Capitolo I: The Heroes and the Storm (parte la IX, Aurelios Markhairena)
Capitolo I, parte la IX
Hastata-svbleader Aurelios Markhairena, Battaglione Valor
"La guerra è quello che succede quando sei occupato con altri piani."
-Iohannes Sitrius, bardo-philosopho itinerante. M39.Y008
"Non prendere la guerra troppo sul serio! Proprio come la tua stessa vita. Tanto non ne uscirai mai vivo."
-Maggiore lady El'ena Alexandrinne Mirìam Sophia-Vanessa della Nobile Casata dei Tinysia di Elysia, all'epoca Alpha-Primarys Tempestvs Scion per A-1/12, espresso in data M41.Y839.
"Sappiamo chi siamo, ma non conosciamo ciò che saremo."
-Citazione estratta da una videata di riferimenti e aforismi espressi da e in merito alle opere del famoso Lancìs-Agitatis, già leggendario autore dell'antico, raro e preziosissimo dramma dello"Hamvlet, Principes-Daenmarka".
Imperivm del Genere Umano
Ultima Segmentvm, Frangia Orientale
Nord del Reame di Ultramar, Mar Finalìs Regio
Gladius Astralìs Sector
Svb-Sector Gladius Central, Sistema stellare di Gladius
Gladius III, Mondo-Fortezza.
Formicaio Cerberus, Glenna-Granta Castrvm
Diciannovesima Avlae Armamentarivm, Settimo Segmento.
M42.Y005, decimo-septimo giorno del mese di martes.
Le nostre conversazioni sono molto belle. Heleos era un tipo simpatico, tranne quando non voleva esserlo e quando non sapeva esserlo, il che era più o meno il novantanove per-cento delle volte.
Lo salutò senza guardarlo.
«Ora, due parole sulla sorpresa!» Aurelios si girò per fronteggiare la ragazza, ma non smise di camminare lungo il sentiero di metallo zigrinato. «D'accordo che non è una Venator...»
Se poteva esserci qualcosa di peggio di non potere disporre del proprio mezzo, questo doveva essere non poterlo usare per colpa di un coglione sbadato.
Da quanto aveva capito della situazione, la Libertatìs che in Elysia aveva caricato una parte dei veicoli ruotati del Battaglione aveva ricevuto ordine di passare il suo cargo ad un'altra nave mercantile.
Il motivo di quel trasferimento non era chiaro, ma aveva la sensazione che i comandi di Gladius centrassero qualcosa...
In ogni caso, in una delle riunioni mattutine il maggiore Tinysia aveva commentato il fatto dicendo che l'altra nave, pilotata da enormi idioti, aveva capito male i propri ordini e confuso le coordinate a cui agganciarsi per sbarcare il suo carico.
Invece di sbarcare mille-e-trecento veicoli -di cui cento propri del Battaglione- alla banchina "Saul" di Gladius III, il vascello aveva spalancato il proprio cargo in orbita sopra al sole di quel sistema, spedendo tutta la corazza e migliaia di adepti e servitores a bruciare.
Come avevano fatto a fare qualcosa del genere?!
Che forma ed aspetto avesse la banchina "Saul" lui non lo sapeva, né avrebbe potuto indicarla se qualcuno glielo avesse chiesto perché in tutta onestà non sapeva nemmeno a quale anchoragiòn era collegata, se ne aveva uno e non era lei stessa sospesa a mezz'aria nel vuoto spaziale, ma gli era stato insegnato che i void-camminatori in genere quelle cose le sapevano.
Era il loro lavoro conoscerle, quindi la domanda rimaneva. Come darn erano riusciti a cazzare in quel modo i loro ordini e scaricare mille-e-trecento veicoli in un sole?!
Io spero che il maggiore stia indagando la questione.
Udì un brusio provenire da sinistra. Era veloce e scendeva dall'alto, un ronzare fisso che si avvicinava sorvolando tutti gli altri rumori.
Riconobbe il suono e gli scoccò uno sguardo, incontrando a mezz'aria un corpo oblungo in scuro martian-ferrvm, sostenuto da quattro ali a piastre rotanti che rilasciavano continui flussi d'arie distorte sotto di loro. Quasi come avrebbe fatto la fiamma di un falò.
L'uomo si scansò dal tragitto del recon-dron con un passo affrettato, tagliando la strada a Bennì. L'apparecchio gli volò accanto, il suo brusio reso ancora più fastidioso dalla distanza accorciata.
«Attenta! Giù la testa!»
«Ma che c...», Zarth si piegò sulle ginocchia un paio di secondi prima che l'aero-reconcerebrvs le arrivasse addosso, evitando di farsi decapitare. Le volò sopra, svirgolando inclinato a pochissimi centimetri dalla sua faccia.
«Chi è stato?!» sbottò lei riavendosi, una mano sui capelli corti. Non trovare la sua faccia divertente, con quell'espressione rabbiosa e confusa, gli fu impossibile. Per trattenersi dal ridere, Aurelios strinse i denti e seguì il volo del recon-cerebrvs.
«Chi cazzo è stato?!»
Mentre aiutando Bennì a rialzarsi le indicò Ikran. Il colpevole incassò la testa tra le spalle, quasi stesse cercando di nascondersi. Tra le mani stringeva il quadrato tele-conductor del recon-dron, con lo specchietto-camera alzato e le antenne trasmittenti allungate. «Uh, ehm... colpa mia!»
Ma non mi dire!
Ancora ferma dov'era, Zarth lo apostrofò a pugni chiusi: «Mi stavi per ammazzare, idiota!»
«Non l'ho fatto apposta!»
Il technikaì tamburellò con le nocche sul tele-conductor, che incassò i colpetti con note metalliche. «È di questo arnese, credimi!»
«Ikran, è già la seconda volta che rischi di decapitarci.»
«Non segue le mie direttive!»
«Stai più attento!» Scossa la testa, Zarth si fece cadere le braccia sui fianchi. Un momento dopo lei puntò Ikran con la mano, aggrottando la fronte: «Se lo rifai ti faccio ingoiare i denti, parola mia! Mi stavi per uccidere, testa di...»
«Non capisco! Sul serio, io non capisco», borbottò Ikran accigliato, guardando le leve direzionali. Non stava badando molto a quella minaccia. «Chi l'ha manomesso senza dirmi niente? Qualcuno ha impostato i comandi invertiti!»
Oh, questa è bella. Aurelios guardò al soffitto, notando un volo di servo-teschi sotto le volte arcuate. Perché quel dannato affare aveva una modalità a comandi invertiti? A che cosa serviva? Quando l'aveva chiesto al Magos Mosharadàn, il tecno-prete non gli aveva dato risposta. Forse non ne aveva avuto voglia o forse era qualcosa che nemmeno lui sapeva.
Certo era una cosa strana.
Impegnato a recuperare l'ultima cassa di traccianti cadutagli dalle mani quando lui l'aveva urtato, Bennì adocchiò il contorto volo dell'aero-reconcerebrvs e poi sentì l'impellente necessità di aprire la bocca: «Ey, Zarth poteva morire.»
Ma che contributo importante!
Guardandolo mentre resisteva ad un passo dallo scoppiare a ridere sia per l'incidente che per quello che il compagno di hastata aveva appena detto, Aurelios si limitò ad annuire. «Grazie per avere riassunto, Commodor Certezza.»
«Sempre presente.»
«Fottiti, Bennì.» Questa è stata una conversazione intensa.
«Almeno non ha provato a segare la mia di testa», osservò lui, sobbarcandosi le casse sulle braccia. Se l'avesse fatto, pensò Aurelios, il Battaglione avrebbe perduto qualcosa di davvero insostituibile. «A proposito... perché queste le devo portare tutte io?»
«Perché te lo dico io.»
«Ah. Beh, mi sembra giusto...»
Di nuovo Zarth guardò indispettita il pilota del drone, che le rispose aprendo le braccia in segno di resa. «Sono i controlli invertiti! La colpa è loro!» esclamò in sua difesa, «Lo giuro!»
«Aeì, non voglio saperne altro.»
Schioccate le dita, Aurelios riprese a camminare verso la sorpresa. «Questo è lo spirito giusto. Ora, come stavo dicendo... non è una Venator, va bene, ma...»
«Ma?»
Ma com'era frettolosa! Ho come la sensazione che il tuo primo ragazzo ti ha lasciato proprio per questo. La guardò da sopra la spalla, trovandola ancora innervosita.
Le offrì un sorrisetto, anticipando nella propria mente la sua reazione.
«Ma... non lo è perché è qualcosa di meglio.»
«Scusami ma non ti credo» obbiettò lei, noiosa come al suo solito. Cos'era quella mancanza di fiducia nei suoi confronti? «Che cosa c'è di meglio di una Venator?»
«Donna di poca fede!» Ah, una frase degna di Raissa.
«Ti posso ricordare che tu non sai leggere neanche mezza preghiera?»
Grazie! «Scusami se io non ho studiato!»
Sentì il brusio del recon-dron frinire alle spalle e si girò per controllare che non fosse in rotta di collisione con il suo collo; fu contento di vederlo in volo sopra ad un cingolato Taurox Prime, attorno al quale ronzava pure una decina di technikaì con indosso maschere antigas e da saldatura.
Tutti loro erano intenti a lavorare sulla blindatura con fiamme ossidriche, nailvs-impressores che imponevano i loro chiodi con schiocchi decisi e archi elettrici per limare le due coppie di doppi cingoli indipendenti.
Un apprendista tecno-prete di lord Mosharadàn supervisionava il loro lavoro, confrontandolo spesso e volentieri con la pictographia dell'interacto-tavoletta da scriba che stringeva nella sinistra.
Uno dei technikaì agganciò una ruotata scaletta metallica allo spesso portellone di sinistra, ne salì i pioli e si issò sopra alla coffa. Chinandosi dietro all'incassato scudo balistico delle occhio-camere sparì alla sua vista, lasciandolo a chiedersi che cosa stesse facendo.
Doveva regolare le lenti degli obbiettivi?
Controllare che i nastri di munizioni fossero in ordine?
Un momento dopo, un piccolo soffio di scintille si disperse dal margine sinistro dello scudo, dando risposta alle sue domande. Luminose quanto piccole, brillarono contrastando con le scure tinte della mimetica del veicolo, sparendo prima di toccare il pavimento.
Stava semplicemente saldando qualcosa.
Mi auguro sia importante. Lasciando da parte il suo interesse per la sorte del Taurox, l'elysiano tornò a seguire il percorso. Infilò le mani nelle tasche della giacca da fatica dell'uniforme e controllò con un cenno dalla spalla che Zarth lo stesse seguendo ancora.
Eranosoltanto esempi, ma dopotutto nessuno dava qualcosa per niente in cambio, no?
Lyha sollevò la cassa dal pavimento e se la caricò in spalla. Ritornò subito dadov'era venuta, camminando spedita anziché correndo.
Seguendola con gli occhi per un paio di secondi, Aurelios la vide dirigersi verso uno dei macro-boccaporti che da quella conducevano alla parallela,dedicata alla cura ed alla manutenzione delle cannoniere Valkyrie.
«Ti sei innamorato?» lo punzecchiò Zarth, raggiungendolo alle spalle. «Guarda che se la sorpresa era questa allora non puoi dirmi che non è meglio di una Venator.»
«No, Rymm'El. La sorpresa non era questa.» Sahara pilotava una Valkyrie, già di suo una discreta macchina di morte.
Rispetto alla Venator e la sua sorpresa, le cannoniere erano volanti. Un dettaglio ottimo, soprattutto per provare il brivido dell'alta velocità a quote così fredde da far gelare pure le palle, ma che ne nascondeva un altro molto, molto importante: i velivoli non potevano andare ovunque.
Una volta che si era con gli stivali piantati a terra servivano mezzi, ruotatio cingolati, con cui portarsi sugli obbiettivi e massimizzare le capacitàoffensive delle hastatae di fanteria.
«Grazie al Sacro Sol!»
I trasporti modello Caelvm-Talonìs potevano reggere il peso dei camminatori Sentinel, dei Tauros e delle Venator. Con un po' di aggiustamenti, secondo lord Mosharadàn, erano capaci di portare sul campo di battaglia anche i corazzati trasporti-truppe Taurox e i più robusti, battaglieri Taurox-BA-0-Xer.
Qualsiasi cosa più pesante di quelle richiedeva l'ausilio di mezzi diversi, come i Nevermore zevonesi o le simili Revenni multiruolo.
«E no.» Forse quel punto era meglio chiarirlo subito. «Non mi sono innamorato.»
«Sorprendente!» esclamò lei battendogli un colpetto sulla spalla. «Sei perfino riuscito a rispondere ad una doppia negazione!»
Cos'era quella, una battuta? «Una doppia cosa?»
La guardò aspettando una risposta. Che senso aveva dire due volte no? Si aveva un svper-no? Si passava per degli idioti e basta?
«Una doppia negazione. Non puoi dirmi che non è.»
«Ah. Non me ne sono accorto.»
Zarth si lasciò cadere la maschera antigas sul collo, soffiando un sospiro fuori dalle labbra. «Tu sei il sale della terra, Aurelios.»
Sono un condimento? Gli venne in mente una domanda. «Ma il sale non sta nel mare?»
La vide esitare, le labbra aperte ma nessuna parola in bocca. «Sì. Sì, sì, sì.Il sale sta nel mare. Hai ragione, anzi hai capito tutto meglio di me. Mi correggo: sei il sale del mare.»
Stava diventando una roba tutta confusa.
«Spero tu abbia capito che io non ho capito perché mi dici che ho capito qualcosa che non ho capito.»
Si spostò d'un passo così da evitare un montacarichi ingombro di cassoni di munizioni, impilati l'uno sopra all'altro con i numeri di serie messi in progressione. Delle serie di cinture nere li assicuravano al pianoro, stringendoli saldamente.
Ex Melpomehn. Era scritto in gesso su ogni cassa, sempre vicino alle serrature. Lettere in Basso Gotico maiuscolo, semplici e chiare, che gli fecero tornare in mente la pictographia dell'olo-lithogramma di pochi minuti prima.
Ho la sensazione che questa sarà proprio una passeggiata. Di che difese disponeva l'asteroide? Nella riunione in cui il maggiore aveva presentato Melpomehn, sottolineando la sua importanza come primo obbiettivo della campagna, si era parlato di una robusta griglia di postazioni di lancia-missili, probabilmente automatizzati e forniti di molti avspex.
L'idea di combattere qualcosa che non era maneggiato da delle persone viventi, pur se xenos, lo metteva a disagio.
I segreti delle macchine erano materie dei tecno-preti, loro sapevano come usarle e produrle e in che modo le si doveva mantenere con tutti i rites appropriati, ma una macchina aliena, prodotta senza la loro super-visione e comandata da uno spirito ostile?
Non mi piace per niente. È sbagliato. Lord Mosharadàn dice che nessun macchinario dovrebbe essere indipendente. Darn se ha ragione. Venire bersagliato da quei satellites indipendenti era strano,strano e tutto sbagliato.
Quante potevano essere?
«Credo di essermi persa...»
«Ah, davvero?» Il montacarichi rullò lungo il sentiero, traballando sulle sue quattro ruote. «Non ti pensavo così stupida!»
Zarth aprì la bocca per dire qualcosa, fermandosi prima di farlo. Serrò le labbra, scosse la testa guardandosi i piedi e tornò a seguirlo. Che strana risposta da parte sua!
Niente ritorni di fiamma sarcastici, questa volta? Non aveva nulla di intelligente da dire?
Davanti a loro torreggiava il primo di due avto-transporatores C.A.M.P. a diciotto ruote. Il suo motore era acceso e sbuffava borbottii molto forti, tanto spessi da fargli tremare lo stomaco. Il C.A.M.P. era mastodontico a dir poco,con tre livelli ed una potente gru industriale montati sul cassone di carico. La pittura mimetica per Melpomehn lo faceva assomigliare ad una squadrata, lunga nuvola di martian-ferrvm.
«I nostri amici di Gladius hanno una grande immaginazione.»
«Oppure amano davvero molto i trvckerìs» borbottò Zarth. Alzò la testa per guardarlo negli occhi, poi indicò il C.A.M.P. con l'indice. «Gli avto-transportatores.»
«Guarda che questo lo so anche io.»
«Ah» commentò lei, sgomenta. «Ma sei serio?»
Voleva sapere anche quante marce avevano e di che cilindrata, ad occhio, era quell'avto-transportatores? Non lo chiese, sospettando che se l'avesse fatto le sue domande sarebbero diventate un numero più grande dell'infinito.
Esisteva? Un numero così grande. Come si chiamava? Infinito-plvs? Svper-Infinito? «Ne ho guidati un paio per qualche anno, tra le altre cose.»
La ragazza sbatté le mani sulla giacca da fatica. «Hai guidato dei trvckers, hai cacciato nei boschi, hai detto che sai pilotare un aero-velivulòs. Prima dell'addestramento sapevi già come usare delle armi...»
Da dove usciva fuori, quella? «Questo non l'ho mai detto.»
«Perché l'ho notato io...»
«Ah, che occhio!»
«Non ci vuole moltissimo», disse lei. «O lo noti perché tu non sai come fare e la persona vicino a te è troppo manuale perché sia la sua prima volta, oppure non lo noti perché questa non è in acque migliori delle tue, insomma...»
Le fece un cenno d'assenso, continuando a camminare incontro ad un grosso telo mimetico verde dispiegato attorno ad una plactaforma ruotata.
«Questo ha senso.»
«Lo so che ha senso, ci ho pensato io!»
«Adesso non vantarti troppo.»
«Aei! Io non mi sto vantando e... sì, stai cambiando discorso.»
«No!» mentì Aurelios. «Perché dovrei?»
Incrociate le braccia, Zarth sollevò un sopracciglio: «Che cosa facevi prima diarruolarti?»
«Eh, varie cose.»
«Per esempio?»
La risposta più efficace era sempre quella più semplice. Lanciò un cenno del capo al grosso C.A.M.P., così da darle un modello. «Guidavo un avto-transportatores!»
Facendole subito dopo segno di tacere almeno per un momento, l'elysiano apostrofò il suo migliore amico, che si era accorto del suo arrivo. «Allora, Sirio? Siamo pronti?»
«Yvp.» Lui alzò un pollice e poi si allontanò, facendo cenno ai suoi aiutanti di sollevare e spostare il grande telone mimetico. «Direi che lo siamo.»
Si girò a bloccare la vista della compagna di squadra e prestò attenzione alla rimozione della coperta in tethra-blindacta, seguendone gli strattoni e i fruscii contro il metallo zigrinato del fondo della plactaforma. «Come ti dicevo prima, sono riuscito a procurarci qualcosa di meglio di una Venator.»
«Non vedo niente se non ti sposti!»
Beh, anche questo è vero. Facendosi da parte, Aurelios picchiò un bel pugno sul cerchione supplementare incassato sul cofano. La risposta della ruota fu dura, attutita dalla sua tenuta di strada rinforzata. «Ecco la mia piccola. Non rovinarla!»
Alla vista del mezzo schierato sulla pedana, fresco di pittura e solido nelle sue forme, gli occhi della compagna di hastata si fecero tutti sorpresi. «E questa dove l'hai trovata?!»
«Diciamo che io conosco un tizio che conosce un tizio il cui fratello conosceun tizio che, conoscendo un tizio molto particolare, ha potuto mettermi in contatto con un tizio che...» prima di continuare tirò fuori dal taschino della blusa un paio di chiavi e gliele lanciò.
Lei le prese al volo, tornando subito ad ammirare la Defensor-InterdicterPattern.
Così fresca ed umida di pittura mimetica da sembrare scintillante, l'aggressiva sei ruote blindata occupava il vano di carico della plactaforma presentando una prua rinforzata da un solido paraurti in martian-ferrvm.
Al di là del cofano e del parabrezza rinforzato, lo scafo saliva a formare una torretta piantata, munita di doppio scudo balistico e di ocvlsvs-targeter.
Non lo sorprese affatto vedere Zarth aprire la portiera, scavalcare il primo rostro dei sedili del pilota e del copilota e poi arrampicarsi sulla scaletta interna, andando incontro alle armi innestate in coffa. Emerse sollevando la botola, un momento dopo averne sbloccato la serratura interna, quindi si sedette dietro allo scudo, la destra appoggiata sul calcio della mitragliatrice brandeggiabile.
«Ah, sì. Quella è una draken che abbiamo... comprato, sì... assolutamente comprato dai nostri amici di Gladius» commentò Bennì, posando le casse davanti a lcofano. «Non andare in giro a dire che ne abbiamo una o qualcuno di loro potrebbe fare domande...»
«Perché non cominci tu?» fu la domanda che gli rivolse Aurelios.
Un giorno avrebbe dovuto tagliargli la lingua e darla in pasto ad una muta di cani. Però aveva ragione.
Oh, beh: i gladiushis sono pieni di mitragliatrici draken. Non si accorgeranno che ne mancano un paio. Se lo notano, comunque, la colpa è degli adepti-logistici che hanno sbagliato a chi consegnarle. E di Bennì.
Anzi, sarà soprattutto di Bennì! Fottiti, Bennì!
«È bellissima!» sentì Zarth smuovere la mitragliatrice, che scivolò con un piacevole singulto di metallo inter-connesso. La fece svirgolare a semi-cerchio,con lo scudo balistico appresso, poi la riportò nella posa di partenza e tirò i blocchi per inchiodarla in posizione.
«Ma il maggiore lo sa?»
Quella era una domanda divertente. Con le mani appoggiate sui fianchi, Sirio fischiò. «Sì, ovviamente lo sa. Ci ha dato una dritta sul dove trovarla.»
«Trovarla?»
L'amico gli lanciò uno sguardo e Aurelios colse il messaggio. «Non era completa,ma a nessuno mancheranno i pezzi. Ora basta con le domande.»
«Hai appena annientato il novanta percento della sua personalità», osservò Sirio accarezzandosi il mento con la sinistra. Non si accorse sull'immediato di avere i guanti da lavoro sporchi di grasso e finì per disegnarsi un paio di stringhe nere ed untuose.
Imprecò a denti stretti quando ci fece caso.
Tolto un panno di servizio dalla propria cintura, Aurelios glielo lanciò appallottolato e lui lo prese al volo. Mentre si puliva accennò alle casse portate da Bennì e gli batté una mano sulla spalla.
«Hai portato tutto, vero?»
«Traccianti e calibri vivi.»
«E sono giusti?»
«So leggere le etichette...» gli fece notare, dando un piccolo calcio di punta alla prima cassa sbarcata sul pavimento. Sollevando le sopracciglia in una finta sorpresa, Sirio fischiettò.
«Hai sentito, Aur? Bennì sa fare una cosa meglio di te.»
«Sirio, vai a farti fottere il più velocemente possibile.»
«Oh, non te la prendere!» Esclamò l'amico allargando le braccia in segno diresa. «Anche un chronometròn rotto segna l'ora giusta almeno una volta algiorno, non è così?»
«Questa era brutale!» esclamò Zarth dalla torretta.
Le fece segno di volere le chiavi e lei gliele lanciò. Aperta la portiera di destra, l'elysiano entrò nella STC-Land Rovererian e si sedette al posto del guidatore, dando una spinta allo schienale per farlo reclinare un pochino.
Inserite le chiavi nella serratura d'accensione, Aurelios le girò e la vettura si mise in moto con un sommesso ruggito.
Il monitores a destra del volante entrò in funzione, facendo prima scorrere a margine le lenti protettive e, subito dopo, mostrando una videata che chiedeva d'attendere un momento. Trascorso quel secondo, l'animvs-programma della vettura apparve accendendo il monitores d'una lunga serie di ikonee e pulsanti a risposta impresso-digitale.
«Quindi è così che si lavora oggi?» chiese Ha'hava avvicinandosi e togliendosi la maschera antigas d'innanzi alla bocca.
Aurelios spinse il palmo contro il volante. L'acustic-advisores tuonò una coppia di segnali rumorosi e spessi, dall'anima di trombette d'ottone. Appoggiato il gomito sul finestrino abbassato, Aurelios schioccò alla compagna di hastata un bacio per finta. «Che fa di bello oggi? Salti su per una spyn, tesoro?»
«Ah» rise lei accostandosi alla vettura «Se me lo chiedi così!»
«Già, come per raccogliere una hana-trillea...»
«Che cosa darn hai detto, Occhietti-Stretti?»
«Bel set di ruote che avete, elysiani!» esordì la voce di un uomo, un extra-mondo come loro. Aurelios smontò dalla macchina e si volse a fronteggiare l'autore del complimento, trovandosi davanti un pari in statura con le mani nelle tasche dei calzoni mimetici della tunica da fatica e una giacca aperta a mostrare una canottiera bianca.
«Grazie! Hai un nome con cui battezzarla?»
L'uomo strinse le braccia contro il petto, facendogli notare che era muscolare e piantato. Era un lottatore, non c'erano dubbi. «Su Catacha non si danno nomi prima di essere sopravvissuti almeno una volta alla natura. Per scaramanzia, sai?»
«Noi elysiani siamo meno parchi in questo...» commentò Sirio.
«Va bene» il catacha indicò la vettura con un gesto rilassato. «Tempestrix. Che ne dite?»
«È un po' pietoso...»
«Titana, allora!»
«Si tratta di una macchina, Catacha, non di un Lord-Knight!»
«Voi mi avete chiesto una mano, scuri!» Rise il colosso di Catacha. «Però è davvero una bella ragazza, lasciatevelo dire. Ha carattere. In una gara punto sicuramente sul nostro 'hog piuttosto che questa signorina, ma sono pronto a darle il beneficio del dubbio.»
«È una sfida?» chiese Zarth.
«Se la volete accettare...»
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