Capitolo I: The Heroes and the Storm (parte la IV, Aurelios Markhairena)


Capitolo I, parte la IV

hastata-svbleader Aurelios Markhairena, Battaglione Valor


"Qualsiasi ordine dei superiori che può essere mal compreso dai soldati 

verrà inevitabilmente mal compreso dai soldati."


"Con l'audacia una persona può lanciarsi in qualsiasi impresa. Da nessuna parte è inscritto che debba per forza incontrare il successo in qualsiasi impresa."

"Solo un passo incerto dividono il sublime risultato dal ridicolo fallimento. Un suggerimento: conosci i tuoi stivali."

-Citazioni estratte dal Codixes del Ras'Aryeh di N'apo, come edito nello M31.Y003 a cura delle Qauraun Inscriptvres di Ultima Librìs, Vyzhràhato di Hussy'q.



"Io sia dannato se sto attestando il falso, ma noi avremo la pace anche a costo di andare in guerra!"

-Citazione del rispettabile mishré Ar'Adash, Primo Senator-Presidente della Imperialìs-Riconosciuta Res-Pvblica di Neo-Calephìa, espressa in data M41.Y819. (Pur non pentendomi dell'avere usato il termine "rispettabile", devo dire che per l'averlo fatto ho ricevuto attenzioni poco gradite in terra di Gladius. 

Annoto anche su queste righe, a cura di qualsiasi regulatores che volesse prendere in ordine il casvs, che mi è stato tirato contro un bicchiere di struckle, il mio avto-scriptorivm è stato oggetto di las-fucileria e qualche vandalo ha gettato nel mare l'avto-transportatrix che ho ricevuto in prestito dalla Canonessa.

Ho comunque esposto denunzia e attendo un risarcimento almeno nominativo dalle autorità di Gladius, tuttavia ho il sospetto che il mio caso non stia minimamente venendo seguito.)



Imperivm del Genere Umano

Ultima Segmentvm, Frangia Orientale

Nord del Reame di Ultramar, Mar Finalìs Regio

Gladius Astralìs Sector

Svb-Sector Gladius Central, Sistema stellare di Gladius
Gladius III, Mondo-Fortezza. 
Formicaio Cerberus, Glenna-Granta Castrvm
Diciannovesima Avlae Armamentarivm, Settimo Segmento. 

M42.Y005, decimo-septimo giorno del mese di martes.



Lo stappo del calamaio spanse una nota strana, come uno schiocco di lingua. L'aveva già sentita, decine e decine se non centinaia di volte, durante l'addestramento a Camp Martes, ma non riusciva ad abituarcisi. Il suono che sentiva quando apriva il calamaio dell'unguento santificato, quel suono tra milioni d'altri, era uno strano magnete per la sua attenzione.

Per qualche ragione che gli sfuggiva, lo trovava divertente. In bocca gli dava il sapore dei ferma-bottiglie di sughero, l'aspra arsura della limatura di martian-ferrvm caldo e un lontano, recondito effluvio che i suoi pensieri, inseguendo, accostavano al profumo del pesce fritto.

Perché sentisse proprio quell'ultimo non lo sapeva, non lo voleva sapere e probabilmente era un discorso da tecno-prete, troppo complicato per un sabbioso come lui.
A chi, al di fuori dei suoi compagni del Battaglione Valor, gliene importava qualcosa del dove e da chi fosse nato, lì in Gladius? 

Se ci stava una cosa simpatica della loro sorridente nazione in punta di piedi sul ciglio dell'Imperivm, questa era la loro generale neutralità verso chi nasceva come un bastardo, un figlio illegittimo e non riconosciuto.

Gli aspetti negativi, invece, erano tanti e vari. Annoverarli gli avrebbe richiesto un giorno intero, ma andava bene che fosse così. Da quanto aveva capito e sentito, affari come il buon clima, le giornate soleggiate, l'aria pulita e la simpatia personale non erano esattamente parte delle tasse che versavano agli esattori del Dovuto all'Imperatore-Dio.

I gladiani li si cercava e tassava per ben altro.

Inclinò la boccetta facendola gocciolare con parsimonia sul panno semi-smerigliato. Il tessuto s'inumidì lentamente, assorbendo le gocce una ad una. Curare l'equipaggiamento lo rilassava. Alla decima o dodicesima lacrima d'unguento ripose la boccetta sul pavimento quindi, con manuale calma, passò il panno sul calcio della las-carabina Accatran.
Il primo contatto gli unse le dita, applicando sui polpastrelli una patina untuosa, fredda al tatto. Scendendo con la mano, toccò la prima delle tre scanalature che regolavano l'alzo complessivo del calcio. Pochi millimetri all'interno del bordo c'era una piccola smerigliatura.
Un las-dardo gli era passato vicino, scintillando estemporaneo per una frazione di secondo. I tecno-preti dicevano che i proiettili delle las-armi erano veloci "quanto la luce stessa", ma in tutta onestà quella dicitura non gli svelava nulla.

Quanto era veloce la luce? Più di un uomo in corsa sicuramente, d'accordo, ma... e poi? Quanto di più?

Tanto oppure lo era di molto, molto poco? Non l'aveva mai chiesto al magos machinomante Mosharadàn. A bloccarlo dal chiedergli era stata la sensazione che il martian-credente gli avrebbe risposto guardandolo fisso negli occhi e scuotendo la testa.

Era meglio tacere piuttosto che sentirsi degli idioti.
Una cosa, però, Aurelios la sapeva: l'origine di quella bruciatura, accoppiata ad una cicatrizzata macchia d'ustione che sporgeva sul gomito. Un las-dardo vagante, sì, esploso da una innies con i capelli bluastri e gli occhi stretti.

Se la ricordava bene proprio bene quella stupida. Il suo ricordo gli era rimasto impresso nella mente, tra altri che non volevano saperne di scomparire. Anzi, ancora meglio di bene: gli bastava chiudere gli occhi per rivederla davanti a sé, tutta allarmata e nel panico. Presa di sorpresa da lui, ma d'istinto già con l'indice sul grilletto.

Se soltanto ti fossi arresa, idiota...
A volerle bene, la disgraziata non poteva essere stata più di alta di un metro e sessantacinque. Il pallore della sua pelle era quello di chi viveva o i un svb-hive oppure nelle viscere d'una di quelle trilioni d'affollate installazioni che puntellavano il dominio astrale del principato e le frange delle regioni confinanti.
Indosso aveva avuto una felp-anoraqa marroncina e dei corti calzoni al ginocchio. Dirla una guerrigliera sarebbe stato esagerato.

Probabilmente, il las-fucile con cui lei gli aveva sparato addosso, mancandolo e decorando il muro alle sue spalle con una mezza dozzina di fori incandescenti, l'aveva sottratto a suo padre o suo madre. Ricordava anche quello: un residuato Metallikae Pattern a canna corta, vetusto e con il numero di serie e l'Aquila Imperiale cancellati grattandoli via con un ciottolo.

Era stata lei ad aprire il fuoco per prima, mancandolo. Quando aveva tirato il grilletto per rispondere, il momento era fermo nella sua testa, l'aveva segata dalla fronte al pube con quattro colpi. Tre di troppo, ma l'agitazione l'aveva portato a quello.
Quando si era arruolato nel 164esimo, aveva creduto che la sua prima vittima sarebbe stata un orko, un baarsomnita, un eliksni o, magari, un pirata aeldar. 

Se gli avessero detto che invece sarebbe stata una disgraziata mezza morte di fame in forze presso un separatista, stupido coagulo di facinorosi spinti all'esaurimento ed alle dalle tasse, beh...

Passò il panno unto sulla bruciatura, quasi metterci più impegno, unguento sacro e olio di gomito fosse sufficiente a cancellarla dalla faccia di quel calcio di las-carabina. Quante ore c'erano volute ai manutentores per togliere quella cretina dalle pareti, comunque? Due? Tre? I colpi l'avevano fatta scoppiare come un palloncino troppo pieno d'acqua e incollata al pavimento e sui muri, lasciando le sue interiora a soffriggere lentamente contro il martian-ferrvm.
Scoprirlo sarebbe stato divertente.
Era stata la prima volta che aveva sentito la carne umana che bruciava, il puzzo acre e metallico delle ossa esposte. Per quale motivo avevano quell'odore?

«Razioni Eb-Svstentamentìs per tre giorni e tre notti d'impegno operativo...»
Aurelios si fermò, il pollice premuto contro il panno unto e infreddolito dal contatto con il metallo. Interdetto, si volse alla propria destra, cercando l'origine di quelle parole. Lui non era una persona colta e non era suo interesse che la gente lo credesse uno forte con la cultura, ma sapeva di avere un buon udito ed un ancor più buona memoria.
Soprattutto per le stupidaggini esplose dagli altri, perché erano molto utili da ricordare. Potevano fare comodo, se si sapeva come usarle.
Ma, in ogni caso... Sul serio? Eb-Svstentamentìs?! Nessuno le chiamava davvero Eb-Svstentamentìs!

Quella era una precisazione a dir poco anale! Da imbratta-pergamenparchementi del Mvnitorvm, altroché!
A conti fatti, si disse pensandoci sopra, non mi dovrei stupire troppo del fatto che venga da lei. Aurelios Markhairena occhieggiò la compagna di plotone, indeciso se per studiarla o provare a chiamare la sua attenzione.
Roteò gli occhi, trovandosi a guardare per un istante le lontane arcate del soffitto. Un grande numero d'Imperiali Aquile Bicefali spuntava, appena visibile nella penombra, da sopra le connessioni di sostegno allungate tra i vari archi.
Un circolo di tessere colorate lasciava entrare nell'Avlae Armamentarivm la scarna luce diurna, filtrata dai bordi dorati d'un cerchio d'allori enormi. 

Racchiudevano l'Imperatore-Dio seduto sul Suo Trono d'Oro della Sacra Terra, fasciato con i drappeggi purpurei e dorati dei nobili più munifici. Una spilla a doppia folgore brillava tenue, posta a tenere fermo il Suo mantello.

Attorno alla fronte Egli aveva una corona d'allori identica a quella che faceva da bordo al circolo delle tessere, sporcata da riflessi del colore del sangue umano. I Suoi occhi non avevano iridi visibili, anzi sembravano specchi di fuoco dorato.
Teneva la Sua grande spada, tutta cremisi e dorata ed incendiata da fiamme possenti, dritta sulle ginocchia. 

Una volta Aurelios aveva sentito dire che quell'arma da re aveva un suo nome, era conservata sulla Sacra Terra e l'ultimo che l'aveva brandita in guerra era stato il Lord Guilliman Vulkan.
Che nome avesse lui non lo sapeva, la Sacra Terra non l'aveva mai vista fuori da un bollo di picto-missiva e circa il Lord Guilliman Vulkan...

Chi darn era stato? Poi, il cognome del Re di Ultramar non era Roboute? 
Magari sbaglio io.

L'Imperatore-Dio guardava chi si trovava nella galleria sottostante con severità, da sommo padre severo. 

A destra aveva una donna che portava sulla testa una corona a dodici punte ed era avvolta da un vestito a bande rosse e d'oro chiaro, quasi bianco. Più basso e curvo, un adepto come miliardi d'altri si appoggiava ad un bastone dalla punta incendiata.

Alla Sua sinistra, invece, un numero di piccoli uomini e donne in armi ed uniforme, forse antichi milites-astra, si carica sulle spalle il peso di una grande lapide di ferro, scura e grezza.
Un mucchio di lettere capitali in riga puntellavano la lapide, formando frasi che faceva un po' di fatica a leggere: "La legge del Signore-Maestro dell'Umanità è perfetta, forgia gli animi secondo la Sua volontà. La Testimonianza della Sua Volontà è sempre eterna e giusta, fa saggi i fortunati ignoranti."

Gli ignoranti erano fortunati! Distolse lo sguardo, tornando alla compagna di hastata. «Si chiamano Razioni Svper-Schifvs, Rymm'El. Usa il nome potabile!»

«Potabile?» s'inserì Sirio, divertito. Seduto a metà strada tra lui e Rynn'El,anche se Rymm'El era più divertente da dire perché la innervosiva, l'amico interruppe il suo lavoro e posò sul pavimento il tavolino di servizio. 

Sopra erano ben disposti, in quello che ad occhio gli sembrava un preciso ordine alfabetico, tutti i componenti d'una las-carabina Accatran Pattern.

«Aur', tu sai cosa vuol dire potabile, almeno?»
Che domanda del darn! «Sì, lord palatinvs-grammatikvs. Vuol dire che puoi tagliarlo, accorciarlo. Puoi farlo breve e chiaro a tutti.» Non sono un magistero di scholam, ma ci arrivo anche io a queste cose. Non prendermi per un completo idiota, sai che so che si potano gli alberi!
Invece di annuire e concordare con lui, Sirio prese a carezzarsi la corta barbetta nera che si era lasciato crescere negli ultimi mesi. 

Nascondeva la bocca dietro la mano, per qualche ragione nota soltanto a lui. Guardandolo lottare contro dei sussulti ritmici che lo facevano sembrare preso dalla tosse,ad Aurelios salì in mente un dubbio: stava ridendo, per caso?

«Che ho detto?!»
«Potabile vuol dire che si può bere, sabbioso!»Davvero? Chiuse gli occhi e li riaprì subito. Il panno inumidito gli unse la mano con cui, d'istinto, lo strinse.
Voleva... voleva davvero dire quello? Chi aveva cambiato il significato,lasciandolo all'oscuro? «Dorn santissimo...» aggiunse l'amico, ventilato da quel riso che aveva provato a contrastare.
«Ah. Quindi...» umettò il panno con qualche goccia d'unguento e ritornò all'opera sul calcio della sua las-carabina, risentito. 

«Quindi vuol dire che si può bere. Non lo sapevo.»

Allora perché si potevano potare gli alberi con le forbici? Come darm funzionava quel casino? Erano due situazioni abbastanza diverse, per l'Imperatore-Dio! Dov'era il senso di usare la stessa parola per due situazioni così diverse?!
Gli alberi venivano potati per accorciarne i rami diventati troppo lunghi, per scongiurare che crescessero sforando nei terreni altrui o per curarli da infezioni e funghi. 

Usare le parole potabili, per lui, era sempre stato un modo per dire agli altri di usare termini semplici, proprio come gli aveva insegnato il maggiore.

Adesso emergeva che volesse dire qualcosa che poteva essere bevuto; erano la stessa parola, però! Non aveva alcun senso!
«Cioccolato sotto forma di tre paia di barrette nisqat-nisqat», riprese Rynn'El, ignorando la domanda che gli aveva fatto. China sulle ginocchia, davanti alla sua panoplia dispiegata al completo sopra ad un robusto telokamoa-mimetico, sembrava tenere una conta di numeri più che un riepilogo di tutto l'armamentario che i comandi gladiani volevano che loro si portassero dietro per l'offensiva del lord-general Garan'th. 

«Raecaff liofilizzato,pasticche di tethra-saccarorisvm energizzato, uno zap-ignìscator brunito, uno zap-ignìscator di riserva dello stesso, schifoso colore...»

Intenta a verificare lo statvs di sei celle energetiche da las-carabina Accatran, Ha'hava prese a sghignazzare a sua volta, proprio come quell'amichevole idiota di Sirio.
«Schizzinosa, occhietti-stretti?» Schioccò a Rynn'El, distraendosi per un momento dalla sua makhaira di reggimentale standard. Era da una buona metà di dieci minuti che ne curava il filo tagliente, strigliandolo con la cote.
Ha'hava non aveva un carattere semplice. Simile alla sua arma bianca preferita, era capace di tagliare tanto quanto sfondare e sfrangiare.
Per fortuna e gloria dell'Imperivm, questa volta Rynn'El non le fece caso. 

Probabilmente, pensò Aurelios, stava pretendendo di non averla sentita e basta. In Camp Martes si era parlato per una settimana intera della amichevole, pacata e calma diatriba.

Era stato un incontro di lotta con i contro-darni, quello. Cruda, diretta e indiscriminata violenza in forma di cazzotti, calci e testate. Non c'era niente di meglio per costruire una sana rivalità.
Mi pare che Bennì abbia ritrovato uno dei denti saltati via al terzo o al quarto pugno, anche se non ho capito di chi era, tra loro due. In ogni caso avrei voluto un mazzetto di bei vermigli tra le mani!

Avremmo potuto mettere su una scommessa, tirare loro qualche banconota, fare una polla di fango...

«Una scatola di lvxsiferìs e una scatola di lvxisiferìs di riserva. Un minor-avspex compassorientatòr, una daga baionetta Acheian-Pattern, otto celle energetiche da sessantuno folgori da diciannove punto due megathule per las-carabine Accatran-Pattern, la maschera respiratoria anti-gas...»

«Ti conviene prendere un paio di celle in più.»
Dalla distratta desolazione del Mvndvs-Zarth non provennero segnali di risposta.
«Lo zaino da campagna, la borsa da gamba porta munizioni, una tracolla con aqva-canteena ed Exa-Instrvmentìs per rapide trincee, la las-pistola d'ordinanza, due stecche di sigarette Lvcky Rvss...»

Aurelios schioccò le dita: «Visto che non fumi, che ne dici di regalarle a me e Sirio? Se non ti senti di condividere e vuoi una sfida, possiamo giocarcele a Cuori e Titani.»

«Mi auguro che tu intenda la versione disvelìa di Cuori e Titani», commentò l'amico, alzando un indice verso il soffitto. «Diventa molto più interessante quando nella posta in palio ci finiscono calzoni, mutande e canottiere di riserva, se qualcuno vuole la mia opinione.»
La voleva qualcuno? Non sembravano esserci volontari.

Mvndvs-Zarth prese le due stecche e gliele lanciò senza farci troppo caso né perdere tempo a mirare. Quella rivolta a Sirio cadde vicina alle mani dell'amico,veloce a prenderla e metterla da parte. L'altra picchiò Bennì sulla nuca, strappandogli una imprecazione poco rispettosa nei confronti della sacralità del Dio-Imperatore.

«Rymm'El, fai attenzione!»
«Rettifico: niente più stecche di sigarette. Una mina claymoriana a frammentazione, bombe fumogene, krak-bombe a mano Tertivs Pattern, santificate bombe a mano a frammentazione Antiocha Pattern, una melta-carica da demolizione, una corda-canapone per arrampicate...»
Soppesato un involucro verde scuro avvolto in un sottile film di plastha, Rynn'Ello scagliò lontano da sé con nervosismo. «E due orrende magliette da fatica, plvs biancheria extra pruriginosa!»

«Perché ti scaldi tanto?» Intervenne Sirio, che era riuscito a ritornare serio. «Sono solo un paio di maglie.»

I calzettoni non li stava considerando? Il maggiore aveva detto di tenerli bene e conservarli con cura perché sarebbero stati indispensabili contro i funghi e il piede da fantaccino di linea. Lei sapeva di più sull'operazione imminente di loro, più di quanto voleva dirgli. Che motivo aveva di mantenere il segreto su tutti quei dettagli, però?

La ragazza tornò a sedersi sulle ginocchia. «Non sono le maglie! Questa roba praticamente pesa tanto quanto peso io! E senza contare il grav-paracadute,l'elmetto, l'anti-schegge e il tactikhan-gilet! Come si aspettano che mi muovi con questo fardello addosso?»

Far... far-dello? Era davvero una parola, quella? L'avrebbe chiesto a Sirio. «E la torcia lvx-markatrix? Quella dove la metti?»
Come se fosse stata schiaffeggiata, Zarth sbatté le palpebre a vuoto. Recuperò da vicino i propri piedi un cilindro di martian-legha, soppesandolo sul palmo.«È vero, mi servirebbe anche la torcia. Diamine, è troppa roba.»

Udì Sirio armeggiare con l'avto-gryller, rovistando nella sua sacca personale alla ricerca delle bustine di coccoa-raecaff energizzante. Piazzò il bollitore di ferrvm brunito sulla griglia dell'avto e l'accese con due giri delle manopole.

«Non pensarci troppo» si rivolse a Rynn'El. «Molta di questa roba la lasceremo indietro dopo l'atterraggio.»

La ragazza si risentì: «In mano d'altri? Questa è la mia dotazione!»
«Il grav-paracadute non ci serve dopo che siamo atterrati.»
«No, no, quello non ci serve e sono d'accordo, ma non ci sto a lasciare indietro la mia mina! E se poi mi serve e non ce l'ho?»
Una domanda spinosa. «Una mina a frammentazione può tornare molto utile, in effetti.»
«Visto? Concordi con me!»

«Ah, se non lo faccio» Aurelios allargò le braccia e dal panno gocciolarono sul pavimento alcune piccole stille d'unguento santificato. Puliranno gli inservienti o quelli del prossimo turno. «Corro il rischio di sentirti parlare da qui in avanti e per le prossime sette ore dei mille usi che puoi trovare per quella mina.»
«Non sono così logorroica.»

Logo-cosa?! «Parla pot... anzi, no. Non parlare potabile. Non sono più sicuro di niente.»
Com'era possibile che volesse dire una cosa diversa da quella che aveva pensato? Come faceva a significare tagliare gli alberi e l'acqua che poteva essere bevuta? 

Non aveva alcun senso! Non aveva alcun fottutissimo, svper-damnatvs senso!

«Non pensare troppo, Aur'!» Lo rincuorò Sirio, porgendogli una tazzina di metallo. L'aroma di raecaff che saliva era forte e pungente. «Rischi di farti del male.»
«Grazie, amico. Mi serviva proprio questo rinforzo positivo.»
«Oy vey, si fa quel che si può!»

«Ne hai fatta una anche per me?» chiese Zarth, occhieggiando Sirio. Tra le mani stringeva altre due tazze fumanti, piccole e dall'aria d'essere state forgiate recentemente. Alla panoplia nuova mancava sempre un certo tocco, un qualcosa di speciale.

Probabilmente era l'odore del sangue.
«Sì, tieni» disse passandole una delle due tazze. «Alla mia salute. Offre il Nobile Casato dei Quarta.»
Accostata la tazza alle proprie labbra, Aurelios ne sorbì un sorso bollente. 

Si pulì la bocca con il dorso dell'indice, ancora assaporando sul palato il brutale pugno che era il raecaff polverizzato. Sapeva sempre, in ogni momento e qualsiasi clima, d'olio per motori, aria stantia e metallo bruciato, con un vago retrogusto molto lontano di raecaff e coccoa.

«Buono. Proprio quello che mi piace.»
«Ah, davvero?»

 «No.» Picchiettò un colpo contro la tazzina, che rispose lanciando un'acuta nota metallica. «Ci hai pisciato dentro, così per caso?»   








Mariska Nuryeva (qui riportata come Mariskea), Zarth Rynell (qui riportata come Zarth Rynn'El) sono proprietà di vyandersen che io impiego in forma riadattata dentro l'universo narrativo di Band of Heroes Saga con il suo permesso e la sua approvazione.

DEH EMPRAH PROTECTS.



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