Chapter 10: Giusto e Sbagliato
Izuku sedeva sul divano del bilocale moderno di Ayumi.
Non si sentiva volare una mosca; perfino i rubinetti non perdevano, come accadeva invece a casa sua. Il rumore bianco premeva sui timpani fastidiosamente, come uno sciame di api impazzite.
«Sei molto teso. Vuoi un po' di tè?».
Non sobbalzò all'improvvisa voce del senpai che si era appena fatto una doccia. Negò. L'odore di agrumi dello shampoo non sovrastava quello naturale. Era la prima volta che prestava davvero attenzione alla sfumatura dei feromoni del più muscoloso. L'anice si sposava perfettamente con la quercia e in mezzo, sebbene molto soft, poteva percepire la dolcezza dei chicchi d'uva verde, la sua preferita tra l'altro.
Izuku si alzò di sua spontanea volontà per poterlo abbracciare. Ma ciò non gli fece provare nulla, neanche un lieve formicolio come invece era accaduto con Katsuki.
-Smettila di pensare a lui- si rimproverò mentalmente.
Ayumi lo sollevò dolcemente sulle braccia e lo condusse verso la spaziosa camera da letto. In fretta si disfò della t-shirt nera che indossava, con altrettanta si occupò di baciare con passione crescente le labbra di Izuku.
Erano morbide, profumate e dolci come sempre le aveva immaginate. I denti mordicchiavano ritmicamente il labbro inferiore, la lingua si faceva arrogantemente strada nella bocca. L'Omega gemette un po'.
Musica per le orecchie dell'Alpha, che lo fece coricare sotto di lui. Con la coda dell'occhio catturò il lieve gonfiore intorno all'ombelico. Il suo membro palpitò, bisognoso di massime e attenzioni.
Izuku iniziava ad avere sempre più caldo e la mente annebbiata dal profumo e dai feromoni di Ayumi non aiutava. Non riusciva a vederci granché bene, il suo cuore pulsava ferocemente e il suo corpo fremeva.
Quello che non sapeva era che il suo stato interessante aveva appena fatto risvegliare parte della sua natura di Omega: voler essere annodato. Stordito qual era non fece neppure caso ad Ayumi che lo denudava dei pantaloni e slip completamente fradici, né delle sue gambe che si avvolgevano intorno ai suoi fianchi snelli e scolpiti. Le loro virilità si scontrarono con un rumore raspante.
Izuku emise un forte gemito, inarcando la schiena. Teneva gli occhi chiusi ma la mente continuava a mostrargli Katsuki in tutto il suo mascolino splendore.
Ayumi gli lasciò una scia di baci dalla giuntura dei pettorali fino all'inizio del gonfiore al ventre. Preferì concentrarsi piuttosto sul mordicchiare e succhiare un capezzolo.
Il sapore di Izuku era afrodisiaco: sembrava che la pelle fosse dolce come il miele.
Ayumi si chinò sulla ghiandola al collo; anche l'odore era sublime, così eccitato e anche vanigliato per via della gravidanza. Tracciò una scia bagnata dalla ghiandola alla linea della mandibola.
Per tutta risposta, Izuku fremette sotto il suo tocco.
«Ti piace, non è vero?» schernì l'Alpha.
Passò a simulare una penetrazione nel mentre che riprendeva a baciarlo con foga. Izuku era un pasticcio di lacrime di piacere, le guance rosse e sudate, le labbra gonfie e umide di saliva. La pozza di trasparente lubrificante naturale continuava a sgorgare dalle sue natiche tremolanti.
Ayumi era duro come il marmo e non poteva più aspettare. Izuku, contro il suo bacino, ancheggiava ritmicamente e non aiutava affatto a calmare la sua voglia di riversarsi in lui. Quando liberò il suo mastodontico fallo dalle mutande grigie ormai troppo strette, questo guizzò verso l'alto, tutto rosa e pulsante.
L'Omega si leccò le labbra ma le cose ben presto presero una piega strana. Più guardava il volto di Ayumi stagliato contro la luce bianca e fredda del soffitto, più gli sembrava vedere quello di Katsuki che lo studiava con il suo eccitante ghigno.
Izuku lo abbracciò dolcemente.
«Alpha... Kacchan...» sussurrò con un sorriso e gli occhi chiusi.
Ayumi si irrigidì ma lasciò perdere. Il bisogno impellente di annodare Izuku e, perché no di marchiarlo, parve esplodere dentro di lui come un vulcano. Il suo Alpha Interiore continuava a ringhiare perché stanco di attendere oltre.
Improvvisamente, poggiò la mano aperta sul ventre dell'Omega.
Un feroce ringhio esplose nella camera da letto. L'Alpha si tese come una corda di violino, con il fiato trattenuto e lo sguardo ampio spaventato. Izuku che gli ringhiava contro, si era seduto con le gambe premute contro il ventre. Una delle sue mani era pronta a fendere non solo l'aria carica di pericolo bensì tranciare perfino un volto.
Ayumi ingoiò a vuoto prima di portare anche l'altra mano sul fianco e il ventre del verdino. Con forza se lo tenne stretto a sé, facendolo sedere giusto sulle sue gambe incrociate e il fallo dolorosamente ancora guizzato verso l'alto. Provò a baciarlo, strinse duramente le dita sulla tenera carne del ventre.
Izuku soffiò e poi ringhiò.
Per una manciata di secondi sembrò arrendersi. Quando l'Alpha toccò di nuovo il suo stomaco, però, l'Omega fu pervaso da un forte istinto di protezione. Riuscì a liberarsi con facilità grazie a una violenta testata contro il setto nasale.
Non lo ruppe... il sangue non sgorgò.
Ayumi ululò di dolore: l'Alpha Interiore era furioso e preso il sopravvento balzò addosso a Izuku. Veloce e spaventato, il più piccolo raggiunse la porta e corse lungo le scale, i talloni battevano ritmicamente sul freddo marmo bianco e grigio.
I suoi occhi spaventati erano puntati al portone fortunatamente socchiuso che si avvicinava troppo lentamente.
«Fermati, Omega!».
Il comando Alpha sputato con veleno e collera per poco non lo fece inciampare. Izuku tenne duro e anzi, iniziò a saltare perfino le scale, con la paura crescente non tanto per lui... bensì per il suo bambino.
Ayumi era molto veloce e non ci impiegò molto a raggiungerlo. Un attimo prima che potesse afferrargli il cappuccio, Izuku riuscì a raggiungere la strada. Non si curò dell'impatto gelido della pioggia che gli cadde addosso senza la minima pietà, né delle escoriazioni sotto ai piedi.
Aveva talmente tanta paura che sentiva vorticare la testa.
Mentre correva con una mano sulla pancia, gettava rapide occhiate al furioso Alpha dietro di lui.
-Aiuto! Che qualcuno mi salvi!- pensò con le lacrime.
La pioggia gli aveva incollato la felpa addosso e lo rendeva meno veloce del solito. Il sapore acido del vomito continuava a rimbalzargli tra la bocca dello stomaco e l'ugola, con un retrogusto dolciastro per via dell'alta adrenalina in circolo nel suo corpo.
Improvvisamente, il suo mondo si capovolse.
Ma Izuku non perse l'equilibrio perché venne afferrato per un polso e trascinato dietro a una possente schiena. Un odore, anzi quell'odore che amava definire autunnale, lo immobilizzò con gli occhi spalancati e pieni di lacrime e le dita strette alla giacca di pelle fradicia.
«Fermo!».
Ayumi sostava a poca distanza da Katsuki Bakugo.
I due si guardavano come due leoni, Izuku si sentiva infinitamente piccolo ma non più così tanto in pericolo. La pioggia rumoreggiava intorno a loro come un applauso potente, i lampi squarciavano il cielo di tanto in tanto con un forte bagliore biancastro. In mezzo a quel vicolo un po' buio sembrava non ci fossero altre vie di scampo.
«Vattene immediatamente!» ruggì il biondo.
«E tu chi diavolo saresti? Stai interferendo, biondino! Sparisci!».
Izuku pigolò senza volerlo e la sua stretta si fece più feroce alla giacca a tal punto che, tirandola, produsse un rumore cigolante. Katsuki lo degnò di un'occhiata per poi tornare a fissare trucemente il nemico.
«Izuku, tesoro, torna qui» disse Ayumi, con voce più dolce.
Il verdino scosse il capo, le sue ginocchia cedettero un po'. Katsuki lo sostenne con un braccio alla vita. Quando toccò involontariamente lo stomaco, l'Omega Interiore fece una dolce fusa.
«Alpha Kacchan...» sussurrò languido Izuku.
Aveva gli occhi vacui ma innamorati. Katsuki ne rimase colpito tuttavia non poté godersi a lungo quella paradisiaca scena perché Ayumi partì alla carica con un gancio ben carico.
Un solo movimento.
Un solo istante ben calcolato.
Katsuki strangolava ferocemente Ayumi con la mano destra; le dita d'acciaio scavavano nella pelle con le unghie e stringevano con forza le vertebre. L'Alpha moro volse gli occhi spaventati al cielo in un improvviso bisogno d'aria.
«Vattene» ringhiò freddo il biondo.
Il suono gelido e autoritario fu quasi più forte dello scroscio della pioggia. Izuku crollò sulle ginocchia, completamente spaventato e privo di forze.
«C-chi s-sei t-tu?» rantolò Ayumi.
Provò inutilmente a liberarsi ma quella mano dalla forza infinita era ben intenzionata a porre fine alla sua vita. Una lacrima che cadeva lungo la sua guancia si mischiò alla pioggia battente.
«Izuku è mio...» gemette con un lieve sorriso.
«Io sono il suo Alpha» ringhiò Katsuki, con tono letale e basso.
Ayumi guardò Izuku che tremava con le braccia avvolte intorno al ventre. Il biondo lo lasciò andare, lui barcollò fino a cadere con il fondoschiena in terra. La forza dell'altro lo aveva spaventato e sovrastato con un'incredibile facilità.
Gli occhi rossi, anzi, quelle due piccole biglie che brillavano di rabbia cieca, lo fecero istintivamente indietreggiare con mani e piedi.
«Il mio nome è Katsuki Bakugo. Sono l'Alpha di Izuku Midoriya e sono anche il padre del bambino!».
Il verdino sussultò.
Ayumi sbuffò una risatina. Inchinato il capo in un gesto di rispetto, scappò via, conscio del fatto che mai più avrebbe potuto avvicinarsi a Izuku. Il suo sogno erotico era iniziato e finito in modo del tutto tragico.
-Addio, mio impossibile Omega...- pensò.
Pianse, con i singhiozzi che si mischiavano ai tuoni. In quel momento il suo cuore era solo una montagnola di terra arida. Mai più avrebbe coltivato il seme dell'amore! Nessuno sarebbe riuscito a farlo innamorare come Izuku.
Si sarebbe segretamente beato a guardare l'unica foto del suo eterno kohai salvata come sfondo dello schermo del suo cellulare. Dopotutto, aveva ancora il diritto di struggersi per un amore illusorio.
Katsuki espirò, rilassando le spalle. Izuku era ancora in ginocchio e tremava. I capelli gli si erano appiccicati sul volto e rendevano impossibile capire che tipo di espressione avesse.
Gli si accovacciò dinanzi senza fare altro. Fu l'Omega ad alzare gli occhi arrossati e spaventati. Nel suo petto era cresciuta un'estranea sensazione di volerlo confortare ma il suo orgoglio glielo impedì. Katsuki sospirò con fare drammatico.
Fece per andarsene via quando Izuku gli strinse delicatamente il lembo della giacca. Le dita biancastre avevano la punta violacea a causa dell'aria incredibilmente fresca.
«Grazie» mormorò.
Il biondo annuì appena. Chiamò un taxi senza domandare nulla all'Omega ora in piedi che tentava di allungare il più possibile la felpa per coprire le sue nudità. Sussultò quando Katsuki gli poggiò sulle spalle la sua giacca di pelle.
Era troppo grande per lui eppure così perfetta. L'odore che lo aveva stregato impregnava il sottile fodero di stoffa nera. L'Omega Interiore fece nuovamente una fusa di apprezzamento.
«Ricordati dell'appuntamento» mormorò l'Alpha.
Poche semplici parole ed Izuku sprofondò in un abisso carico di disperazione...
***
La clinica era grande.
Un parallelepipedo sviluppato in altezza fatto completamente di vetri oscurati con una grossa insegna bianca e rossa. Quello era un luogo di fine per alcuni Omega, quasi di morte. Chi si sottoponeva a un aborto volontario, infatti, immancabilmente sprofondava in una lunga depressione e nei casi peggiori, il suicidio ne era una diretta conseguenza.
Izuku non era riuscito a dormire in quelle poche ore e per di più era mancato a lavoro. Katsuki gli aveva scritto un messaggio sintetico con la posizione della clinica e lui si era domandato come avesse fatto ad ottenere il suo numero. Ma poi, riflettendoci su meglio, la conclusione era apparsa ovvia.
Ochako.
Katsuki scese dall'elegante Audi grigia metallizzata e lo precedette appena, degnandolo semplicemente di una gelida occhiata. Il cuore dell'Omega affondò in un mare agitato e triste.
Varcate le porte scorrevoli, Izuku vagamente prestò attenzione al biondo che si rivolse alla reception e afferrarlo poi per un polso per farsi seguire verso la fine del corridoio del primo piano. Presero l'ascensore per il terzo.
Il tempo di chiudere le palpebre per un'improvvisa voglia di piangere, che l'Omega comprese di essere giunto al capolinea.
«Prego, si accomodi» istruì una fredda Beta alta, con un forte accento tedesco.
Izuku si distese sul lettino, la donna gli fece cenno con un movimento nervoso delle dita di sollevare la camicia larga e bianca. Katsuki finì per guardare distrattamente il morbido pancino... ignorò volutamente il guaito infelice del suo Alpha Interiore.
Anche lui non aveva chiuso occhio durante le poche ore prima di quell'appuntamento in clinica. Si era girato e rigirato nel letto, chiedendosi il perché di quell'agonia in fondo allo stomaco, conficcata duramente nella sua anima.
«Svolgeremo innanzitutto un'ecografia. Di quante settimane è?» disse e poi domandò la donna.
«Dieci settimane e qualche giorno» rispose debolmente Izuku, con gli occhi fissi sul suo ventre.
A quel semplice numero, il cuore di Katsuki si ghiacciò senza motivo.
I raggi del sole che arrivavano dalla finestra sopra il lettino lo illuminavano con delicatezza. Una lacrima solcò la guancia di colui che non avrebbe mai incontrato il proprio bambino. Izuku espirò dal naso in un blando tentativo di calmarsi.
Katsuki fu costretto a distogliere lo sguardo. Strinse le dita sugli avambracci conserti in un'improvvisa collera. Da qualche parte dentro di lui una vocina continuava a urlargli che stava scegliendo la strada sbagliata.
L'ecografia iniziò. La donna la svolse con impeccabile maestria, senza proferire parola. Il silenzio in quel piccolo ambulatorio dal forte odore di disinfettante era interrotto dal ronzio del macchinario per le ecografie, il tamburellare incostante della ginecologa sulla tastiera della console di esso e dai click del mouse.
«Il cucciolo è sano. E' giusto farvelo sapere» mormorò lei, dopo lunghi secondi. «Secondo la prassi devo farvi sentire il battito del cuore».
Poi, un rumore galoppante riempì la stanza.
Izuku si tese come una corda di violino, incredulo ed esterrefatto. Katsuki si avvicinò senza neanche accorgersene, con lo sguardo puntato al monitor dove in bianco e nero riusciva a scrutare ben poco.
La Beta stampò l'ecografia, dopodiché si sedette alla scrivania di ebano per scribacchiare il referto. Izuku si pulì la pancia con il rotolo di carta poggiato sul lettino. Lo fece lentamente, dando le spalle ai due. Il suo cuore era profondamente lacerato ed era incredibile come ogni volta questo si ricomponesse per poi sfaldarsi con facilità.
«Bene. Se volete procedere con l'aborto dovete firmare tutti e due il seguente modulo».
La donna allungò un paio di fogli e una penna a Katsuki. Questo guardò un attimo il verdino ma non indugiò oltre e scrisse il suo nome per intero. Izuku tremava sempre di più: il rumore della punta sulla carta lo stava terrorizzando.
«Forza, firma anche tu e finalmente la finiremo con questa stancante storia» sospirò il biondo.
Il verdino si avvicinò con passi lenti. Afferrò la penna ma non ebbe minimamente il coraggio di acconsentire all'aborto. Scosse il capo, sull'orlo delle lacrime.
«Io... v-voglio pensarci» sussurrò, prima di correre via.
Katsuki ringhiò furiosamente mentre la porta sbatteva con forza.
«Quanto tempo ho per farlo abortire?» sbottò alla dottoressa.
Senza scomporsi minimamente, l'altra rispose: «Fino alla ventiduesima settimana. Dopodiché sarà illegale interrompere la gravidanza, Bakugo-san».
Il biondo annuì e raccolti i fogli rincorse Izuku.
Avrebbe messo fine alla vita di quell'intruso scomodo e per niente voluto...
Angolo di Watchie
All'inizio non ero sicura di questo capitolo; mi sembrava troppo frettoloso nella parte del salvataggio e troppo immediata in quella della clinica. Sto ancora imparando e il mio stile è sempre in continua evoluzione. Ma rileggendolo, ho capito che in realtà è tutto nella mia testa. Se dinanzi ai miei occhi scorrono immagini, allora è la direzione giusta.
Un consiglio da una finta scrittrice: quando non siete sicuri, rileggete il capitolo da cima a fondo magari da appena svegli e capirete che effetto vi fa e soprattutto che non necessita di inutili correzioni.
A domani!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top