Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" VI Aptvs Non (9/9)


Un grande fuoco avvampava nell'animo del giovane ragazzo. Gli Adeptvs Astartes erano sul campo di battaglia, al fianco delle anime dell'Astra Militarvm.

Giganteschi, invincibili e fulminei nei loro movimenti, dardeggiavano tra le carcasse dei veicoli distrutti, dispensando brevi e precise raffiche di morte agli eretici xenos. I tuoni dei loro fucili, i santissimi e santificati Requiem, risuonavano a mezz'aria come una proclamazione d'intenta ostilità da parte del Dio-Imperatore in persona.

Non sapeva di quale Capitolo dell'Index Astartes loro fossero, ma non era importante. Dal nulla ed all'improvviso, loro erano piovuti a terra con le capsule da sbarco.
Con gli Astartes al loro fianco non potevano perdere la battaglia! 

Era impossibile che succedesse, inaudito in tutta la Magna Historìa Imperialìs che conosceva e, ancora di più, illegale. Non ricordava quale legge l'avesse decretato, ma sapeva che una l'aveva fatto.

Di sicuro era ancora attiva.
Kyriako impuntò il calcio del Merovech contro la spalla. Attorno infuriavano gli scambi di sparatorie e le tempeste di luci che si sovrapponevano ed incrociavano tra loro. I vili aeldarìs erano in ritirata? Dovevano esserlo!

Erano vigliacchi e codardi di natura. Non avevano la spina dorsale per mantenere la posizione contro gli Astartes, era risaputo. Cercò un bersaglio in alto nel cielo, tra i cilindri di fumo nero e le lingue di fuoco. 

Sopra alla sua testa sfrecciò un assordante nugolo di calibri avto-propulsi, inframezzati in opposizione da una fitta nebbia di dardi tanto luminescenti da sembrare cristallini ai suoi occhi.

Proiettili di fucile-shuriken! I malvagi orecchio-puntuti non erano ancora scappati via?!
Si girò a fronteggiarne l'origine, trovandola in un guerriero-aspetto fasciato dalle mobili, flessuose placche di una solida panoplia blu. Accanto a lui, un guardiano ne stava trascinando un secondo al sicuro, incontro al relitto incendiato di una vettura.

Raggiunto dai calibri dei fucili Requiem, il guerriero-aspetto collassò contro il telone mimetico d'un avto-transportatores e il suono della sua morte fu quello d'un battito plastico ed osseo contro il metallo, singolo e strano nel bel mezzo della battaglia. 

Poi il suo corpo sussultò, esplodendo dall'interno una mezza dozzina di volte. Schizzi vermigli, pieni dei frammenti delle ossa sbriciolate, esplosero in tutte le direzioni. Distante e piegato sulle ginocchia, Kyriako sentì qualche stilla appiccicarsi sulla sua uniforme, umida e calda. Vischioso, il sangue degli aeldarìs puzzava di cristallo e decadenza.

Il guardiano soccorritore ebbe il tempo di alzare la testa e il proprio fucile; contro la prima esplose un dardo tinto di rubini. Il commilitone ferito, rimasto da solo, si rovesciò su di un fianco e alzò una raffica di soppressione all'indirizzo da cui erano giunti i dardi che avevano falciato i suoi compagni. Kyriako lo vide cercare a tentoni l'arma del compagno appena caduto
Aveva un bersaglio chiaro, adesso. 

Finalmente qualcosa di chiaro e nitido a cui sparare, vulnerabile ai colpi del suo las-fucile. Allineò l'occhio al pvnctator e tirò il grilletto, facendo fuoco. L'aeldarìs sussultò colpito, non una né due, ma tre e poi quattro volte al petto. Stramazzò sulla neve, folgorato dalla scarica. Gli occhio-visori rubini del suo elmo, vide il ragazzo cadetto-commissario, si spensero lentamente, scivolando in un buio modesto e inutile.

Attorno alle spoglie del nemico appena abbattuto, il sangue cominciò a spargersi, disegnando una polla rossa che sfumava a contatto con la neve.

«Quello era un buon colpo, ragazzo!», esclamò l'Ancient-phalastaph',avanzando da destra sui tre cadaveri alieni. Li continuava a puntare,mantenendo il suo las-fucile spianato. Realizzando d'averne abbattuto uno,Kyriako lo vide piazzare in ciascuno dei loro crani due bolt carmini, esplosi a bruciapelo e con controllate pressioni del grilletto.

Una lezione del suo maestro gli folgorò la testa, facendolo vergognare. Non se l'era ricordata subito e ciò gli rose il fegato, lasciandogli in gola un sapore amaro. Non si era mai, mai e poi mai, abbastanza sicuri finché il cranio del nemico non era un grumo di poltiglia disciolta.

In special modo con gli aeldarìs.
Nel momento in cui tornò attento al suo circondario, pronto a riprendere il suo servigio, notò un qualcosa che lo deluse. Le raffiche di fucileria, dopo quell'impennata d'attività che le aveva intensificate un momento prima, stavano ora degradando.

Ma... ma come? Il ragazzo scosse il capo, confuso dal modo in cui la violenza della battaglia andava scemando. Di secondo in secondo, era più rarefatta. Sussultava ancora quando udiva i tuoni delle potenti armi Requiem imbracciate dagli Adeptvs Astartes, ma la paura e l'agitazione duravano pochi istanti e poi si scioglievano come la neve vicino ai mezzi incendiati.

Svanivano davvero molto, molto presto, quasi accompagnando gli echi deglistessi spari nel percorrere la piana gelata attorno allo srotolarsidell'avtoviae-bahn.
Era finita?
«Alt!» sentì gridare dall'ufficiale elysiana. La sua voce, arrochita dall'elmetto integrale, non era molto lontana da dove si trovava lui. «Alt! Cessate il fuoco! Cessate il fuoco!»
Sì. Era finita.
Kyriako abbassò il Merovech, puntandolo contro la neve. Insozzata dall'olio-motor, dal sangue e dai frammenti, sembrava ora una fanghiglia composita piuttosto che il manto bianco screziato di ghiaccio di prima.

Senza capirne la cagione, si sentì colpito da quello stato.

Un piccolo pensiero, innocente e quasi sospirato, gli grattò contro le tempie,chiedendo d'essere espresso. Gli era piaciuto uccidere gli aeldarìs, ammise a se stesso. Erano nemici, mostri crudeli e arroganti discesi su quel mondo e su altri, tanti altri, per rubarli all'Umanità.
Ladri.

Cercò lord 'Talisseòn e Carmenactìs, strizzando gli occhi per proteggerli dal fumo che continuava a salire verso il cielo. Grandi squarci nel manto nuvoloso tradivano dove gli scambi d'artiglieria tra le grandi navi da battaglia avevano avuto luogo. Eco rimanenti della paura, dell'attrazione e della sorpresa che aveva provato alla vista del loro scontro risalirono lungo la spina dorsale del ragazzo, facendogli prudere una nuca madida di sudori freddi e capelli appiccicati.

Era davvero finita? Davvero?

«Ricaricate le armi!» Il comando dell'ufficiale elysiana lo scosse, portandolo ad ubbidire. Rimasto fermo dopo tanta azione, Kyriako scoprì che le sue dita erano di nuovo intorpidite dallo scorrere cadente della neve.

Tra i fiocchi,numerose schegge di ghiaccio frusciavano incontro al suolo, crepitando quando incontravano le fiamme e le serpentine di fumo. Tossita una raucedine scoperta in gola, il ragazzo lasciò il corridoio fatto dai mezzi rovinati e riprese a guardarsi intorno, alla ricerca del suo maestro e dell'amico. Prima di loro vide l'Astartes che l'aveva salvato.

Kyriako abbassò ancora di più il suo las-fucile. Chiuse e riaprì gli occhi,confuso dallo scenario che si era aperto davanti ai suoi occhi.
Era strano.

Assurdo, strano e impossibile.

Il gigante schiacciava un piede corazzato di ceramite contro il petto di quel guerriero aeldarìs che all'inizio dell'assalto era sfrecciato in sella alla suaj et-moto mezzo agli avto-transporatores. Inchiodandolo contro la neve alla stregua di un rad-scarafaggio girato sul dorso, lo chiudeva sotto la sua osservazione.

«Stai attento, ragazzo!» Esclamò lord 'Talisseòn, claudicandogli incontro. La sua pistola requiem, proprio come quella dell' Astartes con gli artigli elettrici agganciati ai guanti, sollevava verso il cielo un filo di fumo grigiastro,caldo già alla sola vista.
Capì all'istante il motivo di quell'avvertimento. Il guerriero eldar era ancora vivo. Per quanto lo sarebbe stato, però, Kyriako non lo sapeva. In cuor suo,sperava da pochi secondi a meno di mezzo istante «Quello xenos è ancora vivo!»
Avvinghiò una mano all'astina del suo las-fucile. Se lo xenos orecchio-puntuto avesse provato a fare anche solo una mossa, ponderò il cadetto-commissario lambendo il grilletto con l'indice, gli sarebbe servito solo un colpetto del dito per folgorarlo a terra.
Lo vide togliersi l'elmo crestato e gettarlo via.

Rotolando contro la neve sporca, il cimiero sparse grani semi-liquidi di fanghiglia e sangue. La cresta s'insozzò, appiccandosi alla polla nella quale il ruzzolio cessò con un basso,schifoso schiaffeggio.

Era una femmina. 

«Altri di noi verranno qui, mon'keigh!» Sputò, abbrancando lo stivale che la schiacciava contro il terreno. Si sforzò sui gomiti per rimuoverlo, ma l'Astartes non si smosse nemmeno d'un decimo di millimetro. «Altri verranno, mi senti?! Questo mondo sarà nostro di nuovo!»
Di nuovo?

La voce dell' Adeptvs Astartes gli fece tremare le ossa, riverberandogli addosso come uno schiaffo duro e ruvido, armato d'acciaio e cotta d'anelli di maglia. «Avete perduto questo pianeta ancora prima che ne principiaste l'invasione, xenos. Lo avrete solo nella dimensione in cui le vostre ossa occuperanno una fossa comune.»

La guerriera aeldarìs sbatté un pugno contro la neve. I suoi occhi stretti erano azzurri, stracolmi d'una ostilità bruta e cieca che punse l'animo di Kyriako. «Parassiti. Avremmo dovuto sterminare la vostra razza malata quarantamila anni fa!»
«Sì», ne convenne il gigante in armatura potenziata. Era d'accordo con lei?! Con una fetida aliena?! Com'era possibile? Quella era... era eresia!
Da un Astartes, poi!

«Avreste dovuto farlo. Ora è tardi.»

«Ci riprenderemo il nostro posto nella galassia, gene-balocco. Ulthran vi insegnerà l'umiltà, vedrete! Vi abbasserà al rango che vi spetta, di scarafaggi invasori e sporchi alieni!»
Un sospiro pesantissimo abbandonò la griglia respiratoria dell'elmetto dell' Astartes, salendo verso il cielo in una voluta grigiastra. «Hai solo che descritto la tua specie, aliena.»
«No! Noi siamo la razza dominante!» La vide ridere delle sue stesse parole,schiumando uno svirgolo di sangue dalle labbra bianchissime. Senza l'elmetto, il suo aspetto stordiva gli occhi di Kyriako. Era pallida, prossima ad essere traslucida, con occhi che sembravano umani, sagomati come mandorle. I dettagli del viso, la forma delle labbra, la fronte...
Sembrava un'umana.

«Lo eravate» puntualizzò il Marine schiacciando più a fondo con il piede.Schioccando nell'aria a più riprese, un tamburellare d'ossa spezzate riempì la radura improvvisata dai veicoli incendiati. « Il vostro tempo è finito dodici millenni fa.»

Sogghignando, lei chiuse gli occhi. «Come il tuo, Astartes. Proprio come il tuo.» Le sue parole rimbombavano quiete, avvolte da una doppia eco che le precedeva e le seguiva. Parlava un Alto Gotico perfetto, senza traccia d'inflessioni straniere.
«Il Veggente-Cadavere che vi è tanto caro lo sa.»
«Non spetta a te discutere dei voleri dell'Imperatore.»
«Lui vi trova disgustosi. Una colata di cenciose larve urlanti, agitate e nevrotiche. Ciechi macellai in corsa verso la rovina, forti solo del numero. Dannerete l'intera galassia senza accorgervene e verrete da noi, ma sarà troppo tardi! Quando Ulthran vi schianterà in terra, ci cureremo affinché il vostro numero non cresca mai più! Mai più!»
L'Astartes strinse l'impugnatura della pistola Requiem.
«Non saremo pietosi come fummo la prima volta, "Marine". Smantelleremo la vostra corrotta civiltà e faremo crescere prati e boschi con il vostro sangue impuro.»

«Prima dovete vincere» scandì lui. La pistola Requiem tuonò due enormi sconquassi, scagliando il cranio frantumato dell'aliena in ogni direzione. Il gigante abbassò il braccio, disegnando una curva linea di fumo a mezz'aria. Si voltò, schiantando gorgogli temporaleschi addosso al suolo ghiacciato, a guardare lo scenario che aveva confuso la vista di Kyriako.

Uno dei suoi confratelli, sapeva che gli Astartes chiamavano in quel modo i loro commilitoni, era caduceo, rovesciato sulla neve e sul ghiaccio, crepato sotto di lui. Gli mancava un pezzo della testa, sostituito da una palude di ceramite fusa e carne che ribolliva.
Un braccio era mutilo sopra al gomito e un grande foro, fumoso e dall'odore così cattivo da martellare le narici di Kyriako con uno schiaffo olfattivo bruciante, gli si spalancava al centro del torace, al centro d'un circolo di ceramite fusa.

Accanto a quell'impossibilità, un terzo Astartes dalla panoplia bianca imbracciava, chino in ginocchio, uno strumento armato di punte e pinze.

«In Nostra Manvs» recitò la voce del gigante inginocchiato. «Progenies Futura. Non preoccuparti più di nulla, Confratello. La tua eredità farà ritorno al Capitolo. Deliverance Ad Adanei Liberatores!»
«Sarebbe cortese se vi allontanaste» commentò l'uccisore della aeldarìs. La sua voce tremò a mezz'aria, facendogli vibrare la cassa toracica. «A breve torneremo da voi per aggiornare la vostra situazione tattica e disporre nuovi ordini.»
Kyriako aggrottò la fronte e sollevò le palpebre, ancora più confuso. Che gli Astartes assumessero il comando non era qualcosa di strano o inaccettabile,anzi. Era un dato concesso, un qualcosa di pattuito e giusto qualsiasi caso lo prevedesse.
Era altro a confonderlo, ad impaurirlo.
C'era un Astartes morente sulla neve. Uno Space Marine ferito gravemente. Quale orribile stregoneria l'aveva ingannato e reso vulnerabile? Com'era possibile che fosse in quelle condizioni? Era senza senso, un'assurdità che non aveva motivo d'esistere.

Gli Astartes non potevano morire! Erano gli Angeli della Morte, per l'Imperatore-Dio! Non era ammissibile, né naturale, né...

«Ne siete sicuro, m'lord?»
«Vi chiediamo un momento per l'estrazione del Seme Genetico. Non è molto.Potete darcelo?»
«Sì, m'lord» intervenne l'elysiana. «Prendete il tempo che vi serve.»
Kyriako scosse la testa, arretrando alle spalle del suo maestro.
Non era giusto.
Ogni gusto della vittoria, tutte le stille d'eccitazione che aveva provato quando al suo orecchio era giunta voce della ritirata degli aeldarìs, era svanito.

Un eroe del Genere Umano giaceva a terra, immenso eppure non diverso dagli altri caduti per colpa dell'imboscata.

Non sarebbe mai riuscito a dimenticarlo.    


https://youtu.be/NY3gY48pxjA

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