Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" IV (17/17)
Rispetto a tutti gli altri moschetti transuranici che aveva visto, quello del capitano-skitario si presentava fittamente arabescato, con tutta una serie di componenti supplementari.
Dominava, sopra alla cassa e mezzo braccio avanti alla posizione del grilletto cromato, un punctator focvs-vistae dall'aspetto di cannocchiale da gran mariner delle storie di narrativa, sostenuto in quella posizione dalla regolabile stretta di otto lucenti anelli metallici.
Il capitano Ci-Esse aveva estratto il suo fucile da un lungo scrigno a scompartimenti, in componenti separate alloggiate con un disegno preciso. Aveva impiegato tre quarti di minuto ad assemblarlo, proprio lì davanti ai suoi occhi. Non poteva che dirlo preciso, abile in quella matematica d'incastri e precise, ben ordinate congiunzioni: aveva unito i vari pezzi con una sapienza metodica, piacevolmente meccanica, facendoli schioccare uno negli innesti e negli agganci dell'altro.
Ora lo esponeva in tutta sicurezza sul tavolo, davanti agli occhi di Shiur, tenendolo quasi in bella mostra perché anche gli eventuali passanti potessero rimirarlo. Dalla quantità di arabeschi e rifiniture, in tinte d'argento ed ottone, la svb-adepta sentiva che quell'arma gli era cara. Lungo il fusto si palesava, dentro una cornice di bizzarri motivi floreali bianchi, una sequenza di numeri affiancati a piccoli, intristiti teschi scuri adorni di raddoppiamenti.
Potenze algebriche. Erano terminatvs-scor, le uccisioni conseguite con quell'arma.
Manteneva la canna rivolta al cielo del Templvm, otturata da una gvnmetalla-museruola cilindrica, tutta zigrinata. Lo skitario-alpha dell'Arch-Magvs faceva la stessa cosa quando ultimava i suoi meccanici rites-manutentores all'archi-lastar galvanica, quindi più che un gesto doveva trattarsi d'una qualche particolare, consumata abitudine dei guerrieri.
Guardando in alto, se per qualche ragione partisse un colpo questo non ferirebbe nessuno. È una misura di sicurezza!
«Eccola qui, pronta al fuoco!» Esordì un brioso Ci-Esse picchiettando con la sinistra contro la cassa del lunghissimo moschetto. Per un momento le parve di riconoscere il ritmo ticchettato. «Questa è la creazione dell'Omnissiah che preferisco in assoluto.»
Criticare i suoi favoritismi teologici come bassi o semplici sarebbe stato scortese, ma in tutta onestà un comune moschetto transuranico non era esattamente l'artefatto dei suoi sogni. Ne esistevano... quanti, milioni di milioni? Forse anche di più!
Non ne aveva mai avuto uno, però.
Vedere quell'arma da così tanto vicino era... intrigante, sì. Non sapeva che altra parola usare per descrivere la curiosità che le suscitava. Che sensazioni trasmetteva al suo benedetto usaers, all'utente così graziato dal Dio-Macchina, quando esplodeva un colpo?
Il suo tuono di sparo faceva male all'udito? Sperò che fosse così perché gli scritti dell'Arch-Magos Dominvs ed Eroico Martire lord Arkhan Land asserivano che un macchinario, un qualsiasi artefatto d'umana natura piagato dall'essere silenzioso era tale perché aveva Spiriti-Macchina deboli. La saggezza degli antenati si stagliava pura, impossibile ed impassibile al dubbio.
Doveva essere straordinariamente rumoroso!
Intrecciate le mani dietro la schiena, Shiur si chinò a guardare più da vicino l'arma. Tutta assemblata, in equilibrio sul suo calcio di syntho-legname coperto di blindature opache, era alta quasi quanto lo era lei. «Un fucile? Non lo trovate un po' semplice?»
«La semplicità non è un difetto, svb-adepta.» Conosceva quella frase! L'aveva già incontrata durante i suoi studi, quando aveva dovuto leggere gli scritti dell'Arcanoi Tech-Savantess Elohìm Kusm.
La semplicità non era un difetto, ma un artefatto eccessivamente semplice non era diverso da un gingillo e la sua natura spoglia costituiva un'offesa al Dio-Macchina. «Bensì una qualità cara a chi ha esperienza.»
Non era esattamente il pensiero sostenuto dall'Arcanoi Kusm. «Se lo dite voi...»
Il capitano annuì, forse per sottolineare l'errata rettitudine della sua citazione massacrata. Batté un nuovo picchiettio contro la cassa del moschetto, che gli rispose con una leggera, ma densa eco. E se si fosse messo a credere che lei avesse insinuato qualcosa? L'aveva offeso? Impossibile, non gli aveva detto nulla d'offensivo o peccaminoso!
Si corresse ugualmente. «Voglio dire, capitano, se lo dite voi penso che sia così...»
«Non sei impressionata» fu il suo repentino commento. Non le parve arrabbiato, ma la giornata le aveva riservato troppe sorprese amare per abbassare la guardia. Forse era semplicemente una di quelle persone che non dimostravano la propria ira!
Il capitano inclinò allora il lungo moschetto, appoggiandolo sull'incavo del braccio destro con molta cura. «Ciò che non cogli è l'intrinseca bellezza di questo fine strumento bellico. Può dispensare una singola, cinetica, pulsante carica di morte da dove mi trovo fino a duecento-ed-ottantotto chilometri in qualsiasi direzione, accelerandola ad oltre m...»
«Cinetica?», lo interruppe lei. Sparava un proiettile solido, un ferrvm-dardo. Era diverso sia dall'archi-lastar che dal moschetto transuranico di quel tiratore scelto su Alphekka Meridiana. Nessuno dei due esplodeva proiettili cinetici.
Era una variante retrograda quella oppure le altre due rappresentavano dei pattern peculiari?
«Cinetica» le confermò lui. Saperlo era bello, ma non importava nulla alla sua domanda. Era normale che fosse così? Prima che potesse domandarglielo, il capitano indicò con un cenno del capo la sequenza di otto proiettili che aveva disposto sul tavolo, davanti ad una catena di munizionamento. «Li vedi i proiettili che spara?»
Lunghi, spessi cilindri puntuti di metallo catturavano le luci delle lampade di servizio, riflettendo tonalità d'ottone e bronzo.
Lo stemma del Dangericvs-per-Atomikea-Essentia, lo stesso incrocio circolare di tre triangoli scuri che ornava tutti i muri delle Magne Cattedrali Nucleari e le vesti del Cherno-Magos, si presentava sul fusto di ciascun colpo.
«Sono... ferrvm-dardi, sì?»
Il capitano sbuffò sonoramente, infastidito. «Dirli ferrvm-dardi li riduce a quel becero munizionamento che si bevono cose come gli M40 Pattern dei 'Geddon o gli ARC-160 degli aurelici! Sono proiettili cinetici, questo è vero, ma non fanno parte di quell'umile categoria!»
Shiur si mordicchiò il labbro per nascondere una punta di vergogna. Doversi fingere più ignorante di quello che era le stava dando fastidio.
I moschetti transuranici acceleravano iper-densi dardi forgiati con la solidificazione di elementi atomici instabili, superiori al confine del numero XCII sulla stele periodica degli elementi. Ignorava quali fossero quegli elementi, la materia ancora le era preclusa, né i segreti del rites-actis che consentiva a tali elementi d'esistere e non scomporsi una volta espulsi dalla camera di lancio dell'arma.
Era tuttavia convinta che lord Rex lo sapesse come il più semplice dei Rites. Lui sapeva ogni cosa sulle armi dei manifactorvm, sulle loro varianti e come potevano essere modificate usando coscienza e rispetto degli Spiriti-Macchina.
«Il munizionamento è trans-uranico: te lo dice già il nome di questo santo arnese.»
Eh, ma non mi dire... «Ma con una gittata come quella che avete detto voi poco fa, dovrebbero essere soggetti alla Sententia di Koriolìs!»
«È vero», asserì Ci-Esse. Non la stupì il fatto che non fosse estraneo alla Sententia, anche se era soltanto un capitano skitarii. Per i magos suoi superiori, un milites-ufficiale ignorante sarebbe stato un peso inutile, una fallacità.
Gli ufficiali dovevano possedere una certa, comunque pericolosa, dose di conoscenza per espletare bene i loro ordini. L'aveva letto.
Proprio quel capitano si chinò a prendere un proiettile così da farglielo esaminare. «Gli alettoni di correzione servono proprio ad ovviare a quel fenomeno, correggendo l'assetto in corsa. Se non ci fossero, il dardo trans-uranico soffrirebbe le conseguenze della Sententia di Koriolìs e l'Effectm di Ai'Shcattar, mancando il bersaglio e...» Ritornò il proiettile alla colonna. «Presumo deludendo le grandi aspettative dell'Omnissiah.»
La guardò dall'alto, quasi con un senso di superiorità che la punse; i suoi occhi vermigli erano spie luminose, vermiglie e circolari, fisse dentro la celata dell'elmo. Per un breve istante Shiur pensò alle cimiero-maschere della O'Militarvm Secvritara di Horual-Adan; gliele ricordarono, costringendola a darsi un contegno per non riderne.
Quelle cimiero-maschere erano così divertenti! «Noi non vogliamo deluderlo, giusto?»
Non ridere, non ridere, non ridere... «Certo che no!»
«Sei una svb-adepta intelligente.»
Colto quel momento, Shiur ne approfittò per indicare un'incisione balzata al suo occhio al primo sguardo, non appena l'aveva notata sulla cassa, affiancata da due opacizzati Cog Mechanicvm. La puntò con l'indice, stando attenta a non toccarla. «Cos'è questo segno?»
«Oh, questo?» L'ufficiale skitario lo sottolineò con l'indice, sfiorandone la base, e lei si ritirò per non risultargli invasiva. Incisi in tinta eburnea, un las-fucile ed una saetta s'incrociavano all'altezza delle rispettive metà, dominati da una piramidale disposizione di tre stelle. Al di sopra degli astri regnava solitaria una rampante Aquila Bicefala Imperiale.
«Questo è un marchio di valore, giovane svb-adepta. Testimonia chi è sempre pronto a proteggere e servire il prossimo.» Affermò il capitano. L'aveva detto con orgoglio, notò Shiur. Raddrizzando le spalle, alzando il capo e pulsando con gli occhi.
«In difesa dei bisognosi e dei deboli, di chi chiede aiuto. Pronti in meno di un minuto dalla chiamata. Dalla gente, per la gente. In unione d'intenti con gli Alcatani.»
Ne andava davvero fiero, come i leggendari Segnati-Calthei lo erano stati delle loro ustioni. «Non lo sapevo, non l'avevo mai visto prima d'ora.»
«Domandare è lecito. Sfortunatamente...», commentò Ci-Esse ritornando il fucile in posizione eretta. «Non siamo in molti a portarlo sulle armi. Pochi raminghi, qualcuno ci dice così, militanti per un credo dimenticabile e fuori dai potentati imperiali. Questo, lasciamelo dire, è un mucchio di stronzate.»
Che linguaggio!
Non le aveva detto a chi apparteneva quel simbolo, comunque.
Ritornò a guardarla con severità, sempre a testa alta. «Per come la vedo io, già esistere sta a riprova del fatto che non è dimenticabile. I nostri numeri cresceranno di nuovo, così dice Garaveyon e se lo dice lui, non abbiamo ragione di nutrire dubbi.»
«Chi?»
«Il nostro lord-general» disse Ser Saramand. Ne faceva parte anche lui, quindi. «Ma non ti fare annoiare da Ci-Esse e dalle sue storie.»
Ma io non mi sto annoiando. «Nessuna noia, Ser!»
Lo stemma della saetta e del fucile doveva appartenere a quell'uomo, a lord-general Garaveyon. Forse lo dispiegava su di una bandiera di guerra, oppure lo usava come propria araldica reggimentale. Di che colore era il campo?
Il blu, pensò, avrebbe fatto una bella figura con l'argento sbiancato del simbolo.
«O da quel suo pezzo d'artiglieria...»
«È un moschetto transuranico, non un obice da campo.»
«Questo dillo a chi se lo prende in faccia!»
«Lo farei», borbottò il capitano-skitario «se potessi e se restasse una faccia dopo l'impatto...»
Occhieggiato fugacemente il fucile, Shiur tornò ad osservare i proiettili. Dovevano essere lunghi almeno dieci centimetri partendo dal fondo e salendo alla punta, più di una riga scolastica. L'idea che uno di quei paletti metallici potesse colpire una faccia...
Immaginò lo schianto, l'estemporaneo arrivo del dardo sull'obbiettivo. Ovviamente il fischio dello sparo doveva essere potentissimo, giusto e retto nei confronti dell'arma che lo esplodeva!
Ecco il viso del bersaglio, lo stupido skitario che aveva provato ad arrestarla perché aveva oltrepassato una stupida linea gialla, nel primissimo fratto-secondo restava immutato, con concentriche vibrazioni che lo attraversavano dall'epicentro fino alla nuca. Poi, mentre il colpo trapanava carni e difese, il tremore aumentava esponenzialmente di rilievo.
Gli occhi esplodevano per la pressione, sprizzando fuori dalle orbite, nel frattempo che tutto il setto nasale si spezzava scompostamente.
Timpani spappolati, irrimediabili anche da un cherusikaì esperto, si univano alla frattura dell'osso del collo nello schianto che, lentamente, si propagava dall'impatto. In quel momento la scatola cranica, tutta quanta, slittava all'indietro frantumandosi per almeno un terzo in tante schegge e gragnola di materia cerebrale.
A quel punto il cervello veniva compresso dalla spinta e si spappolava al pari d'un palloncino schiacciato con troppa forza.
Ancora carico dell'energia acquistata allo sparo, il proiettile transuranico proseguiva la sua strada: trapanato in lungo il cranio del bersaglio emergeva da dietro la nuca, alle sue spalle un tuffo di sangue e semi-evaporata materia cerebrale.
Finiva a scavare una buca lunga una scarpa nel terreno... e forse anche oltre? La sua mente sospese la riproduzione, pungendola con l'insufficienza di dati.
Aveva bisogno dell'Arch-Magvs per andare oltre. Trattandosi di un proiettile transuranico, rifletté guardando in alto, doveva considerare anche l'effetto delle radiazioni nell'aria...
I numeri erano un linguaggio semplice, almeno quando si conoscevano le dialecto-metriche per farne una versione significante; visualizzarli mentalmente l'aiutava a tradurli in termini pratici, quelli che l'Io Originaria sosteneva fossero sensate semplicità utili agli estranei al Cvltvs.
Diceva che non era colpa loro, perlomeno non del tutto. Avrebbero potuto studiare di più, o darsi pena d'apprendere le basi della Lingva-Technìs, ma se non si chiedeva troppo e non ci si aspettava molto, solo raramente si restava delusi.
Quando le aveva tramandato quella lezione, tuttavia, aveva siglato a margine un irritato commento riguardante l'essere sempre circondata da...
Mi pare che lei abbia detto: "idioti analfabeti foderati di dita".
Per qualche ragione quella definizione le piaceva tantissimo. S'accorse che stava sorridendo. Si stava deconcentrando. Chiuse gli occhi, spazzato via quel ricordo, rievocando i numeri che aveva considerato sino ad allora.
Sapendo la massima gittata possibile di quel fucile, il dato che il capitano le aveva dato, poteva ipotizzare una velocità media costante: se l'avesse unita alla singola massa dei colpi, quella misura avrebbe portato ad una derivata semplice, la cui traduzione sarebbe stata la versione comprensibile del valore in potenza del colpo esploso.
Ad essa avrebbe dovuto aggiungere le interferenze, benigne e maligne, delle radiazioni. Quanto potevano influire?
Il Cherno-Magos lo sapeva sicuramente!
Poteva comunque ipotizzare. Prendendo la velocità, una soglia minima di mille metri coperti nell'arco di un secondo, nonché i joules alla volata fuori dalla canna ed i Neotones da considerare allo sparo. Potevano essere, facendo dei calcoli, attorno...
Strinse gli occhi, punta dai suoi calcoli. Presumibilmente il corpo del bersaglio, i tessuti nell'area interessata dall'impatto, avrebbero subito un'accelerazione-cvm-attrito ed una quantità d'irraggiamento particellare sufficienti ad innescarli.
Di che colore sarebbero state le fiamm...
«Penso che potrebbe essere più interessata a questa che al tuo cannone, sai?» La voce di Ser Saramand, unita ad un profumo di zucchero alla vaniglia, deragliò i suoi pensieri. Voltatasi a guardare il cavaliere, Shiur si trovò offerto un piattino di harta-plasta.
Cibo. Gli aromi della pastella e della cioccolata le punsero le narici. I calcoli si stavano allontanando ancora più velocemente, adesso. No! Li rincorse e loro svanirono, sospinti da una nuova celerità che li metteva le ali ai piedi.
No! No! Non andate via! Erano così belli!
Il profumo, spingendo sul palato, li fece evaporare del tutto. Si ritrovò a ricordarne soltanto dei frammenti spezzettati, frantumi che ora il suo cervello non collegava più. Numeri rotti, nascosti in anfratti e come bambole spezzate, del tutto inutili.
Il profumo dominava. Zuccheri per il cervello!
«È una insta-qarepa» disse il cavaliere offrendogliela assieme ad una piccola forchetta di plasta. «Le fanno in Horual-Adan, se non erro. Oh, lo so che non sono le cose migliori dell'Imperivm, ma almeno è calda, no?»
«Grazie!», esclamò prendendogli il piatto dalle mani. Quant'era appetitosa! «Però non so se posso accettarla, non ho Troni con me...»
Ser Saramand inarcò un sopracciglio. Gli aveva detto qualcosa di sbagliato?! «Dovremmo chiedertene, svb-adepta? Con quale faccia?»
Il silenzio le sembrò l'alternativa migliore al chiedere che cosa aveva sbagliato lì. Qualcosa, non sapeva identificarlo, aveva offeso il cavaliere. L'avrebbe potuta picchiare, adesso, e forse scacciare dall'ombra del grande Knight.
Chiedergli scusa sarebbe stata una buona idea, ma in merito a che cosa?! Ser Saramand, interrompendo di nuovo la sua riflessione, le porse una lattina con legata una cannuccia rossa. «Cadano disonore e disgrazia a chi esige denaro da coloro che si trovano sotto la sua ospitalità.»
Il freddo metallo della lattina, una tinqana alla comilkena zuccherata, le parve bollente sotto le dita quando la rivelazione del perché di quella gentilezza le sfolgorò davanti agli occhi.
Il cenno con cui Ser Augustus le aveva concesso di vedere da vicino il Knight, i modi del cavaliere Ser Saramand, la maniera in cui Ci-Esse l'aveva trattata e fatta avvicinare...
Il loro lord, con quel segno, l'aveva accolta come ospite. L'Io Originaria l'aveva lasciata lì ad aspettare, lì tra tutti i posti possibili ed eventuali di Marte, perché era stata dichiarata come ospite da Ser August e pertanto si trovava...
Al sicuro.
Ora era tutto chiaro.
«Il corvo!», esclamò stringendo la lattina e il piatto. «Il corvo di cui parlava lord Spiridòn! Il corvo, ecco perché è qui!»
https://youtu.be/AA0BtWmEYuk
Per proteggere e per servire chi ha bisogno e chiama aiuto.
Sempre pronti, in meno di un minuto.
Dalla gente, per la gente.
-Minutemaen Protectores-
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