IV | bordeaux nelle vene
CHARLES
«L'inchiesta di Les Hyenes, ancora attuale dieci anni dopo» lesse Andrea, l'addetta alle pubbliche relazioni di Charles, con il volto illuminato dallo schermo del cellulare tenuto a pochi centimetri dal naso.
«Giovani allo sbaraglio: i soldi, la droga e il sesso sfrenato nel Principato».
«La FIA sulle foto di Leclerc: sorpresi e delusi, seguiranno accertamenti».
«Scandalo Leclerc, silenzio dal Palazzo dei Principi. Inaccettabile il comportamento di un componente allargato della dinastia reale».
«Jean Pierre du Pont accusa la stampa: tormentate mia figlia, scena costruita ad hoc per incriminarla».
«Charles Leclerc e Lea du Pont, di nuovo insieme, ancora una volta sotto i riflettori».
«Oh, aspetta, ecco il mio preferito. "Lea du Pont, l'amore segreto di Charles Leclerc. Chi è, perchè è famosa, più le dieci volte che è stata vista con Charles"»
Charles si lasciò scivolare sul divano, coprendosi il viso con le mani con tanta forza da rischiare di frantumarsi lo zigomo già indolenzito. Il livido protestò sotto pressione, ancora violaceo nonostante fossero passati due giorni, ma non lo spinse a fermarsi. Se ne avesse avuto il coraggio se ne sarebbe procurati altri, da solo, giusto per ricordarsi quanto stupido fosse stato a cacciarsi in quel guaio.
«Hai intenzione di parlarmi? Così, per capire se devo continuare ad inventare cazzate o se hai una spiegazione sul perchè fossi in quel bagno, con quelle persone, ricoperto di cocaina?» incalzò Andrea, la voce tagliente. Quella mattina indossava più i panni della persona che lavorava per lui che quelli dell'amica che aveva imparato ad essere con gli anni.
«Ho una spiegazione, ma non voglio darla alla stampa» borbottò Charles, regalando alla sua PR la prima frase compiuta a quasi quarantotto ore dallo scandalo. Le dita continuavano a premere sul viso, contro gli occhi, e un mucchio di stelle e colori riempiva la sua visuale. «Hai sentito Karina? Dimmi che almeno tu l'hai sentita».
Charles sapeva che Karina era l'ultimo dei suoi problemi. La FIA lo stava braccando, metà dei responsabili Ferrari lo volevano fuori dalla squadra, internet si era rivoltato contro di lui e persino la sua famiglia sembrava evitare qualsiasi contatto, ma Karina era il problema più facilmente risolvibile e aveva bisogno di lei. Era il suo perenne raggio di sole. Bramava quel calore, quella speranza.
Solo che Karina non gli rispondeva dal mattino dopo la festa di Patrice, quando i paparazzi avevano venduto le loro foto e la diffusione sui social era esplosa, e Charles non glie ne faceva una colpa. Svegliarsi e scoprire i social invasi da foto del suo fidanzato avvinghiato ad una ragazza con le mani sporche di cocaina, con un uomo nudo sullo sfondo, avrebbe fatto tentennare chiunque.
Pensare di star subendo una gogna mediatica che si era costruito con le sue stesse mani era la parte peggiore.
E tutto per essersi fidato di quella stronza di Lea du Pont.
«Se io fossi Karina, saresti morto per me» ribatté Andrea, lanciandogli contro il telefono. «E ora alza il culo, dobbiamo pensare a un modo per tirarti fuori da questa situazione».
Quando la stanza cadde nuovamente nel silenzio, Charles separò le dita giusto il necessario per sbirciare dove fosse Andrea. La trovò con le braccia conserte e la fronte poggiata contro il vetro della finestra, lo sguardo perso e l'espressione disperata come mai. L'aveva messa particolarmente alla prova durante quella stagione, se ne rendeva conto, ma mai come quella mattina aveva avuto l'impressione che potesse decidere di mollarlo così, su due piedi.
Si trovavano nella parte di casa Leclerc che apparteneva a Charles, composta da un salottino, una cucina ed una camera da letto. Lui si era barricato lì dopo l'accaduto, inizialmente vietando l'acceso anche ad Andrea. Ma lei l'aveva minacciato di sfondare la porta e Charles, sapendo che Andy non scherzava mai sul lavoro, le aveva aperto per evitare di rimanere senza un infisso.
«Quello che non mi spiego è ... Lea du Pont? Davvero?».
Andrea tornò alla carica, voltandosi per sfoderare il suo celebre sguardo alla "te l'avevo detto". Non che lei gli avesse mai esplicitamente detto "non frequentare Lea du Pont" - non sarebbe stato necessario, vista l'aria che tirava tra i due -, ma ormai erano ad un livello di confidenza tale che, quando Charles combinava qualche guaio, Andrea usava quello sguardo perchè lui avrebbe dovuto immaginare, prima di fare una cazzata, che lei gli avrebbe consigliato di non farla.
«Non puoi capire,» sbottò Charles.
Si alzò dal divano troppo in fretta, e il mondo gli parve inclinarsi per un istante. Forse fu colpa dell'essersi addormentato lì, con il collo storto, o forse della bottiglia di vino francese che si era scolato in solitudine la sera precedente. E quella prima ancora.
«Allora aiutami! Io voglio capire».
Charles liquidò Andrea con un gesto della mano e sparì in bagno, evitando deliberatamente lo specchio. Il suo stomaco era preda di fastidiosi crampi e un senso di nausea gli stringeva la gola. Avrebbe voluto uscire da quell'appartamento e andare a gridare al mondo che avevano tutti torto, che nessuno aveva capito niente, e al tempo stesso fregarsene e abbandonarsi per sempre a sé stesso, non dover fare i conti con le conseguenze, sprofondare sul divano e lasciarsi consumare lì.
Non erano pensieri che poteva condividere con Andy - non poteva condividerli con nessuno, a dirla tutta - così sospirò rumorosamente mentre usava il gabinetto e tornò dalla sua PR con aria mesta.
«"Sono molto deluso dal comportamento del mio compagno di squadra. Quando la notizia è arrivata, mi ha stravolto. Condanno fortemente qualsiasi utilizzo di droghe, sopratutto da chi è considerato idolo da qualcuno, e non accetto che simili comportamenti possano essere perpetrati da un atleta"» lesse Andrea, non appena Charles fu nel suo raggio d'azione. «Post di Lewis Hamilton, di un minuto fa».
«Onestamente, Lewis può andare a farsi fottere» ribattè lui, e fu quasi liberatorio. Di astio tra i due ce n'era a volontà, e quel post non era che una delle tante scuse usate per brillare a discapito di Charles, che affondava in un mare di scandali e punti che separavano i due in campionato. Non era ancora matematico, ma Lewis avrebbe molto probabilmente riportato il titolo piloti in casa Ferrari al suo primo anno in squadra. E Charles, il predestinato, il Principe della rossa, avrebbe chiuso terzo nella migliore prospettiva.
«È pur sempre l'uomo più in vista del paddock» lo riprese la ragazza, che cercava di mantenere le relazioni tra i due pacifiche e bilanciate.
Charles andò alla ricerca di una bottiglia d'acqua e ne svuotò metà nel suo stomaco, sperando di placare la nausea. O solo di vomitare. Quando l'allontanò dalle labbra se ne butto un po' in faccia, poi si sentì un'idiota per averlo fatto.
«Charlie, stai bene?» Domandò Andrea, e Charles la vide con la coda dell'occhio mettere via il telefono e camminare verso di lui. «Sono mesi che sei intoccabile, prima i problemi in pista, le scaramucce con Hamilton, il tira e molla con Karina, e ora ti trovano nel bagno del Casinò ricoperto di cocaina e in compagnia della persona meno raccomandabile di tutta Monte Carlo. Ero già preoccupata, ma ora la situazione comincia ad essere ingestibile».
La ragazza poggiò le mani sul tavolo da pranzo che li divideva e si sporse in avanti, guardandolo con tutta l'intensità che i suoi occhi color nocciola possedevano. Charles si sentì in colpa per ciò che le stava facendo, per quella ragazza che gli voleva bene - bene davvero - e che nell'ultimo anno non aveva fatto altro che coprire i disastri lasciati dal suo passaggio.
Ciò che stava accadendo nella sua testa andava ben oltre l'ultimo scandalo con Lea du Pont, e non riguardava Andrea, Karina, e tanto meno Lewis. Era una battaglia che stava combattendo solo con sé stesso, il suo rivale per eccellenza. Erano quelle, però, le persone che stavano pagando il conto di quella guerra silenziosa. E pur volendo, non avrebbe saputo come fermare la giostra.
«La coca non era per me, e neanche per Lea. O almeno credo,» cominciò a spiegare, nella speranza che almeno la verità avrebbe cancellato dal volto di Andy quell'espressione tra l'esasperazione e la pietà. «Era una finta, era un piano per...».
S'interruppe quando sentì bussare alla porta, tre colpi di fila. Andrea sembrò sul punto di gridare, essendo quasi riuscita ad ottenere la versione originale della storia, e quando Charles chiese con tono incerto «Chi è?» lei prese un respiro e cercò di riguadagnare un minimo di compostezza.
«Devi aprire Charles, ci sono dei signori mandati dalla FIA» spiegò sua madre, la voce resa ovattata dal legno. Charles e Andy si scambiarono uno sguardo lungo e silenzioso. «Esami del sangue e delle urine».
«Me l'aspettavo» mormorò Andy.
«Troveranno più Bordeaux che sangue nelle mie vene» commentò Charles, meno silenziosamente di quanto avrebbe voluto.
La PR gli lanciò un'occhiataccia, poi si diresse verso la porta e l'aprì. L'attimo dopo Pascale Leclerc entrò nella stanza come se fosse appena uscita da un uragano, o fosse lei stessa la tempesta.
Su di giri, agitava gli arti con fare spasmodico mentre gli occhi correvano da una parte all'altra della stanza. Sembrava non dormisse da giorni e, per la prima volta da quando Lorenzo aveva sposato la Principessa, non aveva né i capelli acconciati né un filo di perle al collo.
Dietro di lei, seguirono due omoni con un kit per il prelievo del sangue. Uno dei due aveva un sorriso amichevole, come fosse felice di essere lì, mentre l'altro era l'incarnazione della pura indifferenza.
«Puoi chiamare un avvocato per assistere alle operazioni, se vuoi» gli disse quest'ultimo, con freddo distacco.
Pascale cercò lo sguardo del figlio e sembrò trattenere il respiro finché lui non rispose: «No, non serve».
«Io lo farei un colpo di telefono» s'intromise Andrea, incrociando le braccia sul petto e studiando i due uomini mentre poggiavano sul tavolo una provetta per le urine. «Non si sa mai».
«Andy, non serve» ripetè Charles, già intento ad arrotolarsi sulla spalla la manica della maglietta. «Ma per l'urina dovrete aspettare, l'ho fatta due secondi fa».
«Abbiamo tutto il pomeriggio» esclamò l'addetto con la faccia simpatica, prima di essere fulminato dal collega. Dalla tasca dei suoi pantaloni fuoriusciva leggermente un portachiavi della Ferrari.
«L'ho fatto per Gracie» ammise Charles quando, ore dopo, gli addetti al prelievo sparirono da casa Leclerc e lui rimase solo con Andrea e sua madre. Il cellulare di Pascale non smetteva di squillare e la cosa lo innervosiva all'inverosimile, ricordandogli l'inferno che doveva aver attraversato sua madre nelle quarantott'ore che lui, invece, aveva passato chiuso lì dentro, ubriaco marcio. «Ma non voglio che si sappia. Quell'uomo, Tod Royce, l'ha molestata. Ha cercato di drogarla. Quando lei si è rifiutata, è diventato violento. Me l'ha raccontato e io, io ho perso la testa».
Le due donne, sedute attorno al tavolo con una tazza di thé fumante ciascuna, lo guardarono allibite. Sembrava improvvisamente diventata la puntata di un talk show.
«Fuori di testa abbastanza da fare squadra con Lea du Pont» concluse, e dirlo ad alta voce per la prima volta gli fece davvero realizzare quanto stupido fosse stato. Lea aveva tormentato tutta la sua esistenza. E anche se allearsi in nome dell'onore di Gracie sembrava aver avuto senso, ora capiva che niente di buono sarebbe mai potuto venir fuori da una squadra tanto male assortita.
Lei però era sembrata così convinta di sé stessa. E Charles, guardando Gracie piangere, si era sentito così amareggiato, così impotente. In quelle condizioni, la scelta era parsa ponderata.
«Bambino mio,» esclamò Pascale, portandosi una mano alla bocca. «Lo sapevo che doveva essere per forza successo qualcosa, tu non sei così».
Charles avrebbe avuto da ridire sull'ultima parte della frase, ma gli occhi lucidi di sua madre gli causarono un dolore al petto che si aggiunse alla nausea e ai crampi, rendendolo ufficialmente sofferente in qualsiasi parte corpo. Si avvicinò alla donna e le lasciò un bacio sulla tempia, sperando che sarebbe bastato a darle la forza necessaria per affrontare tutto ciò che l'aspettava fuori da quella porta: le critiche degli amici del club, i Principi, la stampa.
«Sono girate voci sul fatto che Tod Royce avesse molestato qualcuno, in effetti» affermò Andrea, studiando l'espressione di Charles come se potesse ripercorrere gli eventi di quella notte solo guardandolo. «Potremmo usarlo. Potremmo costruire una storia che faccia affondare Tod e metta voi in una posizione migliore».
«Sì, le ho sparse io. Tirami fuori da questa merda, Andy» disse subito dopo Charles, consapevole che l'unica speranza di uscire da quella situazione e di farne uscire pulita la sua famiglia risiedeva nella ragazza dallo sguardo serio che lo fissava, seduta a capotavola. Aveva le labbra serrate e le mani aperte poggiate sul tavolo, il cellulare a faccia in giù poco distante. «A tutti i costi».
Non per me, pensò poi.
Aveva più volte fatto i conti con sé stesso, con la persona che era diventato o che forse era sempre stato, e aveva accettato l'idea di non piacersi. Aveva anche deciso di fregarsene.
Ma la sua famiglia era un'altra storia. Il suo più grande scopo nella vita era proteggerla e, ora che aveva fallito, ora che l'aveva messa in una posizione intollerabile, avrebbe fatto qualsiasi cosa per rimettere a posto i pezzi.
«Ti credo, Charlie,» affermò la sua PR, socchiudendo le palpebre e abbassando leggermente la testa, come per cercare qualcosa sul suo viso da un'altra angolazione. «Ma ora tu devi credere in me, e lasciarmi lavorare».
Charles ricambiò lo sguardo della ragazza, quegli occhi tanto familiari da riuscire - un minimo - a rassicurarlo. Si passò una mano tra i capelli scompigliati e poi si disse che non aveva altra scelta, pur sapendo che ciò che Andy avrebbe fatto o proposto non gli sarebbe piaciuto.
Annuì.
«Jean Pierre du Pont è un uomo potente» iniziò lei, spallandosi sulla sedia visibilmente sollevata. «Se gettiamo sua figlia nelle fiamme, ci trascinerà con lei».
«Posso parlare io con lui, ci rispettiamo molto» intervenne Pascale, ed Andy annuì.
«Potrebbe tornarci utile».
«Cosa suggerisci?» Chiese subito Charles.
«Suggerisco di far fronte comune con i du Pont. Di studiare insieme come affrontare questo scandalo».
Andy dovette annusare l'avversione del pilota per quella proposta, così sollevò le mani per invocare la calma ancor prima che lui potesse aprir bocca.
«Non voglio parlare con Lea du Pont. Mai più,» dichiarò Charles, con fermezza.
«Parlerò io con suo padre, insieme a tua madre. Capiremo quali opzioni vagliare. Poi ci relazioneremo con la famiglia reale per ottenere il loro supporto, essendo anche nel loro interesse. Mi occuperò io di tutto. Tu dimmi solo quali sono i tuoi limiti».
Charles rimase in silenzio, riflettendo mentre copriva la stanza con qualche falcata nervosa. Raggiunse la finestra del soggiorno e gettò lo sguardo oltre, lasciando che la sua attenzione fosse catturata dalla vita oltre la vetrata, immersa nel grigiore di un giorno qualsiasi di un Novembre particolarmente pesante da digerire. Pensò e ripensò a quali limiti dovesse imporre, a cosa fosse disposto a rinunciare per far tornare ad essere più serena sua madre, per smettere di vedere la propria faccia immortalata con Lea in quel bagno ogni volta che prendeva in mano il telefono.
Non era niente di nuovo. Purtroppo, tutto l'anno era stato costellato di momenti discutibili per la sua carriera, e conseguentemente la sua persona. I suoi limiti erano stati smussati più e più volte di recente, e non gli era più chiaro dove finisse la persona che avevano venduto al pubblico e dove cominciasse lui.
Ormai, riconosceva sé stesso solo in una assoluta noncuranza per ciò che lo riguardava. Se lo scandalo del Casinò non avesse inciso sulla sua famiglia, si sarebbe infischiato persino di quello. Ma doveva continuare a lottare per le persone che gli volvevano bene, e per tenersi stretto quel maledetto sedile in Ferrari che lo tormentava giorno e notte.
Doveva mettersi in gioco, ancora.
«Gracie deve rimanere fuori da questa storia» iniziò ad elencare, partendo dal punto più importante. Ogni volta che chiudeva gli occhi riviveva lo sguardo ferito della sua amica, quell'aria spaesata e sconvolta che poco si addiceva alla bomba di vitalità e gioia che era Gracie. «Inoltre, non voglio che la stampa pensi che tra me e Lea ci sia qualcosa» aggiunse, perchè la sola idea gli dava il voltastomaco. «Tod Royce deve marcire all'inferno» Alzò il terzo dito della mano, poi preparò il quarto. «E vi prego, trovate un modo per farmi parlare con Karina».
Andrea si alzò dalla sua sedia e si avvicinò a Charles, fermandosi quando gli fu di fronte. Gli prese le mani, perchè tra loro non c'era gesto che non fosse familiare, e le strinse con più forza di quella che chiunque si sarebbe aspettato da una ragazza minuta come lei. A volte dimenticava che erano coetanei. Quando Andrea lavorava era così sicura, così professionale, da apparire molto più grande. Sicuramente molto più matura.
«Io ti porterò Karina, ma tu dovrai essere davvero convincente con lei. L'orgoglio? La dignità? Dimenticateli. Prostrati ai suoi piedi. Comprale un anello e giurale amore eterno, se serve. Abbiamo bisogno del suo supporto a tutti i costi, se vuoi che l'immagine che hai sempre dato continui ad essere credibile» gli mormorò, guardandolo dritto negli occhi.
«Non ho intenzione di esporla ai media» si ribellò Charles, senza suonare troppo convincente. Una parte di lui sapeva che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi. Solo sperava non sarebbe stato così drastico, e così insulso.
«Io non arriverei subito al matrimonio» aggiunse Pascale, che doveva aver ascoltato tutto seppure fosse ancora seduta attorno al tavolo. Nè il pilota né la sua PR si voltarono a guardarla.
«Dovrai esporla, non è un'opzione. Karina è dolce, gentile, internet la adora. Se avrai accanto una come lei, la gente crederà alla storia che venderemo» rispose piuttosto Andrea, con una convinzione che non ammetteva repliche. «Abbiamo quattro giorni per sistemare tutto, e tu hai quattro giorni per riconquistare la fiducia di Karina».
Andy gli lasciò le mani e gli accarezzò la guancia, dove la barba sfatta di due giorni cominciava a farsi vedere.
«Quattro giorni?» indagò Charles, aggrottando le sopracciglia mentre cercava di fare mente locale. Andrea sorrise, poi gli fece un occhiolino.
«La cena di gala per la fondazione di Marie-Juliette» esclamò Pascale, saltando dalla sedia. Nominare la Principessa ricordò ancora una volta a Charles quanto tragica fosse in quel momento la sua posizione. «Andrea, sei un genio. Se saremo lì, se Charles sarà lì, il mondo saprà che la famiglia reale è dalla sua parte».
«Ecco su cosa conto» replicò Andrea, girandosi a guardarla prima di tornare sul pilota. «Lavoreremo su una storia da dare al pubblico, ti presenterai alla festa e tutti sapranno che hai ancora il supporto dei Grimaldi. Nel frattempo arriveranno i risultati dei test antidroga e ne uscirai pulito, così anche i dirigenti della Ferrari e i vertici della FIA dovranno ricredersi. Diremo che è stato tutto un malinteso, solo un malinteso».
Andrea era ormai partita, discorrendo su cosa fare o non fare mentre passeggiava per la stanza con una mano sul mento. Charles e sua madre si scambiarono uno sguardo d'intesa, consapevoli che quella era la versione di Andrea che, anno dopo anno e scandalo dopo scandalo, lo aveva sempre tirato fuori dai guai. E per Charles, era certamente una versione più familiare della ragazza che le era parsa senza speranza quella mattina.
«Hai quattro giorni per crogiolarti nel tuo tormento e far sparire quel muso, dopo di che ti voglio al massimo del tuo splendore Charlie, con Karina al tuo fianco» disse, quando sembrò ricordarsi che Charles era ancora lì accanto a lei. «Faremo sparire qualsiasi chiacchiera, e tutto tornerà come prima. Te lo prometto».
⚜️⚜️
Ciao amici,
non un capitolo lunghissimo, è vero, ma i prossimi due saranno 🔥🔥 perchè i nostri enemies torneranno ad interagire, e questo può solo voler dire... scintille.
Devo dire la verità: Charles sarà la mia vera sfida di questo progetto.
Scrivere di Lea è molto più facile, fluido, mi sembra sempre di sapere cosa abbia in testa. Charles è ancora un po' un mistero per me, so che tipo di Charles sarà ma scopriremo insieme, nel dettaglio, come questa sua personalità si riverbererà nelle sue scelte, nelle sue azioni.
Credo che oggi abbiate avuto un'idea, quanto meno, di ciò che gli passa per la testa. Eeeee potrete continuare anche nel prossimo capitolo, che rimane dal POV di Charles.
Sto pubblicando un po' di contenuti su TikTok per chi ancora non mi seguisse (questa per me è una super novità raga, io montavo i video con movie maker quando ho iniziato a scrivere qui su wattpad e mi divertivo a fare quei trailer lunghissimi che ora non si usano più ma che erano così soddisfacenti. Vabbè tutto questo per dire che mi sto cimentando anche con queste nuove frontiere ahahahahah Dall'alto dei miei ventisette anni, non l'avrei mai creduto possibile). Mi trovate come @donnawrites, e come sempre, sul mio caro amato instagram, per storie out of context e cazzeggio, come @donna_wattpad.
A proposito di out of context, per festeggiare la vittoria del quarto titolo di Maxie sto pensando di pubblicare qualche capitolo di una storia originale che ricalca la Fan Fiction "I Nervi", che trovate sul mio profilo, con un protagonista che porta il nome di Theo ma l'anima di Max Verstappen! Passate se vi va, credo che i capitoli usciranno nel WE.
Scritto tutto questo papiro, ci sentiamo nei commenti, dove mi state facendo morire dalle risate.
Vi adoro,
vostra
Donna
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