Parte 18- Capitolo Extra Dabi - Ti dedico il silenzio
Perché un capitolo chiamato "extra"?
In realtà non sapevo bene come chiamarlo.
Semplicemente saranno capitoli, più o meno lunghi, dove non saranno presenti i protagonisti della storia.
O meglio: saranno incentrati su altri personaggi.
Andando avanti ce ne saranno ancora.
Spero che l'idea possa piacervi.
"C'è un'aria strana nel cielo
Esco da casa in silenzio
Non è ancora neanche l'alba,
ma a dormire non ci penso
Io cerco solo di capirti
E la notte non ci dormo
Se soltanto avessi pace saprei essere come loro..
So quanto costa per te
Ma cerco solo un motivo
Per sentirmi vivo e non è semplice."
Lui è sempre stato un'ombra, un fantasma.
Una sorta di uomo nero che viveva confinato nel buio e che nessuno mai vedeva veramente.
Sua madre non c'era mai stata.
Suo padre, invece, lo avrebbe voluto diverso. Gli aveva fatto credere di amarlo, fino a quando non era nato il figlio che riteneva essere perfetto per i sui canoni.
Bello, intelligente e... arrendevole.
Shoto non era come lui.
Lui non aveva lo sguardo tagliente che indisponeva le persone con cui parlava, lui non era sempre vestito sopra le righe...
Lui non era un figlio ribelle.
Quando era piccolo non riusciva a stare fermo, a non combinare marachelle.
Dormiva sempre poco la notte e durante il giorno si annoiava a morte in mezzo a quei coetanei tutti uguali e spenti.
Suo padre odiava i piercing che si era fatto per dispetto da adolescente, o la cicatrice sul viso che si era procurato cadendo dal motorino.
Quante volte lo aveva sentito confidare agli sconosciuti che si vergognava di lui, quante volte parlava alle altre persone come se lui non fosse stato neppure presente, lamentandosi dei suo inammissibili comportamenti.
E la sua insicurezza cresceva, giorno dopo giorno: la visione negativa di se stesso si rafforzava di sentimenti di inadeguatezza ed inferiorità.
Nella sua intera vita lui è sempre stato scartato... e abbandonato.
Doveva solo abbassare il capo e ringraziare comprensivo. Stare buono ad ascoltare gli altri elogiare i fratelli più piccoli... ma a lui nessuno pensava.
Ed il suo modo di farsi notare si era trasformato in furia e rabbia.
Collera cieca generata da bassa autostima, dalla voglia di sentirsi addosso anche un semplice sguardo.
Lui era lì, perché non lo vedevano?
Come potevano obbligarlo a comprendere l'amore se gli era stato negato così presto?
L'unica emozione che lui sentiva di poter far provare agli altri era la violenza ... la paura.
Poi era arrivato Katsuki, e lui lo aveva accettato per quello che era.
Non lo aveva ma giudicato, anche quando in preda ad i suoi violenti attacchi di rabbia aveva spaccato tutto quello attorno a loro.
Anche quando la sera in cui suo padre lo aveva chiamato per dirgli quanto bravo fosse stato il suo fratellino nella nuova scuola, lui si era quasi ucciso in una gara clandestina in macchina, in un chiaro intento di autodistruzione.
Lui era sempre lì...
Fino a che non aveva più retto il suo modo assurdo di vivere.
E lo aveva pregato di smetterla, ma lui aveva fatto ancora peggio.
E più Katsuki si allontana, più lui stringeva il cappio.
Fino ad arrivare ad obbligarlo a stare con lui, a minacciarlo e a manipolarlo.
Fino addirittura ad umiliarlo ...
Lo aveva costretto a fare sesso, convinto che fosse il solo modo giusto per fargli comprendere quanto lo amasse disperatamente.
Ma nonostante queste sue dimostrazioni, Katsuki non lo capiva e continuava a volerlo lasciare.
Non lo amava più, lui cercava una vita differente.
E l'ultimo loro giorno insieme, lo aveva picchiato. Aveva alzato le mani su quella pelle meravigliosa lasciandolo terrorizzato in una stanza. Quando aveva chiamato i suoi genitori piangente, questi erano accorsi per venire a prenderlo.
Ma era notte, era buio, c'era la nebbia e la macchina aveva sbandato.
I medici lo avevano contattato per telefono, informandolo dell'accaduto e Katsuki lo aveva pregato di lasciarlo andare da loro in ospedale.
Ma lui si era arrabbiato ancora.
Era terrorizzato. Aveva combinato un casino, doveva rimediare in qualche modo, ma non capiva come.
E comprendeva bene che se lo avesse lasciato andare non sarebbe più tornato....
Come avrebbe spiegato ai suoi genitori la chiazza sulla guancia livida ed i segni sui polsi?
Lui aveva più bisogno di loro di Katsuki adesso, no?
E così lo aveva trattenuto contro la sua volontà, lasciandolo piangere fino alla mattina in cui erano venuti a sapere che i genitori erano morti per le conseguenze dell'incidente.
E Katsuki non glielo aveva perdonato.
Era scappato, sparito e lui si era sentito morire dentro.
Lo aveva cercato, lo aveva perseguitato.
Era quasi impazzito dal dolore di perderlo del tutto e di non riuscire a farsi amare ancora.
Ma ora avrebbe fatto diversamente, ora avrebbe fatto in modo che fosse lui a tornare indietro spontaneamente.
Avrebbe fatto tutto con molta più calma, lo avrebbe riportato da lui.
Una goccia salata cade velocemente sullo schermo del telefono.
Dabi fissa come in trance il video che rimanda l'immagine di un ragazzo biondo che suona il violino.
Ogni tanto guarda nella camera e sorride radioso.
Un ricordo.
Katsuki che suona, in pigiama, le guance rosse e lui che non riesce a distogliere lo sguardo perso nella convinzione di non aver mai visto nulla di più magnifico.
Katsuki che abbassa lo sguardo quando si accorge di come il suo viso cambia espressione, distendendo le rughe e le linee in una posa rilassata ogni volta che gli sta accanto.
Katsuki che poi torna triste e rabbrividisce, quando lui in uno dei suoi soliti giorno no, impreca e rompe tutto, trattandolo male.
Una mano gli cala sugli occhi.
Come ha potuto essere così stupido?
-Ti piace proprio il suono del violino.-
Dabi si riscuote con un gesto stizzito e spegne subito il video, bloccando la schermata del cellulare.
-Non pensavo fossi in casa.-
Shoto lo scruta impensierito. Gli occhi arrossati e la voce rotta non gli sono sfuggiti.
-Stai bene?-
-Che domanda del cazzo è?
Ti sembra forse che stia male?- Chiede alzandosi dalla sedia innervosito.
Il fratello lo scruta ancora qualche istante prima di soffiare piano fuori l'aria.
-Ok, va bene. Volevo parlarti di una cosa. Ci stiamo avvcinando a fine anno e volevo chiedere ai miei amici di restare qui la notte a dormire.
Tu che cosa pensi di fare?-
-Starò fuori, ho già degli impegni per quella sera. Rientrerò solo per cena.-
Risponde affettato mettendosi il telefono in tasca.
-Ottimo, allora direi che abbiamo abbastanza camere disponibili. In camera con me aggiungo dei futon e ci metto a dormire Kaminari, Shinso e Uraraka.
Nella camera degli ospiti invece Kirishima e Mina.
E nella tua pensavo di metterci Katsuki e Izuku. Sempre se per te va bene-
-Certo. Dopotutto è casa tua no? - Ribatte Dabi facendogli un ghigno ironico e stringendo i pugni furiosamente.
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