Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" VI Aptvs Non (6/9)
Due sospiri supersonici gli risposero rombando. Attraversavano l'intermontuan-urbana in lungo, sibilando tra i veicoli come delle schegge.
Luccicavano bieche in mezzo alle fiamme, scintillando umide quando erano colpite dai cianotici fiocchi del nevischio.
Sfumature celeri e sfocate, lanciate in mezzo ad un copioso brillare di fiori esplosivi. Vedendole da lontano, gli sembravano cuspidi rosse e nere, propulse e mantenute in volo da una perversa tecno-stregoneria aliena che spazzava via la neve.
Gli stessi colori, pensò, di quella che pochi attimi prima s'era fermata davanti a lui.
Subito dopo avere dardeggiato a sinistra con una virata brusca, lontano dalla sua compagna che incrociava al centro della via, una jet-moto s'impennò, crescendo in accelerata. Strizzati gli occhi, il cadetto-commissario resistette all'impulso di prendere la mira e spararle addosso.
Provarci sarebbe stato del tutto inutile.
Il veicolo alieno ruggì un momento dopo, rovesciando un riverbero tintinnante addosso alla tarmacasphalta della strada.
Saltò in avanti apparendo ai suoi occhi leggera, come se del tutto senza peso, priva di massa, spoglia d'una sostanza capace di pesarle addosso. Due dardi di luce nacquero dai cannoncini montati sotto la prua della cuspide, irrompendo contro l'abitacolo di guida e frantumandolo prima d'innescare un piccolo incendio.
Curvò la propria traiettoria a mezz'aria, trovando come aggancio per mantenersi in volo il fianco di quello stesso, voluminoso avto-transportatores in marcia che aveva appena bersagliato.
La jet-moto divenne più lenta, decelerando fino ad una crociera che era comunque a dir poco sfuggente e veloce, sì, ma distintamente visibile in mezzo al progredire dell'imboscata, agli spari laser e shuriken che si scavalcavano sfrecciando da un ramo all'altro della strada.
Il guerriero aeldarìs in sella roteò la lunga e ricurva dire-spada in segno di spregio, poi la scoccò da una mano all'altra senza mancare la presa, quasi quella battaglia, la strage in corso, fosse tutta una sciocchezza per lui. Brandendo la dire-spada con uno scatto del polso tanto liscio da apparirgli innaturale, sciabordò un fendente al fianco del mezzo ruotato.
Vi entrò di netto, portando oltre tre quarti della spada oltre la difesa offerta dal cassone di carico, senza perdere l'arto per via d'un contraccolpo cinetico che non insorse.
Metallo e telone blindato gemettero, squarciati come veli di carta pesta.
Dal varco inferiore colò a terra un gocciolio sanguigno, caldo e sfumante sulla neve. Tre teste, recise di netto alla base del collo e ancora sconvolte dal dolore, rotolarono giù dal fondo.
Kyriako le perse di vista.
In un momento...
Spostatasi con un vettoriale colpo di reni, la jet-moto ritornò in strada con una rotazione. Il cannone-shuriken di poppa s'innescò con un brivido di fulmini eburnei e, senza gesti e manomissioni da parte del conducente, si orientò per sparare contro il sedici ruote: brillando bianca ed azzurrina, la sua raffica di dardi taglienti si conficcò sul bersaglio, germogliandovi una catena di scoppi progressivi.
Strappato da metà dei suoi agganci allo scafo dell'avto-transportatores, il telone di copertura emise un gemito duro quanto un fulmine e poi si rovesciò sull'altro fianco. Infuocato, prese a dibattersi spandendo schiocchi bruti.
Senza controllo o conducenti, il veicolo ruotato procedette per venti metri prima di travolgere la poppa d'un mezzo logistico trikeliano: l'urto lanciò uno stridio lacerante, unendolo ad uno sprizzar di scintille disperse a stille di pioggia sulla tarmacasphalta dell'intermontuana.
Il mezzo logistico, spinto fuoristrada dall'impeto dell'avtotransportatores, si rovesciò nella neve.
L'altra jet-moto schivò un venator del 318esimo, imbardando una mezza piroetta. Fu sibilante nel nevischio e fulminea in mezzo allo stormire delle ceneri. Senza perdere la propria marcia in avanti, che anzi continuò imperterrita portandola in mezzo ad una colonna d'appiedati milites-astra, il veicolo alieno rivolse il cannone alla galvanikeo-jeep appena scansata.
E poi brillò, aprendo il fuoco.
Nell'arco d'una brevissima frazione di secondo, il venator esplose.
Si ritrovò al centro d'una palla di fuoco e di lampi elettrici, dalla quale uscì piroettando in testacoda. Si schiantò contro sei persone saltate giù dall'avto-transportatores, sopravvissute al fendente dell'altro Aeldarìs soltanto per...
Soltanto per...
Soltanto per, rifletté il cadetto-commissario sentendo la rabbia fargli stringere i denti, finire spappolate in quel modo, vittime dall'innata viltà degli orecchi puntuti.
Quasi in quello stesso momento, il cannone-shuriken si ri-orientò sulla colonna dei fanti. Erano milites astra trikeliani, con le insegne della Ventottesima Legione e la Medusa di Alta Opera sugli spallacci delle loriche anti-schegge.
Gli avrebbe detti una trentina, ma forse erano di più. Un plotone da cinquanta anime, magari, rimasto senza trasporti oppure parte d'un reggimento che marciava dove serviva.
Un pugno dei superstiti al suo passaggio, quindici o più, spianarono i loro compatti las-fucili Trikelia Pheros Pattern; l'aria s'incendiò, colorata di rosso dalle scie dei dardi esplosi in semi-automatico.
Una parte dei loro compagni, ad occhio una hastata intera, cominciò a sparpagliarsi a vantaggio per portare rinforzo a chi già dispensava spari.
Scartando da destra a sinistra, in preda ad una pazzia frenetica, l'arma aliena esplose un torrente di bagliori, anticipando la manovra dispersiva e falciandole le gambe prima che il suo secondo passo potesse anche solo principiare a compiersi.
Davanti ai suoi occhi, Kyriako vide una dozzina tra uomini e donne esplodere in grumi di carni disfatte ed ossa spappolate. Un simile numero stramazzò contorta, i milites colpiti ridotti a garbugli di membra dilaniati e toraci trasformati in fontane d'icore rosse.
Una spazzata, riducendo la velocità di crociera, trascinò la jet-moto a costeggiare un blindato chimera segnato da una medusa sullo scafo. Accelerò un momento dopo, decollando a mezz'aria nell'attimo in cui il carrarmato scoppiò dall'interno, sparpagliando schegge e fiammate.
Eccole...
Appesantito dal suo maestro, Kyriako sentiva le proprie spalle bruciare dallo sforzo. La medicae se la stava cavando meglio, ma lei era più alta e più forte. Muràdht si portò oltre il commissario e chi lo sosteneva, il las-fucile Merovech Pattern spianato e bloccato contro la spalla. Kalcædon, Tyrya, Varra e Carmenactìs seguirono il phalastaph, le armi pronte a sparare.
«Dobbiamo dare l'allarme e chiamare i rinforzi», disse il lord commissario, liberandosi della presa per reggersi da solo in piedi, incurante del sangue che perdeva dalla fronte. «Ci serve il vox!»
Sehr Muràdht esplose una breve raffica sul lontano hornecht. C'erano delle figure, verdi e snelle, con alti cimieri crestati, che avanzavano in mezzo alla tempesta. Rispondevano al fuoco con una pressante pioggia di dardi shuriken.
«L'operatrix è morta, signore!»
«Ci arrangeremo» Replicò l'ufficiale politico. La sua voce era un canto di rabbia e il viso era piegato in una smorfia d'ira e disprezzo. Il vento pregno di neve e di cenere faceva sbattere, con duri schiocchi come di cuoio, il suo lungo cappotto da commissario.
Tyrya, rimasta a puntare il fucile all'orizzonte innevato, si scansò per prendere come riparo una camionetta rovesciata.
Una scarica di proiettili shuriken sdentò il veicolo, strappando una ruota motrice dal semi-asse. «Ha impostato i marqs per comunicare con il reggimento!»
È vero! Un momento prima di cadere, Eyura aveva sintonizzato la sua unità Vox-casterìs per conversare con il quartier generale del Nono Reggimento. Se l'Imperatore-Dio riservava per loro una stilla del suo infinito amore, era ancora attivo.
Qualche istante prima, il lord commissario aveva sfoderato la pistola Requiem. Stretta in pugno, l'arma fumava dalla canna per i colpi esplosi. Tuonò di nuovo, puntata alle figure che verdi e bianche. A grandi passi s'erano fatte più vicine. Occhi-visori rubicondi luccicavano sui loro grandi cimieri, circondati da cesellature dorate e grigie.
Kalcædon lanciò un urlo strangolato a metà. Stramazzò sulla neve, rovesciato sulla schiena. Il suo las-fucile rimbalzò sulla strada con una nota greve.
Dal torace del gigante saliva un puzzolente fumo nero. Kyriako scivolò al suo fianco, gettandosi il proprio las-fucile a tracolla. Laddove avrebbe dovuto esserci il polmone destro, Kalcædon aveva un pasticcio di carni bruciante che ribollivano. L'uomo ansimava tremando, gli occhi sgranati e la bocca aperta.
Un pungente odore di urina salì al naso del cadetto-commissario. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma un si ritrovò ammutolito a guardare il grande soldato che lo fissava come istupidito. Poi lo sent' morire tra le sue mani.
Di nuovo, in un attimo.
La neve scricchiolò, calpestata dagli stivali chiodati della hastata che ripiegava. Schioccava crepitando, invece, laddove gli spari, laser tanto quanto xenos, l'avevano fusa, fatta bollire, macchiata di sangue, interiora e frammenti metallici.
L'intermontuan-urbana, nei suoi ricordi lunghissima e affollata tanto quanto, era illuminata a giorno dalle carcasse che stavano bruciando.
Kyriako lasciò il corpo del commilitone e recuperò la presa del las-fucile. La cacofonia della battaglia era assordante da qualsiasi versante la si prendesse.
Gettò uno sguardo alle proprie spalle, impallidendo alla vista di tutti i veicoli che già lambivano la penombra, avvolti dalle fiamme.
Colpiti dalle artiglierie aeldarìs, tre grandi avto-transportatores a diciotto ruote s'erano accesi alla pari di grandi pire funebri. Le carni dei loro equipaggi, forse una mezza compagnia di milites-astra fanti, appestavano l'aria con l'acre puzzo di chi bruciava vivo. Lo pungeva alle narici e gli stringeva la gola, lasciandolo a corto di fiato.
I disgraziati a bordo degli avto-transportatores...
Avevano gridato? S'erano resi conto dell'assalto? L'imboscata dei vili aeldarìs aveva dato loro quel minimo tempo necessario per accorgersene, oppure erano morti ignari di tutto, così profondamente colti alla sprovvista dal nemico?
Una delle due Hydra AAA era esplosa. L'aveva vista al centro d'una ruggente palla di fuoco, così alta da spalmare uniforme un alone di luce fiammeggiante sulla neve. Qualcuno dei suoi frammenti, incandescente e sibillino, era schizzato a raggio, falcidiando i servitores di sostegno e alcuni soldati.
Membra sventrate, volti liquefatti dal calore e braccia strappate di netto erano sparpagliate sull'intermontuan-urbana, come mattoncini rovesciati da una scatola. Un cingolato chimera macinava metri ululando, dal fianco destro, una grande colonna di fumo oleoso.
Ma...
Chi lo stava guidando, quello?
La pretessa cadde riversa sulla neve, folgorata alla schiena da una sventagliata d'esplosive frecce energetiche, scintillanti e veloci. Le sagitte erano cadute in picchiata dall'alto, inchiodandola a terra. Il cadavere dell'ecclesiarchica, sbranato dagli scoppi energetici, sussultava spasmodico, incontrollato.
Riusciva a sentirla, a distinguere i suoi scatti ciechi e inconcludenti dal roteante sottofondo di scoppi propulsi dall'ultima Hydra, dagli scambi di las-fucilerie, dal sovrapporsi delle voci. Sapeva che tutt'intorno c'era frenesia, l'attività di hastate e gruppi di fanti che rispondevano al fuoco, cercavano ripari e cadevano folgorati, però non riusciva a smettere d'osservare quel corpo.
Ai suoi occhi era un qualcosa di già visto, più e più d'una volta, ma non per questo meno straniante. Un colpo l'aveva colta alla nuca, lacerando la carne e bruciando parte del cranio.
Il cervello, schiumando e bollendo, era perfino visibile.
Sotto, sulla sporca neve di quel mondo dimenticabile, si espandeva una pozza rossastra sporcata da grumi, umori e frammenti organici.
Erano bastati un paio di secondi ed una raffica sparata dall'alto; la donna, di cui il cadetto-commissario non si ricordava il nome se mai ne aveva avuto uno, era morta, uccisa nel lasso di tempo che a lui sarebbe servito per sbattere le palpebre.
Di nuovo, non era la prima volta che...
Gli spari, lo fulminò quel pensiero. Gli spari. Erano venuti dall'alto, non dalle jet-moto emerse a tutta velocità dall'orizzonte di nord-ovest.
Dal cielo.
Scattato con gli occhi a guardare le nuvole, Kyriako sentì una punta di sete avvampargli in gola alla vista d'una sagoma scura, affilata e scintillante, che sciabolava zigzagando le nubi e le alte, dense colonne di fumo in salita dai veicoli distrutti.
Un trasporto per le truppe, per sganciare sulla loro testa i Falchi della Picchiata.
Lontane meteore, ancora piccole, colorate di blu e di grigio, s'erano separate dal suo scafo cominciando una velocissima caduta incontro al suolo innevato; nel mezzo di quella picchiata, in corso da alcuni attimi, intonavano un verso acuto, un ago sonoro che gli pungeva le orecchie.
Cresceva, da un secondo all'altro sempre più insopportabile, in contemporanea alle figure degli assalitori, più grandi e dettagliate.
Scintillavano a mezz'aria, dispensando strali di luce a terra.
Di sfuggita, il cadetto commissario scorse una hastata di milites-astra del Duecento-settantacinquesimo Reggimento abbarbicarsi alle spalle dell'incendiato, fumoso trasporto truppe chimera.
Chine ombre verdastre e marroni, confuse in mezzo agli sbuffi scuri sputati fuori dal riparo improvvisato; le loro armi, rivolte spianate al cielo, scoppiavano un tamburellare di fulmini rossi.
Uno scatto picchiato a terra e dei di loro si lanciarono in corsa, divisi in due tronconi diretti ad opposte direzioni; i compagni rimasti dietro al relitto s'issarono in piedi, prendendo posizione lungo i fianchi bassi del mezzo.
«Fuoco di copertura!» Comandò il loro sergente, alzando una las-pistola e aprendo il fuoco sugli aeldarìs-guerrieri in picchiata.
Ai suoi fianchi, una coppia di cromati las-DLTFG urlò un picchiettio elettrico alle nuvole. Gli scoppi delle mitragliatrici d'assalto lampeggiarono a ridosso del chimera, bombardandolo con spessi battiti vermigli e bianchi.
Il suolo gli tremò sotto i piedi, sbilanciandolo in avanti. La neve gli venne incontro troppo presto, mozzandogli il fiato. Che cosa diamine era esploso, adesso?!
Con la vista appannata, Kyriako s'impuntò in ginocchio. Udì delle grida da destra e da sinistra, mischiate tra loro e confuse nel tuonare sregolato dei las-fucili imperiali. Grumi di luce residua fluttuavano attorno al trasporto truppe ancora incendiato, scintillando bagliori dolorosi da vedere.
I quattro soldati rimasti a fare fuoco di copertura erano scomparsi. Il mezzo era una pira accecante, avvolto da temporali rossi. Al posto dei milites-astra, in mezzo alla sponda con il tracciato cingolato si stagliava uno squarcio circolare dai cui bordi cadevano gocce di metallo fuso.
Stille incandescenti, spiaccicate sulla tarmacasphalta annerita. Il calcio d'uno dei due las DLTFG giaceva su quella lingua di strada rimasta scoperta. Fumava solitario, unico resto lasciato dalla cannonata ad energia diretta che aveva azzerato quei quattro uomini.
Carmenactìs sopraggiunse un momento dopo. Il suo arrivo fu coincidente con la repentina scomparsa del silenzio e del torpore in cui il mondo era caduto. Gli sembrò di venire strattonato in piedi e si ritrovò bocconi sulle ginocchia, disorientato.
«Stanno arrivando! Muoviti!»
Chi?
Cosa?
Chi stava arrivando?! Le jet-moto?
Del movimento lo portò a girarsi, ancora intontito dagli scoppi. Il phalastaph Muràdht balzò alle spalle d'un venator del 318esimo e s'inginocchiò per celarsi alla vista del nemico xenos. Con uno slancio s'issò per sparare ad ovest, incontro a...
Le figure. Gli elmi crestati. Le armi-shuriken che avevano ucciso Kalcædon.
Gli hornecht.
Non c'erano più soltanto quelli, notò. Da dei fulmini globulari erano apparsi, sotto ai velivoli che avevano sganciato i Falchi, dei trasporti. Planavano incontro al suolo, veloci come fulmini. Attorno ai loro scafi taglienti, scivolava un'appena percettibile colata di energia azzurrina.
L'avrebbe detta una fiamma.
«Dobbiamo recuperare quel fottuto vox!» Sbottò lord Talisseòn, vicino al 'phalastaph.
Contro il loro riparo esplosero dei colpi, ormai sparati a distanza ravvicinata. L'ufficiale politico s'issò in ginocchio e dardeggiò in cerca di bersagli scoperti, la pistola Requiem carica e, di nuovo, pronta a sparare, a far tuonare la sua voce gutturale ed assordante.
Un grigiastro filo di fumo saliva dalla canna, lascito dei dardi auto-propulsi che aveva scoppiato pochi istanti prima. Lo vide sputare in terra un grumo di sangue e mettere mano al fodero appeso alla cintura.
Uno schiocco metallico riverberò nell'aria, precedendo lo sciogliersi d'alcuni legacci ad elettro-innesco.
Con uno strappo deciso, lord 'Talisseòn staccò la spada a catena dal fodero e la impugnò bassa. Pressò il pollice sul pulsante-runa dell'Avviastart e i denti in molibdenivm-titanio cominciarono a correre, accelerati dall'attività del nastro trasportatore.
Spandeva una cantilena ruggente, meccanica e sbuffante. Cacofonica e gloriosa.
«Sì, signore!» Urlò Carmenactìs, scoccando una corsa breve e china verso il cadavere della Vox-operatrix Eyura. Riavendosi da qualsiasi cosa l'aveva stordito, Kyriako sentì l'impulso di seguirlo e s'alzò in piedi.
Cercò a tentoni la tracolla del las-fucile, scoprendosi disarmato.
Non andava bene. Non andava decisamente bene.
Si buttò a margine con un tuffo, trovando riparo dietro una motocicletta rovesciata. Il suo conducente era morto, riverso oltre il manubrio con un braccio piegato in un angolo a dir poco innaturale e la faccia, fusa da un colpo degli xenos, che colava.
Gli strappò il las-fucile dalle spalle, imbracciandolo dopo un'occhiata alla spia-segnalatrice della cella energetica.
Aveva colpi in tamburo.
S'issò sulle ginocchia e dardeggiò incontro a Carmenactìs, scoprendo Tyrya a tallonarlo. La milites-astra gli fece cenno di muoversi e lui accelerò. Da dietro uno degli avto-transportatores incendiati emersero due figure verdi e la sua prima reazione fu di aprire il fuoco tirando il grilletto.
Mancò il primo degli aeldarìs e quasi rasò l'elmetto del secondo, che indietreggiò.
Il suo compagno scoppiò una raffica in risposta, mirando troppo alto per colpirlo. Tyrya crollò in avanti, mutilata di una gamba e con il ventre dilaniato, come un pallone riempito di troppa aria. Scansatosi, Kyriako incassò il las-fucile contro la spalla e tirò il grilletto.
Una volta, due, tre, quattro, cinque...
Il primo colpo colse il guerriero aeldarìs di sorpresa e gli esplose addosso alla spalla sinistra, proiettando a raggio uno schizzo di sangue bollente ed una sventagliata di schegge in simil-plastha.
Il secondo ed il terzo las-dardo lo fulminarono al petto, sbalzandolo contro il telone infuocato dell'avto-transportatores. Il quarto, il quinto ed il sesto colpo lo mancarono interamente, perdendosi contro lo scafo di un chimedon devastato dalle armi degli hornechts alla carica.
L'aeldarìs colpito cadde a sedere, stringendosi con l'altra mano la spalla ferita. Per un momento Kyriako ebbe la sensazione che lo stesse guardando, che dietro gli occhi-visori ci fossero iridi ostili e sprezzanti, ma un guizzo di movimento gli ricordò dell'altro dire-guerriero xenos.
E che non c'era nessuna pietà.
Ringhiò, tirando il grilletto una settima, un'ottava ed una nona volta, finché il cranio del suo nemico non cominciò a liquefarsi, a piovere sulla neve, e la cresta del suo grande elmo divenne una torcia lampeggiante.
Il secondo? Il secondo dov'era? Si guardo attorno, voltandosi in tempo per vederlo sgusciare oltre la coda dell'avto-transportatores.
Quell'infame, vile, vigliacco, codardo stronzo d'un alieno senza spina dorsale aveva cercato di fiancheggiare il lord commissario e il phalastaph!
Animato da un sentimento di sprezzo per ciò che quella creatura era e rappresentava, Kyriako gli sparò addosso, mancandolo miseramente, facendo esplodere un trio di las-dardi contro il telone già incendiato.
L'alieno, tuttavia, si accorse di lui.
Alzò la sua arma, sorreggendola con ambo le mani.
I suoi occhi-visori rossi, spietati e dal taglio stretto, scintillavano nella penombra incendiata. Gocce di sangue vetrificato, sagomate per incastrarsi alla perfezione in quel suo grande cimiero.
Gocce di sangue come quelle che gli schizzarono sulla celata quando il lord commissario lo travolse con un fendente della spada a catena: i denti lo morsero la vita, scagliando urlanti schegge inframezzate di brandelli di carnea cono, strappate violentemente dall'azzannata.
Spinta la spada nel basso addome dello xenos, lord 'Talisseòn ruggì un ringhio sprezzante. Schiantò l'alieno sulla neve e gli picchiò un calcio sulla faccia, facendo schioccare i suoi occhi-visori.
Il vile xenos rantolò, la sua voce simile a quella d'un uomo ed al contempo troppo diversa per essere tollerabile, schiacciando un pugno a terra per rialzarsi.
Il commissario fu più veloce di lui e calò la spada a catena come una scure, colpendolo al collo. Il ritmo dei denti accelerò, sparando frammenti ossei esangue sul volto di chi brandiva la ruggente arma bianca.
Sangue alieno, rosso e troppo vivido per sembrare normale, si appiccicò al suo volto, macchiando i suoi denti e incrostandogli i capelli.
«Attento, signore!»
L'urlo di Muràdht fece voltare lord 'Talisseon. Pistola fumante e spada accesa,l'ufficiale politico si trovò a fronteggiare la calata d'uno dei trasporti truppe a-grav. Era un falchon rosso, a bande nere, che esplodeva alzi d'artiglieria aidue costoni della colonna.
Imbracciato il las-fucile preso a sciacallaggio, Kyriako esplose una mezza raffica contro il velivolo alieno; i suoi colpi scoppiarono inutili contro la cresta energetica che ne avvolgeva lo scafo, quasi assorbiti da quel roteante rivolo di fuoco blu.
Dov'era andata a finire quella dannata batteria Hydra?!
«Allora è così?!» Urlò il suo mentore alzando la spada a catena. «Avanti, vile feccia aliena! Avanti! Mostratemi che cosa chiama furia la vostra razza di patetici derelitti rottinculo!»
Il velivolo alieno imbardò, urtato da un fascio cremisi e dalla sua violenta esplosione. Sospinto fuori dalla sua traiettoria, il Falchon tentennò in quota.
Dalla fiancata destra piangeva, copioso e denso, un largo strale di fumo nero.
Un secondo fascio lo folgorò alla coda, innescando un nuovo bagliore incendiario. La neve si sollevò ad ondate, sbattendo in faccia a Kyriako con la grazia di schiaffi.
Da ovest provenne un ritmato tamburellare di tuoni duri,pressanti. Dardi metallici, anzi proiettili di auto-cannone, cozzarono a raffica contro lo scafo inclinato del trasporto truppe alieno, sfondandolo da una parte all'altra.
Nell'aria riverberò un sospiro trattenuto, dopo il quale sopraggiunse un sibilo a regime super-sonico, argenteo ed abbagliante. Sollevato bruscamente dall'esplosione il Falchon picchiò a terra, scagliando via un chimera incendiato e scavando un solco masticato nella tarmacasphalta.
Non posso... Kyriako strabuzzò gli occhi. Non potevano essere stati i suoi colpi di las-fucile! Era ridicolo anche solo pensarlo!
Preceduta da due Lightning Interceptor, una cannoniera Valkyrie sfrecciò sopra alle loro teste, alta almeno sessanta metri sopra alla superficie della strada. Le azzurrine spinte dei promethivm-phlares jet-reactores alari e ventrali la portarono a ri-orientarsi con una mezza virata, a rivolgere il muso all'orizzonte dal quale era sorto l'assalto degli aeldarìs.
Sullo scafo campeggiava, serigrafata a caratteri chiari e capitali, una dicitura in Gotico: Astra Militarvm ac Elysia, 164esimo EDT.
Battaglione Valor.
https://youtu.be/4PPl9iTbTYI
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