Chapter 1: Il nuovo Senpai
«Ottimo lavoro! Continua così!».
Izuku Midoriya, 32 anni appena compiuti, si inchinò rispettosamente dinanzi al suo Senpai Ogawara per poterlo ringraziare.
«Sarà davvero un dispiacere per me... insomma, dov'è che troverò un altro kohai diligente come te?».
«Che cosa intendi dire?» domandò il giovane uomo, mentre drizzava la schiena.
Oogawara Ayumi si dondolava sulla nera sedia imbottita. Fissava pensierosamente il plico di fogli nella mano sinistra e di tanto in tanto gettava occhiate quasi malinconiche all'altro.
«Sono stato trasferito a Nagasaki. Lavorerò come responsabile delle vendite anche lì e parto stasera. Da domani, mio tenero quanto bonaccione kohai, non potremo più vederci» riprese il moro Alpha.
«Oh» fu tutto ciò che riuscì a dire il verdino.
Era talmente impacciato da sentire il sudore impregnare la camicia bianca sotto al completo nero. Ayumi si alzò, guardò un'ultima volta l'ufficio sgombro e con una pacchetta affettuosa sulla sua spalla se ne andò in silenzio.
Izuku rimase a guardare la porta con un po' di tristezza.
Erano dieci anni che lavorava alla Tokorami Corporation e si occupava con grande professionalità di progetti inerenti al mondo della cancelleria. Essendo lui un Omega, tendeva spesso a non saper dir di no, ragion per cui veniva continuamente sobbarcato di lavoro mentre gli altri colleghi se la spassavano a bere.
Ayumi non era un caso a parte. Era un senpai sempre molto bravo a parlare e sapeva benissimo come far venire i sensi di colpa a chiunque avrebbe provato a dir di no. Forse c'entrava anche il suo prestante fisico, i capelli impomatati e neri, gli occhi nocciola. E probabilmente - Izuku arrossì - anche la scelta degli abiti. Sempre toni caldi, di un grigio che lasciava decisamente ben poco spazio all'immaginazione.
L'indomani, con assoluta certezza, sarebbe arrivato un nuovo senpai.
Il giovane Omega sospirò appena. Gettò un'occhiata all'orologio sul polso.
Sarebbe stato ancora in tempo per l'ultimo treno...
«Sì, mamma. Mangio. Non devi preoccuparti».
Inko Midoriya era sempre stata molto apprensiva, fin da quando aveva memoria. Izuku era nato prematuro, a sette mesi, ma senza alcun problema tardivo. A quattro anni si era scoperto il suo sottogenere, ovvero un Omega e da allora la sua vita era stata costeggiata da continui fallimenti.
Gli anni scolastici non erano stati semplici, tuttavia li aveva superati brillantemente. La donna vedova aveva fatto i salti di gioia quando suo figlio gli aveva dato notizia di essere stato assunto nella più prestigiosa azienda di Tokyo ma poi aveva pianto a singhiozzi nell'apprendere l'immediato trasferimento del suo unico figlio.
«Relazioni? Ah... n-no... non ci penso, mamma... lo sai. Sono molto concentrato sul mio lavoro e prossimamente dovrò realizzare la presentazione di un nuovo prodotto» raccontò Izuku.
Da ben quindici minuti cercava di mangiare il suo ramen istantaneo. Ormai freddo e appiccicoso: il sapore era mutato in un qualcosa di chimico.
«Ho avuto le mie esperienze ma ho deciso di accantonare il mio sogno di metter su famiglia» riprese con un pizzico di amarezza. «Il mio corpo minuto e il fatto che anche ora che sono a più di trent'anni ho un visino tenero, a detta di diversi Alpha, mi rende una preda appetibile ma non ho mai sentito niente con nessuno. Nè la voglia di farmi marchiare, nè quella di farmi ingravidare... anzi, sposare e metter su famiglia».
Dall'altro capo del telefono, Inko non parlò più.
Il suo cuore era completamente pregno di tristezza e i ricordi ferocemente galoppavano nella sua mente. Izuku era davvero un Omega bellissimo; i capelli verde scuro soffici come nuvolette incorniciavano un viso diafano, con poche lentiggini e un paio di labbra rosate e carnose. I suoi occhi, vividi e belli come due smeraldi, ammaliavano chiunque anche per via delle lunghe ciglia.
Non era mai stato alto o muscoloso; il suo fisico raggiungeva a malapena il metro e settanta, era molto snello con i fianchi leggermente larghi tipici di un Omega.
«Ora chiudo, mamma. Sono stanco e domattina dovrò svegliarmi presto. Buonanotte».
Dopodiché, Izuku si lasciò andare a un lungo sospiro.
Apprezzava la preoccupazione di sua madre ma quando l'argomento cadeva sull' amore non poteva fare a meno di sentirsi un autentico fallito. Colto da un gesto di stizza, nel suo appartamentino logoro e claustrofobicamente piccino nella zona periferica di Tokyo, mandò giù con stizza il sapore ormai mutato della sua frugale cena.
Le lacrime colarono sulle sue guance pallide.
La vita era semplicemente troppo ingusta con lui.
***
L'ascensore si aprì e Izuku, dopo essersi sentito come una sardina, uscì sul corridoio a vetrate del settimo piano dell'edificio dove lavorava. Marciò con un po' di svogliatezza verso il suo ufficio; salutò come suo solito quando un mormorio e squittii sorpresi catturarono la sua attenzione.
Non riuscì a vedere bene, a causa dei colleghi che sembravano giornalisti impazziti, ma scorse vagamente una capigliatura bionda. Scosse il capo, mentre si sfilava lo zaino e aggiustava la giacca scura. Raggiunta la sua postazione, seconda scrivania della quarta fila, si perse rapidamente nel controllare il suo cellulare.
Ayumi gli aveva scritto e inviato anche la foto del suo nuovo ambiente di lavoro.
Izuku sorrise appena. Decise di inviargli un coniglietto che muoveva le orecchie e scoccava un bacino.
«Izuku-kun! Vieni a conoscere il nuovo senpai!».
Il povero Omega venne strattonato con forza da una sua amica di vecchia data, Ochako. Lei era una Beta con le guance tonde e sempre rosate.
«Sarà un piacere lavorare con voi».
Il timbro un po' spavaldo, solo vagamente gentile, colpì particolarmente Izuku, a tal punto che si fece un po' largo tra la marmaglia di Beta e Alpha poco dominanti. Un bell'uomo alto e biondo di trentacinque anni con occhi rossi era dinanzi a lui.
Il fisico muscoloso, la vita stretta e le gambe lunghe e toniche erano a malapena racchiuse in un completo blu navy. La camicia bianca stringeva sui gonfi bicipiti, al polso sinistro un costoso orologio argentato brillava sotto ai neon dell'ufficio. Il panciotto si avvallava sullo stomaco, segno dei suoi scolpiti addominali. Il pantalone morbido e un po' setoso mostrava perfettamente la virilità pressoché enorme e a riposo.
Il verdino deglutì ma fu una pessima idea: il nuovo senpai lo stava segretamente guardando con sguardo serafico, ragion per cui per poco non tossì.
La pelle ambrata faceva risaltare gli occhi un po' celati sotto a medie ciglia bionde. Solo un lato della frangia era tenuta sollevata fino alla tempia sinistra con del gel.
«P-piacere...» borbottò il verdino.
L'altro sorrise appena. Improvvisamente, un odore di arance, foglie autunnali e cannella galleggiava nell'aria: Izuku mosse le narici. Non avrebbe dovuto mai farlo! Il suo corpo che andava a fuoco senza davvero un perché s'immobilizzò dinanzi a quel fin troppo bello senpai con un'espressione incredula.
Tutti erano già andati via, pronti ad occupare le proprie postazioni per iniziare una nuova giornata di lavoro.
Il biondo poggiò la mano sulla sua spalla, si avvicinò a un suo orecchio con un sorrisetto malevolo.
«Il mio nome è Katsuki Bakugo».
Izuku si irrigidì e il suo respiro rimase incastrato tra la trachea e l'ugola. Quando quella mano grande e calda lasciò la sua spalla minuta e il senpai si allontanò con entrambe nelle tasche e una risatina bassa, per poco non scoppiò in lacrime.
«Certo» rispose.
Era certo che l'altro non l'aveva udito, ormai distante e di spalle accanto a un Beta che gli stava mostrando il loro tipo di programma.
-Dovrò solo comportarmi come al solito e tutto filerà liscio- si disse nel pensiero.
Peccato che il destino avesse altri piani per lui.
Mangiare era sempre un modo per organizzare tutti i pensieri accumulatosi durante le cinque e lunghe ore di lavoro mattutine.
Izuku sedeva da solo al suo tavolo, con una bottiglia di the verde accanto e un paio di onigiri comprati a un piccolo chioschetto sul tragitto casa-lavoro. I suoi occhi vuoti fissavano le larghe vetrate che affacciavano sugli alti edifici del centro. Il brusio dei colleghi che mangiavano e discutevano allegramente gli infastidivano le orecchie ma non gli importava.
Rimuginava su ciò che gli aveva provocato l'odore del senpai Bakugo, che, per tutta la mattinata, lo aveva sempre osservato di sottecchi. Quando se ne accorgeva, Izuku arrossiva e si incurvava verso lo schermo del portatile, con le guance in fiamme.
-Non capisco... non mi era mai successo prima. Che siano i sintomi del calore?- fu il suo stanco pensiero.
Sospirò. Solitamente non si permetteva di passare tre-cinque giorni a casa in pieno calore perché non voleva fare inutili assenze. Ecco perché si riempiva di soppressori, i più forti possibili e indossava cerotti per camuffare il suo odore di pino e menta molto forte.
No, non aveva la febbre. La mano portata istintivamente contro la fronte si abbassò per prendere la bottiglia di the. Si rese conto di quanto fosse assetato solo dopo i primi sorsi.
«Posso sedermi?».
«Prego» mormorò Izuku, con gli occhi socchiusi.
Quando si rese conto di chi avesse appena preso posto di fronte a lui con un bel bento profumato rischiò di morire soffocato da un paio di sorsi di troppo. Divenne rosso pur di non tossire e dare spettacolo.
«Sei efficiente» iniziò Katsuki.
Il bento era elegante; il riso perfettamente cucinato, il salmone in tranci dall'odore speziato, le verdure cotte con un po' di salsa di soia e infine delle more di bell'aspetto. Izuku osservava affascinato non solo quel capolavoro culinario ma anche le dita grandi e forti del senpai, così perfettamente curate e prive di imperfezioni.
Chissà chi era la fortunata che poteva realizzare pranzetti tanto buoni?
D'un tratto irrigidì la schiena, le gote si accesero solo di poco. Sulle dita di Katsuki che staccavano le bacchette per poter pranzare, non c'erano né anelli di fidanzamento né quelli di matrimonio.
Sul collo nessun segno di Omega.
«Sei un osservatore» puntualizzò divertito l'Alpha.
«Oh! M-mi dispiace tanto...! N-non volevo!» farfugliò l'Omega, infilandosi poi l'intero onigiri in bocca.
Katsuki se la rise e iniziò a mangiare. Era delicato; portava con gusto ogni piccolo boccone alle labbra e socchiudeva gli occhi mentre degustava con attenzione. Izuku non si fece sfuggire neanche un misero particolare.
Il motivo del perché il senpai Bakugo avesse deciso di sedersi al suo stesso tavolo lo ignorava ma non gli dispiaceva.
Un tenero sorriso era appena sbocciato sulle sue labbra carnose.
Uno sguardo attento da parte di Katsuki era appena caduto su di lui.
***
Per un'intera settimana, Izuku si era accorto dei continui sguardi di Katsuki soprattutto durante il loro pranzo insieme, senza però mai scambiare veramente qualche parola. Essendo sempre stato molto timido ed introverso, al giovane Omega non era poi dispiaciuto godersi il cibo senza pensare a cosa dire o a come introdurre un discorso.
Katsuki, tra l'altro, si era sempre fiondato sul suo cellulare, su qualche chat, alternando momenti di scrittura con bocconi di media grandezza. Izuku si era domandato più e più volte chi fosse stato o stata.
«Izuku-kun, puoi portare questo lavoro a Shigaraki Yoichi-san?».
Il verdino sobbalzò così forte alla voce di Ochako da sbattere il ginocchio sotto la scrivania e far cadere un portapenne. Arrossì mentre farfugliava scuse, l'altra invece se la ridacchiò.
«C-certo, Uraraka-san!» borbottò.
Lasciò in silenzio l'ufficio, con una cartellina nera chiusa da un elastico.
I suoi passi risuonavano leggiadri sul pavimento, l'ombra lo seguiva appena, meno nitida del solito. Izuku dedicò un momento nell'osservare il grigiore del cielo sopra gli alti edifici neri. Certamente sarebbe venuto a piovere. E questo lo portò immediatamente a sospirare nervosamente: non aveva portato l'ombrello.
E dire che sua madre, nella chiamata serale scorsa, si era tanto raccomandata!
«Batti la fiacca?».
Per la seconda volta, a distanza di dieci minuti, Izuku sobbalzò e la cartellina piombò in terra, giusto accanto ai piedi di un elegante Alpha. Entrambi si chinarono per raccoglierla.
I loro indici si sfiorarono immancabilmente. La scossa formicolante percorse l'intero braccio di Izuku: dinanzi a lui, con un'espressione seria ma per nulla minacciosa, c'era Katsuki.
Il suo odore era intenso e non si mescolava per niente con l'acqua di colonia. Chinò lo sguardo nella speranza di non arrossire.
«S-sto portando quanto richiesto da Shigaraki-san» mormorò.
«Puoi venire con me o dare quella cartellina a me. Tra qualche istante inizierà una riunione per la presentazione di un nuovo prodotto» spiegò il biondo.
«V-venire con te, senpai?» biascicò incredulo. «Vengo solo per portare questa, non per restare. Non sarebbe il mio campo».
Katsuki iniziò a passeggiare, Izuku esitò solo qualche istante ma poi lo affiancò, tenendo l'ammasso di carte stretto al petto.
«Sono diventato l'Asso delle Vendite perché ho sempre osservato e carpito i segreti del mestiere durante le presentazioni e le riunioni. Mi sembri il più sveglio in ufficio, ti conviene presenziare» Katsuki lo guardò di sottecchi, poi riprese: «Sei il mio kohai. Non puoi rifiutare l'ordine del tuo senpai, no?».
Izuku abbassò leggermente il capo. Misteriosamente, sul suo viso, era comparso un sorriso...
Angolo di Watchie
Questa storia l'ho scritta tempo fa: aspettava solo di essere pubblicata. Fatemi sapere se vi ispira e soprattutto se vi piace. A domani con il prossimo capitolo!
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