Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" VI Aptvs Non (4/9)
I giganti si costeggiavano testa a testa.
Le loro prue erano rivolte nella medesima direzione, come se stessero sfidandosi in una singolar tenzone da cavalieri.
Grosso e slabbrato, circondato da spiraleggianti cordoni di fuoco e lunghe serpentine scure, lo squarcio che avevano spalancato nel cielo lasciava ben poco all'immaginazione circa ciò che stava accadendo lassù.
Il cadetto-commissario scosse i propri capelli scuri per ripulirli dai fiocchi di neve. I suoi occhi si erano inchiodati alle navi, estranei a tutto ciò che circondava il loro balletto di tuoni macroscopici e fiammate colossali.
Meraviglioso...
Deglutì un grumo di saliva e catarro e sentì in gola il sapore della Lvcky Russ che il commissario gli aveva concesso pochi minuti prima. La schiena pulsava ancora, rigida e livida laddove aveva urtato contro il las-fucile e le parti dure dello zaino da campagna. Il vento ritornò a gridare e pungergli il viso con schegge di ghiaccio, alzandosi con uno schiaffo repentino.
«Avete bisogno di soccorso?»
Tutt'attorno al duello delle navi, rifrante dai nembi che promettevano ulteriori piovaschi, onde d'urto incendiarie si allungarono a cerchi concentrici; i bordi delle nuvole si colorarono di rosso slavato e di bianco eburneo, sussultando a ridosso del cielo.
Le eco degli spari tuonarono pochi attimi dopo, battendo nocche rivestite di martian-ferrvm e sthallivm contro il cielo. Tre orizzontali vampate di fuoco, in sequenza l'una con l'altra e in ordine discendente dall'artillereon-ponte più alto verso il più basso, si estero dallo scafo della Navis-Nobilite.
I tuoni nati da quegli spari rimbombarono contro il cielo, smorzati da uno sfrigolio coincidente all'istante con il retro-illuminarsi del vascello aeldarìs. Tante cannonate, da dove si trovava il ragazzo visibili a malapena quanto dei moscerini dei frutti, detonarono a ridosso della patina luminosa. I loro bagliori scintillarono per un mezzo istante.
«Ehi, tu! Ragazzo!»
Poi, veloci com'erano apparsi, declinarono nel nulla. I riflessi concentrici si tinsero allora d'azzurro intenso e vi si riflessero sopra strali perlacei.
A mezz'aria, in una confusione di luci sovrimposte, balenanti bordate di plasma-onagri sparate a bruciapelo s'intersecarono con dardi viola e bianchi. Gli xeno-scudi energetici incassarono i colpi di maglio, sfavillando tentacolari creste di fulmini che s'impennarono nel cielo anche per interi chilometri, collassando solo in due punti.
Mosso un passo in avanti, Kyriako strizzò gli occhi; laggiù, sullo scafo della xeno-nave, si stavano incollando due anelli di luce accecante, impressa contro una parete che sembrava liquefarsi innanzi a loro.
Si schermò la vista, abbagliato dagli scintillii dei due globi di plasma e dagli scoppi ad eruzione vulcanica insorti dallo scafo del vascello imperiale. Un lamento gli scappò dalla bocca. Semi-accecato, il cadetto-commissario annaspò in avanti e il vento gli insorse addosso, travolgendolo con una folata d'aghi appuntiti, umidi e gelidi.
A dominare il suo animo in quell'esatto momento, in piedi con gli occhi ancorati allo scontro delle navi da guerra, era un confuso moto di terrore e di stupore: mai prima d'allora aveva assistito ad una battaglia ravvicinata tra vascelli astrali, lanciati l'uno alla gola dell'altro.
Tutto questo è...
Era un duello all'ultimo sangue.
Una mischia tra due giganti, proprio come quelli dell'Era degli Eroi, reciprocamente d'accordo soltanto su di un fatto giusto, innegabile e sacrosanto: uno di loro, la sua identità dipendeva dall'abilità degli artiglieri, doveva morire.
Sembrava ed era semplice da capire, però...
L'incrocio dei fendenti a corto raggio e i traccianti in appoggio alle stoccate d'artiglieria sovra-imprimevano tante immani, rozze pennellate di fuoco sulla volta celeste, sciogliendo i nembi e colorando di tinte abbaglianti lo sfondo celeste.
Sentendone gli effetti sulla propria pelle, Kyriako ne era tanto terrorizzato quanto meravigliato; la stregonesca possanza della macchina, d'una astra-vessilla della Navis-Nobilite, gareggiava contro gli alieni sortilegi di un vile vascello xenos, impegnata in un turbinante scambio di colpi bruti, maneschi e mortali.
Dalla linea mediana fino alla sommità dell'arcata superiore, l'ala di cristallo era stata troncata. Grandi ramificazioni di crepe la percorrevano dai siti d'impatto.
Erano state molte le granate a colpirla: un buon numero aveva scavato in profondità, esplodendo nelle pieghe iridescenti, mentre tante altre, come quelle prima dei due globi al plasma, erano esplose al primo contatto con gli scudi difensivi del vascello.
In più punti si vedeva l'ossatura di supporto esterno sanguinare, tronca e ferita.
Una cascata di frammenti si rovesciava in crescente cacofonia sullo scafo corazzato della Navis-Nobilite, picchiandovi contro con boati lontani. I pezzi in caduta abbandonavano ciò che restava dell'ala morsicata, franando in avanti. Su di loro, a malapena visibili, danzavano gli spari che si susseguivano tra i vascelli affiancati.
Il rintocco degli impatti gli ricordò una schiacciasassi in azione.
Vista da lontano, la caduta era così lenta da apparirgli surreale.
Le dimensioni dei duellanti, sfalsate dalla prospettiva e dalla distanza, facevano sì che lo scontro fosse un qualcosa di lontano, d'irrilevante per chi, come lui, era a terra.
Sfuriando dall'epicentro della battaglia, le folate di neve gli battevano contro il viso, ferendolo con pizzicori gelidi. Il cielo sfolgorò bombardato da una scarica di luci rossastre; Kyriako trasse un respiro mozzo, poi una pioggia di spilli lo punse alle braccia. Dovette stringere gli occhi per non restare accecato, ma non voleva proibirsi la vista.
Se si fosse perso tutto quello...
I fulmini della battaglia infuriarono di nuovo, rinforzando la tempesta di ghiaccio che lo colpiva alle mani e sulle spalle. La strada brontolò, picchiata dalle violente scosse trasmesse a lungo raggio dal fuoco delle macro-batterie.
E poi fu il silenzio.
Attraverso la lunghezza d'un minuto intero, i giganti del cielo misero a tacere le artiglierie e sembrarono restare ai loro posti.
Si muovevano, lo sapeva benissimo, ma...
Uno scambio in contemporanea, esploso da un fronte all'altro, ruppe la calma. Ormai ampio a sufficienza, lo squarcio nel cielo rifletteva ai bordi le bordate: luci rosse si schiantavano addosso a bagliori violacei, fiammate seguivano il balenare di picchi fotonici bianchi e da sotto i vascelli continuava una pioggia di lampi e di frantumi in caduta libera verso il suolo.
Le vibrazioni dall'epicentro della battaglia calarono di nuovo.
Un gorgoglio impetuoso emerse in sostituzione; crescendo a spanne. Portò fin lì le voci roboante dei coni-reattori infuriati, frustati da iniezioni d'energia per tornare al pieno regime di crociera.
Come a dichiarare concluso il loro scontro, lo xeno-vascello stava scivolando via! La sua grande ala dorsale continuava a disperdere schegge, molte delle quali ruzzolavano sulla corazza della Navis-Nobilite andata a dargli battaglia.
I suoi propulsori sembravano emettere piccolissimi lumi di cerini votivi, bluastri ed eburnei. Intanto, la slavina dei frammenti continuava ad illuminare il cielo sottostante la nave imperiale con macroscopiche gocce di magma. Kyriako si massaggiò il mento, irrigidito e fustigato dalle sferzate del vento. Era rimasto a fissare a bocca aperta per così tanto che ora aveva la mascella contratta.
I frammenti in caduta...
Sono pezzi della nostra.
Perché i Void-Aegidaì non l'avevano protetta da quei danni? La Navis' avanzava per tallonare la sua nemica, esplodendole addosso ritmati colpi dalle torri d'artiglieria incastellate a prua, come se quell'emorragia strutturale non la preoccupasse, eppure era estesa quasi a tutta la fiancata. Le stille cadevano brillando contro il nevischio.
Erano sparpagliate...
Ed erano veloci. Trafitto dallo sgorgare di dodici strali di fuoco al calor bianco, il cielo rinculò la spinta dei jet di manovra della nave da guerra: propaggini nuvolose fino ad allora risparmiate dalla furia dei colpi, lunghe e ricurve, s'estinsero innanzi agli occhi del cadetto-commissario, vaporizzate dalle sfiammate.
A valanga sciabordarono rantoli paurosi, cascate di metallo fatte sobbalzare dalle potenze proiettate fuori dalle bocche degli sfiatatoi direzionali.
Umido. L'aria attorno a lui era diventata umida anziché gelida e secca, frastornata da ventate d'acqua piovana mischiata con friabili globi di neve. I lamenti strutturali proseguirono intensificandosi, paralleli all'avanzata della nave.
Dal vascello aeldarìs in ritirata, lontano almeno una ventina di chilometri, nacquero sei diritti strali di fiamma viola.
Il cielo si scurì attorno ai loro tragitti, accentuando quanto fossero accecanti, per poi schiarirsi nell'attimo in cui si schiantarono contro gli scudi della Navis-Nobilite. Kyriako agì di scatto, riparando i propri occhi dietro il braccio.
Puntini luminosi a perdita d'occhio apparvero sotto le palpebre, pizzicandolo con bollori ustionanti veloci a svanire. Anche ad occhi chiusi vedeva le spettrali eco dei jet di manovra, la loro intensità prossima a bruciargli le retine.
Schiuse le dita, cogliendo una sagoma poco definita alta nel cielo. Era la loro nave, si trovava pressoché nella stessa posizione, tuttavia non riusciva a focalizzarla bene. Si stropicciò gli occhi per liberarli dai puntini e dal bruciore.
Avvertiva l'umidità del sudore tra le dita dei piedi, sotto le ascelle, lungo la fronte e scorrente sul collo.
L'aria si era riscaldata tantissimo. Strabuzzò i propri occhi provando a non considerare il bruciore che li aveva aggrediti dopo l'averli stropicciati. Uno squarcio si definì sullo scafo della Navis', apparendogli slabbrato e arroventato ai bordi. Gocciolava metallo fuso in grandi lacrime incendiarie, dirette a schiantarsi chissà dove incontro al suolo di Pardaminia.
Si era girata completamente, però.
Offrendo adesso il suo fianco più strutturalmente integro, quello da cui aveva lanciato i jet di manovra, era pronta a controbattere alla scarica della sua nemica. Riecheggiando dalle lontananze celesti, grandi concerti di ghiere e meccanismi rivettati si susseguirono in contemporaneo tandem alla rotazione delle dorsali torri di magne las-lance e macro-artiglierie quadrinate.
Brillavano distanti, scintillando riflessi d'oro e titanite blindata.
Scosso il capo, Kyriako riuscì a vedere una scritta capitale impressa con segni chilometri sul suo scafo, eburnea in contrasto con lo scafo di lega scura e brunita: HMtGEoM-NNa BFSMGAR "Eisenstìn".
Era la Eisenstìn della Bellvm-Flotta Svper-Marine di Garon! La Eisenstìn, ecco svelata la sua identità! Ne aveva sentito parlare, udendo voci sulla sua potenza e su quanto robusto fosse il suo scafo. Molti dicevano che fosse inaffondabile e...
Il mondo si frantumò, scurendosi istantaneamente, quando lei sparò una salva dai tre ponti ventrali e dalle torri del dorso: la raffica nacque vicino alla Lancia di prua, dall'estremo opposto ai coni reattori, sgranando i propri tuoni in progressivo decrescente verso la poppa.
Le fiammate delle macro-artiglierie si allungarono per tre quarti di chilometro, una dopo l'altra, mentre le frecce delle magne las-lance trafissero il cielo, scintillando bagliori sanguigni addosso alle poche nuvole rimaste.
Per un brevissimo istante, Pardaminia giacque nel silenzio. Le vampate di fuoco e fumo delle macro-cannonate non avevano neanche cominciato a disperdersi quando il vascello xenos incassò la tripla salva, opponendole i propri scudi; cerchi concentrici di fuoco liquido s'espansero contro una parete di luce elettrica, picchiandovi addosso ululanti colpi di maglio.
Una ventina di colpi volarono troppo alti e scavalcarono il veliero alieno, diretti chissà dove.
Tutti gli altri entrarono in contatto con gli scudi. La cupola balbettò le proprie resistenze assottigliandosi, proprio come se viva, laddove due o più colpi si susseguirono semi istantanei nel piombare e scoppiare con potenza.
Stretti i pugni, Kyriako aprì la bocca per dire qualcosa e gli uscì soltanto un colpo di tosse assetato e roco.
Spintonata dal rinculo delle sue stesse artiglierie, la Eisenstìn stava virando fuori portata. I tuoni delle magne las-lance avevano infiorettato oltre gli scudi, collassati in una mezza dozzina di punti sparsi per lo scafo, esplodendo focalizzate espansioni di luce dirompente.
Parzialmente divelte, squassate, incuneate all'interno dalla forza delle detonazioni, diverse placche della xeno-nave gocciolavano verso il basso, disperdendo frammenti.
In quel momento la Eisenstìn fu trafitta da tre spari d'artiglieria che la raggiunsero ad una delle torri incastellate vicino al bastione mediano.
Il bersaglio scoppiò in un getto di blindatura sfasciata e segmenti scagliati in alto nel cielo, sostenuti da un verticale oceano di fiamme. La loro ricaduta picchiò enormi schianti sul ventre e sul dorso della corazzata garoniana e due grossi frammenti, incendiati e brillanti, stridettero a ridosso d'una lettera del suo nome, asportandone più di metà.
Sbalordito, Kyriako si trovò a sentire i battiti del suo cuore. Era uno scontro tra titani, le loro ombre enormi sopra e sotto gli scafi.
Scrollatasi i danni ricevuti di dosso, la Eisenstìn gli sembrò accelerare nella sua marcia d'ascesa,spingendo i reattori di poppa a sputare fuori dai coni grandi, roboanti tifoni di plasma-fiamma al calor bianco.
La sua avversaria stava scappando, coprendosi con occasionali tiri d'artiglieria. La risposta offerta dalla Navis-Nobilite garoniana adesso era meno intensa, segno del suo non avere più una perfetta soluzione di tiro, ma bastava a mettere a ferro e fuoco il cielo.
«M'lord!» Esclamò Kyriako, memore all'improvviso di chi lo circondava e delle loro condizioni. Come aveva fatto a dimenticarsi di loro?
Accorse dal suo mentore, rovesciandosi accanto a lui. Il commissario si tamponava con la mano sinistra un'emorragia apertasi sulla fronte. Rivoli rossi, leggeri e lenti, colavano tra le dita.
«Sono» Scosse la testa. I suoi occhi vagabondavano indecisi. «Sono ancora vivo,ragazzo.»
Aveva preso un trauma? Era in disorientamento da concvssio-induzione? «Sentitala mia voce, signore? Mi udite chiaramente?»
«Sì, ti sento. Gli altri?»
Lo aiutò a sedersi, sorreggendolo per le ascelle. Il suo peso gli folgorò le ginocchia.
«Siete ferito!»
«Sì», mormorò lui. «Devo...»
Avanzando a sprone battuto, la grande astra-vessilla imperiale riguadagnava in parallelo una robusta parte della fiancata avversaria, che invece continuava a distanziarsi con pochi, ripetuti attacchi d'accelerazione sospirante e fulminea.
Il mentore scosse il capo, fermandosi di scatto per massaggiarsi laddove perdeva sangue dalla fronte. «Devo avere sbattuto contro un sasso...»
«State perdendo sangue. Sentite la mia voce?»
«Sì, ragazzo.» Gli mise una mano sulla spalla. Cercava una base su cui appoggiarsi? Era pronto ad aiutarlo, allora. Doveva soltanto farglielo capire. «Ti sento. Un po' distorto, ma... ma sì, ti sento abbastanza bene.»
«Abbastanza?»
Forse aveva subito un trauma cranico!
«Ho le orecchie che mi fischiano, per quel culo avvizzito dell'Imperatore... che cosa diamine sta succedendo, qui?!»
«La Eisenstìn, m'lord!» Indicò il cielo, puntando la nave imperiale che guadagnava quota pur lasciandosi alle spalle sei colonne di fumo ed una iridescente pioggia di pezzi incendiati. «Stava combattendo con la nave degli Aeldarìs e... e si scambiavano cannonate, m'lord!Cannonate a corto raggio!»
«In atmosfera?!»
Si stava riprendendo! «Sì, sì! Sono apparse all'improvviso in mezzo alle nuvole! La Eisenstìn ha aperto il fuoco e il cielo si è illuminato e...»
La stretta del lord commissario s'irrigidì sulla sua spalla. «Calmati, ragazzo! Calmati e abbassa la voce, mi stai ammazzando i timpani! Come stanno gli altri? E dove sono le navi?»
«Gli altri...» Si guardò attorno, puntando Carmenactìs che rantolava con la testa tra le mani. Varra? Dov'era Varra?
E gli altri due?
L'ecclesiarchica?
Chi l'aveva chiamato, poi? Ricordava una voce in mezzo alle cannonate.
«Le navi...» Tornò con l'indice alla Eisenstìn, nel frattempo divenuta più piccola e distante. Una cuspide metallica, probabilmente in volo verso lo spazio per usare l'assenza del vuoto come estintore degli incendi scoppiati sulla corazza.
E poi una dozzina di ruggiti acceso il cielo di nord-ovest, elevandovi contro enormi cupole di luce fiammeggiante.
Il vento s'inspessì istantaneamente, travolgendo la strada con una folata durissima, piena di neve e ghiaccio e sassolini. Si protrasse per alcuni secondi, durante i quali Kyriako s'accucciò per coprirsi dalla tempesta di frammenti.
Il vento declinò, trasformandosi in un respiro di temporale che gli schiacciava addosso odori d'ozono, di cenere e fuochi lontani. I globi di luce erano svaniti.
Al loro posto tiranneggiavano, distanti poche centinaia di chilometri l'uno dall'altro, altrettanti funghi da moderata esplosione termonucleare.
«Che cazzo sono quelli?!»
«Quelli...» Kyriako deglutì. Si rialzò in piedi, sentendo una tormenta di fitte muscolari prenderlo alle gambe, sulle braccia e pungerlo alla vita. «Quelli sono colpa della Eisentìn, m'lord...»
«Non promettono nulla di buono.»
«Ne... ne siete sicuro?»
Che cosa stava dicendo?
«Direi di sì», annuì il suo mentore. «Abbastanza.»
WHAT ARE THOOOSE?!
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