Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" IV (16/17)

"Non sono la gene-replica di nessuno", aveva detto.

Il disprezzo e l'ostilità nella sua voce erano stati chiarissimi, ma tutto il resto le premeva contro la fronte. Un condottiero tecno-barbarico era stato suo padre, il donatore di seme che l'aveva fatto nascere da... una concubina?

Una donna non legata da un vincolo di sposalizio, convivente con un uomo già marito di un'altra. Esisteva una sorta di contratto non scritto tra la concubina e il mantenente, quello l'aveva letto, per cui il secondo foraggiava economicamente la prima.

Perché quella situazione esistesse in primo luogo le sfuggiva, ma al di là di quel dettaglio aveva compreso che la madre, la concubina, era morta. Infecto-sepsi...
Infezione.

Sepsi.

Il resto che cosa voleva dire? Post vita-conceduta purpura? Era una malattia?
Ser Saramand le posò una mano sulla spalla. Trasalì, sorpresa dal gesto e presa di sorpresa. I suoi pensieri, tutte quelle domande, svanirono in un batter d'occhi. «Non farci caso, Shiur. È colpa tua, ma non ci puoi fare qualcosa.»

Un mistero s'impilava in cima ad altri enigmi, formando una struttura le cui fondamenta si poggiavano su tante cose insensate.

Le sembrò di trovarsi in piedi nella nebbia, incerta di tutte le direzioni. Aveva sentito benissimo, ma proprio per questo non trovava alcun senso. Lanciò al cavaliere zevonese un'espressione basita, augurandosi che lui comprendesse il gesto, che si spiegasse meglio.

Cosa voleva dire che era colpa sua? Era impossibile! Era impossibile e poi non aveva nemmeno senso: come faceva ad avere la responsabilità di quello se l'aveva appena conosciuto?

Tutto questo è surreale, pensò sistemandosi una ciocca di capelli. Davvero, non capisco più niente di quello che sta succedendo. «Avete detto che è colpa mia?»

Come fa ad esserlo?

«Fai schifo a consolare», osservò il capitano Ci-Esse. «Te l'hanno mai fatto notare?»

«Sei sempre a cercare il capello nell'uovo, tu?»

«Pelo, il pelo nell'uovo.»

Improvvisamente libera dalla mano dello zevonese, Shiur lo vide storcere la bocca, infastidito. «Sì, quello. Hai capito, alla fine. Capello e pelo, poi, tanto sono la stessa cosa...»

Gli occhi bionici dello skitario si contrassero. Era il suo modo per ridere oppure stava manifestando un qualche dubbio? «Se fossero davvero la stessa cosa allora un capello o un pelo pubico dovrebbero disgustarti allo stesso modo.»

«Ma che razza di paragone è?!»

Ci-Esse nascose le sue mani nelle tasche del giaco soprabito. «Tecnicamente è una similitudine», estrasse un chronometròn e controllò l'ora, rimettendolo presto al suo posto.

La sorprendeva sentire uno della sua categoria parlare in quel modo, così liberamente, senza quei silenziosi attimi in cui gli altri tech-milites del Mechanicvm che conosceva erano soliti fissarla senza proferire verbo; di solito succedeva quando gli rivolgeva una o più domande che ignoravano oppure che esulavano dalle limitate piastre-argvmenta innestate nei loro cervelli.

Era spiazzante.

«Un paragone sarebbe stato se avessi detto: il capello che hai trovato nel tuo uovo è nero come i peli pubici di... e qui avrei nominato qualcuno del quale conosco questo dimenticabile dettaglio.»

«Serviva davvero fare una lezione», gli si rivolse Saramand, «su questo argomento? Con una ragazzina vicina, poi?»

«Questo è un problema di voi estranei al Cvltvs Mechanicvm. Avete un senso del pudore e del consentito non esattamente in linea con quello che possiamo avere noi. Dare per scontato è, spesso, erroneo: le apparenze ingannano.»

«Si, ma io stavo riferendomi più ad una questione di mero contegno. In ogni modo...»

«Uguale», pontificò l'ufficiale con un'innaturale scrollata di spalle, «come sopra.»

«Stavo per dire che sei snervante quando parli come un tomo di grammatica», fu il borbottio, sospirato a denti stretti, con cui il cavaliere zevonese gli rispose. Li trovava divertenti e questo la incuriosiva: se ne rendevano conto? lo stavano facendo opposta? Oppure quello era il loro comune, normale modo di trattarsi vicendevolmente?

«A differenza tua, Saramand, io ho inciso nella mia mente i costrutti grammaticali, completi al dettaglio, di trentacinque lingue diverse.»

«Mnemo-Data Insiemi» lo corresse.

«Solo se vuoi essere inutilmente fedele alle diciture dei tecno-preti. Non ritengo sia davvero necessario codificare ogni aspetto in comune con diciture che possono solo confondere gli altri», le disse senza rivolgerle un tono di rimprovero. «Per fare quello abbiamo già la Lingva-Technìs.»

Sentì Saramand esalare un sospiro. «Ti dicevo prima... non fare caso a Ser Niozhon.»

«Ma perché è colpa mia?» Non l'aveva capito.

Che correlazione c'era tra lei e quel bruto dai pessimi modi? Era uno della Confraternitàs, avrebbe dovuto portarle rispetto, considerarla un'alleata dalla simile mentalità, non trattarla con quell'astio.

«Quelli come lui...», spiegò il capitano skitario, lanciando un cenno del capo al paladiniòn. «Hanno in odio tutti i cloni.»

La svb-adepta avvertì una puntura alle tempie e se le massaggiò subito, confusa. Quell'uomo odiava i cloni, ma perché? Ci-Esse aveva detto "quelli come lui", quindi non era da solo. Ce n'erano altri che, al suo pari, nutrivano astio o sprezzo per le gene-repliche. Che cosa gli avevano fatto? Per quale motivo?

«Ma perché? Io non gli ho fatto niente...»

«E non ti sei chiesta se altri gli abbiano fatto qualcosa prima di te?»

No. A dire il vero, non ci aveva pensato e non l'aveva fatto. Non si sentì in colpa per la sua deficienza perché quella domanda proposta dal capitano non aveva molto senso. Bastava cambiare il nome dei soggetti nella questione per vedere dove crollava come un castello di carte da gwaent: se il nonno di un soggetto X faceva un dispetto al nonno di un soggetto Y, ed il soggetto X aveva i capelli biondi, perché i figli ed i nipoti del soggetto Y dovevano avere in odio uno X numero di soggetti W, estranei all'originale soggetto X ma accomunati ad esso e tra di loro soltanto dall'avere tutti i capelli biondi?

Quel colore di capelli, peraltro facilmente modificale da una maestra come l'Arch-Magvs o da servo-svbmicro-automate, era una mera predisposizione genetica

«Quindi sì, Shiur, è colpa tua ma non perché tu sia tu» s'aggiunse il cavaliere zevonese, deragliando il filo dei suoi pensieri. «Lo è perché sei parte di una categoria che il suo Ordine taccia di rappresentare un'indelebile, incancellabile corruzione morale del genoma umano.»

Ma perché?! Era stupido! «Sono soltanto una gene-replica, io. Non ho corrotto niente.»

Il cavaliere sospirò. «Non provare a spiegarglielo, piccoletta: non è uno di quelli che ascolta, credi alle mie parole.»

«Ma è della Confraternitàs», protestò stringendo i pugni. Il cavaliere zevonese stava mentendo! Dileggiava un ordine rivale al suo. «Sono nostri vassalli-alleati! Anche loro pensano in termini logici come noi del Cvltvs Mechanicvm.»

Il cavaliere avrebbe negato le sue parole, sicuramente. Per continuare il suo dileggio, per avanzare le sue convinzioni, per convertirla a qualsiasi causa per la quale parteggiava: Shiur aspettava la sua replica al varco, pronta a controbatterla.

L'avrebbe demolito e...

La reazione di Ser Saramand non fu quella che aveva atteso. La spiazzò vedere un sorriso storto curvargli il volto, piegarlo in una smorfia che non sapeva se dire rancorosa o triste. «Ho visto insensate atrocità venire commesse in nome della logica.»

«Ma se erano per la logica, come... come facevano ad essere insensate?»

«L'aritmetica di voi Ad-Mech può anche parlare un solo linguaggio, lo concedo» disse senza guardarla. I suoi occhi erano rivolti allo stuolo di armature-camminatrici lì tese al fine d'essere predisposte per la Crociata e le guerre a venire. «Ma accettare inequivocabilmente che uno più uno voglia dire due, ti dico soltanto questo, non rende nessuno più buono o migliore di chi non accetta un fatto che in altri linguaggi potrebbe interamente esulare dalla vostra matematica tanto cara. La logica, come la verità, è una falsità soggettiva, l'illusione di una verità universale che può essere piegata come tanti altri argomenti per i propri interessi.»

«Non ha senso.»

«Proprio come noi» ghignò il cavaliere. Le picchiettò di nuovo contro la spalla. «E come voi.»

Rimasta a bocca chiusa, Shiur sentiva i suoi denti premere gli uni sugli altri. «Se non mi credi, ragazza, chiedi alla bianca ed onoratissima Confraternitàs di Jemelra, di Teeldate e Nimbosa. Oppure domanda a lord Phorianus dei fatti di Volos-Autumnia.»

Quei nomi non le dicevano niente.

«Non conosco questi fatti.» Ammettere la propria ignoranza le fece male. «Credete che l'Arch-Magvs potrebbe conoscerli?»

«E come posso saperlo, ragazza? Praticamente non la conosco se non di nomea!» Si strinse nelle spalle, come se non fosse del tutto a suo agio. «Può darsi? Non lo so, insomma. Può darsi anche che ella ti assegni come compito la lettura di una parabola che parla di una caverna, venti prigionieri ed un folle visionario che prova a convincerli dell'esistenza di un mondo al di fuori della loro segreta di pietra.»

Quale razza di storia può ambientarsi in una caverna? «Mi dispiace dirvi che non conoscono nemmeno questa storia della caverna. Chi l'ha scritta? Un sapiente del Mechanicvm?»

Ser Saramand, per tutta risposta, le schioccò in faccia un accenno di risata. «Non lo so, questo! Io trovai il testo negli archivi di Caffa. Per punizione dovevo riordinare una sezione derelitta del nostro Librarivm.»

Per svolgere un compito inteso come punizione, rifletté Shiur, doveva averne errato un altro. Di che cosa poteva trattarsi? «E avete trovato una storia su caverne e prigionieri?» Che letture strane!

«A dirla tutta», dire tutta cosa? «mi pare che fosse intitolata come "La parabola della Caverna di Palatone ed altre Pandectae."»

«Quindi l'autore è questo Palatone...»

«Un nome da buongustaio, non è così?» Il cavaliere si terse il sudore dalla fronte. «L'ho trovato vicino ad un'antologia di fiabe, qualcosa su di una strega ed un armadio e che in qualche modo coinvolgeva anche un leone, ed una copia sdrucita de "Il Maestro dell'Umanità", scritto da Diocletian Koros.»

«Smetti di annoiare la svb-adepta con le tue chiacchiere, Saramand.»

«Non la sto annoiando» ribatté il cavaliere. «Stiamo avendo una intensa conversazione.»

«Cos'è questa?» Ci-Esse trillò due risate dalle sue ghiere vocali. «Una tua perla oppure l'hai assunta da qualche libro?»

Soltanto metà del suo viso, pallido e smunto, era fatto di pelle e tessuti naturali. A scendere dalla radice del naso fino alla gola, come per lord Rex e il lord Magos-Machinomante Spiridòn, il suo volto era una maschera di scuro ferro marziano. Uno stretto, acuto respiratore a ghiere faceva le veci di una bocca.

«Non l'ho assunta da nessun libro.»

«Mi ricorda qualcuno, però.»

Il cavaliere schioccò le dita, folgorato da qualcosa. «Ho capito a chi ti riferisci!»

«Ah, si? Leggi i pensieri come uno psionico?»

«No, no, no! Assolutamente no!» il Ser scosse il capo. «Miss Combattivo Negoziato! Te la ricordi?»

Un brillio rosso pervase gli occhi bionici del capitano Skitario. Shiur li vide contrarsi subito dopo, in congiunzione con la fronte che s'assottigliava. «Oh. Quella vile, extra-lattea pirata capitana d'una masnada di filibustieri.»

Extra-lattea? La curiosità guidò le sue parole: «Non era dell'Imperivm?»

«No, non lo era. È stato sette mesi fa, qui nel Segmentvm Solar. Se non erro eravamo dalle parti del Golarian Sector, vicino a Casmaròn. Stavamo facendo ritorno da Illinoisse Azalante, che aveva chiesto aiuto alla Crociata per sterminare un culto di...»

«Sii cauto», l'ammonì Ci-Esse.

«Un culto di eretici, è grande abbastanza da sapere che esistono.»

Eretici! Shiur sgranò gli occhi, urtata da quello che aveva appena sentito. I malvagi, gli empi! Gli eretici! Loro due avevano combattuto degli eretici! I mangiatori di bambini, gli untori dei pozzi! Quelli che si diceva facessero sacrifici a Falsi Dei Oscuri e che praticassero la magia più nera!

Gli eretici, rimbombarle nella mente. Vicino al Solar! Era spaventoso.

«Si, ma questi sono gli affari privati di Ser Augustus.»

E perché non avrebbe voluto parlarne? Avevano ucciso degli eretici, quindi erano tutti degli eroi! Per un momento li immaginò spalla a spalla, circondati da rozzi guerrieri, tutti brutti e cattivi. Si sapeva che gli eretici vivevano nel buio, fuggendo dalla luce dell'Imperatore-Omnissiah. Non potevano essere belli, anzi! Erano rozzi, primitivi e stupidi.

Lo dicevano tutti i libri.

«Lo so.» Snocciolò il cavaliere. Quanti ne aveva uccisi, lui? Centinaia, sicuramente. «In ogni caso avevamo appena finito di aiutare le legiones azalantee a sgominare questi empi quando, ripreso lo spazio e la Via delle Stelle, abbiamo recepito una richiesta d'aiuto da parte di un cargo-hauler. Trenta ore di navigazione dopo trasliamo in prossimità della sua chiamata astro-patica e lo troviamo inseguito da una flottiglia di pirati capitanata da una donna.»

«Anche lei era una...» non sapeva se chiederlo o ritirarsi lì, prima d'andare fino in fondo. La voglia di sapere le punse i fianchi. «Anche lei era un'eretica?»

Una strega sdentata, gobba e puzzolente. Poteva essere diversamente?

«Non esattamente», commentò Ci-Esse. Cosa? «O per meglio dire, non era una questione d'immediata importanza. Stava attaccando dei bastimenti commerciali, quindi commettendo un atto di criminale pirateria.»

Non era una questione...

Non capisco. Non li seguo più.

«Imperatòr, quanto li odio io gli eretici dell'Illinoisse...», borbottò la senex-seneschala, tornando poi a lavorare al suo bancone, intasato da proiettili e traccianti.

«Ser Augustus ha deciso di aiutare e abbiamo lanciato un contro-abbordaggio contro questa feccia pirata. Niente, scopriamo che in aggiunta all'essere criminali e furfanti miserabili», sentì il cavaliere farsi più rancoroso, incattivito dal ricordo.

«Questi pagliacci sono capitanati da una sgualdrina dell'Altrove Galattico la quale, vedendosi in trappola, cerca di venderci una storiella fatta cucendo cazzate su cazzate sul fatto che non era in corso alcun abbordaggio, né era un atto di pirateria.»

Gli eroi parlavano in quel modo? Nei libri erano più... più aulici. «Secondo lei dovevamo credere al fatto che quello in corso fosse "un combattivo negoziato" alla maniera di un posto dal nome astruso.»

«Una cifra infinita di posti hanno nomi astrusi, Saramand.» Gracchiò il capitano skitario. «Se devi raccontare, fallo bene. Secondo quell'infame, era un combattivo negoziato alla maniera di Tiid.»

«Ma non era Theed?»

Di che posto stavano parlando?

«Tiid, non Theed. Io ci sento meglio e, come vedi, ho capito subito il luogo. Dovresti fidarti di più del mio udito: a differenza del tuo, è tarato meglio.»

Il perché era ovvio, anche se lei non possedeva ancora innesti di quel genere. La macchina era migliore della carne umana. Era più forte, più capace. La migliore macchina, però, secondo la kyra-patrona era quella che replicava tutte le funzionalità della carne umana in chiave migliorata.

Ignorare che l'uomo fosse una bio-macchina già di per sé eccellente, lo professava ad ogni suo catechismo, non era soltanto bestemmiare contro la saggezza universale del Dio-Macchina, ma peccare d'arrogante ignoranza senza perdono.

«Mi pareva Theed da come lo diceva, comunque...»

«Ed io ti dico che è Tiid», ribatté ancora il capitano skitario. «Se quella è la loro maniera di fare un negoziato, lasciami fare questo commento, quel mondo deve essere davvero una fogna, anzi un luogo ancora peggiore. Una discarica di rovine popolata da genti incivili e violente.»

«Hai descritto Pioltellòr.»

«No, Pioltellòr è sicuramente migliore di questo Tiid.»

Lord Rex aveva menzionato quel pianeta, una volta. Pioltellòr era una parte dell'Over-Archia dei Torian, una tra le maggiori Grandi Casate, nonché un luogo selvaggio ed alieno ad ogni forma di civiltà esulante dallo scarno ordine che esisteva tra i criminali. Proprio come si diceva di Necromunda, così si diceva di Pioltellòr nel descriverlo come una sciagurata landa senza ordine.

Perché i Torian la tenevano in quella condizione? In ogni momento avrebbero potuto ordinare una celere pulizia demografica per ripristinare la civiltà...

«Ad ogni modo, ragazza...» balenò Ci-Esse. «Sarai stanca di sentire chiacchiere e null'altro e sei ospite. Voglio metterti alla prova.»

«In che modo posso esservi utile, milor... signore?» Non era un lord, l'aveva detto Ser Saramand, però era un eroe perché aveva ucciso gli eretici e i pirati. In che modo doveva rivolgersi a lui? Signore? Capitano degli skitarii?

Prima che potesse decidersi, Shiur si ritrovò a guardare, indirizzata da un suo gesto, il tavolo operatorio lasciato per partecipare alla conversazione. «Che cosa sai dirmi, piccola svb-adepta, delle armi?»

Che uccidono?

«Io...»

«Voglio farti vedere uno strumento interessante, di quelli che voi scholariis del Biologos non avete mai modo d'apprezzare quanto dovreste. Puoi prendere tutte le picto-grafie che vuoi.»

«Oi, ricordati che è una bambina», mormorò la senex-seneschala.

«E quindi?» le chiese di rimando il capitano. «Avevo sei anni quando ho ucciso un uomo per la prima volta. Non è mai troppo presto per imparare qualcosa in merito.»

«Non mi stavo riferendo a quello», fu il borbottio della donna velata.

«Era un doppio-senso, Ciesse» gli disse Ser Saramand. «Stava...»

«Sono troppo superiore a queste cose.»

«Maniera floreale di dire che non hai né arma né munizioni?»

«Tu non stavi lavorando?» le chiese, la fronte corrucciata. «Perché perdi tempo in chiacchiere?»

«Son l'unica, qui, io, che sta lavorando mi sembra...»

«Ecco, continua.»

«Figurarsi...»

«Ma...» Shiur li interruppe. «Cos'è questo strumento che volete farmi vedere, capitano?»

«Un moschetto transuranico. Tanto vale ingannare il tempo finché la tuakyra-patrona non fa ritorno, dico bene? Cosa inganna di più il tempo dell'apprezzamentoper uno dei migliori strumenti mai realizzati da noi pii servitores dell'Omnissiah?»    

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