Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" IV (5/17)
La scaletta cigolò sovraccarica.
«Darn» imprecò lord Rex. Era dietro alle sue spalle, fermo. «Questa sarà una lunga camminata.» Non aveva mai sentito quella parola espressa in Lingva-Technìs.
Le altre svb-adepte non la conoscevano quindi, pensò con un ghigno smaliziato sul viso, avrebbe potuto venderla in cambio di qualcosa.
Rassettò la stretta delle bretelle dello zaino sulle spalle. Scoccato un dardeggio degli occhi all'ascesa imminente, la giovane sentì le ginocchia pesarle sui piedi. Una lunga serpentina di scalinate basse, tutte bianche e metalliche, s'inerpicava verso le porte del Gaustas-Volost. Devono essere... tipo... migliaia di gradini!
Il Basilikon estrasse il puntale del bordone dalla sabbia, avanzò di qualche passo incontro alla piazza bianca, principio della lunga scalinata, la superò sfiorandole la spalla con la mano. Era un invito a seguirlo? Il lord s'impuntò proprio all'inizio dello spiazzo sopraelevato.
Osservò in silenzio mentre, tenendo rivolto il suo sguardo alla cima così distante, lui si gettava alle spalle l'ornato cappuccio della tunica.
Lord Rex non aveva capelli.
Egli era calvo, ma dalla parte più alta della nuca gli colava verso la schiena una cascata di cavi-mechandriti, tutti curvi ed affilati, stretti dai confini d'un arco metallico che sembrava la cresta d'un cimiero.
Sul dorso della panoplia era impresso, dentro un circolo di numeri coronato dall'incrocio d'un fucile ed una spada-ascia potenziata, lo stemma della Scholam-Gilda Ghjallahourn.
Shiur chiuse le mani attorno alle bretelle e s'incamminò per seguirlo, ma i suoi occhi erano già andati oltre la figura del superiore, al percorso che saliva a raggiungere le ampie porte. Ancora un cigolio pesante, preceduto da un tonfo duro.
Si guardò indietro.
Il Tech-Astarte era sbarcato dal modulo di guida del rovererian e con lui c'erano gli skitarii protettori dell'Arch-Magvs e del lord Basilikon. Nanerottoli. Bambini piccoli messi vicino ad un uomo adulto comunque troppo alto.
Lord Phorianus s'incamminò per raggiungere lo spiazzo. Guardava in alto, le lenti del suo elmetto ancorate alla cima ed all'uragano di servo-teschi che vi volavano intorno. La superò in poche falcate, tutte battiti duri prima contro la sabbia marziana e, poi, schiacciati sul lastricato degli scalini.
Shiur distolse lo sguardo, rifuggendo dal contatto visivo con il gigante. La sua kyra-patrona, sbarcata a propria volta, stava arrivando. Le fece cenno di cominciare a salire, indicandole con tre braccia il camminamento che saliva incontro al cielo. Lei, se ne accorse dopo avere cominciato a percorrere lo spiazzo, non si era tolta il cappuccio.
Raccolti i lembi della tunica, Shiur cominciò l'ascesa. Il vento era insipido, pieno di polveri dure. Le sbatteva contro il viso e faceva stormire il tessuto grezzo del suo cappuccio.
Sette scalini avanti a lei, all'altezza dell'ottavo passo, ad incontrare il suo cammino s'alzava un arco di passaggio impresso su due colonne di sostegno e sorvegliato da quattro skitarii. Montavano sul capo grandi elmi crestati di fuoco.
China in avanti, la svb-adepta si sentì l'animo trafitto dai loro occhi. Erano severi, in qualche modo lo sapeva già.
Sbirciò tra un passo e il seguente, intimorita dalle figure di guardia. Occhi elettronici, freddi e senza palpebre, le risposero senza replicare, senza distrarsi, voltarsi o scoccarle cenni. La stavano sorvegliando, ma al tempo stesso accettavano che non era una minaccia.
Se lo fosse stata, pensò, l'avrebbero folgorata da tempo con le loro las-partigiane. Non avevano un puntale ma una testa di potenziata ascia bipenne, rincarata per ospitare al proprio interno la canna d'un las-hellgvn, la cima era una lama alta, ampia un palmo di mano, nera e cromata ai bordi. Sull'innesto mostrava un'incisione del Cog Mechanicvm.
Sotto ad esso, racchiusa dentro una precisa miniatura capitolare, v'era la raffigurazione dello stesso Templvm, marcato a fuoco sulla lama.
Avevano grandi scudi a cuspide, tutti rossi, tenuti in equilibrio con una mano metallica posata sulla cresta e ben chiusa. Sopra al polso campeggiava un las-fucile integrato nell'arto. Alle spalle avevano lunghi mantelli, intrecciati ai gomiti, appesantiti da numerose bande di bronzo. Erano collezioni, riuscì a capire quando fu più vicina, di placchette.
Storie belliche, battaglie che avevano combattuto, incise nel metallo. Ognuna offriva la storia di una battaglia nella quale quel particolare skitario aveva sparso sangue nel nome del Cvltvs Mechanicvm. Le cappe erano adombrate dalla figura dell'arco.
Lo stesso simbolo del ponte, il cerchio segnato in centro da una singola linea retta, campeggiava eburneo sull'architrave.
Sopra l'arco, stolido contro la gravità e il vento, un grande numero Zero spandeva luci di fiamma.
I guardiani restarono immobili al suo passaggio, senza considerarla. Come li ebbe superati si sentì lieta di non trovarsi più sotto il loro sguardo... in tempo per, volgendo lo sguardo al proseguo del cammino, scoprire un'uguale composizione otto gradini avanti a lei.
L'arco successivo issava un numero Uno.
Uno scatto ruppe il silenzio. Le guardie si disposero su due file ai margini, subito di ritorno all'immobilismo, in risposta all'approssimarsi alla loro posizione di lord Rex e dell'Io Originaria l'Arch-Magvs.
«Monte Martello ha una scalata come questa.»
Il Tech-Astarte era sopravvenuto alle sue spalle. Il suo era un cammino di falcate ampie e pesanti, all'apparenza inseguenti un ritmo umano.
«Monte Martello è la casa del vostro Capitolo, lord Tech-Marine?»
Sentì un cigolio metallico quando il suo interlocutore abbassò lo sguardo su di lui.
Le lenti dell'elmetto erano immobili feritoie cianotiche, tenuemente palpitanti. «Padre del Ferro», disse. «Non Tech-Astarte.»
Shiur strinse le bretelle dello zaino. «Ho letto che quelli di voi che sono iniziati al nostro culto vengono detti Tech-Astartes.»
«E quello che hai letto, svb-adepta, è parzialmente vero. I miei simili provenienti da altri Capitoli dell'Index Astartes, slegati dall'Eredità di Medusa e di Ferrus Manus, sono detti Tech-Astartes, oppure Tech-Marines. Ciò dipende a seconda di quanto corra il desiderio d'impiegare un tecnicismo corretto.»
Era un gioco di parole? «Voi usate un titolo diverso.»
«Ciò», computò il gigante di ferro alzando la testa, «è corretto. Non annoveriamo cappellani nei nostri ranghi, né Tech-Astartes.»
Il primo dei due termini non le disse niente. Che cos'erano i cappellani? Poteva chiederglielo o si sarebbe offeso per la domanda? Se fosse stato un quesito inopportuno?
«Traggo da questo silenzio che tu non mi abbia compreso, svb-adepta.»
«Non del tutto», minimizzò Shiur. Lord Rex e l'Io Originaria li avevano superati, intanto, portandosi a tre pianerottoli di vantaggio. «Non conosco la figura del cappellano. Posso chiedervi che cos'è?»
«Sì.»
Bene, non si era offeso! Si risolse di sostenerne lo sguardo. Attendendo che, di nuovo, la sua roca voce metallica si facesse sentire, Shiur sentì il vento marziano soffiarle addosso un velo di pungenti granelli di polvere di ferro e scintille raffreddate.
Faceva freddo, lassù.
Lord Phorianus picchiettò con due dita contro il tronco della sua versione dell'ascia-ingranaggio. Sulla cima montava un martello. «Ebbene?»
«Scusatemi?»
«Avete chiesto se potevate chiedermi», rullò in avanti la sua voce. «E vi ho risposto.»
La svb-adepta aprì la bocca per dire qualcosa, frenando subito. Per davvero l'aveva intesa quel tanto letteralmente? «Pensavo che fosse ov...»
«Sottinteso, più che ovvio. Sì, in ogni caso. Lo era», dichiarò il Padre del Ferro. Un roccioso, cadente sbattere di metallici sconquassi filtrò fuori dalle sue ghiere respiratorie. Stava ridendo!
Ride di me!
«Ti stavo prendendo in giro, svb-adepta», la canzonò riprendendo il cammino. Shiur lo inseguì alzando gli occhi al cielo marziano, infastidita dal gesto. «Pensavi che non fossi capace d'intendere un quadro di logica verbale sottintesa né di operare uno scherzo?»
«Non proprio...»
«Dunque oggi hai appreso qualcosa.»
Raggiungerlo le costò allungare il passo fino a sentire il fiatone. Il gigante le serbò uno sguardo di misura, sopra la spalla, prima di continuare ancora per qualche passo a darle polvere. Rallentò solo a pochi gradini dall'imminente arco di passaggio.
Gli skitarii, vide Shiur riprendendo fiato, se ne stavano solerti nel loro immobilismo.
«Monte Martello ha più aria di Marte.»
«Ho letto che un tempo c'erano dei mari, qui!», esclamò la svb-adepta raggiungendolo. Si era fermato per aspettarla. «Grandi mari, fatti dai Primi Marziani. Oggi rimangono solo dei macro-laghi...»
«Conosci i nomi di questi mari, svb-adepta?»
Cogliendo la domanda come un'occasione per rimettersi al passo con lui e non restare ancora indietro, Shiur alzò il braccio ad indicare il nord. «Una volta quello era il Northerne Thalassa.»
Al di là delle immense figure del Mons Olympvs e del Mons Delphi, superando anche il Titanoì Simulacro della scomparsa Magma Urbe, la figura azzurro-verdastra del Northernia Lacvs era appena visibile sotto ad un letto di nubi.
Quando l'Oscurità Post-Zenith aveva ingoiato l'umanità e le creazioni degli Uomini d'Oro erano andate rovinate o in frantumi, Marte aveva sofferto la perdita di tanto di quell'eco-habitat che gli era stato donato dagli antichi.
Il Cvltvs Mechanicvm degli esordi era riuscito, tra grandiose fatiche inscritta nella pietra dei monumenti e gloriose imprese d'ingegneria planetaria, a preservarne certi aspetti, ma non a replicare le glorie terraforma-strutturali dei millenni venuti prima di lui.
Sui libri dell'Arch-Magvs aveva letto di tante meraviglie e di come molte di quelle realizzazioni erano andate perdute.
L'Arcanoi-Tabibliàs dell'Arch-Magvs Xelaydiaa Ayrtseela'Dersena, che veniva citato come antico nelle Memoriam Technìs dell'Arch-Magvs Dominae Lady Koriel Zeth, era preziosissimo perché offriva cento-ed-ottantuno picto-graphie a colori di com'era stato Marte nei millenni dello Zenith.
La sua Io Originaria kyra-patrona le aveva permesso di guardarlo attraverso una phasòs-techa e sfogliarlo con l'ausilio di una iono-bacchetta.
All'inizio la proibizione di toccarne le pagine le era stato stretto, qualcosa da superare perché ingiusto, ma poi aveva capito il motivo di quelle precauzioni.
Come uno schiaffo, realizzare il motivo di quel divieto l'aveva colpita all'altezza del sommario. Contenuta sopra l'Index dei capitvlas, la ragione era stata insita in una semplice dicitura.
"Finito di stampare in Cygnus Terra nell'Anno Domini 16.990, Secondo Giorno di Novembre."
Nessuna datazione imperiale, non che lei sapesse, rispondeva a quel canone. Anno Domini, aveva scoperto con delle ricerche, era stata una dicitura precedente il Millennivm Imperialìs, anche se la sua origine era sconosciuta e senza riferimenti salvo che una voce tutta oscurata in merito ad un qualcosa chiamato Caterichesimo ed un lancio-collegamento agli eretici mutanti lionìs.
Cygnus Terra, invece, non le aveva detto niente. Esisteva ancora?
«Era il solo mare?»
«No, non era l'unico! A sud ne esisteva un ulteriore, che era chiamato Mar Hellenichea. Oggi lo chiamano ancora così, almeno vicino ad Hellades Martes, però...» Le dispiaceva non poterlo vedere per com'era stato. «È un grande lago chiuso.»
«Monte Martello ha numerosi laghi d'alta quota sparsi nelle cime vicine», dichiarò il Padre del Ferro, scavalcando tutte le parole che lei gli aveva detto. Ma che razza di bruto! Cambiare discorso così! «Puntellano la dorsale in cui Lui ha luogo. Vi sono taluni rimembranti-historicisti trikelici che sostengono siano opere dei loro antenati.»
Se fosse stata l'Arch-Magvs gli avrebbe fatto notare la sua maleducazione. «E voi credete che lo siano oppure date loro torto?»
Shiur sapeva di non essere la sua Io Originaria. Non poteva parlare agli Astartes come suoi pari, né lamentarsi di come quel Tech-Marine le aveva impedito di raccontargli tutto quello che aveva letto in merito al grande Marte.
«Io penso che sia del tutto indifferente.»
Ah. Brutale. «Qualcuno li ha fatti, tempo e tempo fa. Ottimo. Forniscono acqua dolce? Sì. Hanno eventuali riserve di cibo? Si. Ora, con questi due dettagli in mente, è fondamentale sapere chi ha realizzato quei laghi? Sia stata la primigenia natura del nostro mondo o siano stati i predecessori dei trikelici, oppure qualche mente dell'Era Oscura della Tecnologia per il suo diletto o perché non aveva altri impegni da attendere, il risultato scavalca l'identità.»
«Quindi non serve sapere chi siano stati i giganti?»
«Quali giganti, svb-adepta?»
Si diede un tono intrecciando le mani dietro la schiena, sotto lo zaino. «Una volta un saggio disse che noi siamo nani sulle spalle dei giganti.»
«Probabilmente», la voce del gigante emerse cavernosa, «quel tuo presunto saggio stava riferendosi ai Primarchi da cui discendiamo noi Adeptvs Astartes.»
Ma l'Arcanoi-Tabibliàs era antecedente alla fondazione dell'Imperivm! Non aveva senso. «Ne siete sicuro, Padre del Ferro?»
Lei non lo era, però dirglielo avrebbe potuto offenderlo. «Uno positivo», tuonò il gigante. «Loro sono stati gli unici veri giganti. Gli altri sono creature di miti e leggende.»
«Questo saggio di cui ho letto, ecco... lui diceva che noi posteri possiamo vedere lontano proprio perché siamo sulle spalle dei giganti. È la loro altezza smisurata a darci la possibilità di contemplare l'orizzonte.»
«Indubbiamente un riferimento criptico ai Primarchi. Forse questo tuo grande uomo savi era più ignorante di quel che credi, svb-adepta, e non sapeva nemmeno i loro nomi.»
«Avete detto che il risultato scavalca l'identità.»
«Sì, l'ho detto», commentò il Tech-Astartes superandola, diretto a lunghi passi verso la cima della scalata e la porta del Templvm. «Però non ho mai detto che sia vero o quel che io penso.»
Ma... ma... che stronzo!
Oltre il ventesimo piazzale scavato nella roccia la via cominciò ad estendersi. Gradualmente, passo dopo passo, maturò otto metri aggiuntivi al suo tracciato, che proseguiva sotto sessantaquattro archi di pietra vulcanica dall'ampia falcata.
Le loro ombre erano fredde. S'addentrò in una, forse la terza, a piccoli passi battuti contro i piani dei gradini che sporgevano dalla terra, antichi e tutti consunti. L'aria era rigida e le pungeva le mani con cui stringeva le bretelle dello zaino.
Sentendosi rabbrividire, Shiur le strofinò contro la tunica. Lord Phorianus, lord Rex e la sua kyra-patrona erano tutti più avanti, oltre una grande statua che dominava lo spiazzo a semicerchio dove finivano gli archi. Doveva raggiungerli.
Allungò il passo, quasi correndo, prima di rallentare perché con il fiato corto. Si piegò sulle ginocchia, scontenta di non avere un polmone artificiale per supplire ai due con cui era nata.
L'atmosfera, a quella quota, era rarefatta.
Ora che se ne ricordava, la sua stanchezza e lentezza le apparivano come una degna punizione per non averci pensato prima.
Trasse da una giberna della cintura una maschera di respirazione, che per entrare in funzione le chiese soltanto la pressione di un tasto e pronunzia mentale di una preghiera al suo Spirito-Macchina.
Il rituale le chiese un momento, dopo il quale s'appose la maschera sulle labbra, stringendola dietro la nuca. Un respiro forte e profondo la rinnovò, alleviandole la sensazione di bruciante vuoto che le aveva stretto la gola sino a quel momento.
Riprese il cammino, annoiata solo dalla tensione che il cavo-conduttore le metteva sulla bocca e sulla testa. Al vento, distesi a campo aperto e lunghi due volte la sua statura, sbattevano una legione di drappi pendenti dagli archi. Il vento li faceva gonfiare pieni d'orgoglio, garrire sotto la luce del distante Sol e, poi, li abbatteva in giù con uno schiocco di cuoio.
Sporgevano grandi cuciture. Storie ricamate, di battaglie ed avventure antiche.
Erano la storia del Cvltvs Mechanicvm, ovviamente. In uno scorse la fondazione, tra fiamme e carmini industriali, della Casata dei Taranis, lord protettori di Marte.
Una bandiera dell'arco più avanti, ampia e sfilacciata, raccontava di qualche battaglia combattuta dal Cento-e-trentasettesimo Corpo di Spedizione Crociato in un luogo intitolato come Lorn Eron II.
Il drappo lo localizzava nell'Aegìs Pro-Viae-Korianìs.
Dov'era? Lei non lo sapeva. Avrebbe potuto chiederlo all' Arch-Magvs?Probabilmente lei lo sapeva... anzi, ne era certamente al corrente. Sapeva tuttala storia di quell'esercito. Le avrebbe domandato più tardi, durante il viaggio di ritorno.
Era venuta lì per prendere qualcosa dai custodes del Templvm. Non le aveva detto di che si trattava, ma di certo era importante.
Doveva esserlo per trovarsi in quel luogo...
Le caddero gli occhi, a pochi passi dall'entrare in una nuova fascia d'ombre,su di un drappo dall'aria vecchissima. Il suo campo era un rosso ormai sbiadito.
I bordi, sfilacciati in più punti, sbattevano al vento spandendo schiocchi di cuoio consumato. Un refolo di vento lo abbassò, permettendole di guardare meglio quello che le era parso d'avere visto.
Un litho-golem di ferro ed ottone avanzava trascinando uno squadrato, enorme blocco di ghiaccio in mezzo ad un forte nevischio. Correnti di fumo grigiastro si spandevano dal suo corpo, torreggiante su quello d'una miriade di piccoli individui ai suoi piedi.
Doveva trattarsi d'umani. Il vento sollevò il drappo, strappandoglielo allavista.
Quando il refolo diminuì, facendolo tornare, Shiur trasse un respiro dalla macchina. Aguzzò la vista sul disegno intrecciato per coglierne altri particolari, incuriosita.
Un trio adombrato ed in disparte osservava la fatica del litho-golem ferroso.In centro v'era un uomo dai capelli brizzolati, riusciva a cogliere delle righe bianche in mezzo al nero, con un grande mantello scuro che il vento pieno di neve sollevava. Appesi alla sua cintura c'erano un corno, una squadra ed un martello.
Alla sua sinistra v'era un un cavaliere, tutto coperto di cappe lunghe che coprivano un'armatura argentata, chino in arcione. La sua cavalcatura era a testa bassa ed alzava un palco di corna biancastre.
A destra, invece, v'era una piccola creatura che si reggeva su di un poggio.
Forse era un ab-hvmano, magari un ratling oppure un dwarvùat. L'orizzonte, notò Shiur, era contraddistinto da una linea spezzata. In certi punti era regolare e tutto bianco, ma in altri andava in confusione con il buio d'una notte che incombeva.
C'erano delle costruzioni, però. Non era un orizzonte né una linea del tramonto, era un edificio! Una muraglia, alta e innevata, con torrioni incompleti e sdentati. Sulla parete interna d'una di quelle torri, notò aiutandosi con un monocolo focvs-vistae, era impresso lo stesso simbolo del suo monile da gamba.
Lo stesso segno impresso sugli archi, il medesimo circolo con dentro una retta che non toccava il perimetro, giacendo immota.
https://youtu.be/Y9xuWWVcFjo
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top