Preliminarìs Actìs-et-Gestae ac "De Bello Avrelico" II (4/4)
Magistral Vial Ad Libere Aquae, Hallas Antrion Unum
Directiva pro Meta-Nexvs Sentryana
I lanci e gli arrivi delle maglev ancorate al secondo piano urbano rullavano tonanti. Scandito da una precisione che Garondyna intuiva senza, però, cogliere appieno, il ritmo era quello d'una schiacciasassi in funzione e di una tempesta elettrica intra-cupola.
Una costante, pensò Garondyna, immaginando una tra quelle numerose formule algebraiche che studiava alla scholam. Una costante fatta di cinquantatré urli di lancio, scagliati a riverberare per il Meta-Nexvs dagli strali-tragitti, in contemporanea a grida d'arrivo uguali in numero.
Le ultime erano appena, lievemente protratte rispetto alle seconde; anni di simili tragitti le avevano affinato moltissimo l'orecchio in merito, portandola a saperle distinguere anche ad occhi chiusi. L'aiutava il fatto che conosceva il perché di quel sottile rallentamento e quanto esso durava.
Serviva un po' di tempo, davvero una manciata di secondi alla fine dei conti, alle sagitte trasportatrici di ritorno per effettuare la frenata e l'attracco alle banchine; erano quegli attimi necessari a rallentare la loro velocissima corsa magneto-accelerata, agganciarsi alle muraglie d'arresto prolungato, bloccare il proprio moto a mezz'aria e far raffreddare le magnetikaì grav-piastre ventrali.
Una nuova, ancor più intensa salva di partenze e di arrivi rimbombò, cadendo in picchiata dai sovrani cieli d'acciaio. Ignorata da tutti i rami della densa folla in transito, decine di migliaia d'orecchie abituate a quel coro tecno-stregonesco, visse, scorse intensa e quindi scomparve con la stessa abitudine delle sorelle che l'avevano preceduta.
Era tutta ordinaria amministrazione.
Dal Data-Banco Casuale del Repositorivm Musicae sgorgò l'attacco a marcetta di "Sol Lunae, Sol Lunae! Ad Avantìs!" degli Scarabevs. Assecondò il ritmo della canzone con la testa, sogghignando pian piano a labbra chiuse.
Sul monitor-display dell'artius-microcogitator, sotto la roteante signo-ikonea della Bicefala Aquila Imperiale, i quattro della banda erano raffigurati nel mentre attraversavano un lungo sentiero pedonale, ombreggiato dalle spire dell'Alto-Formicaio.
Iohannes Limon-Citrevss e Yorgivs Filian-Haerran portavano le loro electro-chitarre in spalle, alla stregua di las-fucili, seguiti a ruota da Paulus con un tamburo della sua batteryana e Rainghon con il bassvm.
Sopra alle loro teste, impegnato nel volo eterno di cui parlava una delle loro canzoni, il vermilleon astra-galleon affrontava le incertezze dell'Empyreo Warp a periscopio alzato. La copertina era quella del loro concerto in Hive Statiòr-Tranquillitàs.
Aveva sentito dire che ne esisteva una versione excelsior, speciale e rara, riferita al loro bagno di folla in Capitol Horual-Adàn.
Celebrava l'imperiale successo di quella tappa della trasferta nel Segmentvm Pacificvs, quando due miliardi e settecento-e-novantuno milioni di persone avevano seguito in diretta, nei modi più disparati, il loro concerto. Secondo le varie testate novitarìs di rilievo, i suoi esorbitanti proventi erano stati in salda parte rivolti al sostegno della Crociata.
Quella copertina doveva trovarla a tutti i costi. Per quale stramaledetto motivo nessuno in mezzo Sol sembrava averla?!
Una mareggiata di persone andava calcando i lisci pavimenti del Nexvs Sentryana. Uomini e donne attraversavano l'Antrion Unum con un vociferare confuso, sovrastante sé stesso, continuo, indefesso nel fare da sottofondo ai rumorosi lanci delle maglev.
Come sempre.
Ogni giorno, con tutta quell'abitudine consumata che si poteva attribuire ad ogni isola pedestrianea d'ogni formicaio urbano, dal Nexvs Sentryana passava tantissima gente d'ogni sorta, regola e genere.
In quelle date di festa, poi, aveva prima sentito dire ed in seguito osservato con i suoi occhi che tutta la Santa Luna era, se possibile, ancora più trafficata del solito! Più popolosa, più affollata...
Lo si doveva all'adunata della Crociata.
Da un pugno di settimane, ogni ora della rotazione diurna e della rotazione notturna era scandita con meccanica precisione, la stessa d'un vecchio chronometròn a pendolo, dall'arrivo di un grande numero d'astra-vessilli, navis nobilites, navi spaziali, astra-galleonas, vascelli di supporto, okeanìs-haulers e grandissimi mercantili con trenta e più ponti.
Anche le aero-avtoviaebahn erano più dense del solito, che già di suo era trafficatissimo. Hive Statiòr Tranquillitàs ingurgitava nuovi, innumerevoli milioni di persone.
Come lui, così faceva tutto il resto del Sistema di Sol, incamerando le vaste frange d'umanità portate lì dagli ordini del Lord Solar dell'Imperivm, l'Over-Lord Fabritiòs Von Gianellen.
In che modo si poteva, con tutta quell'elettricità nell'aria, sedersi al suo banco, nella scholam, fingendo che fosse semplice, ordinaria amministrazione d'ogni giorno? Su, su!
Era impossibile!
È criminale! Garondyna schivò un paio di milites-astra in divisa da fatica, copricapo da guarnigione e mani in tasca scartando a lato. «Ma fate un po' d'attenzione!»
Non le risposero, continuando noncuranti verso i gradini che portavano alla direzione dalla quale era venuta lei, verso bische e bar. Uno di loro, un ragazzo pallido che ad occhio poteva avere a malapena tre o quattro anni in più di lei, le scoccò un cenno con distratti occhi scuri, pozzi neri umidicci.
«Fallo anche tu, bambola-biondina.»
S'accigliò. «Com'è che mi hai chiamato?»
Uno degli altri soldati, come lui vestiti con un'uniforme blu scura in gradi grigi e stivali anfibi neri alti fino a metà stinco, lo strattonò verso la scalinata con un tiro brusco, preoccupato. «Garer, puttana la miseria! Piantala di attaccar briga con le civili!»
Liberatosi dalla spinta del commilitone e strettosi nelle spalle con una noncuranza che la punse, il tale di nome Garer continuò a tallonare i suoi compagni. Lo vide infilare le mani nelle tasche della giacca soprastante la divisa, infilarsi una sigaretta in bocca ed accenderla con un passaggio dell'ignis'.
Tuonò una scarica d'arrivi e partenze, trasmettendo vibrazioni sorde al pavimento.
Garondyna girò i tacchi, scartò per evitare un paio di ragazzini cenciosi al seguito d'un pater-ministrorvm armato di bordone, s'infilò nel varco vuoto che si apriva tra altri due gruppi di milites-astra appena scesi dalle maglev e un movimento di folla la costrinse ad attendere un momento.
Indietreggiò d'un passo per non inciampare nell'avanzata di due commissario politici, accompagnati da un mostruoso lupo inspessito da innesti metallici.
Entrambi vestivano lunghi, pesanti capotti scuri a collo alto drappeggiati sopra ad un panciotto rigido, intriso di bronzo. I bottoni erano Bicefale Aquile Imperiali, identici a quelli delle fondine delle loro pistole Requiem. Sul capo avevano copricapi ufficiali dal fregio lucido, riportante le insegne del Commissariato Imperiale.
«Te lo dico io, August; non può che essere Leja.»
Cosa doveva essere Leja? O chi?
Al commissario che l'aveva appena chiamato per nome, quello chiamato August rispose con una smorfia a denti scoperti. «Che cazzo ci andiamo a fare in Leja, vecchio bastardo haraemita?»
È un posto, quindi.
«Questo non lo so.»
«Eh, vedi che succede a non essere nel Concillivm del Lord Solar?»
Bloccati dal transito d'una massa di persone, i due ufficiali politici mormorarono qualcosa che Garondyna non riuscì a sentire. Il primo ad avere parlato era più anziano dell'altro, anche se non di molto. L'incarnato era bronzeo, come di chi viveva in Venere o andava in vacanza in Aphrodite Terra per prendere un po' di sani raggi di Sole.
Grandi occhi neri, dentro ad orbite segnate da rughe, scrutavano la folla con una vaga, quasi rilassata apprensione.
Appeso alla cintura, notò la ragazza, c'era il fodero d'una formidabile spada potenziata. Il modello le ricordò quella che faceva bella mostra di sé nell'officivm della lady-deanna alla sua scholam: avevano la stessa guardia ad Aquila Bicefala Imperiale con le ali spalancate e le due teste chiuse in un cipiglio severo, puntiglioso e dal singolo occhio scrutatore.
«Ci sono tanti luoghi dove Von Gianellen potrebbe mandarci, Decaius. Kosmica Arenalia? L'Ascendente della Medikea Sidera? Diavolo, perfino il Golfo di Damocle o Pardaminia.»
«In Pardaminia magari no, oy'veh.»
«Vero» borbottò l'altro commissario, quello che vicino aveva il lupo con gli innesti. «Ci sono troppe schifose, vili checche laggiù.»
«Xenos, August. Ci sono gli Alinor Drukhai.»
«Mah, a dire il vero io stavo pensando ai trikeliani...»
«Sei sempre il solito.»
«Nella Frangia ci sono gli uomini veri, lo sai come la penso.» Garondyna lo vide scoccare una gomitata all'altro commissario, quello che di nome faceva Decaius. I due, intuì, erano amici. Si parlavano come tali, con bassa franchezza. «Anche se non mi dispiacerebbe avere te e i tuoi ragazzi laggiù.»
L'interpellato girò la mano in un gesto che lasciò Garondyna un po' perplessa. Era sicura d'averlo già visto prima, ma non rammentava il dove o il come. Pensava alla copertina di un libro, forse? «Non sono i miei ragazzi, August. Sono dell'Astra Militarvm del Principato di Elysia... e della nostra lady-poco-lady maggiore Tinysia.»
«Lady carrarmato nucleare, sì. Come mai non sta battendo la fiacca qui sulla Luna? Conoscendola, è strano che se ne sia al lavoro su al Montvs!»
«Perché ho fatto qualche giochino con le licenze.» Rispose Decaius. «Prima me la godo io, poi forse lei.»
«Dove quel forse è un valido "se non si parte prima per..."»
«Per ovunque il Lord Solar voglia mandarci, presumo.»
«Ah, beh!» August fece cenno di lasciar perdere e si ritrasse per far passare una fiumana di adepti-studenti d'universitàs. «Finché non ci mandano in Aurelia, mi va bene tutto! Anche il Sector Cappadokea.»
«Adonai ci scampi dalla Cappadokea!»
Non vedo l'ora di sedermi in prima fila, pensò la giovane approfittando d'un varco nella folla per risalire uno ad uno tutti gli ultimi gradini della seconda scalinata interna al principio dell'Antrion, e godermela per bene. Da come parlano questi, sembra il Lord Solar rivelerà dove voglia andare solo in quel momento.
Magari andrà a fare la guerra ai vili T'au!
Nelle sue ultime lettere lo zio Iosìf aveva scritto che più di metà della Prima Armata Crociata, quella comandata dal Lord Solar in persona, si stava ammassando nel Sistema Solare.
Intere bellvm-flotte di nazionalità e potentati tanto diversi quanto lontani tra loro, risalendo le correnti del Mare che divideva un milione di volte un milione di porti, stavano convergendo al Mondo-Trono per partecipare ad un Trionfo.
Sarebbero tutti passati sotto gli occhi delle titaniche Madri degli Esuli, presso gli aero-stralìs dell'Astria-Portvs di Gyptvs-Minarat.
Una volta, in compagnia di suo zio, aveva visto in pellegrinaggio turistico le Magne Inmalazarie volute dall'Imperatore-Dio.
Era stato proprio suo zio a dirle che lungo i fianchi degli aero-stralìs della capitale di Garon, si alzavano simili figure.
Quasi identiche, rammentava bene le sue parole.
Sostanzialmente delle gemelle Inmalazarie, diverse soltanto perché garoniane invece che terrane nei tratti, costruite dalla fatica di moltitudini intere per celebrare il Trionfo di Ullanor e il secondo secolo della Grande Crociata.
Stando a lui, quelle Magne di stampo garoniano erano accese giorno e notte, ininterrottamente, e da dodici millenni erano solide nella loro posa di semi-divinità tripartita.
Al pari di tante altre si rivolgevano alla Sacra Terra, mentre quelle dell'Astria-Portvs guardavano, almeno simbolicamente, tutti i mondi dell'Imperivm.
Scendere sulla Sacra Terra per il Trionfo sarebbe stata una buona occasione per rivederle.
Una cosa alla volta, ragazza! Distrarsi era troppo facile. I biglietti, prima di tutto.
Si guardò intorno, stringendo le bretelle del suo zaino, cercando di ricordare quale delle tantissime scalinate d'acciaio-marmo portava alla fermata che le serviva per il Palazzo delle Poste. Garondyna occhieggiò in alto, in mezzo alle scosse urlate da una fila di partenze, cercando i macro-monitores che mostravano tutti i lanci e gli arrivi imminenti.
Pendendo da grandi catenacci di sthala-obsidia, calavano a coprire per tre quarti i luminosi, circolari architravi a rosone dei passaggi ad arco acuto che aprivano al corso lungo della Magistral Vial Ad Libere Aquae.
I loro angoli, incorniciati in blindature d'oro vecchio, erano sostenuti con garbo da cori d'angeli in volo ad ali spiegate. Scene di Arcaia Historìa Pre-Imperiale adornavano i bordi narrando l'antichissima Conquista della Luna.
Disegnando un arco sopra l'angolo alto, un coraggioso Ikar armato con ali di tela, legname e leve spiccava un gran balzo dalla cima d'un monte.
Invece di precipitare, lui ascendeva con grandi battiti incontro al cielo. Il progresso dell'arco di sommità, uguale per ogni macro-monitotor, lo vedeva evolvere il suo volo in quello d'una serie di sempre diverse preistoriche macchine alate, armata di motore.
Le sostituiva, vicino a metà lunghezza, un globo di ferro irto di punte simili a quelle delle las-lance, poi seguito da una flotta di grandi sagitte scoccate verso il vuoto, da un velivolo con piccole ali a delta.
Infine, diveniva una colata di donne angeliche.
Loro portavano in trionfo lo Ikar, con le sue ali osannate alla stregua d'una reliquia, verso un altro ciglio montuoso.
Incontro, secondo il mito, ad un altro volo. Sopra agli architravi dominava su ciascun macro-monitor, con cipiglio severo e guardingo, una grande Imperiale Aquila Bicefala. Portava in sella il Divino Maestro dell'Umanità in persona, bardato con la Sua panoplia-potenziata d'auramite scintillante, dell'incendiato halos a diciotto punte e della spada fiammeggiante.
Da basso, velata e matrona nonostante l'età non più fiorita, la Sacra Dea-Madre Terra chiudeva la mano sinistra sulle redini e premeva la destra sul petto.
Opposta a lei e sostenuta dalle mani d'una cintura d'eroi antichi, la giovane Santa Luna offriva all'Imperatore-Dio una grande placca metallica ed una sfera immacolata.
Le piaceva quella composizione perché ne citava direttamente un'altra, al centro della piazza davanti al Palazzo delle Poste.
L'Offerta rievocava la Riconquista dell'Antica Placca.
Alzandosi in punta di piedi, Garondyna riuscì a vedere le vetrine dei tanti negozi che già avevano aperto, il traffico sull'autoviae-bahn centrale e le ali di folla sui corridoi. Per un momento, uno solo e tutto breve, pensò di arrivare a piedi al Palazzo delle Poste.
La strada non era poca, ma lungo la via sarebbe passata vicino alla tabernacola di 'Lissha, che aveva i dolci buoni. Ne sfornava tante teglie ogni mattina e poi li esponeva nelle sue vetrine, per invogliare i clienti di passaggio e far ingolosire le guardie smontanti dalla pattuglia notturna.
Lungo l'esordio del Terzo Settore dell'Ad Libere Aquae, poi, sorgeva il Gran Consolato Sol di Garon e tutto il quartiere commerciale garoniano!
Il Lord-Diplomatico Aristarkhov Lannidovicheo era un gran signore sempre elegante e appuntato, amico di lunga data di suo zio.
Di solito le faceva pervenire un invito a cena ogni venerdì, con tante altre convocazioni sparse lungo tutto l'anno per coltivare le relazioni tra i garoniani che vivevano lì nel Sistema di Sol, ma di recente era stato impegnatissimo con l'Adunata del Lord solar e non aveva indetto cene.
Un po' le dispiaceva.
Dalle ancore-banchine d'arrivo e partenza, attraverso copiose vibrazioni indotte a ritmo praticamente continuo nelle viscere del colonnato di benvenuto della Hallas, gli impatti di cinquantatré nuovi lanci si spalmarono uniformi sui pavimenti a scacchi dell'Antrion.
Ci metterei troppo a piedi, però.
Se faccio sia l'andata che il ritorno a gambe in spalla, arrivo sicuramente dopo la terza ora. Che noia queste lezioni!
Sentì le vibrazioni dovute alla mag-lev sfuriarle sotto le ballerine, come il brontolio di un titano. Erano sorde e dure. Fulmini invisibili scagliati a trafiggere il granito.
Non si fermavano al piano terra dell'Antrion, anzi! Accadeva tutto il contrario! I tremori proseguivano ancora, andando oltre l'Antrion, scendendo in profondità fino a perdersi in chissà quale dei numerosi, chilometrici livelli inferiori.
Era il...
Scosse il capo.
L'incontro con quei giganti l'aveva scossa così tanto? Chiuse gli occhi e picchiettò un passo contro il pavimento. Se ci pensava peggiorava soltanto le cose, dannazione!
Cercando di non pensarci, Garondyna diede uno sguardo al chronometròn interno al display dell'artius-microcogitator. Era stata brava e veloce, dopotutto conosceva benissimo la strada, quindi aveva ancora un po' di tempo prima di dover salire a bordo della sua tratta.
Maglev 2-06, Scalinata Commercia-Hass West Sei. Tutto regolare.
Aprì la tasca frontale dello zaino, ci cacciò dentro la mano per rovistare e con le dita sentì, superando un paio di sottili, crepitanti involucri di plasta, una forma di syntho-cartoncino rigido. La strinse e poi la tirò fuori, chiudendo subito la tasca.
Sollevato il coperchio del pacchetto di sigarette, la ragazza sciolse la cerniera che vi premeva contro l'ignis-luminator e s'infiorettò le labbra con una Solar Aureas. Lo zio non voleva che lei fumasse, ma come poteva scoprirlo se non glielo diceva?
L'occhio non vedeva, l'orecchio non sentiva e il cuore non pativa!
Rapida e contenta d'essere in giro per la sua città, Garondyna allungò i suoi passi verso la fontana centrale, dov'era permesso sedersi per fumare.
Si sedette sul bordo di marmo ingrigito, tra due incisioni di Bicefala Aquila Imperiale e sotto l'ombra del glorioso, Primigenio Selenitar Conquistator.
Incrociate le gambe, trasse una boccata di fumo dalla Solar Aureas e la soffiò fuori dalle narici.
«Che cosa fai?», le chiese una ragazza biondina. Se ne stava lì, vicino a lei, con i piedi a mollo e i palmi posati sul bordo della fontana. La domanda la lasciò stranita, sorpresa dal fatto che quella sconosciuta le stesse rivolgendo la parola.
Guardandola in tralice, Garondyna notò che era vestita con il rosso dei tecno-preti. Ma che cosa vuole questa qui, ora?
Non aveva protesi addosso... o, se ne aveva, erano nascoste sotto quel brutto tunicone rosso che la copriva dal collo fino alle ginocchia. Aveva rimboccato l'ultima decina di centimetri per mettere a bagno i piedi. Un paio di scarpette leggere, a triplo laccio, erano lasciate dappresso al bordo.
Aveva un viso a cuore, con la fronte alta e spaziosa, e i suoi occhi erano d'un bel colore azzurro. Se non l'avesse approcciata in quel modo strano, pensò Garondyna, ad un primo sguardo avrebbe pensato che il suo viso era simpatico.
Un po' strano, sicuramente, ma del genere che attirava gli sguardi di qualche ragazzo. «Eh... fumo una sigaretta?»
Duh!
«Sì, è solo...», rise da sola, «non l'ho mai visto fare, prima! Mi appare un po' strano.»
Mi appare? Tunica rossa, parole un po' strane, modi bizzarri...
«Sei una Admech, tu!»
Era un po' ovvio, d'accordo, ma serviva a rompere il ghiaccio.
In risposta la vide agitare i piedi, che erano sottili e pallidissimi, sotto l'acqua della fontana. «Sì, sono una svb-adepta.»
«Eh, phaycvs!» Una svb-adepta, se non andava ricordando male, era l'ultimo gradino del Cvltvs Mechanicvm. La sua posizione in gerarchia spiegava l'assenza di protesi. Era innocua, poteva stare tranquilla.
Dopo un'altra boccata di fumo, Garondyna la indicò con la sigaretta. «Quindi tu te ne intendi di tecno-stregonerie e cose così, sì?»
«Sì», rispose con un filo d'entusiasmo. Durò un istante, dopo il quale la sua voce scese ad un mormorio più umile. «Ma, sfortunatamente, sto ancora imparando...»
«Dai, un giorno diventerai una tecno-skitaria», le tirò come scherzo, mimando con la mano sinistra una pistola che sparava. «Con un plasma-fucile per friggere quei brutti musi degli xenos.»
Sul viso della svb-adepta si delineò un sorrisetto di circostanza, quel genere d'espressione che Garondyna pensava corrispondere alla faccia d'una che non aveva capito poi tanto. Era per quello che faceva la svb-adepta, magari? Perché era un po' stupida? «Io un giorno sarò Arch-Magvs!»
Si, ed io sono una porta. «Arch-Magvs? Suona davvero impressionante!»
«Già! Come la mia kyra-patrona! Lei è Arch-Magvs e lo sarò anche io!»
«Questo è lo spirito, sorella!»
Non era molto attenta circa le prese in giro,eh? Perlomeno sembrava una ragazza simpatica. Doveva essere vagamente della sua età, anche se da come si comportava l'avrebbe detta un bel po' più giovane. In un guizzo di generosità le offrì il pacchetto delle Solar Aureas.
«Davvero?»
«Due minuti fa eri tanto curiosa, quindi...»
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