Capitolo I: Il Signore della Tempesta


Atto I

Alta Cardinalessa Kira Baelor dell'Ecclesiarchico Culto dell'Aureo Fuoco


Segmentvm Ultima, Peripherica Stellarìs Expansionae di Aegis Pro-Viae-Korianìs

Sistema Stellare di Lorn Eron, mondo-cardinale di Lorn Eron II

Alta-Terranìs di Volscini Sethra-Pelta, Faglia di Sparakìs

M42.016


Lente e metodiche, una volta e mezzo lunghe un chilometro di leghe e castelli d'artiglieria e guglie di cattedrali Opheliane, le dodici Sturmndranghenne-Teslaì della 535esima Squadra fendevano i bassi strati del cielo dettando in terra ombre dense, simili ad inchiostro.

Piccoli leviatani dei mari astrali, grandi capidogli in quelli atmosferici.

Attorno al loro scafo, l'oggetto delle osservazioni pacate dell'Alta Cardinalessa Kira Baelor, ruotavano tre grandi anelli grigi placcati di rosso, bianco ed oro. I grandi, ricurvi raggi di quei cerchi erano composti da fulmini bluastri la cui agitazione lei poteva sentire a più riprese sulla sua pelle. Una costante carezza che spazzava l'aria già piena di sangue, lapilli di bombardamento d'artiglieria a lungo raggio, schioccare di passi cadenzati e ceneri polverose.

Scaturivano dalle aste di uno schieramento, gemello e sempre uguale, che correva lungo il profilo d'ogni aeronave, da poppa a prua. Antichi soldati, armati di scudi-torre e lunghe las-lance, componevano quelle armate di statue alte più di cento-e-venti metri. Immobili, sporgevano la loro figura dalle corse delle volte blindate del ponte di coperta.

Posavano il piede su di un preciso piedistallo, un bassorilievo che narrava della Grande Crociata offrendo loro come pavimento un cielo di cadaveri di varie stirpe aliene. I guardiani quei morti, vecchi di dodici millenni, nemmeno li degnavano di uno sguardo.

Osservavano i cerchi che permettevano alle Sturmdranghenne il volo lento in atmosfera, i loro occhi nascosti dietro la celata degli elmi a guisa di testa di Dayre-Aquila. In cima ardevano dei macro-bracieri che spandevano nell'aria già rossa e polverosa dei lunghi strali di fuoco e fumo scuro.

Dalle loro lance pendevano metallici vessilli di Casa Von Gianellen. La Dayre-Aquila era lo stemma dei Signori di Hive Regial e dell'Over-Archia di Armageddon e lì, impressa trionfale su quei vessilli neri, stava sorridendo convinta della sua giusta potenza.

Le artiglierie incassate nei campanili e nelle torri di vedetta delle aeronavi, osservò Kira, non stavano sparando nemmeno un colpo. Neanche una fiamma di lancio, non un solo proiettile di calibro di ponte da mischia nave-nave. Per ragioni note solo ai capitani dei vascelli, tacevano giacendo al silenzio, nell'ombra imposta loro addosso delle statue d'angeli in armatura che dominavano i contrafforti marmorei.

Era sotto alla marcia aerea di quei vascelli che v'era movimento in abbondanza da osservare. Sporgendosi lievemente in avanti, Kira trasse un profondo respiro. Sentì sopraggiungere un refolo di vento e il suo velo agitarsi.

Aggrottò la fronte, la sua calma stallata da un brivido diverso dagli altri. Qualcosa, si disse alzando gli occhi al cielo pregno di lontani scoppi di granata, si stava muovendo oltre le prime linee dello schieramento imperiale. Lo sentiva, ne era certa.

La scacchiera andava mutando, le pedine erano spostate dai giocatori. Un singolo comando del Lord Solar poteva consegnare in un momento un milione d'anime all'oblio oppure inviarle tutte quante alla fiammeggiante gloria di un martirio oltre la breccia e lei sentiva attesa, ansia spasmodica levarsi dagli schieramenti in progressiva marcia d'assestamento e rinforzo.

Il vento fece ritorno e l'Alta Cardinalessa si portò una mano contro il capo a premere il velo perché non fuggisse nelle spire della folata.

Il tessuto cremisi era sempre pregevole al tocco, le inspirava quella calma e compostezza che sapeva fare breccia nelle menti di certi uomini. Per inserirsi nella corte militante di un Lord Solar senza essere in possesso di vasti eserciti serviva sapersi portare e comportare... in un certo modo. Ancora di più occorreva calmierare le proprie mosse quando si faceva proselitismo per l'Unica Vera Fede.

Quella guerra, tutti i soldati che erano già morti e che sarebbero caduti nei giorni e nelle battaglie a venire, le città distrutte... Lorn Eron II era un granello di sabbia in un quadratino di buio irto di sporche e dimenticabili palle di fango.

Ora erano alla luce della ribalta, certo, e gli sciocchi potevano ritenere quello scontro la faccenda probabilmente risolutiva circa una questione importante ma in verità lei lo vedeva, anzi lo sapeva essere per certo un evento minore.

Le storie a venire non gli avrebbero dedicato che pochi righi. Meritavano di più? No. Assolutamente no. Lord Fabritiòs li supponeva importanti ma solo perché persisteva nel seguire la sua mente d'uomo comune, non del Campione della Luce che giaceva in lui, assopito ma fiammeggiante.

Lo desterà quando sarà l'Ora.

Il movimento sottostante la balconata del Comando Mobile Leviathan tornò a chiamare le sue attenzioni. Si lasciò alle spalle le sue considerazioni e cercò di appoggiarsi più comodamente sulle braccia, lo sguardo sempre rivolto a chi marciava verso la prima linea attraverso le linee edificate nelle scorse settimane,

Il Lord Solar progettava qualcosa: v'erano tre reggimenti di milites astra del Reame di Ultramar, blu e dorati e dogmatici nel loro passo teso e cadenzato dal canto corale che elevavano, due di Reghiòn-in-Obscvrvs e tre cohortìs skitariee di Metallikae-in-Armageddon-Sector.

I primi intonavano un roboante inno in Anglya dedicato agli Adeptvs Astartes, i presunti Angeli della Morte inviati dal Dio-Imperatore stesso. I secondi erano intenti invece a salmodiare, le labbra rese invisibili dai drappi portati a nascondere i loro volti dallo sguardo altrui, un Cantico della Penitenza.

Gli ultimi, invece, si annunciavano tenendo in testa alle loro precise formazioni, dal passo inesorabile e costante, dei grandi carrocci cingolati circondati da donne, dotate di sei braccia tutte bioniche, che agitavano come ritmate forsennate delle campanelle bronzee inscritte di numeri, zero ed uno.

Ognuna delle Cohortìs ostentava un gran numero di bandiere d'unità con impressi gli stemmi metà biologici metà bionici dell'Adeptvs Mechanicvn, il Culto del Dio-Macchina, e le insegne non solo dell'Over-Archia di Armageddon ma anche del loro pianeta natio.

Intrisi dentro preziose cornici miniate, raffiguranti scene di guerre passate tra piogge di zero ed uno, v'erano gli psi-ritratti dei Fabricator-General di Metallikae della precedente Over-Lady di Armageddon: Byhlagatès, Stevanicvs Imeleti'Os il Sesto, la lady Svevhaina Von Gianellen... e poi figure mitologie, a profusione, delle quali Kira in certi casi sapeva ed in altri ignorava.

Conosceva le leggende su Neilliòn Arm-Strankh, il Primo Conquistatore della Luna-di-Sol vissuto nelle ere della preistoria terrestre circa sessanta milioni d'anni prima di quel giorno, e poteva riconoscerlo sulle bandiere che in sella ad una aquila brillante di radiazioni e fiamme ordinava alle sue schiere di Milites Collìns di spazzare via gli xenos che avevano fatto della Luna la loro fortezza.

Su altre bandiere lo si ritraeva mentre innestava in terra una bandiera, poi salutata nelle miniature a fianco, appartenuta ad un qualche stato di monarchi tecno-barbari che avevano dominato la preistorica Terra per un certo numero di secoli.

Incarnato in altri vessilli v'era Icarvs-Ghjaghaeren, che alla testa delle armate di Vostocha e Ur'Ururshà purificava l'orbita della Sacra Terra dalle fortezze continentali dello heretek Vhn'Hilen volando più in alto d'ogni altro uomo.

Leggende, storie probabilmente ritoccate nel corso del tempo. V'erano poi alcuni vessilli, innalzati dalle avanguardie, che ritraevano una trinità di figura investite di pura luce radioattiva; a comandare v'era l'Omnissiah, bionico ed immenso, sulle cui mani si stagliavano angeli nati quando, durante la conquista del Sistema Solare da parte di Alexandròn Cro-Magnon il Grande, l'Uomo aveva ricevuto in dono il potere del fuoco nucleare per risolvere una qualche controversia regionale, stando alle parole della Chronistoria della Principessa Irulan, tra i casati di Shyngthon e di Horokyothito.

Aspetti dell'Omnissiah, li disse lei, che la cultura di Metallikae doveva avere incarnato per meglio relazionarsi con la nazione dell'Over-Archia di Armageddon: probabilmente non esisteva né la Stellare Kur'ìè Dama né l'Infiammato Mutahma-Isenstein.

Funzionavano, però, per insegnare alla gente sciocca e povera qualche frammento della grande Avventura Umana e narravano l'orgoglio di un'unità militare che era strumento divino, a modo suo, di proselitismo e cura come lo era lei stessa. Lasciò quei reparti alla loro marcia per guardare oltre, alle linee che attraversavano ed a quanto si stagliava tra un solco di trincea blindata e l'altra.

Le armi a lungo raggio dell'Ottantacinquesimo Reggimento d'Artiglieria delle Tre Torri Manifactorvm di Hive Djeda-Athikatara, il dominio più intimo e personale della Nobile Casata dei Joseph-Borova, stavano professionalmente alternando i tiri rapidi dei veicoli Bombardìs alle volate di pura, bruta potenza dei Colossvs da ormai più di sei ore.

Non erano i soli che in quel pomeriggio erano intenti ad alzare cospicue salve d'artiglierie, anzi: lungo un fronte di cinquantasei chilometri, esteso a doppio cerchio tutt'attorno la massiccia figura della Piramide Asphodeliana-Volscanea, v'erano almeno cinque volte cento reggimenti di calibri pesanti che sparavano.

Senza posa, senza perdere tempo, senza sprecare colpi: Kira ammirava la loro robusta, marziale professionalità e traeva non poco piacere dal sentire le fondamenta dei possedimenti dell'Arci-Nemico che franavano sotto i colpi dei benedetti calibri imperiali.

Le pennellate di fuoco e distruzione che eruttavano secondo dopo secondo, martellate divine inferte alla grande fortezza, erano l'opera maestrale d'un frammento della Prima Armata Crociata. Nei suoi ranghi, certo, v'era chi era più dedicato ad essa d'altri ma nel complesso la loro fede era forte e la loro anima salda.

Poteva essere altrimenti? Quella la si poteva dire l'armata-regina, certo per sommi capi, tra tutte quelle che il Lord Solar comandava nell'ambito della Crociata dell'Aula di Joramund.

Un simile onore non era perso alle coscienze dei Milites Astra in loco.

Chi li comandava s'aspettava il più alto standard e tutti loro, dal più abile strategòs fino al più umile fuciliere o las-lanciere di linea, onoravano i voti presi ai propri signori feudali, comandanti, duchi e lord facendo piovere una tormenta di ferro rovente e devastazione sul nemico accerchiato.

Il suono prodotto dagli scoppi era davvero apprezzabile.

Ma in verità era l'operato dell'Ottantacinquesimo che, uno tra tanti reparti lì schierati, per lei era una curiosa fonte d'interesse: erano vitrae-natii, non veri e propri umani nati da donne mortali, che per una questione di convenienza i nobili signori di Djeda-Athikatara avevano fatto convertire all'Aureo Fuoco in una grande cerimonia.

L'aveva presieduta lei stessa conducendola con il Lord Solar al proprio fianco. Egli ovviamente era stato una statua di ghiaccio, il suo classico modvs operandii, incapace di partecipare attivamente ma comunque in grado di non fare trapelare la sua noia.

L'Institvto Avrea Lvx aveva trasformato quell'evento in un macro-scenario propagandistico, le testate novitarìs dei sistemi vicini avevano sputato fuori dalle loro viscere enormi titoli e grandiose proclamazioni ed alla fine il Lord Solar Fabritiòs Von Gianellen aveva ripreso la Via delle Stelle con delle truppe in più nel proprio esercito e la stessa espressione di stoica, fredda, iraconda condiscendenza verso quelle che il suo animo di condottiero, non ancora maturato in Azor'Haì, riteneva mere perdite di tempo.

Dai vitrae-natii delle Tre Torri Manifactorvm Kira Baelor non s'era mai aspettata una chissà quale grande dimostrazione di fede. Reputandoli balocchi di carne ed ordini s'era limitata a fingere una notabile euforia alla loro conversazione, celebrarne la scelta valorosa e coraggiosa e quindi in ultimo affiancare ai loro ranghi alcuni suoi prelati di fiducia.

Ora, tuttavia, poteva sentirli, forti eppure al di sotto delle cannonate che infiorettavano un tramonto incendiario vasto quanto una luna, intonare uno degli Inni Bellici del suo culto.

La loro fede s'era fatta valore autentico, concreto, e ciò era apprezzabile. Il Lord Solar non li avrebbe destinati ad altre armate, la 14esima per citarne una, fintanto che loro avessero svolto il loro dovere con altissima diligenza senza sollevare troppo rumore.

Appoggiate le mani sulla balaustra del terrazzo frontale del Leviathan, l'Alta Cardinalessa Kira Baelor inspirò a pieni polmoni e chiuse gli occhi per ascoltare meglio il tuonare ripetitivo delle artiglierie. Il vento che spirava da nord le scivolava addosso con veli pesanti, ricchi di minute stille di sangue nebulizzato, in sé misto a polvere e lapilli vulcanici.

Un chierichetto s'avvicino con rispetto, usando quel morbido silenzio che era proprio dei piccoli bambini ancora distanti dalla prima decina d'anni. Voltatasi a guardare il paggio, Kira accettò il calice che esso le porgeva in centro ad un vassoio d'autentico legno delle umide giungle di Venere-in-Sol.

Agitato il vino rosso custodito dentro la coppa, ad occhio simile al sangue che stava sicuramente venendo versato nelle prime linee, Kira trasse un piccolo sorso e poi si piegò un pochino di più sulla balaustra fermando il proprio sguardo all'oggetto dei bombardamenti crociati.

Non v'erano eruzioni in corso su quel sasso di pianeta, non proprie autentiche eruzioni vulcaniche quantomeno, solo il battere costante, simile a martellate di fabbro, delle artiglierie sulle fortificazioni e sugli scudi della continentale acropoli caotica.

Quando i calibri più pesanti esplodevano le loro volate lunghe metri la terra tremava, scossa come se vittima di una retta tempesta di pugni. A scagliare quei colpi dal rinculo così potente, tale da farle stringere le viscere in una morsa che andava e veniva, erano due centinaia di Basilisk Magnvs Mars e Metallikae Pattern, propri dei 2220esimo e del 2221esimo Reggimento d'Assedio di Armageddon Stellarìs Tertivm.

Poteva vedere i colpevoli di quel "piacevole", o quantomeno sopportabile disagio da lì, dal balcone del Leviathan; spiccavano, pari a piccoli campanili in un mare di casupole, come atolli vasti tra i flutti delle altre postazioni di cannoni e bombarde.

Gli archi fiancheggianti i loro fusti erano alti a sufficienza da far pendere ciascuno una dozzina di grandi campane di bronzo. Quando i pezzi rinculavano dopo gli spari ecco le campane rintoccare con note d'ululato, alte e dall'espansione circolare.

Con l'ausilio tecno-stregonesco di un cannocchiale magnoculare avrebbe potuto leggere le iscrizioni incise a laser su ciascuna campana, che sapeva essere i nomi dei serventi caduti in servizio, ma in quel momento ne era sprovvista.

Lungo le impalcature metalliche, sormontate da ringhiere raffiguranti la Dayre-Aquila di Hive Regial, scorrevano milites astra ed artiglieri e tecno-preti e servitori in quantità. Accanto ai monumentali Basilisk Magnvs, invece, v'erano lunghi, davvero estesi nastri d'eretici e criminali che pagavano i loro crimini trascinando con grandi corde metalliche, sine morte per fatica, le immense granate richieste da quelle postazioni.

Non lontano, sullo stesso parallelo orbitale dell'accerchiamento, v'erano simili artiglierie di manifattura però di Xion, quelle del 563esimo Reggimento d'Assedio, e del 3.563esimo di Nova Cadia Ocearìs. Anche loro impiegavano lo stesso pio sistema di ricaricamento, coordinandolo a quello dei due reggimenti armageddoniani attraverso il canto di un lungo coro dell'Ecclesiarchia Opheliana.

Distolti i propri occhi da quello spettacolo, Kira si volse all'ingresso dello Inner Strategivm del Leviathan e sorseggiò una seconda volta la sua coppa di vino. La restituì al paggio, lesto a svanire, e raccolte le proprie gonne cremisi con ambo le mani si mosse per rientrare nella colossale, possente stazione mobile di comando e controllo, alta un chilometro sopra il livello della marea umana mossa contro i più infami arci-traditori.

Il proseguire della loro marcia verso la morte e la vittoria, condotta con una cadenza precisa e scandita da urla precisa, la metteva di buon umore.

Passata oltre due sentinelle della Coorte Palatina di Hive Regial, del cui rispettoso cenno di saluto si disse contenta, ella navigò l'anticamera ad archi acuti tra le ombre dettate dalle colonne incise e le luci vermiglie di posizione, torce elettriche accanto alle quali numerosi tecno-preti attendevano pannelli logis-informativi incassati dentro spesse schede d'ottone inciso.

Appena fu giunta oltre le porte del Sancta Sanctorvm dello Inner Strategivm, l'Alta Cardinalessa Kira Baelor si vide la strada bloccata da una statua investita di nera ceramite decorata con Aquile Bicefale Dorate lungo il profilo degli stivali, dei gambali e del torace. La superava in altezza d'almeno cinquanta centimetri, forse anche cinquantacinque, gettandole incontro un'ombra spessa, che irradiava chiaramente quali fossero i suoi pensieri in merito a lei.

Non era qualcosa che la toccava. Che pensasse e provasse quel che voleva se ciò lo faceva contento. Certo era un Adeptvs Astartes, certo era un grande guerriero dell'Imperivm nonché un simbolo di forza, possanza e potenza per i fedeli di tre Segmentvm... ma era anche un mortale, uno che per lei non valeva niente perché non davvero così influente nel grande schema delle sue previsioni.

Non avrebbe visto la Seconda Guerra per l'Alba, lui. L'Imperatore-Dio, Sovrano dell'Aureo Fuoco, l'avrebbe chiamato a sé prima dell'incombere del Grande Inverno.

Due torce ardenti si posavano sugli spallacci, dai quali pendevano sigilli di purezza lunghi più di un metro ed inscritti con una finissima calligrafia. Ogni prima lettera era inscritta dentro una pregevole miniatura che l'avvolgeva con scene d'antiche battaglie e collane d'alloro.

Un maglio di ceramite incredibilmente mobile a dispetto della sua stazza, lo stesso paratosi a bloccarle il passo in un gesto che interiormente l'aveva infastidita, lungo il gomito ostentata un'alcova per una minuta copia delle Historicae Gestae ab Sigismvnd.

Il viso dell'Adeptvs Astartes era scoperto, il cimiero integrale portato nell'incavo dell'altro braccio, nonché chiuso in una smorfia che Kira conosceva bene. Intagliate nell'acciaio con la punta incandescente, le sue fattezze erano stoiche e granitiche.

«Non è questo un locvm adatto a voi», disse l'Alto Maresciallo Helbrecht dei Templari Neri. «Potete tornare sui vostri passi e sparire dalla mia vista.»

«Lasciala passare», s'espresse un'altra voce di tuono e torrente. «Non sta a te separare il Lord Solar dai suoi consiglieri.»

Helbrecht, vide Kira Baelor, si volse incontro a chi aveva parlato e gli rivolse una cinerea espressione dura, gli occhi scuri incassati dentro rugose occhiaie che parevano essere state realizzate scavando pelle, carni e muscoli con il filo di una lama. «Non sta a te dare ordini a me, Corvo Sanguinario, né presupporre d'avere alcunché da dire circa la composizione della Coohorte di Comando del nostro Lord Solar. Milito in questa Crociata da molto prima di te.»

L'altro Adeptvs Astartes fece un passo in avanti. Gli stivali di ceramite, quando battevano sul suolo, parevano esprimere il grido di un tuono. Posato in terra il manico dello Sterminatore-di-Dei, Gabriel Angelos incupì la fronte.

Lungo il profilo dell'alto, massiccio martello da guerra potenziato scorrevano barlumi di potere e fulmini che s'arcuavano tra il metallo e l'impugnatura fasciata. Quell'arma aveva una storia molto lunga, sapeva l'Alta Cardinalessa, che s'ascriveva a fatti non noti al generale pubblico imperiale.

«Questa che sento è forse presunzione, figlio di Dorn?»

«Da chi hai rubato questa frase, Angelos?», fu il rimando di Helbrecht. «Dai tuoi amici Eldar?»

Ora ignorandola, l'Alto Maresciallo dei Templari Neri si volse a fronteggiare il Maestro Capitolare dei Corvi Sanguinari. Il primo era un gigante in armatura nera, dal viso di statua iraconda, con vestita sopra l'armatura una tunica bianca ornata in centro da una croce affilata. Il secondo era sanguigno, lievemente più basso, com l'abisso marchiato nelle iridi.

Il Maestro Capitolare Angelos picchiettò sul bordo del macro-tavolo tattico, scandendo rintocchi come di pendoli d'acciaio. «Come scherzo non v'era male, Alto Maresciallo. Ritengo che tu possa alzare il livello, tuttavia. Per questo... può servirti una mano?»

«Fratelli-Maestri», s'introdusse il terzo Astartes lasciando a metà una conversazione che stava avendo con il Signore delle Forge di Armageddon lord Marcvs Doneteri, «Io penso che non vi sia cagione di combattere tra noi mentre il vero nemico è asserragliato dietro le sue mura e si sente al sicuro. Non in ultimo, poca gloria vive nel prendere a calci chi è in ginocchio.»

«Tieni per te le tue perle di saggezza, Dragunovion», commentò Helbrecht. «Sono argute quanto l'Astra Militarvm di Aurelia è leale.»

«Le mele marce cadono anche dai migliori alberi.»

«Se un albero genera mele marce devi bruciare la foresta, estirpare le radici e spargere sale», affermò l'Alto Maresciallo in risposta al Maestro Capitale Ivanicvs Dragunovion delle Falci Martellanti. «Qualcosa che prego l'Imperatore-Dio il nostro Lord Solar ordinerà di fare. Ora, la pietà per gli indegni è un peccato e molte volte è un peccato femmineo.»

Aggirato l'Alto Maresciallo, Kira Baelor lo guardò con celata sufficienza: «E voi che genere d'esperienza avete con le donne?»

L'Astartes le rispose senza battere ciglio: «Quella delle streghe che ardono vive e delle eretiche crocifisse ai margini delle vie maestre.»

«Una visione ad ampio spettro, come si suole dire.» Propria di chi non vivrà ancora per molto, vorrei aggiungere... qualcuno deve prestare attenzione alle spighe del grano, qualcuno deve tenere in considerazione che non sempre gli Abominevoli Defunti sono disposti a dare la rivincita...

«Una visione che non raramente si è dimostrata giusta, Vostra Eminenza», le rispose lui, avvicinandosi con il fare minaccioso di una tempesta che s'addensava. Il suo mantello, spesso e pesante, era ornato da una tintinnante cascata di piastrine di riconoscimento proprie dell'Astra Militarvm.

Molte erano degli eserciti dell'Over-Archia di Armageddon. Pendevano, cucite per via delle loro catenelle nel tessuto, a fare da memento mori per chi era morto nel corso della Seconda e della Terza Guerra d'Armageddon, vinta a caro prezzo e madre degli eventi precipitatori la Crociata.

«Non ne dubito, Alto Maresciallo», disse lei di rimando, stanca di quella conversazione. «Tuttavia ho un'udienza con il Lord Solar, lo stesso al quale avete giurato fedeltà e prestato la vostra spada. Ora, trattenermi lontano da lui...»

L'Alto Maresciallo le incombeva innanzi, ancora più massiccio di quanto già era come sovrumano potenziato per via della sua spessa armatura potenziata. «Godetevi l'essergli di qualche utilità, Vostra Eminenza. È solo una questione di tempo, non tenete la vostra statura in altro riguardo che questo, prima che io gli dimostri che voi siete un veleno innecessario. Siete soltanto uno strumento, uno dannato aggiungo, che lui avrà tutto il diritto di gettare via una volta che questo avrà smesso d'essergli utile. Quando accadrà mi troverete oltre la soglia, pronto a fare quello che dovrei compiere già ora.»

«Non mancherò di venirvi incontro, allora!», disse l'Alta Cardinalessa. Non era intimorita da quel residuato dell'Eresia di Horus.

Neanche sapeva quando sarebbe morto né a chi stava parlando. Peccato per lui, davvero! Non avrebbe visto il vero viso del Lord Solar, lo stesso al quale si diceva ed effettivamente era leale, nelle sue vesti di Azor'Haì quando l'ora sarebbe stata matura.

Combatteva le guerre minori e non sarebbe mai giunto alla vera, autentica lotta definitiva. Peccato, era dispiaciuta in quel senso per lui.

Molto, molto dispiaciuta.

Si allontanò da lui offrendogli perfino una lieve, spiccia riverenza prima di dargli le spalle, conscia che non gli avrebbe fatto nulla, e rivolgersi verso la scalinata che conduceva al livello superiore del Sancta Sanctorvm dello Inner Startegivm.

Ancora una volta due guardie della Coorte Palatina la lasciarono passare, ponendosi sull'attenti in uno scatto di stivali corazzati e barocche combi-alabarde. Ascese la scalinata a chiocciola, fiancheggiata da una ringhiera a muro che raffigurava una scena della Crociata di Macharivs, arrivando alla base del secondo piano in tempo per vedere il Lord Solar chino su di un tavolo tattico.

Non era da solo; principalmente stava discutendo con lord Ayazaen del Sector Catar, cuore dell'Over-Archia di Xion, il quale vedendola inarcò un sopracciglio castano, ma oltre a quella figura v'erano una ventina d'altri titoli e gradi che discutevano delle implicazioni d'ogni mezzo.

Appena dietro il tavolo, disposto su tre piani e curato da alcuni cadetti in livrea da fatica, un nastro di servitori mentat giaceva connessi al muro tramite lunghi cavi che, vibrando e tremando di scienza-magia, s'innestavano dentro i loro alloggiamenti a stampo di semi-guscio umido.

«Ben arrivata, Vostra Eccellenza.»

«Lord Ayazaen», lo salutò rispondendo al suo sguardo di dragon-lord con un colpo d'occhi cremisi, puntato ed esaltato da una stilla di potere. L'uomo parve ricevere il messaggio, quantomeno percepirlo, e portò ambo le mani dietro la schiena, in segno d'attesa.

Nel muoversi, non a caso, diede un colpetto alla lunga e curiosa lama semi-akiniana che portava legata alla cintura stretta in vita. Era uno strumento bianco ed antichissimo, Kira lo sentiva, che il Dragon-Lord diceva soltanto d'avere vinto.

Non aveva rivelato altro in merito ma quell'artefatto, forse lui lo sapeva, aveva del potere dentro.

Il Lord Solar, dopo averle rivolto un basso colpo d'occhi bluastri, fece subito ritorno alle sue pedine in movimento lungo i tre piani del tavolo. Egli era grigio, silenziosamente furente e concentrato metodicamente nel proprio intento, quale che questo fosse.

Il tizzone vivente di Azor'Haì non cessava mai di lavorare, d'impegnare la sua mente dilaniata su qualcosa e lei sapeva perché. Non era solo astio personale verso l'idea stessa di perdere tempo per il gusto di perderlo ma anche per non restare da solo con i suoi pensieri.

Tutte le sue cicatrici e debolezze, tuttavia, sarebbero svanite al sorgere della sua vera persona. Il tizzone doveva diventare la fiamma ma ancora non era pronto.

Il momento sarebbe arrivato.

«Mio Koenighaìn», gli disse avvicinandosi ora con passi più lenti, misurati per darsi un tono d'imponenza che sapeva d'avere e di potere usare. «Mi avete mandato a chiamare ed ora eccomi al vostro servizio. So d'avere purtroppo tardato a rispondere al vostro appello...»

Lo credo bene, l'ho fatto apposta. Quando sai fare qualcosa, diceva mio padre, fatti attendere. Se sei indispensabile non concederti mai troppo facilmente.

«Certo, certo», fu la sua immediata replica, dal tono solo lievemente disinteressato. Era con i palmi appoggiati sul bordo del piano strategico e la schiena curva, tesa ad increspare il tessuto scuro della sua livrea. La fronte era increspata, gli occhi blu posati sullo scenario bellico in progressiva evoluzione.

Vestiva una giacca lunga, nera con cucite sulle maniche delle Dayre-Aquile di Regial in oro e filo di rubino, al quale era collegato un mantello in super-tessuto lungo fino agli stinchi, già coperti dai calzoni dell'uniforme da fatica, dai gambali sbalzati e dai paludamenti anti-schegge.

Al fianco portava la sua spada potenziata, Arkham Indomita, ed appesa alla spalla destra v'era la fondina a tracolla del suo las-fucile Ghjallahourn Pattern.

Al collo, invece, aveva un medaglione pendente dentro il quale Kira sapeva lui era solito custodire due speciali psi-quadri d'album. Uno raffigurava la moglie da molti anni defunta, una donna che non sarebbe minimamente mancata alla Via Lattea, mentre l'altro ritraeva la figlia viva, da ormai due anni Over-Lady Reggente dell'Over-Archia di Armageddon.

«Circa questa questione degli aureliani "lealisti"», commentò Ras'Leoluk, nobile Sultano di Arabaian, scavalcando il vociferare degli altri presenti e le loro discussioni per farsi sentire proprio dal Lord Solar, «Volevo aggiungere una mia opinione: come si usa dire, amici o parenti, non vendergli e non comprargli niente.»

«Questa perla di saggezza da dove viene?» chiese il Lord Generale Pintor, dell'esercito aureliano rimasto leale all'Imperivm ed al Lord Solar. Quest'ultimo aveva spostato in avanti una delle sue pedine-icone e chiamato un servente per comunicare un ordine al reparto in questione.

«Dal letto condiviso con Nebulae Kalinchev? Mmh?»

Il Sultano di Arabaian non si scaldò innanzi alla provocazione lanciata dal genere aureliano, peraltro vagamente debole anche se proveniente da un uomo che stava al sarcasmo come Fabritiòs Von Gianellen stava al divertimento, quindi un opposto che non attirava alcunché.

Chiudendo gli occhi, anzi, egli allargò le braccia in un gesto bianco, quale era proprio il colore della sua tunica, e disse: «Se pronunciaste una cosa del genere in terra di Meseise la Quinta, anche se in mia compagnia e con il rispetto di cui la mia persona gode lì, temo che davvero non potrei garantire per la vostra incolumità...»

Oh, queste gare a chi ha il membro più lungo... mortali od Astartes, giocano comunque con il medesimo balocco.

Il Lord Generale Pintor non sembrò cogliere lo strale di passiva minaccia: «Ah, sì? E che cosa potrebbe farvi la vostra gente, Ras'Leoluk? Offrirmi dei prestiti molto aggressivi? Dei tassi d'interesse eccezionalmente alti? Sono un militare, non un magistero economista.»

Ecco, ponderò l'Alta Cardinalessa, una persona che sapeva riassumersi in poche parole.

«Il riso abbonda sempre nella bocca degli sciocchi...»

Dovrei dirgli d'essere cauto circa le spighe di grano... più avanti, forse, lo farò. «Uno spreco di buon riso, il loro. In ogni caso, l'unica cosa che trovo sciocca qui è il perdere tempo con questi preparativi invece di attaccare ora, in forze, così da potere dedicare le risorse e le forze della Prima Armata contro quegli infami traditori che s'annidano in seno al mio paese.»

«Aurelia deve avere le tette più grandi della Via Lattea, allora, per contenere tutti quei traditori», sentenziò Ras'Leoluk. Un momento dopo, egli cambiò interamente tono. «Non sta comunque a noi determinare quando è l'ora d'attaccare. Il Lord Solar decide.»

Ecco la prima frase intelligente che sento da quando sono rientrata dal balcone.

Allora Kira Baelor si voltò di nuovo all'indirizzo del Lord Solar, ancora intento ad osservare gli aggiornamenti strategico-tattici che avvenivano lungo i tre piani del suo tavolo. Aveva deviato una parte del suo esercito per debellare la minaccia dei cultisti caotici asserragliati lì, in Alta-Terranìs di Volscini Sethra-Pelta, per, citando le sue stesse parole, saldare un vecchio conto in sospeso e poi evitarsi una pugnalata alla schiena una volta all'ombra delle stelle aureliane.

«Ogni secondo che passa senza la possanza Crociata a dar battaglia ai traditori è un crescendo dell'insulto che rappresentano», snocciolò il Lord Generale Pintor quasi impuntandosi, paonazzo e divertente con quella testa ormai calva e gli occhi piccoli che aveva, «... al prestigio ed all'inviolabile onore dell'Astra Militarvm Aureliana e della sua nazione!»

L'Alta Cardinalessa notò un dardeggiare degli occhi del Lord Solar e comprese che le aveva scoccato un'occhiata... forse per chiederle quanto sarebbe stato grave se fosse scoppiato a ridere per ciò che aveva appena udito?

Pensando al riguardo, dopo un secondo di riflessione, Kira cancellò quell'ipotesi: il Lord Solar non rideva mai.

Digrignava i denti, però. Li faceva stridere con nervosismo e rabbia e qualcuno, nel Mastio di Vronegard, era solito scherzare in merito dicendo che si potesse dedurre il suo umore da quanto le pareti sembravano tremare per effetto del suo continuo, nervoso ringhio.

La battuta proseguiva citando il fatto che niente gli andasse bene e che ogni cosa ai suoi occhi apparisse colpevole di una qualche manchevolezza ma quello, secondo lei, non era vero quanto più un semplice esagerare la sua giusta pretenziosità di militare.

«Ebbene, Lord Solar?», domandò il Lord Generale Pintor, macchiandosi secondo Kira d'assurda sfrontatezza.

Invece di punirlo e folgorarlo lì dov'era, Fabritiòs Von Gianellen si drizzò in piedi e staccò gli occhi dalla tridimensionale mappa strategico-tattica.

«I loro scudi crolleranno presto... o tentano una sortita oppure quando i Void-Aegidaì crolleranno, la loro fortezza diverrà una tomba. Non si sono ritirati lì dentro per morire così, lo so, quindi vi chiedo... Vostra Eminenza Baelor... che cosa potete divinare in merito al nostro nemico?»

A che cosa stava giocando?

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