Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" VI Aptvs Non (3/9)
Fece loro cenno di seguirlo senza fare rumore e spiccò il primo passo incontro alla colonna che seguitava incontro al fronte. Lo scalpiccio prodotto dai fanti si faceva udire come un cricchiare continuo, duro e ferroso contro la tarmacasphalt.
Dagli spallacci d'alcuni di quei milites-astra si allungavano, fatti sbattere dal vento, strali di pergamena di merito, fittamente inscritti da serie di piccole rette nere inframezzate da colonne bianche. La vista lo fece pensare alla Lingva-Technìs, certe sue forme scritte che i tecno-preti potevano leggere in un batter d'occhio illuminandole con un las'.
A fissare gli strali all'anti-schegge si poneva un sigillo in pseudo-ceralacca a stampo di teschio imperiale sormontato da ali di spade. Simili sigilli, altre volte sostituite da ikonee della loro nazione d'appartenenza, facevano da fibbie per le cinture e da fermagli per le tracolle dei las-fucili.
«Borothi!» Gridò lord 'Talisseòn ad una figura bardata dalla giacca scura del Praefectvs Imperialìs. Era un commissario come lui, in pieno titolo e grado completo. «Nei, borothi!»
Di scatto il mentore allargò le braccia, confuso. L'altro ufficiale politico non s'era nemmeno voltato a guardarlo! Aveva continuato a mettere un passo in fila dopo l'altro, curvo sotto lo zaino da campagna, il cappotto sbattuto furiosamente dal vento gelido.
«Oh-òì!» Scandì innervosito. «Commissario, sto dicendo a lei.»
Affrettatosi al fianco del suo maestro, Kyriako lo scoprì con la fronte corrucciata. Snudava i denti in un ringhio senza voce, infastidito dalla mancanza di rispetto. Le sue grida avevano destato un paio di milites-astra, in cammino al fianco all'ufficiale politico che fingeva di non sentire. Uno di loro si girò a fronteggiarli, portando subito un indice all'orecchio destro.
Che gesto era?
«Non ci sente!»
Kyriako scosse la testa, turbato dalle parole del milites. Cosa voleva dire? Il loro commissario era sensorialmente impedito?!
«Non ci sente, syro-kommissar!», reiterò l'altro soldato giratosi a parlargli. Il suo fiato condensava subito, diventando vapore. «È praticamente come sordo!»
C'era qualcosa di sbagliato in quella frase. Era sordo oppure era come se lo fosse? Si trattava di due situazioni leggermente diverse...
«Avete un commissario sordo?!» Sbottò il suo mentore, lasciandosi cadere le braccia sui fianchi. Entrambi i soldati, riusciti a far girare il loro ufficiale politico, annuirono spicci per rispondere alla sua domanda. Colto il momento, lord 'Talisseòn accorciò la distanza che li separava e Kyriako, sbuffata una nuvola di vapore, lo seguì a ruota.
Carmenactìs, Varra e gli altri due lo tallonarono subito.
«Da dove venite, fratelli?»
Il primo ad avergli rivolto la parola fu anche quello che si propose in avanti per spiegare: «521esimo da Hanubìs, syro. Un po', almeno.»
Parlava con il fiato corto. Erano avanzi?
«Abbiamo gente anche dal 318esimo Grav-Placta Oasis di Osyridae. Ci hanno raccolto assieme per...» Il soldato scambiò un cenno con l'ufficiale politico senza udito, poi frugò nelle proprie tasche tirandone fuori un drappo scritto.
Lo offrì a lord 'Talisseòn.
«Per ricostituirvi a quasi pieno regime, vedo...» Alzato lo sguardo dallo scritto, il lord commissario scoccò un cenno all'alto ufficiale politico. «Come mai non ci sente?»
Il primo dei due soldati era un trentacinquenne, forse un trentenne, con la pelle del colore della corteccia e gli occhi verdognoli. Sulla fronte aveva un tatuaggio a forma d'Aquila Imperiale, sottotitolato dal numero identificativo del suo Reggimento.
Il commilitone aggiuntosi poco dopo era più giovane, con un viso aguzzo solcato da lasciti di scheggia.
A Kyriako occorse un momento per notare che gli mancava il lobo dell'orecchio sinistro, mentre una porzione del sopracciglio era tagliata da un bozzolo di pelle dura. Sul collo, sotto alle falde d'una sciarpa mimetica per un clima tutto tranne che simile a quello di Pardaminia, sbiancati solchi di cicatrici parlavano d'una sventagliata di schegge.
Non erano vecchie... e lui era fortunato ad avere ancora una faccia. Prese la parola, rivelando una voce gretta e torva. «Ci sente ma poco, syro. Deve urlare per farsi sentire!»
«Quanto?!»
Il commissario, un giovane uomo pallido con stretti occhi marroncini, scosse la testa: «Commissario, lei deve urlare se vuole che io riesca a sentirla! Non ci sento molto!»
Annuito per dirgli che aveva compreso le sue parole, 'Talisseòn alzò il tono della propria voce: «Va bene! Va bene! Mi ha sentito, adesso?!»
«Sì!»
Che bizzarro accento forestiero! Non era proprio per niente quello di Sol, anzi gli ricordava la straniera pronuncia del Lord-Diplomatico Lannidovicheo. La somiglianza era eccessivamente marcata per essere un fraintendimento o un caso.
Venivano dallo stesso luogo? Il Lord-Diplomatico viveva sulla Luna e rappresentava Garon, quindi... anche quel commissario sordo era di Garon?
«Perché non ci sente?!» Domandò lord 'Talisseòn. Si schiarì la voce e ripeté la domanda ancora più forte, accostandosi al commilitone ufficiale politico. «Perché non ci sente?»
«Una granata dei T'au!»
L'ufficiale picchiettò due volte con l'indice contro la tempia. «Una granata dei T'au mi è esplosa vicino. Sono stato fortunato!»
Il mentore si carezzò pensosamente il viso. «Una granata dei T'au...»
«Non l'ho sentita! Deve parlare più forte!»
«Sì, sì! Lo so! Venite da Ferrvm-Grad?!»
L'interlocutore di Garon si ritrasse di mezzo passo, corrucciato. «Chi è Brad?! Uno dei miei?!»
«No, non Brad!» Il suo maestro prese fiato e scosse la testa in segno di diniego. «Ferrvm-Grad!»
«Veniamo da lì!»
«'Tallisseòn!» Si presentò offrendogli l'avambraccio. A Kyriako piaceva quel gesto, più del saluto con la mano alla fronte.
La stretta dell'avambraccio era fare conoscenza come compagni-guerrieri, misurare ognuno la forza dell'altro con rispetto.
Il saluto venne subito ricambiato dall'altro, poi veloce ad indicare una mostrina in simil-metallo cucita sulla spallina destra dell'uniforme. Quasi piantatosi in punta di piedi per leggerla, Kyriako desistette immediatamente, alzando gli occhi al cielo. Il fronte nuvoloso era illuminato da tanti duri, fotonici colpi di nocche sul legno.
La curiosità del ragazzo cadetto-commissario si era spenta tanto celermente quanto era nata; non conosceva l'alphabeth di quelle incisioni, ai suoi occhi alieno quasi quanto le mobili rune degli Aeldarìs.
Sì, certo; qualcheduno tra i simboli lì impilati aveva attirato il suo sguardo perché a grandi linee sembrava assomigliare ad alcuni segni tanto del Basso che dell'Alto Gotico, ma al suo primo anno di studi come ufficiale politico gli era stato insegnata una lezione importante.
Le apparenze ingannavano.
Non è la prima volta che lo vedo, però... oppure sì? Schioccata la lingua, Kyriako arretrò d'un passo e mezzo e cacciò le mani nelle tasche del suo cappotto. Sollevata da una folata di vento, la pioggia di ghiaccio lo colpì sul petto e sulle spalle.
Aculei e poi altri aculei, tutti sottili! Anzi, no! Erano aghi. Erano dei maledetti aghi di ghiaccio, uguali ai giorni precedenti e sempre fastidiosi. Gli sembrava d'avere la faccia bombardata da rifiuti industriali, fiocchi di metallo scacciati da un Manifactorvm del Cvltvs Mechanicvm.
«Carmenactìs» Diede un colpetto all'amico per mantenerlo sveglio. «Tu riesci a leggere quello che ci sta scritto lì?»
«Per niente...»
Espirato dal naso, Kyriako gli fece segno con la testa di non preoccuparsi. Non s'era aspettato molto dall'amico, ma tentare non era mai una brutta idea. Perlomeno lo teneva sveglio.
Escludendo quelle due o tre che lo facevano pensare a delle vaghe intitolazioni capitolari del Basso Gotico, tutte le altre lettere erano diverse e strane. Illeggibili.
Chiaramente quello non era un alphabeth di Sol. Se lo fosse stato, alla fin fine, l'avrebbe certamente saputo riconoscere e capire! Se non lui, allora ci sarebbe riuscito Carmenactìs o magari Varra. Nessuno dei tre aveva idea di cosa fosse, quindi era extra-Sol.
Peccato. Si girò a guardare una fila di carri armati in marcia: risalivano la strada, arrangiati in una compatta colonna di venti veicoli.
Franavano il ghiaccio sotto i loro cingoli alti e pesanti, procedendo in avanti con alle proprie spalle lasciti di promethium esausto. Molti scafi avevano striature impresse sulle piastre della corazza e tanti altri mostravano segni d'impatto sopra i copri-cingolo e sulle coffe blindate.
I fianchi d'un paio di quei Leman Russ si mostravano ai suoi occhi puntellati da macchie nere da impatto ad alta velocità. Erano state le armi degli aeldarìs ad arrecare loro danno? Aveva visto con i suoi occhi le shuriken-catapulte disfare le persone, perforare le barriere e le panoplie, scavare profondi fori nel ghiaccio e squarciare carni e metalli...
Tagliavano qualsiasi cosa.
Se fossero state loro...
Ma non mi sembrano proprio i loro segni di passaggio, ecco. Sono diversi.
Che si fosse trattato di qualche arma più debole? Magari, si ritrovò a pensare, quel reggimento proveniva da un fronte contro gli eretici traditori mutanti dell'eterna nemica Celtania.
Le voci di corridoio dicevano che i celtaniaci avevano armi simili a quelle dell'Astra Militarvm, anche se ovviamente molto più deboli...
Se non venivano da quelle parti, però, quali altre opzioni restavano? Stringendo i denti, il ragazzo provò a ricordare i fronti peggiori di cui aveva sentito parlare. Certamente non venivano da Bren, non c'era quasi neanche bisogno di dirlo, ma potevano essere stati trascinati lì da qualche angolo della Cappadokea oppure dal Dachian Sector!
Erano luoghi orribili, quelli!
Ignorando il suo sguardo e i suoi dubbi, quei carri armati cigolavano con tremendo fragore. Metro dopo metro, avanzavano in mezzo al vento che cresceva in potenza.
«Yugov Makarovnici!» Gridò il commissario di Garon, chinandosi in avanti per assicurarsi d'essere sentito dal suo parigrado.
Kyriako sobbalzò, preso alla sprovvista da quell'urlo in mezzo alla tempesta. Abbassarsi tanto gli rendeva più facile udire la propria voce? Per l'Imperatore-Dio, come diamine funzionava per chi non ci sentiva?!
«Y-U-G...»
«L'ho sentita, Makarovnici! L'ho sentita.»
Rassicurato da quella replica urlata, il commissario Yugov si tolse il cappello per ripulirlo dall'accumulo di neve ghiacciata. I suoi guanti erano a mezze-dita, con le falangi arrossate dal freddo.
La fibbia del suo las-fucile era, diversamente da quelle dei soldati presso cui serviva, un cerchio d'argento scurito fissato in centro da una singola retta orizzontale.
Più un fermaglio, oppure una spilla, che un passante di sicurezza...
Mi ricorda qualcosa, ma non so che cosa...
«Ci hanno fatto ri-schierare in tutta fretta da Ferrvm-Grad.»
Ah! Ecco svelato il mistero! Erano giunti lì da Ferrvm-Grad! Era un mondo lontanissimo, da qualche parte nella Frangia Orientale, che le valorose truppe imperiali stavano difendendo dalle mire dei malvagi, stregoneschi dittatori T'au!
«L'avremmo vinta! L'avremmo vinta, le dico, se fossimo rimasti!»
Il cadetto commissario sbatté le palpebre.
Che cosa stava dicendo con "l'avremmo vinta"? La guerra era ancora in corso, laggiù! Lo dicevano tutti i novitarìs dell'Imperivm! Non potevano sbagliare, soprattutto quando erano concordi con l'affermare che la vittoria finale sugli xenos era prossima.
Non aveva senso! I novitarìs dicevano sempre la verità e null'altro che la verità, quindi era quel commissario mezzo sordo che stava mentendo!
«Questa la deve predicare!»
Ma... ma non è vero! Stiamo vincendo!
«Siamo sbarcati dalla Eisenstìn!» Da una corazzata dura e pura, dunque? Venendo da Ferrvm-Grad e trovandosi lì, voleva dire che il fronte laggiù s'era alleggerito abbastanza perché la sua presenza non fosse più necessaria, il che non poteva avvenire se non in caso di chiara vittoria schiacciante.
Una diversa spiegazione, se ne esisteva una, o era falsa oppure non aveva senso. Quale altro motivo avrebbe portato a spostare una nave da battaglia da un fronte all'altro, se non il degradare del primo ad una situazione più maneggiabile?
Aveva sentito qualche parola circa quella navis-nobilite, ma fino ad allora non era stato al corrente del suo trovarsi nel cielo. Le nuvole facevano passare pochissima luce. Una magra, scarna mezza dozzine di volte erano apparse le stelle, in alto nel cielo, alla cui vista Kyriako s'era sentito spaesato.
Non erano quelle di Sol.
Un pensiero semplice, certo, magari anche stupido, ma... ma non erano le stelle di Sol. Realizzarlo la prima volta gli aveva lasciato la gola secca.
Era rimasto ore intere a guardare la volta stellata di un altro pianeta, fino a quanto le nuvole notturne avevano battuto in ritirata a nord, messe in fuga dal sorgere nel cielo di tre piccoli, freddi, bizzarri corpi luminosi.
Il giorno sorgeva a sud-ovest, lì, declinando in lontananza a nord-est. Mercurio non aveva una vera e propria notte quanto più delle fasce di penombra, ma sulla Hyur-Maltha della Sacra Terra il Sole sorgeva ad est e tramontava ad ovest.
Che ore sono a casa?
Il fatto che in quel luogo non fosse la stessa cosa aveva sorpreso molte anime del Nono Reggimento. Com'era per quella gente di Hanubìs ed Osyridae?
Loro che stranezze potevano raccontare di casa?
«Dov'è la vostra nave, ora?!»
«È ancora in orbita!»
Ma era fantastico! Con una nave del genere gli Aeldarìs non avevano scampo! Però... dov'era? Le nuvole coprivano tutta la visibilità.
«Va bene, va bene!» Urlò lord 'Talisseòn. Un gran respiro ventoso batté la strada, sparpagliando schegge di ghiaccio in ogni direzione. Kyriako lo vide restituire il drappo di pergamena a chi glielo aveva offerto poco prima. «Scusate per l'interruzione!»
«Zione? Di chi?»
«Interruzione!» Gridò il suo mentore. «Qualcuno glielo scriva! Interruzione! I-N-T...»
Amon-Ràh. Hanubìs. Osyridae.
Nomi, nomi e poi nomi. Nomi e fatti, anzi, che il suo maestro conosceva e che lui ignorava. Cos'era successo in Ferrvm-Grad? Perché aveva la sensazione di non sapere qualcosa di cui egli, invece, era a conoscenza? Perché non gli diceva niente?
Kyriako esitò, lasciando che qualsiasi parola aveva appena pensato gli morisse in gola, muta e senza espressione.
Il cielo rimbrottò una corrente di tuoni distanti. Parevano battiti ad una porta, i pugni chiusi scoccati da un forestiero contro un grande uscio di syntho-legname.
Ripreso il cammino, Kyriako sentì un morso di fame stringergli lo stomaco con accidia. Ovviamente il suo maestro conosceva quei luoghi.
Come avrebbe potuto essere diversamente?
Lord 'Talisseòn non sapeva tutto d'ogni singola cosa esistente nella Via Lattea, nessuno al di là dell'Imperatore-Dio poteva fregiarsi dell'onniscienza, però aveva tredici volte la sua età. Cento-e-quarantatré anni erano tanti, largamente più d'undici.
Presumere di poterlo pareggiare in conoscenze era il delirio d'un folle.
Masticando quei tre nomi mentre camminava, il cadetto-commissario di Mercurio avvertì un muro d'aria premergli contro i timpani.
Occhieggiò alla corsa dell'intermontuan-urbana alla ricerca d'una dozzina di batterie d'artiglierie a lungo raggio impegnate nei rites di ricarica, ma al di là del transito del reggimento di osyridae non vide nulla.
Lì non c'erano cannoni? Che stranezza!
Ma allora questi boati da dove vengono? Si guardò attorno, sospettoso. Che freddo, per l'Imperatore-Dio sul Trono d'Oro!
Che schifo di freddo! Vorrei tornare su Mercurio...
In alto nel cielo, rimbombando in lungo e largo, erano nati altri grandi battiti. Fulmini e saette del temporale, magari? Pardaminia aveva un clima freddissimo. Il vento, il gelo e il ghiaccio erano i suoi padroni; secondo l'opinione del commissario suo mentore, "quei tre la battevano duramente, come una puttana a cui piaceva pure".
Che cosa voleva dire?
Perché non so nulla?!
Calciò via un sasso e lo guardò rotolare in mezzo alla strada. Che cosa gli nascondevano? Perché, poi? Non era grande abbastanza? Non si fidavano di lui? Non era giusto!
Sono il migliore, qui. Tra tutti i superstiti, sono il migliore!
Mi dovrebbero dire tutto...
Uno scoppio fragoroso riverberò contro le nuvole, portandolo ad alzare di scatto il capo per vedere. La pressione s'acuì enormemente, premendo sui timpani. Tappandosi le orecchie vide i suoi compagni di viaggio fare la stessa cosa.
Varra mugugnò un lamento soffiato in mezzo ai denti, urlando poi delle parole che Kyriako non riuscì a comprendere, assordato dall'improvviso cascare in alto tra le nuvole di scoppi, boati e lampi rossi e biancastri.
Un intero nembo piovasco, grosso e bitorzoluto, esplose in una vampa di fuoco, accendendo il cielo con un tramonto di bagliori assordanti.
Lo schiocco alzato della sua giacca, sbattuta furiosamente dal vento, lo portò ad inchiodarsi con i piedi per terra. Coprì il proprio viso con il braccio, chiudendo la mano a pugno. Un momento dopo ci sentì impattare contro una dura, spessa raffica di schegge strappate dal vento alla pioggia e sollevate da terra.
«Cosa succede?!»
Un paio, ne fu sicuro quando i loro solchi cominciarono a bruciare, gli sfrecciarono sopra lo sgualcito dorso del guanto, aprendovi dei tagli.
Si voltò in cerca di Carmenactìs. Gli strinse il braccio per dargli un appoggio e la tempesta ritornò, innescando ancora tutta la volta celeste. L'onda d'urto lo proiettò a terra, addosso alla neve. Gli fece sputare tutta l'aria che aveva nei polmoni.
Cadendo, Kyriako non riuscì a lasciare la pesa e trascinò Carmenactìs con sé. Vagamente, al di sotto dei potentissimi, lontani boati, lo sentì annaspare nel fradicio mare bianco.
Stava bene? Poteva essersi rotto qualcosa, il ghiaccio si nascondeva ovunque e...
Elettrizzato e desto, Kyriako rotolò per scemare il dolore della botta e si rovesciò supino. Le sue palpebre erano assaltate da un pungolante sfarfallio e le sbatté per liberarsene.
«Ashtà!»
Quella era la voce di Carmenactìs!
«Che cosa cazzo era quello?!»
Quella, invece, era la voce di Varra. Stava bene? Dov'era?
«Ashtà!»
«Qui!» Il suo urlo fu schiacciato dai tuoni del cielo. Sbattevano furibondi contro le nuvole, come una valanga di pugni.
Di nuovo s'immaginò l'uscio e, nel farlo, forzò il proprio corpo a tirarsi a sedere. Un bagliore d'agonia lo punse alla schiena.
Era caduto sullo zaino, intuì massaggiandosi la spina dorsale. Coperte e telo mimetico avevano fatto spessore morbido, mentre le suppellettili, le las-celle, lo stesso las-fucile, la gavetta e gli altri arnesi contenuti nel tascapane... contro quelli, realizzò mentre riprendeva fiato, era andato a sbattere.
«Sono qui!» Ribadì a gran voce.
Lord 'Talisseòn si stava rialzando. Un rivolo rosso gli colava dalla fronte, macchiandogli la mano con cui provava a tamponarlo. Aveva sbattuto la testa?
«Sto bene!» Esclamò rivolto all'amico. Si girò subito per valutare ad occhio le condizioni del suo mentore e con sua sorpresa trovò il commissario scuotere la testa, confuso. Imponendosi contro la neve sporca, Kyriako vide che dei suoi compagni era stato l'unico a rialzarsi.
Chi era il più grave, tra loro? A chi doveva somministrare il primo soccorso? Carmenactìs era intontito, ma sembrava tutto intero.
Varra stava annaspando caproni nella neve. Aveva perduto il berretto, rimasto semi-sommerso dal bianco. Corti capelli biancastri le cadevano sul viso sporco di fuliggine, facendola sembrare come una morta vivente uscita da una miniera.
Gli altri due compagni cadetti commissari, dei quali non rammentava il nome se ne avevano uno, si stavano aiutando a vicenda per rialzarsi. Bene, voleva dire che potevano cavarsela da soli. Meno fronti dei quali preoccuparsi.
Energie focalizzate.
Una cosa alla volta, gli avevano insegnato. Una cosa alla volta senza mai farsi prendere dal panico. Nel dubbio si avanzava e basta, senza se e senza ma. Il vento, affievolitosi negli ultimi istanti, insorse con rinnovata potenza.
Il mentore, dunque.
Lui aveva bisogno d'aiuto!
Tra i nuvoloni sventrati, attraverso le lacrime salite agli occhi, il cadetto-commissario scorse delle immense sagome volanti. Lungo un primo istante si trovò a non capire esattamente che cosa loro fossero, cosa stessero facendo lassù e da quale direzione erano giunte.
La vista di lunghe scie di fuoco alle loro spalle, fiammate azzurrine ed al calor bianco, lo colpì come uno schiaffo.
Cannonate a corto raggio, possenti al punto da innescare le nuvole. Urli titanici che sbattevano al suolo, inondando l'aria d'un vento che strappava l'udito.
Issatosi in piedi, trasse un respiro freddissimo.
Il cielo detonò per la terza volta in risposta ad una scarica d'artiglieria esplosa da un vascello all'altro. Gli spari s'elevarono, in senso lungo, più d'interi palazzi. Illuminarono a giorno tutto il temporale quando scoppiarono addosso al bersaglio. Fulmini immensi, ramificati e palpitanti, pulsarono nel cielo.
Dagli occhi gli partì un brivido di bruciante agonia e li coprì con la mano,trovandosi a guardare cento milioni di lividi, brillanti puntini neri.
Strizzò le palpebre per pulirle, ma ebbe poco successo. Le nuove folate di schegge gli si rovesciarono addosso con possanza, pungendolo alle braccia e dalle spalle. Scosse il capo, alzò lo sguardo al cielo e vide che le navi si stavano muovendo in parallelo.
Aloni di fiamma le contornavano, scavando solchi d'aria spostata innanzi alle loro prue. Brillando intensamente, le fiancate d'artiglieria ritornarono all'attività: luci stellari nacquero dall'alato vascello di cristallo, fissandosi con aggressività sulla sovrastruttura corazzata della sua avversaria di martian-ferrvm, minarat e pinnacoli.
Il ruggito d'un mostro gli afferrò le viscere, stringendole così tanto dafargli male. Avvertì una morsa ai testicoli, contemporanea a due pugni sulleorecchie. Schizzando in alto nel cielo, un soffione di macerie incendiate e fuochieburnei si staccò dal vascello imperiale, allungando scie pluri-chilometrichedentro le nuvole ancora integre.
L'avevano colpita...
L'avevano colpita! No!
No! S'impuntò sulle piante dei piedi e crollò a terra unmomento dopo, spintonato dal rovesciarsi nell'aria di centinaia d'urtischiaccianti. Capì che era stata una bordata di risposta, esplosa dalla naveimperiale in sprezzo dei danni subiti.
Il suo bersaglio sfavillò brevemente, travolto dagli impatti. Una delle lungheali d'iridescente cristallo, alta dallo scafo fin quasi ai reattori affilati, esplosein un'espansione di macroscopici frammenti.
Mentre ancora l'aria era imperversata dagli urti super-sonici delle cannonate, un sottofondo di grida in picchiata risalì fino alle sue orecchie.
Oh, no.
Sta franando!
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