore, una cosina piccola. Beh, dai, non proprio piccola.

Adescare uno.

«Sabes un poco de albanés?».

«Cinco palabras, tal vez» aveva risposto lei contandosi le dita di una mano.

Mentre ascoltavo, pensavo già a come l'avrei raccontato nel libro sulla vacanza: Taiwo necessitava di adescare uno, spacciatore concorrente di etnia albanese, condurlo fuori dal locale e riempirlo di legnate per chiarire un problemino che si era verificato in un luogo dove due gruppi avevano della frizione.

E chi meglio di una turista che, due giorni dopo, sarebbe ripartita per chissà dove?

Taiwo parlava con Brenda, che riteneva perfetta come adescatrice, glielo diceva spassionatamente, esaltandone la figura ornata di tutti i ghirigori che si faceva da sola con il marker, chiedendo lo sforzo come favore per aver liberato le altre due.

Ma la mia amica non mi sembrava molto per la quale.

«Se vuoi, lo faccio io!» si era proposta la Tina, ma in un momento di gelosia, Taiwo le aveva detto seccamente «No tú, gatita»

"Gatita", che poi avevo controllato essere "gattina" in italiano. Che tenero il cioccolatone. Così con tutto quello sprecarsi di sentimenti avevo detto la mia.

«Ma se lo facciamo fare alla Cate? Lo convince, lo porta fuori e Taiwo si arrangia».

«La Cate ha la fissa che deve scopare, non butta via una sera appresso a uno per poi vederlo pestato» aveva giustamente sottolineato la Tina.

«E chi ha detto che deve saperlo per forza? Lasciate fare a me».

Cate era sempre stata il fuoco sotto la cenere. Era in grado di apparire tranquilla, ma era un demone sboccato e provocatore, ben nascosto dentro un corpicino sottile, un viso tondo e una cascata di capelli castani leggermente mossi. Per lei non sarebbe stato difficile adescare un tipo. Il difficile era convincerla a portarlo fuori dal locale.

Ah il locale, che figata!

Beh, dai, non proprio. Il Ker era un buco, veramente.

Bisognava fare una decina di scalini in discesa per entrare, dopo almeno mezz'ora di coda.

Era molto piccolo e molto affollato per essere solamente un "club". Le luci rosse incastonate nel soffitto creavano un senso di calore. Il bar girava intorno a metà pista e dalla parte opposta la postazione del dj svettava sopra tutta la sala. Non c'erano grandi decorazioni, solo qualche colonna ricoperta di velluto rosso, come i divanetti e i tendaggi. Tutto quel rosso, mischiato all'alcol e al calore estremo causato dai corpi ammassati, dopo qualche ora faceva perdere l'orientamento.

Ci eravamo agghindate veramente da turiste pronte a tutto. Ovviamente la Tina e la Cate avevano scelto pressoché lo stesso outfit, gonne di jeans inguinali e top di pizzo trasparente lasciavano intravedere i reggiseni scelti appositamente in contrasto con il colore del pizzo, mentre io avevo comprato un completo gonna e top molto aderenti, in una tonalità di rosa shocking, che Brenda aveva portato nella sua valigia che tanto Gek non aveva controllato dicendo «So che se trovo cose strane tipo perizomi di pelle nera o frustini, sono cose di qualcun altra che devi trasportare in segreto».

Solo Brenda era la solita Brenda con un anonimo top nero con dei pantaloncini bianchi che da lontano sembravano quasi una divisa da basket. Lei e Tina, chi per un motivo chi per un altro, erano semplicemente a ballare. Ma la nostra caposquadra ci guardava da lontano per assicurarsi che non combinassimo casini. Un amico di Taiwo mi aveva informata in maniera esaustiva di chi fosse il tipo da intortare.

Così avevo portato la Cate a bere, e lei non aveva detto di no. Il fatto che Tina fosse impegnata con il nostro cane da guardia la faceva sentire libera di andare a caccia, per cui avevo la necessità di fare presto.

«Cate, stasera manzi a gogo».

«Sì, così puoi far finta di averli scopati per iscritto» mi aveva canzonato.

«Piantala. Guarda quello» avevo indicato il tipo che dovevamo intortare, «non so perchè ma mi fa sesso, con quello sguardo e quelle mani che si muovono velocissime sul cell. Cate, prova a immaginare quelle dita così veloci qua in mezzo».

Mi ero portata la mano dolcemente tra le cosce emettendo un sospiro.

«Cazzo ad averci la tua spigliatezza ci proverei» poi avevo calato l'asso di briscola, «che poi Taiwo stasera è qua e l'appartamento sarebbe completamente libero per scopare selvaggiamente fino a chissà che ora».

L'avevo presa per una manica.

«Cazzo Cate, ma non ti fa questo effetto? Sono io che sono suonata?» le avevo domandato, tra un ansimo e un altro, sembrava che il tizio mi fosse già addosso, insinuando le mani sotto il toppino fluo comprato apposta per la vacanza.

«Maty se vuoi gli giriamo attorno. A ben vedere, non è male» mi aveva risposto lei. E così ci eravamo avvicinate e lei, da brava amica, aveva attaccato bottone a nome mio, facendo le solite domandine, spiegando che eravamo turiste, in giro per divertimento.

Sentivo che stava per passarmi la palla, si era spostata per rendermi più facile lo scivolarle davanti per andare a conoscere il tizio, ma l'avevo preceduta sporgendomi verso il suo orecchio.

«Cate, ma tu sei magica» le avevo detto, con voce estasiata, «Ti sta guardando in brodo di giuggiole».

E poi, le avevo messo in mano il mio drink alcolico che lei, senza fare una piega, aveva scolato rapidamente. Poi con una voce molto mesta, avevo concluso «Hai proprio fatto colpo».

Lei si era girata un po' costernata.

«Maty, ma adesso tocca a te, ho solo spianato la strada! Devo ancora farmi perdonare il ceffone».

«Cate, scherzerai! Il ceffone me lo sono già dimenticato! E per il tipo, tranquilla, troverò un altro, ma ti giuro, ti sta guardando con occhi che ti mangiano. Non puoi lasciartelo scappare» poi l'avevo abbracciata e in ultimo le avevo messo in mano le chiavi dell'appartamento di Taiwo, «Potrebbero servirti, usale bene».

Lei aveva ridacchiato e mi aveva restituito l'abbraccio, poi si era rivolta al tizio, usando tutte le sue arti magiche. Nel giro di una ventina di minuti era appiccicata a una colonna a limonare, e poi ne avevo perso le tracce.

Per non pensare troppo a quello che stava succedendo a casa, ero tornata a ballare con le mie due amiche. C'era un ragazzo dalle punte bionde ma dai lineamenti che erano uno strano miscuglio indecifrabile. Al secondo drink avevo iniziato a ballargli un po' più vicino.

Finché la Tina mi aveva detto all'orecchio «Vado ad aprirti la strada, ma per aprirgli i pantaloni ti devi arrangiare. Io al massimo guardo».

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