Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" VI (1/3)
Ser Kyriako Yarusis-Ashtà, Juniores-Officiar Commissario-Cavaliere
"Le fortezze di Sol devono essere in perpetuo solide e salde.
Devono essere fiere invincibili, mostri di leggenda e mito con zanne lunghe -i fusti dei loro macro-cannoni- ed altrettanto feroci artigli. [...]
Questa fortezza di Hyur'Maltha Terraria deve, altre sì, essere mantenuta ad ogni costo e sarà mantenuta ad ogni costo, per tutto il tempo necessario. Ed anche oltre."
-Citazione pretenziosamente attribuita a Rogal Dorn, Praetorian ac Terra. Molto probabilmente si tratta di un ad-lib a Suo carico, pronunciata da un qualche anonimo in una data posteriore all'Assedio della Terra.
Vnto hoc Mvndvs, Domvs Aeterna.
Vnto hoc Mvndvs, Sacer Terra.
Vnto hoc Mvndvs, Imperivm.
-Inscrizione apposta in iridiòn, manualmente laccato in platino da cinquantamila lavoratori pii, sull'apice dell'Aeternitàr-Cancello Alpha, Placca Atmòs-Orbitale di Hyur-Maltha Terraria.
Sembra sia stata apposta dopo la sua ricongiunzione al nascente Imperivm, probabilmente M30.Y009
Imperivm del Genere Umano
Segmentvm Sol
Braccio di Orione, Sector Sol
Svb-Sector Sol, Glorioso-et-Fiero Cuore Capitale dell'Imperivm
Sistema Solare di Sol, Culla dell'Umanità e Mausoleo dell'Ascensione del Divino, Paterno Maestro dell'Umanità.
Sacra Terra, Mondo-Trono dell'Imperatore-Dio Nostro Immortale, Divino Signore
Placca Atmòs-Orbitale di Hyur-Maltha Terraria (ottomila e cento-trentadue metri di quota al di sopra del Sector Meditar-00)
Almeno mille metri più in basso rispetto allo strapiombo innanzi ai contrafforti merlati dell'Aeternitàr, in mezzo al copioso scorrere del vasto fiume nuvolose, un lampo beccheggiò.
Kyriako lo scorse di sfuggita, accorgendosene soltanto un secondo prima che svanisse nei densi, lividi rigonfiamenti del cielo.
Come, gli sovvenne, il pensiero d'un momento. Quella stilla improvvisa, ferocemente germinata da un qualche svb-pensiero di cui il cervello cosciente era, a malapena, al corrente.
Senza un crescendo a preannunciarlo, il gran boato si ramificò, andando a picchiare due volte la sua potente sferzata contro il fondo della Placca.
Un gorgoglio infernale, carico con una misura d'elettro-potentia che a terra, se avesse colpito un disgraziato, sarebbe stata letale.
Lassù, avendo come obbiettivo la crosta dura dell'Atmòs? Fu il tremore d'un secondo.
Forse anche meno.
Un tremolio rognoso, ben presto ingoiato dal continuo rullio delle arcane tecno-stregonerie responsabili dell'ancorare in posizione geo-synchro-stazionaria la Hyur-Maltha Terraria.
Lo juniores commissario-cavaliere si strinse nelle spalle; ai fulmini si faceva l'abitudine, lassù. Cadevano sempre negli stessi punti, a ridosso delle antenne-captvratrix, oppure sbattevano contro determinate isole-piastre conduttive.
Il loro sentiero non era deciso a priori, ma imbrigliato dall'antico continente celeste, asservito alla sua fame energetica e presto vanificato.
«Non ti mancherà tutto questo?», gli domandò Carmenactìs. La voce dell'amico agì come distrazione, richiamandolo a quel presente fatto di pietra, metallo e sottostanti mari di nuvole.
Da qualche parte, non avrebbe saputo definire dove di preciso, un nuovo lampo preannunciò l'insorgere di un altro fulmine.
Spazzato l'intramezzo tra i due elementi di merlatura a lui antistanti posandovi sopra il piede, Kyriako appoggiò le mani sul ginocchio. Dita spettrali, i vaghi ricordi delle vertigini di cui aveva sofferto nelle prime settimane di guarnigione, scivolarono lungo il suo collo.
I fulmini cadevano sempre negli stessi punti.
Le vertigini erano misere bugie architettate dei sensi. Rilassò le dita, non s'era praticamente accorto d'averle contratte.
Una squadriglia d'agili interceptores sbucò fuori a gran regime da un banco di nubi, due chilometri innanzi ai contrafforti della fortezza. Erano otto. Stavano tutti, notò, volando ad ovest. Rombavano a regime super-sonico, simili a dardi d'oro e bronzo scoccati su di una landa ingrigita. «Che cosa intendi con tutto questo?»
Seduto sull'intermezzo tra due merli, Carmenactìs sciolse l'intreccio delle braccia. Appoggiò i palmi sulla pietra blindata, guardandosi intorno con una sorta di curiosa lentezza. «La Terra, il Suo cielo...»
Una risposta secca, qualsiasi tra le due alternative possibili, sarebbe stata almeno per metà menzognera. «No. Non mi mancherà.»
Una mezza menzogna era meglio di una verità integrale. Non voleva che lui si tirasse indietro, che rinunciasse alle possibilità di carriera offerte dal servigio militante nei reparti della Joramvndea Crvci-Signata Host ac Hostès.
C'era onore in quel dovere!
Più di quanto, riteneva lui, ve ne fosse nel continuare a militare come glorificate sentinelle lassù nel cielo, ad otto chilometri dal suolo più sacro dell'umanità. La Sacra Terra gli sarebbe mancata, d'accordo, ma era ora di voltare pagina. Che cosa offriva, ormai? Il persistere noioso e monotono degli stessi pattugliamenti, delle stesse camminate diurne e notturne su quei contrafforti antichi, le lunghe ore sprecate nel marciare all'ombra delle quadrinate batterie dei macro-cannoni.
L'unico limite, pensò Kyriako guardando ad una fila di okeanìs-haulers che planavano in vista dalla bassa orbita, è il cielo.
Attorno agli scafi, le navis porta-acqua sfoggiavano enormi halos di fiamme d'attrito rosse e vivaci, in aperto contrasto con il grigiore del cielo.
Il nervoso rumoreggiare di quelle croste infuocate sfoltiva il bombardamento dei fulmini, agendo come seconda interferenza. Ancora più in alto, prima dell'orizzonte puntellato dalla Santa Luna e del Montvs, scorrevano su nastri paralleli una trentina di pluri-chilometriche navi da battaglia. Vere e proprie Navis-Nobilites, armate e gloriosamente cattive.
Pronte a partecipare alle guerre a venire.
Non diventerò l'aquila sclerotica nel pollaio.
L'amico di vecchia data schioccò la lingua in un singhiozzo impressionato. Kyriako corrucciò la fronte, immobile lì dov'era, un ginocchio schiacciato sul passante tra i merli a guisa d'Imperiale Aquila Bicefala e le mani appoggiate alla rotula.
Impressionato? Lo era davvero? Oppure stava semplicemente facendo finta? Lo voglio sapere davvero, in fin dei conti?
Il vento martellò sui contrafforti, ululando una corrente impetuosa pur se attenuata dalle interferenze dei Void-Aegidaì. Gli stendardi di posizione, uno ogni diciotto merli, sbatterono quasi all'unisono alzando un coro d'urti secchi, rigonfi. Erano lunghi riquadri dal campo rosso, appena più scuro dell'amaranto, incrociati al centro da due spade potenziate in verticale e da due scudi opposti in senso laterale.
Gli incorniciava una cintura d'allori sanguigni, le foglie segnate una per una dalla presenza d'un ghignante teschio d'avorio con ali di spade e cablaggi.
Strette a circolo intorno all'alloro campeggiavano le parole del motto della Hyur-Maltha Terraria, l'espressione del suo solerte, ma monotono, giuramento di vedetta e sorveglianza. In Hoc Limitatense Officio, Hastata Gloriam.
Vi era onore nella guarnigione disciplinata. Non lo metteva in dubbio, ma era dell'idea che quelle parole non dicessero tutta la verità. Quella, dopotutto, si sarebbe meritata un motto diverso, meno pregevole, certamente meno onorevole ed altisonante.
Vi era onore, ma nessuna carriera.
Aprì una delle tasche del cappotto scuro, traendone un pacchetto di Lvcky Russ fresco di tabaccheria. Se ne infilò una tra i denti, cercando lo ignìs. Dove aveva infilato quel bastardo figlio di puttana?
Fu l'amico ad offrirgli il suo. Lo ringraziò con un gesto del capo e gli porse senza dir nulla il pacchetto, gesto del quale lui favorì astenendosi dal far complimenti. Inspirò calmo una prima, lunga boccata di fumo. Sentendola scorrergli dalle narici, Kyriako chiuse gli occhi.
Di nuovo, in mezzo alla planata dei vascelli inter-stellari, tra i ruggiti super-sonici delle squadriglie d'interceptores che scorrevano lungo le loro aero-vie di pattuglia ordinaria e lo schioccare delle bandiere, un boato di tuono si fece udire.
«A te mancherà?»
«Onestamente?» Carmenactìs aveva quella strana abitudine. Alle volte, invece di rispondergli direttamente con una frase, lui replicava con una domanda, generalmente una richiesta a come voleva che lui gli parlasse. Era bizzarro.
Tante cose di lui gli apparivano tali. In cuor suo, Kyriako temeva che una parte della loro amicizia venisse più dalle stranezze che non condividevano, piuttosto che dai punti in comune. Carmenactìs era d'un pallore prossimo al traslucido, indizio della sua origine da un qualche angolo di medio formicaio, con guizzanti occhi verde marcio.
Il suo servigio come cadetto-commissario prima, commissario juniores dopo, l'aveva svolto presso il Cento-e-Quarantaquattresimo Reggimento dei Terran Praefects, sottoposto all'autorità del commissario Hylan Gìnna Orastara.
Kyriako era nato in Mercurio, sotto la pioggia cocente dell'astro di Sol, le nobilissime insegne patronali della Solar Torre e l'ombra del mostruoso, glorioso Sol-Mallevs. Il suo periodo come cadetto-commissario l'aveva svolto al servizio del Nono Reggimento delle Sentinelle Palatine, lo stesso reparto con cui sarebbe partito per la Crociata del Lord Solar, ovunque questi avesse voluto marciare le sue armate e le sue flotte vastissime. Sempre sotto le insegne del Nono era stato promosso da cadetto-commissario a commissario juniores, vedendo così premiati i suoi sforzi dall'onorabile persona del lord commissario 'Talisseòn Rodrighia.
Aveva guadagnato uno statvs, quel giorno. Un titolo, un primo serio passo sulla strada che conduceva al rango dei nomi più illustri, come Sebastian Yarrick, Decaius Kenesìt Mosdà, Krieglust, il famigerato August del Cancello Cadiano...
Uno statvs poi fortificato dalla presa dei voti come cavaliere-commissario. Era un ser, adesso. Non aveva terre e patrimonio, certo, ma li avrebbe vinti al seguito della Prima Armata.
«Sì», gli rispose.
Qual era stata la sua domanda, comunque? Il vento l'aveva portata via. Alzati gli occhi marroni al cielo frastornato dalle pieghe dei Void-Aegidaì, Kyriako rammentò che cosa avesse chiesto all'amico.
«Mi mancherà», lo sentì aggiungere. «E te lo devo dire: mi mancherai anche tu, Ashtà.»
Apprezzava il pensiero, davvero. Non sapeva come rendergli interamente la misura del suo apprezzarlo, ma sicuramente lui capiva. Annuì pian piano e fece cadere la cenere in punta della sigaretta. Il vento, pensò sorridendo, l'avrebbe sparsa nelle nubi di smog terrestre, mischiandola ai fumi degli incensi ed alle preghiere che l'esorbitante popolazione della Sacra Terra stava alzando in favore della Crociata.
«Ci saranno sicuramente occasioni di ricontrarsi durante la Crociata.»
L'amico guardò giù di sotto, pensoso. «Come fai ad esserne così sicuro?»
«Perché la XIV Armata è quella comandata dal Primo Signore Militante lord Arer Vendas, lo sai. Seguirà sicuramente la I Armata del Lord Solar.»
I loro antenati, almeno considerandoli sotto il profilo delle mitologie proprie dei Primi Uomini, si sarebbero rivolti nelle tombe innanzi ad una cosa del genere. I Re Rossi di Anthrax, fino alla seconda metà del Ventinovesimo Millennio, erano stati gli acerrimi nemici dei Regial-Koenighaìn Von Gianellen di Hive Regial.
C'erano centomila storie in merito alle loro guerre per il dominio di Armageddon e dei suoi mondi vicini. «Puoi starne più che certo.»
«Non vorrei sembrarti un credulone con queste mie parole, ma...»
Kyriako lo guardò inarcando un sopracciglio. «Ma? Ma che cosa?»
«Quell'uomo», confessò Carmenactìs, «mi fa venire i brividi. Lord Vendas.»
Che pensiero ridicolo!
«Siamo commissari.» Lo scandì impettendosi, fiero del poterlo dire dopo anni d'umile gavetta. D'accordo, juniores commissari, ma sempre ufficiali politici in pieno possesso del titolo e dei poteri, degli onori e degli oneri che ne conseguivano. «Non conosciamo brividi o paure.»
Non dovremmo. Guidiamo tramite l'esempio.
«Il vero coraggioso non è chi ammette d'avere paura e va avanti ugualmente?»
«No.» Chi aveva pronunciato una simile bestialità?! «Il vero coraggioso, amico mio, è chi non conosce la paura e basta. Guidiamo tramite l'esempio.»
Sul viso di Carmenactìs apparve un mezzo sorrisetto di circostanza. «Quindi, guidando in tal modo, dovrei sposarmi presto anche io?»
Ora, quello era un colpo basso. «Sai che situazione corre tra me e Lyriana.»
«Certo che lo so, stupido. Ti stavo canzonando.»
Sì. Mi mancherai. «Questa sera posso contare su di te?»
L'amico balzò in piedi abbandonando l'intermezzo tra i merli. Il tintinnio della spada potenziata, giacente a riposo nel fodero, precedette un mezzo scalpiccio da stivali alti, neri e lucidi. Kyriako si volse a fronteggiarlo, sentendo l'urgenza d'un sorriso premergli contro le guance.
Se lo concesse. «Non mi lascerai da solo, vero?»
«Credi davvero che ti farei una cosa del genere?!»
«Puoi consentirmi», lo rimproverò tra un colpo di risata e l'altro, «d'essere, giusto per una stilla, un po' nervoso?»
Carmenactìs gli batté una mano sulla spalla. «Sì, sì. Te lo concedo in nomine Imperator-Pater Devs, Primarchaì Filìs et Terrana Alma Sanctissima...»
Si liberò del mozzicone di sigaretta gettandolo via con uno schiocco di dita. In mezzo di mezzo istante svanì nelle correnti, trascinato chissà dove verso il mondo sottostante. «Posso baciare la sposa, adesso?»
L'amico si strinse nelle spalle. «No, mi spiace. Per quello dovrai aspettare questa notte. Ma secondo te ti pianto in cuor di titano?!»
«Sai quanto ho faticato per avere questo.»
«Lo so», annuì lui. «E sai che non approvo l'idea di te che ti trascini quella povera disgraziata attraverso la Crociata quando potresti startene qui e, con un po' di pazienza, fare il signore commissario.»
Kyriako avvertì la propria mascella indurirsi. «Certo, perché no?! Tutto quello che le offrirei così sarebbe la vita da moglie d'un ser nessuno con niente da darle e nulla da lasciare ai figli. Sono riuscito a strappare il permesso ai suoi genitori perché gli ho giurato innanzi, con lei testimone, che vincerò terre e ricchezze con cui mantenerla in ricca dignità.»
Carmenactìs soffiò via da sé un refolo di fumo. Aveva continuato ad opporsi a quella sua decisione sin dal primo giorno, ma non era lui a dovere provare qualcosa. Non sapeva.
Non poteva sapere cosa volesse dire.
«Ci sarò, non temere.»
«Non temevo la tua assenza, ma...»
«Mi hai chiesto d'essere il tuo testimone di nozze», affermò chiudendo una mano dietro la schiena. «Presumo che non sia una domanda di tutti i giorni e ritengo che se non la onorassi al mio meglio, cioè come intendo fare e lo vedrai questa sera, non avrei più una faccia con cui mostrarmi a te.»
Presumi bene.
«Grazie, Carm'.»
«Figurati!» esclamò lui tornando a sorridere. «Ma prima di rivolgermi cento grazie ed una stretta di mano, aspetta questa sera. Aspetta i regali e la mia sorpresa.»
Quelle parole lo inquietarono. «Carmenactìs, cos'hai fatto?»
L'amico si svincolò dal suo sguardo, avviandosi verso la torre-elevatrix a passi calmi. Kyriako s'accodò a lui, tallonandolo per chiedergli di nuovo di che cosa stesse parlando.
«Lo vedrai questa sera», fu la risposta. «E, per l'Imperiale Maestro dell'Umanità,ti piacerà. Non ti fidi di me?»
«In questo momento non quanto vorrei.»
«Rilassati! Se te ne stai tutto così rigido, non avrai una sola goccia di sangue libero per l'Actia Nvptimonia.»
Quel figlio di puttana! «Non puoi avere organizzato davvero una...»
«È uno sposalizio o una cena tra fidanzati, questa?! Non ci sta cerimonia senza l'Actia Nvptimonia!»
«Avresti almeno potuto avvisarmi prima!», lo sgridò piegato dalle risate. Aveva organizzato una... una... quel grandissimo bastardo!
Quel grandissimo, grandissimo bastardo figlio di puttana! Gli aveva organizzato un'Actia Nvptimonia a sorpresa!
«L'ho fatto!» gli disse posando la mano sulla maniglia del portone blindato d'accesso.Si strinse nelle spalle con finta noncuranza. «Adesso.»
«Mancano undici ore!»
«Il che non toglie che sia comunque prima. Ora ti lascio alla tua pattuglia, d'accordo? Ho degli affari da sbrigare.»
Kyriako rilasciò un sospiro. «Ti devo un grande favore, lo sai? Per questo, dico.»
Invece di rispondergli e condividere il momento di gratitudine, Carmenactìs spinse il portone all'interno e superò la soglia con un passo carico d'energia.
«Ho messo tutti i mattoncini fuori dalla scatola», canticchiò avviandosi verso la tromba della plactaforma-elevatrix.«Ma sono stati rovesciati! Li hai frantumati in tanti pezzettini. Ho messo tutti i mattoncini fuori dalla scatola, ma il cielo brontola fulmini. Guardo la mia casa tra i lumi del cielo. I mattoncini sono tutti fuori, i postumi del tuo passaggio...»
Il cielo brontolò, schiantando da qualche parte un fulmine più duro dei suoi predecessori.
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