CAPITOLO 18

MEDISON

Non so neanche da dove iniziare a raccontare tutto. Sono passati due giorni, a me sembra un'eternità, da quella stupida sera sento che il mondo mi e crollato addosso. E le vicende nei giorni successive non erano altrettanto migliori. Michael continuava insistivamente a mandarmi messaggi e chiamarmi, mia mamma non sapeva nulla dell'accaduto e cosi ero costretta a mentire con sorriso in volto mentre dentro morivo sempre più lentamente. Io sono cosi, da quando ero solo un'adolescente avevo imparato a tenermi tutto dentro, a piangere in silenzio cosi da onde evitare domande a cui non volevo rispondere o per il semplice fatto che avevo paura di non essere capita.

Adesso sono qui, in condizioni che non avrei mai pensato di ritrovarmici. Appena sveglia, seduta per terra contro la parete di camera mia, piango, piango silenziosamente. Purtoppo amo Michael, me ne sono resa conto, amo Michael più della mia stessa vita, ma e un amore impossibile. Lui e un reale, io una cattiva ragazza, io lo amo, lui no...non potrà mai funzionare.

L'amore mi sta bruciano viva, e una sensazione orribile da un momento all'altro sento solo il bisogno di morire...non credo di reggere a lungo, la tentazione di prendere quel temperino sulla mia scrivania, smontarlo e tracciare linee rosse sulla mia pelle fino a farmi svenire e grande.

MICHAEL

<<Medison...avanti...rispondi!>>

Da due giorni stavo cercando in tutti i modi di contattare Med, ma non mi rispondeva nemmeno alle chiamate. Sono stato un coglione a lasciarla da sola alla festa ma non potevo rischiare di farmi vedere con un altra donna alla festa, sarebbe stato uno scandalo oltre che una vergogna per la corona. Poi tutto e nato da uno spiacevole equivoco.

<<Sei riuscito a contattarla?>> chiese mio fratello.

<<No!>> dissi con tono arrabbiato, mentre guardavo ancora il dispaly del mio telefono.

<<Mi spiace...>>

<<E colpa tua se ora sto in questo casino! Se tu non avessi portato una puttana in camera mia, ordinando alla security di non far entrare nessuno forse ora non sarebbe cosi complicata la situazione! Cazzo ma hai una camera tua!>>

<<Scusami fratellone, eravamo ubriachi e non sapevamo...>>

<<Signore...>> Ad un certo punto arrivò Cole, in questi giorni avevo ordinato alla mia security di raccogliere informazioni da parte di persone se avevano visto Medison. Cominciavo a preoccuparmi.

<<Sapete qualcosa?>>

<<Purtroppo nessun vicino ha visto o sentito la ragazza, uscire di casa in questi giorni...>>

Una brutta sensazione mi pervarse il corpo. Qualcosa mi diceva che aveva bisogno di aiuto, e immediatamente.

<<Fate preparare la macchina! Tu vieni con me Randy!>>

Mentre eravamo in macchina, man mano che ci avvicinavamo a casa sua quella sensazione si faceva sempre più forte. Se le fosse successo qualcosa di grave non me lo perdonerei mai, le mani stavano sudando e le gambe cominciarono a formicolare talmente tanto che era impossibile tenerle ferme.

Appena arrivato, scesi dalla macchina e cominciai a citofonare in tutta fretta al suo appartamento.

<<Cazzo...so che sei in casa...>> borbottai <<Forza!>> ma lei non rispondeva

Ad un certo punto il portone dello stabile si aprì.

<<Ma che cosa...OH! vostra altezza!>> alla porta si presentò una vecchia signora, un po ricurva che appena mi riconobbe fece subito un'inchino.

<<Cosa posso fare per lei?>>

<<Al secondo piano, al numero sette deve esserci una ragazza che ha bisogno di aiuto!>>

<<Oh...venite con me, sono l'amministratore di condominio ho tutte le chiavi degli appartamenti>>

Salimmo le scale che conducono al pianerottolo della porta di casa di Medison, la donna aprì e subito chiamai a squarcia gola la mia principessa. Nessuna risposta, molto strano...spalancai la porta di camera sua e l'immagine che mi si presentò davanti era racappricciante.

Rannicchiata vicino alla sua scrivania c'era lei, era in una pozza di sangue mi precipito su di lei, sul suo braccio mille graffi che grondavano il liquido rosso e nella mano sinistra, una lametta, cosi affilata da tagliare anche solo lo sguardo di chi la guardava.

<<Med! Medison! Presto, chiamate subito un'ambulanza>> la mia voce era rotta dalle lacrime, mio fratello fece appena in tempo a vedere l'assurda scena che poi andò subito a chimare i soccorsi.

<<Resisti! Ti prego...Meddie!>> lei tra le mie braccia, ora non solo lei era imbrattata di sangue. Se questa fosse una scena di un film, avremmo vinto l'oscar, ma questo ahimè non e un film. Tutto e vero: il suo respiro debole, le mie lacrime, lo sguardo affranto della vecchia signora. Dio, fa che non muoia!

alcune ore più tardi...

L'ambulanza era arrivata giusto in tempo, cosi mi avevano detto i dottori. Non avrei neanche immaginato che cosa fosse successo se fosse arrivata un secondo più tardi.

Ora sta in coma, qua in questa cupa stanza d'ospedale, fredda e miliardi di aggeggi attaccati. E stata tutta colpa mia, non avrei dovuto allontanarmi senza dirle nulla.

<<I dottori hanno detto che si riprenderà...>> mi mise una mano sulla spalla mio fratello.

<<Perché lo ha fatto secondo te?>> gli domandai. Nella mia testa c'era una tale confusione, vorrei solo che il casino che ho ora cessasse.

<<Secondo te? Perché e innamorata Mike...ma sa meglio di chiunque altro che il tuo mondo, non e il suo. Ha avuto semplicemente paura, paura di perderti, paura che tu non l'amassi come lei ama te...>>

Quelle parole mi sembravano cosi vere, sembravano la confessione della mia coscienza. A volte troppo orgogliosa per ammettere l'evidente.

<<Il foglio di riservatezza l'avete fatto firmare alla signora?>>

<<Si, e anche a tutti coloro che hanno visto qualcosa>>

Sapevo quanto Medison tenesse alla segretezza di questa storia, e quel contratto permetteva di far tenere le bocche chiuse ai testimoni senza che qualsiasi cosa, anche la più innocua parola finisse su un giornale.

<<Randy...d'ora in avanti non voglio più che porti le tue puttane in albergo, e Cole e Jhohs staranno in servizio 24H su 24H, cosi eviteremo altri spiacevoli equivoci>>

mi alzai dalla sedia su cui ero seduto, accanto al letto dove giaceva Med, non ce la facevo più a restare in quella stanza, da adesso in poi avrei detto qualsiasi preghiera purchè di convincere Dio a non strapparmela via.

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