Capitolo I: Il Signore della Tempesta


Capitolo I: Il Signore della Tempesta

Atto IV, Alta Cardinalessa Kira Baelor dell'Ecclesiarchico Culto dell'Aureo Fuoco


Imperivm del Genere Umano

Segmentvm Ultima, Peripherica Stellarìs Expansionae di Aegis Pro-Viae-Korianìs

Sistema Stellare di Lorn Eron, mondo-cardinale di Lorn Eron II

Alta-Terranìs di Volscini Sethra-Pelta,

Faglia di Sparakìs

M42.016


Il bailamme degli spari terminò calando dalla furia al silenzio. Scomparse le ultime eco dei fucili laser, rimbalzi sonori che s'erano persi nel vibrare della struttura, una quiete innaturale sopraggiunse ed impose il suo dominio nell'Aula di Comando.

Il suo regno fu molto, molto breve.

«Che bella questa sveglia con ginnastica intensiva!», esclamò il Sultano di Arabaian, per Kira rumoroso quanto un bambino allegro. Di sottecchi ella lo vide pulire la sua lama, ora disattivata, usando come straccio la veste d'uno degli incursori abbattuti.

Non era un soggetto inerme ma secondo lei nemmeno pericoloso quanto qualcuno poteva erroneamente pensarlo. Un bambino armato di coltello, pratico con qualche mossa, ma pur sempre un bambino. In un certo senso non era così che gli Antichi Phtumeriani erano stati usi, negli eoni del loro dominio di canzone e sogno, a considerare l'umanità? Una torrenziale cascata d'infantili macellai; nella loro ascesa avevano spazzato via tanti pericoli, così schiacciati sotto il tallone di una sempre crescente marea di disgiunte diversità... risvegliandone molti, molti di più.

Il Sultano era una buonissima rappresentazione di quel modo d'essere, la reiterazione del concetto di quelle genti che nel lontano passato avevano preso la via degli astri. Non v'erano più phtumeriani nella Via Lattea e pochi conoscevano la loro storia, già lunga quando l'Uomo primitivo era stato impegnato a celebrare i suoi Xeno-dei in Uu'hr e Uuhr'Hurùq... ma le loro parole, i loro moniti prima 'ancora, non erano del tutto andate svanite.

Optò per ignorarlo determinando che egli, in quel momento, era un fattore ben poco importante e che riflettere sul passato delle sue genti era qualcosa che poteva riservare ad un momento più calmo e sereno. Dopo essersi guardata attorno, la religiosa si mosse scavalcando i suoi due cavalieri custodi, ancora armati ed in allarme, per raggiungere una pulsazione che andava spegnendosi.

Giacevano sui pavimenti della sala ben oltre venti corpi d'uomini, giovani e non.

Da alcune ferite, non molte a dire il vero, colavano rivoletti vermigli: sangue caldo, sangue dannato. La maggior parte non stillava icore, il laser faceva scoppiare le carni all'impatto, strappava, passava da parte a parte ma cauterizzava la maggior parte del suo danno per rendere le operazioni di primo soccorso il più possibili futili o complicate

Le soggiunse in mente il fatto che tante storie avrebbe potuto trarre da quelle stille cremisi se ne avesse avuto desiderio; sarebbero potute tornare utili alla battaglia? Forse e forse no. Certo non era quello nè il momento né il luogo per entrare in comunione con le loro memorie. Quella tentazione, che per un momento le aveva accarezzato la nuca con dita foderate di seta, se ne andò sbattendo le proprie ali quando Kira trovò la fonte delle pulsazioni.

Eccoti.

Scivolò con slancio lungo l'acciaio del pavimento, tutto schizzato di sangue e detriti. Con passi veloci ma silenziosi, tenendo ben fermo negli occhi chi voleva "interrogare", l'Alta Cardinalessa fece del suo meglio per ignorare i boati che giungevano, attraverso le pareti e i tremori, come ridotti urli di tuono alle sue orecchie.

I caotici stavano finalmente rispondendo all'artiglieria imperiale.

Questo assedio era finito ancora prima d'incominciare. I lealisti dei Quattro Grandi Nemici, gli Arci-Traditori dell'Imperivm, avevano deciso d'interrompere il loro silenzio e passare all'offensiva e, di ciò doveva rendergliene atto, con quello stratagemma dei teleportarivm erano quasi riusciti a vibrare un micidiale affondo alla Crociata.

Come si potevano prevedere i punti d'arrivo di delle macchine di trasmissione istantanea? Non si poteva, ecco come, quindi s'era parzialmente indifesi contro quel genere d'assalti. I teleportarivm, sapeva lei, non erano molto precisi tuttavia e poi il Lord Solar stesso aveva previsto una simile manovra. Non con l'ausilio di poteri magici, certamente, semplicemente attraverso la forza della sua mente di soldato e stratega.

Come aveva detto, se si toglievano tutte le opzioni tradizionali ad un nemico a questo restavano solo quelle imprevedibili oppure inattendibili.

Non pareva stare notando quel particolare dettaglio, però, che invece Kira aveva fisso negli occhi. Gli incursori non erano milites-traitorìs di Asphodel ma bensì soldati-alastri delle insegne di Annmatar Sekh il Secondo del suo nome.

Non era affatto normale.

Gli asphodelii erano machinomanti devoti al Chaos Indiviso, gli eredi delle malsane tradizioni belliche di Heritor Asphodel e del Formicaio Ferrozoica, i soldati-alastri erano incursori che facevano la volontà del Secondo Avvento di Sekh lo Stregone Tzeentchiano.

Per quanto non fosse del tutto impossibile che le due forze collaborassero, ponderò lei, era come forzare su di un singolo fronte eserciti di Garon e di Gladius: più che un'unione d'assetti e forze si aveva un vertiginoso incremento d'incidenti di fuoco amico e sabotaggi interni.

Era ciò che la lasciava interdetta, interiormente dubbiosa delle intenzioni degli avversi al Dio-Imperatore Sovrano dell'Aureo Fuoco. Erano enigmatici, confusionari ed inferiori... o così le era stato insegnato dai suoi mentori.

Parole, le loro, che andavano colte con una misura di cautela. Enigmatici? Esistevano eserciti e civiltà cadute che sì, erano tali. Confusionari? Certi più di altri, nessuno in misura maggiore dello stesso Imperivm con la sua frammentata, inter-nazionale burocrazia d'incompetenti eservi della scrivania.

Inferiori? Apostati e blasfemi certamente ma definire un proprio nemico come inferiore era una sciocchezza che nessun comandante sano di mente doveva fare.

Non era una militare.

La sua guerra era una di fede, una crociata dentro la Crociata, che abbisognava d'armi e strumentazioni diverse da quelle di chi faceva della guerra, del crogiolo dell'atto bellico la propria ragione di vita ed esistenza, differenti quindi dal cannone tonante, dalla las-falange e dalle salve di fucileria energetica... però si componeva di battaglie. Per vincere quest'ultime serviva conoscere il proprio nemico.

Chi non conosceva l'avversario al quale andava incontro, aveva sentito dire dal supponente ed intoccabile Primo Signore Militante lord Arer Vendas, aveva perduto mezza campagna ancora prima di cominciarla e poteva soltanto raccogliere i cocci delle finestre che si sarebbero frantumate.

Per quanto avesse in sprezzo quell'uomo, suo temuto nemico, Kira lo rispettava: lord Vendas era sì arrogante e mai lontano dal potere decidere di mirare al titolo di Lord Solar... ma era un uomo brillante, aveva acume ed una mente prodigiosa.

Egli conosceva la guerra perché l'aveva effettivamente studiata e perché l'aveva vissuta, più e più volte. Sapeva come combatterla e ciò lo rendeva uno strumento prezioso per la Crociata dell'Aula di Joramund tanto quando un avversario pericoloso, da eliminare.

Aveva però detto che chi sottostimava o sottovalutava le capacità degli eserciti dei corrotti votatisi ai Poteri Perniciosi era uno stupido e su quel punto aveva ragione.

Riflettendo sulla sua scoperta, Kira si trovò a ricordare che durante le precedenti fasi dell'avanzata imperiale non s'erano manifestati o mostrati sul campo né erano apparsi nei rapporti degli altri scaglioni della Prima Armata Crociata.

Non s'erano mai visti dei soldati-alastri di Anmatar Sekh il Secondo. Nemmeno una volta, neanche nel meno importante tra tutti i rapporti sui quali era riuscita a mettere le mani scavalcando le ritrosie di quei grandi lord militari e militanti all'idea di una religiosa dentro il loro campo.

Era assolutamente certa di stare ricordando perfettamente: tutti quelli di un certo rilievo e spessore, sopravvissuti ai filtri dai servitor-mentat e da questi condotti come ovini all'attenzione del Lord Solar, li aveva copiati come una brava amanuense per non perderli in seguito a ripensamenti. Kira li aveva letti e riletti ed in essi non rammentava proprio d'avere rinvenuto tracce di quella specifica setta militante.

Un soldato, uno di quegli incursori fedeli ai maligni Poteri Perniciosi, ancora vivo dunque era una preziosissima fonte d'informazioni.

Inestimabile, addirittura. Davvero inestimabile.

L'Alta Cardinalessa accrebbe la profondità della sua visione, gli occhi cremisi sbarrati sul traditore riverso in terra, sentendo le tenebre che già le scivolavano accanto. Per vedere bene una singola luce, le avevano insegnato, era cosa buona e giusta scendere nel buio e togliere tutto il rumore bianco. Mentre gli angoli della sua visuale andavano scurendosi, lei vedeva le fiamme della vita di quel soldato ardere con pallida debolezza, sempre più tenui.

Prese nota di ciò senza preoccuparsene: era un eretico quindi che stesse morendo era più che giusto e poi, per fare ciò che intendeva compiere, le sarebbero bastati pochi istanti. Una manciata di secondi era più che sufficiente per estrarre da lui quello che le serviva.

Quando si trovavano in quello stato le rendevano l'opera più semplice. Da vivi e vegeti offrivano un modicvm di resistenza in più ed ogni sforzo era costoso quando si danzava tra le spire ed i fumi delle sue arti, delle Potenze con le quali aveva stabilito un legame. Meno se ne facevano e meglio era.

Oh, la gente che crede la magia una questione semplice, che puoi apprendere perfino frequentando dei maestri ignoranti in un'aula di sordi... non sa niente e parla del nulla. Per sapere devi conoscere e per conoscere questi argomenti inevitabilmente devi cacciare le tue mani nel sangue.

Non vi è altra via.

Raggiuse il soldato-alastrio e si piegò sulle ginocchia per osservarlo più da vicino. Con noncuranza sentì le sue scarpe sporcarsi di sangue calpestando una macchia che andava espandendosi. V'erano odori sgradevoli nell'aria, quelli che i cantastorie tagliavano sempre quando narravano delle battaglie alle ricche gioventù dell'Imperivm.

La piccola principessa nella torre, con i suoi tristi occhioni azzurri ed i capelli così biondi da citare il mito del furto del sole, sapeva che olezzo levavano gli intestini di un uomo gettati fuori dal suo corpo, a seccarsi sul pavimento? Conosceva l'odore dell'urina e delle feci che, mischiandosi alle carni lacerate da spari e colpi ed affondi, concorrevano nell'alzare un puzzo immondo?

Ovviamente no. Come potrebbe? Era facile per le sciocche come lei additarla a strega e non fidarsi. Che ne sapeva la dorata Hilda? Era nata con ogni cosa e faceva l'offesa per dei gioielli in fin dei conti anche bruttini, non così di pregio. Gioielli che sua madre non le aveva nemmeno lasciato in eredità, poi! Non erano suoi e ne poteva avere quanti ne esistevano nell'Imperivm soltanto schioccando le dita.

Invece di capirlo, s'incaponiva su quelli.

Ma tu, eretico, un gioiello del genere non l'hai mai visto, dico bene? Pensò rivolgendosi al nemico che ansimava, steso in terra. La sua sofferenza, quel respiro rotto ed affannoso, era incantevole da udire e dovette sforzarsi per non scivolarvi dentro. Goderne sarebbe stato giustissimo, dovuto per certi cervi, ma non era quello il momento per lasciarsi andare a simili atti.

Alla fine quel soldato era un qualsiasi pedone, un nessuno traditore figlio di altri nessuno traditori. La sua morte, sofferente e patita, non cambiava nulla. Sei nato nel niente, eretico, e quando bruceranno il tuo cadavere tornerai lì.

Per le stelle tu non sei vissuto più di un microscopico frammento di battito di ciglia. Hai vissuto per niente e non hai concluso nulla.

Vi sono incalcolabili miliardi di milites astri che, dall'altra parte della barricata, sono quello che sei tu senza alcuna differenza tranne il fatto che combattono per il fronte dei giusti, di chi ha ragione,

Hai fallito anche in questo, eretico, scegliendo il fronte sbagliato.

Alas! Ora rivelami i tuoi segreti... Lo afferrò il colletto della tunica da combattimento sollevandolo a sé.

Lo spogliò dell'elmo integrale, che subito finì gettato lontano, così da potersi specchiare nelle sue iridi spalancate e senza un punto di riferimento.

Eccoti qui...

Le carni del viso erano lattescenti, proprie di chi era vissuto per molto tempo sotto l'egemonia di una stella buia oppure nelle profondità d'acciaio di un sotto-formicaio, con pitture nere incarnate nelle occhiaie, allungate sino a svirgolare lungo i lati del capo.

Le righe decorative dentro quelle occhiaie, oltre ad intrise di piccolissimi segni in un codice alfabetico che le era possibile leggere se le accostava a quelli che già conosceva scartando le differenze, capì in quel momento erano state incise con un minutissimo bisturi laser per comporre un messaggio specifico.

Vi scivolò l'indice sopra e dentro la propria testa udì i primi versi di una litania, ordinata in alcuni segmenti ma velocissima a cambiare in altri, dal tono corale eppure fiero.

Era una marcia bellica? No, l'ascoltò meglio e si disse che non lo era. Poteva esserlo, sì, ma non era nata come tale. Era più vicino ad un inno di popolo, oppure di città, che quella specifica forza militare aveva trasformato in una sua cadenza.

Affondata negli occhi dell'incursore, Kira percepì l'Aula di Comando tutt'attorno allontanarsi da sotto i suoi piedi. L'intera unità edile, tutto il castrvm con i suoi camminamenti e i templi e le passeggiate blindate, era già diventata una distante isola di luci tentennanti quando l'Alta Cardinalessa, sentendo lo sciabordare di bassi flutti sanguigni che le schizzava piedi e calze, si trovò in un corridoio di tenebra affilata.

Il buio in corsa tutt'attorno a lei era frusciante, simile ad un denso, forte vento. Le venne istintivo portare una mano al capo per non perdere il velo. Con l'altra mano non corse ma scivolò senza perdere tempo al fodero della sua Dispensatrice di Pietà.

Il nome le era stato apposto da qualcun altro, non da lei, però rispecchiava il sacro compito di quella lama sacrificale e le rendeva onore.

Kira ne accarezzò il manico, cinereo legno di ramsqamaq'ptemuqwqrì e sbiancato femore destro di una phtumeriana sacerdotessa del fuoco e del sangue a contatto con guanti cremisi ricamati d'oro, scrutando con attenzione il suo circondario. Il rubino incastrato nel pomello della Dispensatrice stava ardendo e come lui brillavano, bollenti e gravidi di peso, gli altri gioielli che la religiosa aveva imbevuto con inscrizioni ed atti del potere.

Certi, gonfi di anime estratte dalle persone a cui erano appartenuti, pulsavano più di altri ceduti come tributo al suo tempio oppure in dono a lei stessa.

Le cinture del suo abito, sei arrangiate in un groviglio di serpi chiuso attorno alla vita, ondeggiavano pari a lingue di fiamma sospinte da quell'onda di pressione. Udiva il loro tintinnio, l'agitarsi dei campanellini dorati a forma d'occhio umano legati alle estremità, trovando nelle loro note un disturbo che la metteva in guardia, che le diceva di un pericolo più vicino di quanto potesse sembrare.

Non aveva alcun motivo valido per dubitare dell'efficacia di quella sua magia: v'erano professionisti della tattica così come della strategia, della pittura e della musica e poi, molto più raramente, qualcuno che sapeva come agire con l'Arcania.

Si riteneva in quel circolo di pochi eletti e, superbia a parte, il potere di cui erano intrisi i campanelli già altre volte, in passato, l'aveva salvata da coltelli nel buio, lame nelle tenebre ed agguati oscuri.

In quel momento udiva i lamenti alati dalle sessanta anime fasciate dentro i campanelli, voci di giovanissime donne che lei stessa aveva sacrificato, e dal loro tono capiva che il pericolo era sì davvero vicino, forse addirittura dentro quell'ondata di buio urlante.

Le scorreva accanto, guardandola, mentre un mondo diverso da quello che s'era lasciata alle spalle si faceva sempre più vicino.

Il buio si sollevò ansimando, un polmone che coglieva respiro. L'Alta Cardinalessa si trovò a passare, incorporea come un fantasma, oltre una parete di mattoni per poi entrare, alla fine di una falcata fluidamente scivolata in avanti, dentro una sola ottagonale. L'abitudine le fece prendere un respiro profondo.

Non le serviva davvero ma...

Si guardò intorno e ciò le fece comprendere d'essere l'invisibile ospite piovuta dentro una robusta congrega d'anime che stavano armandosi per la battaglia.

Sentì le sopracciglia stringersi con l'aggrottarsi della fronte: eretici.

Raddrizzate le spalle, l'Alta Cardinalessa assunse quella vista deglutendo di malavoglia. La contrariava, pungendole l'animo, il doversi trovare in loro presenza con le guise che aveva in quel momento: era lì come uno spettro immateriale ed invisibile e tale statvs le imponeva dei limiti.

Superarli, più nello specifico agire oltre i blocchi di quella sua magia, l'avrebbe fatta scoprire e probabilmente percepire da qualche stregone alleato dei Poteri Perniciosi.

Sentiva dunque un grande tedio pungerle le carni, il sapere di non potere invocare nessuno dei suoi poteri per dispensare a quei traditori, distanti dall'Imperatore-Dio e della Sua gloria, la morte, il castigo e l'amata distruzione che veniva dal fuoco, dalle fiamme e dagli strali.

Non era normale, dottrinale. Come religiosa aveva il dovere di difendere la fede attraverso ogni mezzo e modo in qualsiasi occasione e, l'Aureo Fuoco poteva ascoltarla, dovere mettere al silenzio le sue armi era una piccola assurdità da compiere. Le informazioni che poteva cogliere valevano molto di più di una qualche azione offensiva compiuta in quel momento.

Sapeva fin troppo bene che nel qual caso avesse scoperto delle nuove utili il Lord Solar ne avrebbe tratto vantaggio; quel fronte era un ciottolo nel suo cammino, una questione di passaggio lungo il sentiero verso la Guerra per l'Alba ma andava superato ugualmente.

Ogni vittoria, per insignificante o minuta che fosse, lo portava di un passo più vicino alla sua ascesa e se tanto ci teneva a ritornare quel mondo alla Gloria Imperialìs chi era lei per agirgli in opposizione? Anzi, più si rivelava utile e meno possibilità avevano i consiglieri del Lord Solar stesso di provare ad allontanarla dalla sua compagnia.

Gli illusi non sapevano che cosa vi fosse all'orizzonte. Buio e freddo, così intensi e profondi da averle strappato via il sonno quando li aveva percepiti per la prima volta, avanzavano sugli Anelli della Follia percorrendo lunghe leghe senza spostare neve e ghiaccio.

L'Inverno, il Grande Inverno, muoveva all'attacco. Il pensiero le fece provare i brividi nonostante la sua essenza fosse, in quel momento, incorporea. Congedò quel pensiero ricordandosi che un passo alla volta avrebbe condotto i Viventi alla vittoria.

Un passo alla volta, Azor'Haì si sarebbe destato.

Con quella ricordata risolutezza in corpo, l'Alta Cardinalessa si mosse incontro all'adunata con alcuni, decisi passi battuti contro i pavimenti della sala. I campanellini delle sue cinture ululavano, ora, con ancora più forza di quanto avevano fatto in precedenza; il loro grido era cresciuto in pochi istanti tramutandosi, dopo una nota storta, in un contiguo urlo di monito.

Non era la sola canzone, tuttavia, lì tesa ad innalzarsi: v'era la litania che aveva udito in sottofondo, quella dei soldati fedeli ai Poteri Rovinosi. Sia cantata da loro che proiettata dai sistemi di Vox-Altoparlanti, ella si faceva udire in una forma di contraltare blasfemo ed offensivo agli Inni di Guerra degli innumerevoli eserciti dell'Imperivm.

Un suono rovinoso, che prometteva un nuovo giorno di quella Lunga Guerra.

La sala sussultò e poi si distanziò dai suoi piedi. Stava ascendendo, presa verso il cielo contro la sua volontà, prigioniera di una forza sinistra che le aveva apposto invisibili ed immateriali ali sulla schiena.

Il buio, urlando, tornò circondarla con la forma di un torrente di lame, nere e spuntate, vorticanti come se dentro un mulinello dell'oceano.

Sotto di sé la religiosa già aveva ripreso a sentire il sangue bagnarle le scarpe, l'orlo delle gonne e le scarpe: l'icore vermiglio scrosciava tumultuoso, schiaffeggiandola con sbuffi vischiosi. Lo fissò con vivo sprezzo, non disgusto ma ostilità.

Qualcuno stava opponendo il suo volere a lei e ciò la faceva sentire offesa. Come osava? L'avrebbe bruciato vivo!

«Chi, io mi domando, viene a spiare?», fece allora una voce d'uomo dentro il cui tono Kira, attenta, avvertì chiaramente il pulsare di una legione d'anime. Loro malgrado erano state condannate alla dannazione ed inviarle al riposo, si disse, le avrebbe liberate da un inferno per un altro. «... mi aspettavo, lo confesso, un uomo curvo e calvo, del Dio-Cadavere messo in forma e viso... ed invece, ecco qui una...»

Oh, un poeta.

La sua ascesa si fermò trasmettendole una frustata alla schiena e posandola sul principio di un sentiero di pietra, retto da titani in armature potenziate da Adeptvs Astartes. Era largo meno d'un tiro di ciottolo ed alto, davvero a strapiombo sull'abisso. Non v'erano ringhiere a difendere dal crepaccio, che scorreva come un mare e come una tormenta di fumo al di sotto.

Levato lo sguardo in alto Kira scorse chi stava parlandole; a qualche decina di metri da lei v'era infatti un uomo, fasciato in vesti bianchissime, che pareva attenderla. Picchiettando il fondo di un poggio ligneo contro il sentiero, egli la guardava con occhi bianchi circondati da disegni blu e d'avorio simili a musicali cicatrici impresse nelle sue carni.

In sé egli custodiva molte anime sventurate, loro malgrado sue prigioniere, e le sue spalle brillavano di fasci di fuoco azzurrino e splendente.

Un nastro di buio affilato salì sopra al ponte e sibilò all'attacco. Kira levò la mano destra in sua difesa, il palmo spalancato innanzi al torrente in carica, e dalle labbra si fece uscire una parola di potere che bandì quell'assalto frantumandolo in una pioggia di schegge di vetro.

Il contraccolpo della sua opposizione di potere le agitò i capelli sotto il velo.

«Maestoso!», esclamò l'uomo scoccandole uno sguardo di rinnovato interesse, forse colmo di cupidigia. «Anzi, maestosa... una discendente phtumeriana! Una discendente phtumeriana danza e innalza litanie nel buio, anche dentro un sogno...»

L'Alta Cardinalessa s'impose di negare ogni senso di sorpresa. Che qualcuno potesse vederla attraverso le sue ascendenze era un fatto raro, per quanto non impossibile... ma che tale soggetto fosse un nemico? V'era di che stare in guardia.

Proseguendo la propria avanzata Kira distese ambo le braccia, i suoi occhi vermigli posati sul bersaglio, e nei suoi palmi balenarono strali di fiamme cremisi, del colore del sangue appena versato. «Fatti avanti, eretico! Sottoponiti al mio giudizio ed accetta il rogo castigatore.»

«Vi è una nota d'ipocrisia nel chiamare me con quell'appellativo, danzatrice, quando la tua gente fece plurime comunioni con le Entità Innominabili.»

Siamo agli insulti razziali, allora?

Non replicò a quell'affermazione riservandogli piuttosto uno sguardo inamovibile.

«Alas, una spia viene a spiare...», citò lo stregone fedele al Maestro del Cambiamento. Ululò un grido di sorpresa e delizia, demente eppur affascinante nella sua follia. Dietro le sue spalle, per un momento soltanto, Kira poté scorgere una dozzina d'occhi legati chiusi da fili metallici.

Lui, assieme alle sue visioni, scomparve in una doccia di luce fiammeggiante per poi apparirle innanzi. Si presentò con un inchino, dalle code delle sue vesti pendevano fuochi fatui dentro i quali ardevano complicati cerchi colorati, poi prese a camminarle attorno, i piedi che sul vuoto si posavano su circoli di simboli lampeggianti.

«Ma il nostro cantico non può interrompersi, adesso. Senti le Loro voci? Le litanie delle Invocazioni salgono e scendono, senza fine! Voci, voci a migliaia!»

Le scivolò alle spalle e Kira si volse a fronteggiarlo, incerta se innanzi ad un pazzo od un visionario oppure qualcosa che univa entrambe le cose. «Anche ora, quando i ciechi dementi marciano sul nostro santuario, le ciminiere della chiamata alzano fumo! No, non abbandoneremo il nostro cantico...»

«Io sento le farneticazioni di uno stregone.»

L'uomo scoppiò a ridere. «E cosa, allora, saresti tu? Hai il sangue di moltitudini che ti segue e cola dai tuoi abiti, discendente phtumeriana. Mi chiedo, meravigliato... quali segreti potrei trarre da te se ti aprissi in due e scoperchiassi il vaso di pandora della tua anima? Si, si... potrebbe essere... nel sangue, il sangue non è del mio Maestro ma la conoscenza sì... nel sangue e nel buio, tu potresti svelarmi le chiavi per i complotti e le idee d'altri, distanti piani dell'essere... i gradini dell'ascesa, perfino in un sogno...»

Kira tacque, circospetta.

«Impressionante!», le disse l'uomo. «Tanto potere... sapevo saresti venuta a cogliere informazioni, invocatrice degli incubi, ed ero curioso! Sì, curioso di vedere la Dama Rossa del Falso Maestro della Guerra, colei che lo segue come una leale cagnolina. Sai, non fidarsi troppo delle storie che si sentono può solo che fare bene ma... una Discendente Phtumeriana! Non siete in molti in Sthyghai, è così? Esuli lì fuggiti, che cantano ed invocano. Campane e monili, ciondoli! Ciondoli che tintinnano! La stessa musica di diciottomila anni fa, la sento anche qui ed è meravigliosa! Ecco che ritorna! È la stessa fabbrica d'incubi... un disegno incompiuto, danzatrice, per l'Uno Non-Nato?»

«Farnetichi.»

«Eppure le campane battono i loro colpi. Forse non l'Uno... forse altri? Almeno ascoltano le vostre preghiere? Chi, questa volta, vi risponde?»

Alzò la destra pervasa di fiamme per bruciarlo e lui fuggì in una doccia di luce. Riapparve trenta metri oltre il ponte, in piedi sul vuoto, sospeso in equilibrio. «Discendente phtumeriana, concedimi gli occhi e ti porterò anime e verità a non finire! Concedimi gli occhi come i tuoi antenati fecero con il Vacuo, Idiota Rhuòm... con gli occhi potrò vedere al di là perfino degli Dei del Chaos.»

Udire quelle parole la misero ancor più in guardia. «Ciò che accadde non deve ripetersi, eretico. Non domandare conoscenze che non puoi controllare.»

«Concedimi gli occhi!», insistette il folle. «E poi discutiamo, sotto le guise dei Ragni delle Follie, per ore dei piani che sono oltre i ciechi-e-sordi.»

«Se li vuoi dovrai strapparmeli dalle orbite.»

Probabilmente era così folle da credere nella possibilità d'ottenere qualcosa da un simile gesto. Non avrebbe comportato nulla ma lui lo sapeva? Kira non gli tributava una simile conoscenza. Andava farneticando di questioni che non avrebbe dovuto esplorare e ciò, unito al fatto che egli era devoto del Signore delle Vie, le dava la ragione delle sue follie.

Quel povero stolto aveva cacciato la testa in qualche rovina, forse un sito che l'Imperivm non aveva scovato oppure sbarrato a tutti, ed era impazzito. Guardandolo con intensità, l'Alta Cardinalessa vide che il suo cervello pullulava d'occhi bulbosi e dai capillari rotti.

Ne aveva altre due dozzine incarnite nella spina dorsale, sotto le vesti. La guardavano, strizzandosi come per metterla a fuoco, e nel fare ciò si tingevano di sangue capillare e le pupille si restringevano con schiocchi udibili e disgustosi.

La loro essenza sapeva di phtumeriano, d'antico phtumeriano per la precisione.

Aveva sospettato correttamente.

Lo stregone placò le sue idiozie farneticanti e la fissò, sempre sospeso sul vuoto. Il mondo attorno al ponte variò scindendosi in una cascata di frammenti di vetro grandi come continenti e dalla caduta lunga più di un eone stellare. Pareti di perfetto alabastro sorgevano in loro vece, con strali purpurei a fare da cupola di vetro e sopra ad essa un tornado di piani e concetti e meditazioni incarnate s'agitava furibondo.

«Oh... e sia, allora! Avrei preferito una maniera meno brutale, più adatta al nostro statvs... alas, sei una spia e sei schiava delle illusioni del Dio-Cadavere. Di nuovo, forse?»

Kira gli esplose contro un globo di fuoco. «Taci, bugiardo!»

Un cherubino distorto, con due teste ed ali ossee dalle quali pendevano pergamene inscritte al contrario, si parò in difesa dello stregone eretico. Urlando, preda delle fiamme, il bimbo alato piovve in terra frammentandosi in uno scoppio di vetro.

Un suono bianco, indecifrabile anche all'udito della religiosa, si propagò nella sala circolare investendola con un vento irto di sospiri. Ascoltarli era sia udire le promesse di conoscenze perdute che sentire un milione di gessi stridere contro una lavagna.

Una voce, dentro quell'onda, affermava quanto era poi sconfessato da un'altra voce e poi messo in dubbio da una terza, ignota entità.

«Mi domando quali premi otterrei se ti consegnassi ad Anmatar Sekh, Discendente Phtumeriana...»

«Nessuno»

«Potrebbe rendermi re di un mondo intero... libero di studiare il miasma... o forse avere i tuoi occhi, sì potrebbe concedermi i tuoi occhi...»

Stava innervosendola. Gli scoccò contro una folgore di fiamma alla quale lui rispose con un verbo, la lingua a lei conosciuta, ed una lastra di vetro che s'erse a tagliare in due il getto. La superficie era liscia ma non rifletteva nulla ed al contempo era nebbiosa. Si frammentò in una raffica di dardi, ognuno intriso di simboli corrotti, contro i quali Kira si difese pronunziando una parola di potere.

Una mareggiata di sangue, tutto intriso di verbi che correvano folli dentro l'icore, l'avvolse difendendola dalla raffica. Essa giunse e, vanificata, non la colpì cadendo innanzi al profilo della sua difesa. Quando la bolla crollò in terra, Kira vide che lo stregone era scomparso.

«Fatti vedere, vigliacco!»

Non si mostrò ma le piovve addosso con tutto il suo peso strappandole il fiato dai polmoni. Cadde sulla schiena battendo la nuca contro il pavimento. Le si annebbiò la vista ed innanzi a sé vide lo scoppiare di tanti puntini bui, luminosi e lampeggianti. Alzò le mani per allontanare il corpo che l'aveva investita e batté velocemente le palpebre per fare riacquistare al mondo un senso visivo.

Un coltello di bronzo, riuscì a scorgerlo nel mezzo del bailamme, impugnato da una mano vestita di bianco. Una lama, una daga acuminata, che stava calando sulla sua fronte. Si scansò con un cenno che le diede una frustata di dolore alla spina dorsale e la lama si conficcò nel pavimento, poco sotto la linea dei suoi occhi, producendo una nota sinistra.

«Dammi gli occhi!»

Quelle parole le pugnalarono il cervello echeggiando in lungo ed in largo per la scatola cranica. Irradiate da una sete folle e demente le diedero un brivido ed un conato di vomito, nonostante fosse lì come semplice materializzazione spirituale, colmi di disgusto e paura.

Allontanati, pazzo!

Stava per sferrarle una seconda pugnalata, vide. Cercò di sottrarsi alla sua presa e lui le bloccò il mento con le mani avvicinandole un pollice alla pupilla destra. Quasi sentendolo che premeva contro l'orbita, Kira cercò di liberarsi con un colpo di reni.

Pronunciò una parola di potere e prima che questa avesse effetto, il suono quasi pronto ad uscirle dalle labbra e sbattere contro la mano che cercava d'ammutolirla, lo stregone svanì in uno scoppio di luce bianca. Alzatasi sulle ginocchia, Kira trasse degli ampi respiri.

Adesso udiva un cantico, basso ed alzato da una moltitudine, che proveniva da oltre ogni distanza, dal luogo cui era stata strappata via da quello stregone eretico.

Avvertì un senso di pericolo avanzarle sulle spalle e le note dei campanelli che tornavano a trillare la loro musica. Altre presenze, assetate dei suoi occhi come quello stregone, stavano presentandosi nell'aula per sopraffarla.

Optò per ritirarsi, ansante e con i denti stretti in una morsa d'ira, tornando nel suo corpo prima che loro potessero raggiungerla. Il movimento la disorientò e dopo un secondo si sentì nuovamente nelle sue carni, quelle autentiche, che stringeva il colletto di quel soldato-alastrio caotico.

Lo sgozzò con un taglio della Dispensatrice di Pietà gettandolo a terra.

I soldati giunti in aiuto del Lord Solar, vide con un fugace colpo d'occhi, erano ancora allertati e con le armi in pugno. Fare azioni... discutibili secondo il loro metro, ponderò, l'avrebbe potuta mettere in pericolo più di quanto lo era stata nel suo viaggio astrale: l'ignoranza era un'ottima alleata quando altrui ma solo nei momenti in cui impugnarla era sicuro. Come una lama a doppio taglio, poteva ferire chi la stringeva con altrettanta facilità.

«Sono gli alastri di Annmatar Sekh il Secondo, costoro», disse imponendosi di non mostrare tracce del suo viaggio. «non dovrebbero militare in compagnia di un'armata di Asphodel...»

Un momento dopo sentì il Lord Solar che chiamava alle armi il suo esercito. Le legioni rinchiuse nella fortezza stavano provando ad uscire, a contrattaccare l'assedio.

Oppure volevano guadagnare del tempo per terminare il loro Cantico?

«Quale che sia la natura della loro alleanza», decretò il Lord Solar riagganciando la cornetta Vox, «Ora che ci stanno attaccando dobbiamo respingerli da dove sono venuti.»

E se questo fosse il loro piano? Quel folle ha parlato di un cantico... stanno officiando un rituale in quella fortezza. Che sia...

«Lord Solar, mio koenighaìn!», lo chiamò scoccandogli uno sguardo. «Questa loro offensiva potrebbe essere una trappola!»

«Che cosa ve lo fa dire, vostra eminenza?»

Preso un brevissimo respiro, Kira provò a vendergli un'ipotesi più o meno convincente: «Perché attaccare ora, quando non hanno vie di fuga?»

«Perché sono disperati», sentenziò il kasr-gladiano, ignorante di tutto e di tutti come solo un bambino cieco poteva essere. «Testano il tutto per tutto contro le nostre difese ma, per l'Imperatore, li faremo tornare a calci nel culo nella cloaca dalla quale sono venuti.»

No... no, costui è un idiota. Non è un attacco, che motivo ne avrebbero? È un sacrificio, forse?

Un sacrificio...

Un martirio per il loro Cantico?!

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