Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" IV (6/17)


«Guarda», le disse lord Rex toccandole la spalla. «Al di là della china.»
Si stava riferendo all'ingresso al Gaustas-Volost Templvm? Ma lo vedeva, quello! Fronteggiava il cielo con un profilo arcigno, torreggiando in statura sugli archi. Ormai non distava che qualche chilometro.

Il profilo d'una larga, rialzata e squadrata piazza di ferro aveva perfino fatto capolino sopra alla roccia rossa, in rilievo sull'altura dove terminavano le scalinate.
«Cosa, m'lord?»
Il Basilikòn-Ghjallahourn raddrizzò la schiena. La sua fronte non era più corrucciata. Sopra le orbite Shiur poté vedere un rilassamento, anzi, che la mise di buon umore.
Il vento gli faceva sbattere il mantello.
«Il Padre di tutti i tuoi genitori.»

Stava dicendo sul serio? Non aveva molto senso, per lei. Non aveva un padre! Si riferiva allo Spirito-Macchina del suo sarcophagòn di vitro-gestazione?
No, era un'idiozia. Il suo sarcophagòn era in Aacharia Secvndìs. Probabilmente stava coltivando una sua prossima sorella, anzi. E poi, per quale ragione si sarebbe dovuto trovare su Marte? Non aveva fatto niente di speciale o che si meritasse tutto quell'onore.
Dunque, chi poteva essere? «Il padre di un vitro-utero?»

«Era una figura retorica, svb-adepta» disse lui. Licenziò la questione con uno scatto della mano, quasi punto dalla sua domanda. Forse quella dei vitro-uteri sarcophaghìs era una conoscenza teologica che reputava sotto di lui.
Aveva rallentato il suo passo per permetterle di seguirlo. L'Arch-Magvs, spedita come una mag-lev, era quasi al termine delle scale. Divorava i gradini con grandi passi, grevi e lunghi. L'arcata che apriva al Templvm torreggiava sulla sua kyra-patrona, facendola piccola come un insetto. Due enormi colonne sostenevano la volta. Bianche come la neve, che aveva visto solo in Glacialis, anche loro allungavano ombre lunghissime sopra agli archi.

In rilievo sulle facciate dei capitelli si mostravano giganteschi gli stemmi del Cvltvs Mechanicvm. Il nome del Templvm ruggiva inciso dentro una pergamena di scura pietra lavica. Le lettere erano più alte d'interi palazzi e tutte vermiglie.

Quanto misuravano? Quattrocento metri? Cinquecento? Di più?
«Tra poco i tuoi bio-visori dovrebbero essere in condizione d'apprezzarne l'interlineatura.»
Shiur si rabbuiò. Avrebbe voluto degli occhi bionici, più pungenti e forti di quelli che aveva, al posto delle sue iridi bluastre. Con degli occhi artificiali avrebbe potuto vedere tantissime cose, avere una noosphera tutta sua e leggere Data-Stringhe senza adoperare strumentazioni.
La sua kyra-patrona, però, era stata categoria.

Non era ancora pronta per quel genere d'innesti. Doveva accontentarsi degli occhi con cui era nata e i loro limitati, umanissimi quindici quindicesimi di vista. La limitazione la snervava.

Perché doveva essere inferiore, di fatto e di nome?
Al di sopra dell'orizzonte della piazza si stava delineando qualcosa. Era una figura molto alta se poteva vederla da tanto in basso. Forse, pensò la giovane, era sostenuta da un rialzamento o da un piedistallo. Una cinquantina di metri dopo, riuscì a scorgere una punta argentea, come quella di un benedetto bossolo, fiancheggiarla sulla sinistra. 

La voce di lord Rex le giunse in un sospiro eccitato. «Eccolo.»
Di chi parla? Se avesse saltellato sarebbe riuscita a vederlo? Aacharia aveva più pressione atmosferica di Marte, l'aveva letto e sentito dire, ma non era certa che la gravità artificiale del Padre-Pianeta potesse concederle un grande balzo in alto.
Quando i gradini della scalinata finale cominciarono a scivolarle sotto i piedi, però, la figura andò delineandosi, man mano chiaramente. Scintillava, tutta di granito e marmo e metallo. La punta le si rivelò, dopo qualche altro passo, come la testa d'un grande missile.
Era un uomo la figura che la fiancheggiava.
«Parlavate di lui, lord Rex?»
Il Basilikòn annuì, le mani sempre intrecciate dietro la schiena. «Uno Positivo, svb-adepta. Lui è il Primo dei Primi, lo sapevi?»
Il Primo dei... «Pensavo che fosse solo una leggenda!»
«Solo una leggenda? È la tua storia, Shiur!», la rimproverò scoccandole un cipiglio aggrottato. Le dispiacque vederlo arrabbiarsi e schivò il suo sguardo, abbassando il proprio. Rex le toccò di nuovo la spalla, ma non volle guardarlo. 

Non le piaceva essere rimproverata e poi non sapeva che cosa dire. Era brutto scontentare lui o la Io-Originaria, la lasciava con una stretta allo stomaco che sapeva di bile, di tenaglie chiuse. Era delusione, quella? Il tocco del Basilikòn riprese, pungolandola.
«Ora dovresti poterlo vedere con chiarezza», le disse indicando con l'altra mano la cima della scalinata. «Lassù, oltre gli Skitarii che lo onorano con la loro guardia. Alza gli occhi. Rendigli un saluto, per dire che cammini dove ha camminato Lui.»
Convinta dall'insistenza con cui lord Rex la scuoteva, Shiur guardò in alto. Senza sapere che cosa aspettarsi di preciso, seguì il disegno d'una grande ombra distorta, alla sua base, dall'ardere di sedici fiaccole innestate sopra ad altrettante asce-ingranaggi, le armi degli skitarii lì di guardia.
L'ombra era lunga, spessa e quasi rettilinea. 

La tallonò per alcuni secondi, concependone la dimensione dalla sua proiezione sugli scalini, prima d'incontrarne la fonte. Scoprire che per tutto quel tempo lei aveva camminato sotto i Suoi occhi la portò a cercare lord Rex, che le annuì da dietro le spalle.

«Il Primo dei Primi.»

Algido su di un piedistallo di marmo bianco, un voidnauta giganteggiava sugli skitarii disposti a proteggerlo e rendergli la gloria d'una veglia eterna. Il pugno destro, saldamente chiuso, s'appoggiava al tronco del missile che s'innalzava al suo fianco.
Nella mano sinistra, protesa a mezz'asta verso il cielo, stringeva una sfera blu puntellata da ignoti continenti marroni e verdi, screziati da creste bianche e marroni, con sprazzi rossi e dorati a frammentare qualsiasi sua uniformità.
Non poteva vedere i Suoi occhi, protetti dalla visiera polarizzata del casco, ma li sentiva pungerla dall'alto, sfidarla a contemplarlo. Voleva che si riconoscesse in lui, in ciò che aveva fatto. Voleva che lo imitasse per poi superarlo.
E voleva che leggesse il Suo nome.

«Philippidès Mark-Jasonivs Watt-Nay Phrayn», le uscirono dalle labbra quasi spontaneamente, contro il tessuto della maschera di respirazione. «Il Primo Marziano.»
Erano tutte incise sul piedistallo, prima in una capitolare grafi-lingua che stentava a riconoscere e poi, più in piccolo, in Gotico Alto ed in Lingva-Technìs.

«Nominato come suo zio per portarne oltre lo spirito» enunciò lord Rex alle sue spalle. «E, da noi posteri, ribattezzato come lo Ei Fu Ares, Conquistatore di Marte
Le colonne delle colonne fiancheggiavano parallele il grande voidnauta. «Ares...»
Il vento s'alzò in un sospiro freddo. I drappi pendenti degli archi sbattevano con ferocia, scossi dalle sue raffiche. Le sembravano alzare come una musica di tamburi. Uno hymn-anthema in onore di Watt-Nay Phrayn, suonato dalle prove della sua discendenza.
«Sì, Ares. In eoni antichi si dice che fosse il nome di Marte.»
Perché era stato cambiato, allora? Ares aveva un suono feroce. S'immaginò uno skitario di bronzo ottonato e piombo, con un mantello rosso alle spalle. A difendere il suo capo si stagliava un grande elmo di ferro, crestato di fuoco. «E poi?»

«Si tratta di una leggenda, Shiur. Non credo vi sia un poi di cui discutere. Le storie antiche» scandì lui, lo sguardo rivolto all'approssimarsi della piazza «dicono un sacco di fatti.»

«Però hanno sempre un fondo di verità, non è così?»

«Sei matematicamente certa di quel sempre, svb-adepta?»

Lo era? «Ho sentito dire che è così...»

Il lord Basilikòn alzò lo sguardo ad incontrare quello della statua. «Come volevasi dimostrare. Sì, è vero che certe leggende hanno un fondo di verità. Ne hai una davanti agli occhi: Lui è veramente esistito, ha davvero conquistato Marte ed è stato davvero il Primo Marziano. Altre storie sono esagerazioni ingigantite di bocca in bocca.» Non riusciva a scovare il senso dietro quel distinguo. Come si faceva a dividere quelle con un fondo di verità dalle altre? Era possibile, almeno?

Strinse le bretelle dello zaino, trasse un respiro profondo dalla maschera e affrettò il passo, gli occhi rivolti sul casco del Primo dei Primi.

Mark-Jasonivs era un nome bellissimo. Per lei aveva un suono proprio epico, antico.
Era degno di stare in compagnia d'una di quelle leggendarie figure dell'Era degli Eroi, di Joramund e Vronegard il Capostipite dei Von Gianellen, Djin'jnea N'mria, la Principessa Guerriera Xenya Tinysia, Zelda di Zevona ed Aemon il Cavaliere del Drago, Thor Torian, Symeon Occhi-di-Stella, i Figli delle Foreste, Alexandròn Crò-Magnon III Romanov, Giles il Sovrano-Cavaliere dei Bretoni, Lamn l'Astuto che aveva fondato i Lamn'Ishtar come ramo parente dei Tinysia, Arcturus Vynd-Saehr il leggendario cavaliere onorevole e fondatore di Altavista, Xenophòn di Releil, Anriath HeakillÄ il Primo Re dell'Inverno che aveva costruito la sua fortezza con l'aiuto di Joramund...
Ce n'erano altri centomila. 
«Ti dico, svb-adepta: secondo una leggenda, l'intero universo esiste dentro contenuto dentro l'occhio di un gigante addormentato che si chiama Brandon.»
Ridere era inopportuno. Cercò una distrazione nell'uragano dei servo-teschi. «Ma questo è impossibile, lord Rex. Ce ne saremmo accorti.»
Non ridere, non ridere...
L'intero universo, oltre novantadue miliardi di anni-luce, contenuto nell'orbita di un gigante! Quanto sarebbe dovuto essere grande per renderlo possibile? E la superficie interna della palpebra?

Vederla dal centro del punto d'osservazione sarebbe dovuto essere possibile. Era chiaramente una falsità, proprio come la storia del "Grande Albero Potente". 

«Vedi, dunque, che non tutte le leggende hanno per forza un fondo di verità?» Il tono le sembrò di misura, quello che ci sarebbe aspettata di sentire usare con una sciocca. La credeva un'idiota? Gli lanciò un'occhiata di sottecchi, guardandolo togliersi il cappuccio.
Il Lord Basilikòn rivolse un rispettoso cenno al voidnauta.
«L'universo non si trova dentro l'occhio di un gigante, Shiur.» Pur con il brusio di sottofondo dei servo-teschi in volo, la giovane sentì quelle parole forti e chiare. Le pizzicarono il collo. «Il Lord Solar Macharius non tornerà dall'oltre-tomba al comando di un'armata di eroi morti e fatti risorgere per combattere all'ultima ora del Genere Umano.»
Spostò l'attenzione sulla piazza. 

Era dura sotto le suole degli stivaletti, coriacea e fredda. Ranghi di cromati Cog Mechanicvm, incisi nelle piastre ottagonali, si susseguivano con monotona perfezione. Picchiettò la punta del piede contro le zigrinature.

Erano numeri. Successioni copiose e precisi di versetti in Lingva-Technìs. Riconoscendo soltanto pochi termini tra migliaia di definizioni codificate, la svb-adepta sentì un'intuizione farsi strada nella sua mente.

Quello, lo sguardo le cadde sul suo ordine monotono e per questo così perfetto, doveva essere un dialetto marziano d'antichissima data. Purtroppo i suoi riferimenti arcaici le sfuggivano, il loro senso nascosto da chissà quale chiave di rosetta interpretativa che le mancava. Dov'era la sua kyra-patrona? 

«I Vynd-Saehr non custodiscono il cadavere imbalsamato del loro sovrano ancestrale nelle cripte di Altavista, i dragoni di Valayr sono estinti da millenni e i Gelidi Estranei sono soltanto una favola buona a spaventare i bambini. Un mito, forse la demonizzazione di una popolazione particolarmente guerresca di Arenati. Magari erano tecno-barbari cugini delle genti di Spathian e nulla di più.»

Annuì, ingoiando un grumo di saliva. Aveva cercato di non ascoltarlo, non troppo perlomeno, ma non era riuscita a non sentirlo. Non voleva quella versione della realtà, però. Di ciò ne era sicura. La realtà di lord Rex era deludente.

Era tutto deludente! Quella concretezza non lasciava nemmeno uno spazio libero alle leggende antiche, alle loro glorie. L'Era degli Eroi era stata grande e quelle figure l'avevano popolata! Joramund aveva sconfitto gli Estranei, demoni di ghiaccio e morte.
Dopo una notte durata un'intera generazione e il trionfo nella Guerra per il Ritorno dell'Alba, lui aveva fondato la Guardia di Bren per difendere i Regni degli Uomini dalle minacciose predazioni dei Gelidi, qualora questi fossero tornati.
Ridurre i demoniaci Gelidi a degli umani era così riduttivo! Perché avrebbe dovuto edificare quelle mura, allora? E tutte le sue altre costruzioni? Joramund aveva lavorato con la magia, ad un livello che i magos si sognavano! «Io comprendo quello che dite, m'lord. Però...»
«Però? Però che cosa, Shiur?»

La svb-adepta non rispose immediatamente. In verità voleva cambiare discorso, adesso. Non le andava di continuare su quella riga. Indicò le colonne, passando da una all'altra con la punta dell'indice. «Però... loro chi sono, lord Basilikòn?»
Due ranghi di grandi figure erano impresse sulla parete, subito al di sopra dei capitelli. Addobbate con le lunghe tuniche rosse proprie del Cvltvs Mechanicvm, si protendevano in avanti come a volere raggiungere qualcosa di prezioso. Le loro braccia avevano maniche larghe, cadenti.
Uno sguardo alla loro plasticità le diede un senso di movimento. L'intenzione degli scultori doveva essere stata quella, il volere di creare l'idea d' un grande slancio che impregnava tutte le figure portandole ad allungare le braccia al rosone sopra la cuspide dell'architrave.
Paralleli, si sostenevano dal basso verso l'alto nell'ascesa, un rango sulle spalle dell'altro. Seguì la loro ascesa e scoprì che il rosone era una raffigurazione di Marte, tutto rosso e perfetto. La terra sulla quale stava camminando, lì in scala, veniva sorretta dalle mani metalliche d'un titano vestito di scarlatto. Il suo viso era una gelida maschera di ferro.

Offriva un'espressione identica al ghigno scheletrico e bionico del Cog Mechanicvm. La illuminavano dall'alto, tuttavia, i fitti e numerosi raggi cadenti d'un grande, aureo halo che estendeva venti aguzze, strette e lunghe punte. 

Quella era la decorazione degna di un re, d'un sovrano-militante, forse addirittura di un Lord Solar come quello che l'Imperivm aveva eletto!

«Non conosco le identità di tutte le figure» mise le mani avanti lord Rex. «Conosco solo quella delle due maggiori.»
«Sì, mi riferivo proprio loro!»
Il lord-magos le rivolse uno sguardo innervosito. Gli servì un secondo perricomporsi continuando a camminare di buon passo incontro all'ingresso. IlTemplvm torreggiava, immenso e padre di fredde ombre.

«Quello a sinistra è il Void-Magistro Arch-Magos Dominvs Dominarvm Arcaechiòn-Lord Irnerion Vernao» le rispose lord Rex. 

Il tecno-prete allungava la mano al Pianeta Rosso. Circumnavigando le sue dita, notò Shiur, piccoli razzi d'argento scrivevano orbite dalle scie appena percettibili. Coronava la sua tiara da Arch-Magos Dominvs Dominarvm una riproduzione della Sacra Terra e della Santa Luna, simili a quelle che aveva la Dea-Madre del Culto dei Sette.

Racchiuse in una raggiera ad halo armato di dodici punte, le culle dell'umanità palpitavano deboli bagliori sul suo cappuccio ornato d'oro.
Nella mano libera, la più bassa, stringeva un pugno di frecce segmentate. Shiur spostò il suo sguardo a destra, alla tecno-pretessa che fronteggiava l'Arcaechiòn-Lord. La dama, vestita di rosso, colse la sua attenzione perché in una delle sue quattro mani bioniche stringeva una provetta.
Il liquido al suo interno era animato da un debole bagliore d'indotta radioattività. «Presumo che lei sia una Yadernoi-Magvs.»
«Sì.» Fluttuava, a pochi centimetri di distanza dal suo cappuccio, un circolo di roteanti dardi di ferro, luminescenti come la provetta.
Al di sopra di quell'aureola di ferro, la runa avvertente il pericolo della radioattività lampeggiava balugini vermigli. Era strettamente racchiusa dentro il perimetro di due cerchi d'allori dorati. «Ciò che sappiamo della nostra antiche mitologie la vuole nominata come Arch-Magvs Yadernoi-Radia lady Mariana Pol'urìe.»
Si dispiacque di non conoscere quel nome.
«Mi scoprite ignorante, m'lord.»
«Non te ne faccio una colpa, per ora: sei giovane... e comunque pochi si ricordano di lei.»    

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