Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" III (2/5)
Saghittareon Ab Tiratòres
Si schiarì la voce con un falso colpo di tosse.
«Ve l'avranno già insegnato giù a casa ma una lezione in più non fa mai male», disse rivolgendosi al gruppetto di soldatini che aveva chiamato attorno a sé. Aveva i loro sguardi addosso e non era male. Infilò la mano nella cassa di munizioni per raccoglierne un bel gruzzolo tutto tintinnante e puntuto.
Lasciò cadere qualche proiettile dentro la casa, contro il letto di suoi simili, finché non ne ebbe solo quattro stretti tra le dita.
Aprì la mano davanti ai suoi allievi. Allineò i colpi in scala di grandezza spingendoli con il pollice della sinistra, facendo bene attenzione a non farli cadere né a scomporre l'equilibrio. Usò l'indice per indicare il primo a partire dal mignolo, il più piccolo.
«Questo è un comunissimo calibro zero punto quaranta. Roba da pistole, la riconoscete subito. Per essere specifici andrebbe bene con qualsiasi canna, da quella della IVP-7 Hard Landing ad una Voroneza garoniana passando pure per quegli affari d'alluminiah che sono le Ahrannòr di quegli animi complicati e complessati degli xioniti.»
«Fanculo le pistole dei garonia. Che ce ne frega di quelle, signore?»
«Se ti trovassi a non avere altro, Tonicvson, ti piacerebbe non avere nemmeno la più pallida idea di che munizionamento usare?»
Il giovane marine, uno spilungone di vent'anni con due stupidi occhi marroni e la testa fresca di rasatura, si limitò a stringere le spalle: «No, signore... ma perché dovrei usare una pistola dei garonia?»
«Perché sei un deficiente che morirà alla sua prima operazione», chiarì Rho. Certe volte i nuovi arrivati, i rimpiazzi per rimpolpare i ranghi delle perdite dovute alle missioni operative, erano dei completi idioti e non c'era maniera di ripararli. «L'hai raccolta, idiota, perché non avevi altro. Ora sai che funzionano con lo stesso munizionamento della tua. Ringraziami dopo perché ora vai a farti fottere il più velocemente possibile da un pelle-verde. Non dimenticarti di ringraziare lo Spirito-Macchina della pistola perché non ha ancora deciso che sarebbe un guadagno per tutta la specie esploderti in mano e far volare un proiettile in mezzo alla tua faccia da cazzo.»
«Grazie, signore. Ho capito il discorso, signore.»
«Carne morta dice cosa?»
«Cosa, signore?», chiese Tonicvson claudicando il peso da un piede all'altro. «Non ho capito la sua domanda, signore.»
«Appunto. Il tuo nuovo soprannome dentro il reggimento è Carne Morta. Sono stato chiaro?»
«Signorsì, signore.»
Annuì compiaciuto da quel guizzo d'intelligenza. Si rivolse al resto della classe dopo avere gettato nella cassa il proiettile appena esaminato. «Questo ninnolo qui, invece...», gli mostrò un nuovo dardo metallico, dal calibro maggiore del precedente, attraversato da sei bande di pittura vermiglia, «si chiama tracciante. Qualcuno sa a cosa serve un tracciante, qui?»
«A tracciare il nemico, signore?», avanzò Brandol Nar, sicurissimo della propria risposta. Lo vide contenere un ghigno per quella che presumeva, probabilmente, essere una spiritosaggine brillante. «A tracciare il nemico o la sua posizione. Correggere il tiro, illuminare un bersaglio in assenza di luce o in zone scure.»
«Tu sei scuro!», commentò Tonicvson, divertito, rivolgendosi a Nar. «Hai l'automata-camomantìs per gli scontri di notte, uomo. La voglio anche io.»
«Non penso che possano dartela. Con la pelle nera o ci nasci o ci nasci.»
«Bene, Nar. Il tuo soprannome sarà Palla di Neve», decise Rho. «Spero ti piaccia.»
«Signore, posso fare una domanda?»
«Permesso accordato, Palla di Neve.»
«Cos'è la neve?»
«Sei di un formicaio, dico bene?»
«Hive Sabran, signore. Su Gladius Secundus.»
Era già qualcosa. «Ottimo a sapersi. La neve è come la cenere industriale, Palla di Neve. Solo che è bianca invece di grigia o nera, è fredda e mi dicono che tra qualche anno ne saremo pieni. Forse è meglio se ti tieni la pelle che hai, Carne Marte... ammesso che tu duri tanto, ovviamente.»
Gettò via il tracciante, spedito a rimbalzare dentro la cassa, quindi scavò per cercare dei colpi in più e ne prese tre che unì ai due che gli erano rimasti. Erano tutte munizioni pesanti, blindatissime. Veri e propri calibri da mitragliatrici serie come la Draken, che il Mechanicvm fabbricava in sempre buone quantità giù a casa in Gladius, o come la qalbah-al'assadàh Rajulwa'Iz Pattern degli hussy'qei.
Ovviamente prediligeva la Draken, era una produzione delle sue parti che apprezzava per la semplicità strutturale e l'efficacia massima anche in condizioni climatiche assurdamente sfavorevoli, però la Rajulwa'Iz era una gioia da sentire quando sgranava i suoi colpi perché era musicale; faceva sembrare una magia della meccanica da tecno-preti, qualsiasi fosse quel misterioso sortilegio che riusciva a mettere in moto la mitragliatrice, un qualcosa di vicino ad una litania modulando il tiro delle sue tre canne argentee intarsiate d'oro.
Quei folli degli Hussy'qei non erano molto attenti al concetto della mimetica... o semplicemente non se ne fregavano poi granché. Di loro poteva dire che non sembravano vagliare come molto efficaci, o utili, le azioni specializzate come le facevano loro marines e gli altri corpi elitari ed asimmetrici specifici di alcune Astrae Militarìs. Gli sembravano prediligere quel genere di scontri dove si voleva che il nemico vedesse con chi stava avendo a che fare lo sporco lavoro di coltello e in cui riconoscersi in mezzo alla confusione, quella delle granate e del fumo e delle salve di las-fucileria, era importante.
Per l'Imperatore-Dio, lui non era nessuno per criticare quel metodo. Se funzionava aveva una ragion d'essere ma alle volte, pensava, era meglio far sì che un solo uomo valesse per cento invece che lasciar fare il diretto contrario.
Probabilmente avevano la fissa degli scontri aperti per le loro noie con quei rettili sodomiti dei draconatii e le invasioni degli eliksni. Chi poteva capirla la gente degli altri Sectores?
Palleggiò i calibri sentendoli rimbalzare contro il polso attraverso il guanto a mezze dita. «Come il sergente Perth potrà dirvi, ricordandovi qualcosa che vi hanno certamente buttato a calci nel cervello durante l'addestramento di base, le mitragliatrici salvano la vita. Non è forse così, sergente Perth?»
«Ha perfettamente ragione, tenente Rho», borbottò il vecchio veterano alzando un pollice d'acciaio ad accogliere la sua domanda. Quello originale era marcito da qualche parte nella Frangia Orientale almeno quindici anni prima. Una fucilata t'au, azzurrina e schifosa, aveva alleggerito quel fido cane del sergente di tutto il braccio destro prendendolo alla spalla. Per qualche mese aveva dovuto fare le strette di mano con la sinistra ma si era ripreso più che eccellentemente, scoprendosi capace di gesta eroiche come stappare le bottiglie di birra senza l'aiuto di un cavatappi o di una spuntata chiave d'appartamento-habitat. Gli bastava fare saltare il tappo, premendovi contro con la punta del pollice fino ad ammaccarlo quel tanto che bastava perché saltasse via.
Per come la vedeva Rho il sergente ci aveva pure guadagnato qualcosa da quella fucilata. Ad altri non era andata altrettanto bene e per simili colpi erano rimasti a terra morti invece che semplicemente mutilati in un batter d'occhio.
Perth sapeva guardare al bicchiere mezzo pieno. Era un vecchio veterano, dentro il reggimento da ben prima che Rho ne facesse parte, e lo riteneva un uomo affidabile nelle ore strette. L'età stava cominciando a rallentarlo, dopo averlo fatto diventare burbero e borbottante ma non per questo meno pericoloso per i tanti nemici dell'Uomo. Non si smetteva mai di essere una testa del Gladiano Corpo dei Marines finché si era anche se solo per un soffio tra i vivi, anzi!
Il dovere finiva soltanto nella morte. Hoo-rah. «Grazie, milord. Mi toglierei il cappello per rispetto a lei se ne avessi uno.»
Perth grattò contro la visiera del suo berretto d'ordinanza, grigio-blu a chiazze blu e bianche come l'uniforme-tunica da fatica. «Vuole che spedisca questi due rompipalle a prenderne uno, vostra grazia?»
«Potrebbe essere un'idea, signor conte-barone eccellentissimo...»
Vide la catastrofe imminente mentre, distratto dal loro gioco dei titoli apostrofati senza ragione, si voltava per rispondere al sergente Perth. L'espressione che aveva sul viso s'indurì e il suo scatto fu repentino, uno slancio a testa bassa. Spinto in avanti dall'urgenza Rho scansò dalla propria strada un fuciliere, uno dei nuovi imbarcati, mandandolo a terra con una spazzata del braccio.
Il colpo innescò un moto negli altri marines presenti nelle vicinanze, raccolti lì in attesa di potere cominciare il loro turno nel saghittareon. Qualcuno si allontanò di scatto, altri bestemmiarono ed imprecarono per la sorpresa ed un paio si mossero a spalleggiare il loro commilitone appena caduto con il culo sul pavimento.
Tenendosi basso Rho schivò il braccio d'uno dei suoi sottoposti lanciatisi a fermarlo. Se solo avesse saputo non si sarebbe mai azzardato. Dardeggiò oltre una delle cadette della lady-commissaria, sentendola esclamare qualcosa alle sue spalle.
«Jeenkyns!», urlò per distrarre la catastrofe ambulante pronta a scoppiare dannosa. S'invento una balla sul momento, utile a fargli cambiare postura. «Jeenkyns! Sui tuoi piedi, un ratto!»
Nel mezzo dell'avvicinamento al bersaglio Rho lo vide prima sobbalzare, forse perché messo in allerta dall'urlo e dall'improvviso movimento, quindi lanciare un'occhiata ai propri piedi. Quella puttanata del ratto l'aveva distratto!
Mancava ancora qualche metro. Per poterli coprire con qualche secondo d'utile Rho gli scagliò, prendendo la mira tra un passo di corsa e l'altro, un pugno di calibri di mitragliatrice draken sulla faccia. Il marine si coprì dalla pioggia, chiedendo a voce alta che cazzo stesse succedendo. Non gli rispose. Non poteva assolutamente sprecare i secondi guadagnati.
Lo piantò in mezzo ai propri occhi mentre rialzava la testa, impalato lì dov'era come un idiota, e si slanciò all'attacco. Gli piombò al mento con un gancio duro, forte della rincorsa. Sotto le nocche avvertì uno schianto improvviso.
Jeenkyns si rovesciò su di una pila di grosse casse di munizioni, che crollarono portandolo con loro sul pavimento in una cascata di nastri di munizionamento. Aveva lasciato il las-fucile per cadere meglio, per aggrapparsi alle scatole.
Rho gli fu addosso e, in un lampo, schiantò un colpo di mano sul blocco della cella energetica che, disarmata, cadde a terra. Quel piccolo, metallico tonfo gli strappò un peso dal cuore. Erano tutti fuori pericolo, adesso, al sicuro dalla stupidità.
Grazie all'Imperatore-Dio che me ne sono accorto in tempo! «Stupido sacco di merda con le pulci che si inculano tra di loro», sbraitò a Jeenkyns. Lo prese per il colletto della tunica da fatica e con uno strattone lo costrinse a rialzarsi.
Sì, gli aveva fatto partire per aria un dente con quel gancio. Ben gli stava. «A che cazzo stavi pensando, idiota? Ey? La prossima volta...» Tenendolo ben stretto Rho pilotò il marine, di dieci centimetri più alto di lui, contro il tavolo delle disposizioni. «La prossima volta in cui ti vedo girarti come uno scemo con il las-fucile carico, senza sicura e armato ti taglio le mani e te le faccio mangiare.»
«Signore? Signore, io... io non pensavo che...», Jeenkyns batte gli occhi confuso. Lo scemo non si era nemmeno reso conto di che cosa avesse fatto! «Non me lo sono ricordato, signore.»
«Non te lo sei ricordato? Sei una testa di merda, Jeenkyns! Sei una testa di merda! Potevi ammazzare qualcuno se ti partiva un colpo per sbaglio! Non devi mai girarti con il fucile armato, fuori dalla 'rangeh, il dito sul grilletto e nessuna sicura. Mai!»
Lo avrebbe preso a pugni dal mattino fino alla sera se avesse potuto. Tutto un giorno speso a incassare cazzotti in faccia non sarebbe bastato a fargli pagare abbastanza quella stronzata che aveva fatto. Come aveva fatto a dimenticarselo, come? Era la schifosa base della base! La si insegnava nelle prime settimane di qualsiasi addestramento.
Era stato ad un passo dall'ammazzare qualcuno dei presenti e non faceva neanche la stramaledetta fatica di capire perché si era meritato quel pugno? Lo spinse contro il tavolo, piegandolo su di esso con un urto che riverberò nell'aula. «Lo punti in basso il tuo cazzo di las' e lo disarmi, prima! È precauzione elementare, porca puttana! Te l'hanno insegnata in Gladius. Jeenkyns, ne sono sicuro! L'hanno insegnata a me, l'avranno anche insegnata a te, no? Cos'hai nella testa, la polvere?!»
Lo strattonò lontano da quel tavolo e poi lo lasciò andare. Era accaldato, adesso, e si piegò sulle ginocchia per riprendere fiato. L'indice e il medio della mano con cui l'aveva colpito sul mento pulsavano un vago dolore ottuso, che scemava di secondo in secondo.
«Testa di merda...»
Sul pavimento erano rotolate centinaia di munizioni per le mitragliatrici, confuse con nastri di proiettili specializzati e traccianti. «Sistema questo casino.»
«Sì, signore.»
«E poi fatti vedere la bocca dal medicae.» Il pugno che gli aveva dato erastato d'un soffio più forte del necessario. «Ti sei perso un dente sul pavimento, Jeenkyns. Ti sta bene, cretino, e ti faccia da lezione, ma quando hai sistemato qui vai a farti rappezzare. È un ordine.»
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