CAPITOLO 14

MICHAEL

Che coglione sono stato?
Ho voglia di spaccare tutto, e lo sto facendo; ho già rotto un tavolino con su delle statuine di porcellana.
Medison era l'unica che mi faceva sentire diverso, e ora lo persa per sempre.
Prendo un bicchiere e mi verso un po' di whiskey dal tavolino degli alcolici.
Poi vedo la porta della mia stanza aprirsi, e Lucas che è ritornato.
<<Allora? L'hai accompagnata?>>
<<Si, Michael...>>
Lucas era il mio autista, non che migliore amico. Era un ragazzo sulla trentina, sbarbato, gracilino e alto 1.80. Con lui potevo confidarmi di tutto.
<<...se permetti però, mi è sembrata molto triste>> disse, mentre mi guardava a buttare giù alcol fino a sfondarmi.
<<Non ha tutti i torti...>> risposi versando un altro goccio nel bicchiere.
<<Bhe non c'è bisogno che ti dica che sei stato un completo coglione, ma se fossi in te correrei da lei subito>>
<<E perché dovrei? Mi odia...>> risposi. Mi stava già girando la testa, segno che la sbronza era già vicina, meglio. Non avrei più pensato a questa situazione.
<<Non mi pare la tipa che odia...si ok, mi è parsa una ragazza tremendamente piena di se e egoista, ma credo che sia speciale. Tra lei e Loren per me c'è un'abisso!>>
<<Egoista?>>
<<Si, anche rompiscatole, mi rimproverava di fare le curve bene sennò vomitava. E credimi sono arrivato ad un punto di farle a venti all'ora>>
Ridacchiai. Che ragazza, e più unica che rara!
Forse aveva ragione, tra lei e la mia ragazza c'era un'abisso, forse è proprio questo quello che mi faceva sentire diverso ma bene. Mi sto andando a cacciare in un gioco più pericoloso di una gara di fast and furious.
<<Lucas, fai preparare l'auto!>> ordinò. Lucas fece un leggero inchino e poi scomparì di nuovo dalla porta dell'entrata.
Probabilmente riceverò uno schiaffo, gli insulti peggiori di sto mondo, e sarò lo zimbello della famiglia reale...ma non mi importa.

Percorro tutta la strada in macchina, la casa di Medison dista un bel po dal mio hotel, tengo i pugni sulle mie gambe e la testa bassa; ho la tremenda sensazione di averla persa per sempre, e se così fosse non me lo perdonerei mai.
La macchina accosta davanti al cortile della palazzina, un'agente della security mi apre la porta e io scendo dal veicolo, facendo segno agli uomini di rimanere qui.
Arrivato davanti al portone, scorro i pulsanti del citofono e premo sul cognome Croks. Dopo tre squilli ecco che sento la sua voce.
<<Si? Chi e?>>
<<Meddie! Sono io!>>
E bastato solo il suono della mia voce per farla riagganciare subito.
Se provo a risuonare sono sicuro che non mi risponderebbe; guardo i balconi della casa, mi e venuta un'idea.
<<Hey! Io adesso non so quale sia il tuo balcone! Ma spero che mi stai sentendo. Sono stato un coglione e vero! Ma io...>>
Una mano sulla spalla blocca il mio discorso.
<<Sua Altezza, non vorrà farsi notare da tutti vero? Ricordo che la stampa e in agguato>> Cole aveva ragione, ma come potevo riportarla tra le mie braccia.
Guardavo su in alto, nella speranza che tra quei balconi sbucasse lei, ma niente. Questa cosa mi fa così male, quanto i raggi del sole ora, che picchettano sui miei occhi.
<<Andiamo...>> abbasso la testa dispiaciuto.
<<Aspetta!>>
Una voce sento provenire dall'alto, il mio angelo?
<<Sali...>>

Una volta percorso il corridoio delle scale, la vedo li, spettinata, trasandata...e triste.
I suoi occhi sono gonfi, appena reduci da un pianto. Mi spezza il cuore vederla così, e ancora di più mi si spezza sapendo che io l'ho ridotta così.
<<Bhe?>> dice
<<Possiamo entrare a parlarne tranquillamente?>>
Sbuffa e mi fa entrare. Anche se è a piedi nudi, maglietta rovinata e pur sempre bellissima.
<<Scusa...>> dico con voce bassa.
<<Scusa? E tutto ciò che hai da dire?>>
<<No...io sono stato un completo coglione, avrei dovuto dirti la verità fin dall'inizio, e vero>>
<<Sarebbe stato il minimo...>> nel suo tono avverto rabbia.
<<Ma non ne sono stato capace! Perché è tutto così complicato! La mia vita è complicata! Già da quando ero una star della musica ho sempre visto persone che mi hanno trattato come se fossi Dio, peggio ora che sono un duca. Quando ho incontrato te quel giorno, ero scappato dalla folla, non volevo che nessuno mi riconoscesse...ma poi tu hai capito da una parte chi ero, e hai continuato a trattarmi come se fossi un tuo amico. Nessuno lo aveva mai fatto prima ad ora. Mi sono sentito rinato...>> spiegai
<<...e avevi paura che questa tua sensazione sparisse se non mi avessi portata a letto? E questo quello che sono? Un giocattolo per farti stare bene con te stesso?!>>
<<No! Tu non sei un giocattolo...tu sei una principessa. La mia principessa...>>
Lei alle mie parole sbuffò, quanto e tenera quando fa così. Quelle guanciotte pallide, diventano rosse quando si arrabbia.
<<Allora? Adesso che hai intenzione di fare?>>
<<Questo...>>
Mi avvicino a lei e unisco le se labbra alle mie, poi le mie braccia avvolgono i suoi fianchi.
<<E sbagliato...>> disse lei tra un bacio e l'altro.
<<molto>>
I nostri baci si fecero più intensi, presi i suoi fianchi e lei racchiuse le cosce attorno la mia vita.
Andammo in camera, passammo una mattinata da favola, e li tutti e due capimmo che questo sarebbe stato l'inizio della nostra stupenda favola.

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