Capitolo 4 - Buon Compleanno, Katsuki.
Katsuki guardava ormai il soffitto da un'abbondante manciata di minuti. Non aveva granché voglia di alzarsi dal letto, eppure quello era un giorno speciale. O... forse sarebbe dovuto esserlo. Non ne ha esattamente idea.
Katsuki volse lo sguardo verso il calendario.
Data odierna: venti aprile. Appuntamenti: compleanno con la gang.
In data venti aprile, Katsuki compiva venticinque anni, dimostrandosi nuovamente un vecchietto agli occhi dei suoi amici. Aveva sinceramente paura, dentro di sé, da qualche parte, di quel giorno.
In un certo senso Katsuki odiava crescere: era orribile sapere quanto il tempo scorresse in fretta, e da quando aveva toccato i diciotto anni si era accorto del fatto che il tempo esistesse, e che scorresse troppo veloce, pure per un punto di vista oggettivo. Ed era orribile pensare che un giorno, sempre a causa del tempo che passa, avrebbe perso cose, persone importanti per lui che non avrebbe potuto riavere indietro per un po'. E poi, l'altro punto, era il fatto che i suoi compleanni, nel corso degli anni, erano cambiati, diventando quasi irriconoscibili rispetto a ciò che erano in origine. Talvolta anche brutti.
Katsuki ricordava certi compleanni della sua adolescenza, trascorsi a casa da solo, o con i suoi genitori che litigavano al piano di sotto urlandosi contro. Oppure, ancora, compleanni in cui aveva smesso di essere il re della festa. Odiava quei compleanni.
Per lui non aveva senso il fatto di non essere più il centro del suo stesso compleanno. Amava decidere i programmi della giornata, il cibo, gli invitati, ricevere i regali, sentire tutti ridere con lui per le cose che diceva, le sue battute, sentirli meravigliarsi di ciò che aveva in casa sua...
Ma lentamente, mostrare ai suoi compagni di giochi le bambole maledette custodite in casa non divertiva nessuno. I suoi genitori, se lo beccavano a curiosare lì, non gliela facevano passare liscia (anche se era il suo compleanno, uno schiaffo davanti agli invitati, talvolta, scappava).
Gli amici iniziarono a mancare ogni anno di più, finché ai suoi quindici anni alla sua festa non si presentò nessuno. Solo i suoi due nuovi amici dell'epoca, Takeshi e Atsumu, lo raggiunsero a casa per portarlo in giro alle sale giochi per divertirsi un po'. Da quell'anno furono solo loro tre, insieme, a godersi la loro compagnia.
Da quel periodo in poi il suo compleanno risultava sempre così complicato da festeggiare. Diceva di non volere niente, per sembrare un minimo umile, ma amava ricevere regali ed essere il punto centrale della festa. Se voleva festeggiare con i suoi genitori, parte importante della sua vita, doveva rischiare che al minimo inconveniente si mettessero a urlare e scatenassero un litigio. Non avendo troppi amici e non volendo far avvicinare ulteriori persone nella sua sfera privata, doveva arrangiarsi un po' così. Senza contare, poi, che ogni anno magari c'era qualche dramma a casa... e lui voleva starci lontano.
Per cui si era preso il vizio, da quando aveva la patente e una macchina tutta per sé, di andare a fare una visita a qualche bel posto abbandonato, farci un video da postare magari su YouTube (i suoi fans erano gli unici a conoscere il suo compleanno, a fargli gli auguri e mandargli dei regali. Loro erano il motivo per cui ultimamente era tornato ad apprezzare quella festa).
Ma quell'anno sentiva fosse diverso, e voleva dare una chance alla cosa. Ma era preoccupato... dopo le vicende accadute a Kaiju, inspiegabilmente, non aveva il coraggio di avvicinarsi a quel posto pieno di lugubre atmosfera. Adorava Kaiju, era un ragazzo adorabile e passare del tempo con lui gli piaceva, ma la faccenda che girava attorno a lui era così strana e inquietante e incredibile...
Si alzò dal suo letto, e appena fatto ciò disfò il suo piano per il giorno (si stava preparando da un mesetto buono per il viaggio di quell'anno), e andò a prepararsi per fare una bella doccia calda.
Quell'anno sarebbe stato diverso. A partire dalle modalità in cui avrebbe festeggiato, sarebbe stato diverso e divertentissimo. Aveva deciso sarebbe stato così ed era certo che niente sarebbe andato fuori dai soliti schemi.
Sotto la doccia cominciò a riflettere su ciò che andava fatto per organizzare la giornata. Solitamente Takeshi e Atsumu arrivavano la mattina con lo zaino in spalla e un regalo in mano, pronti a qualche strano giretto tra le campagne sperdute e il pranzo già ordinato (dovevano solo andare a ritirarlo).
In effetti... forse era meglio avvisarli. Forse.
Katsuki ci pensò, poi chiuse l'acqua della doccia e uscì dal box.
"Nah. Meglio lasciar loro la sorpresa."
Perciò prese il suo zaino e lo disfò, infilandoci dentro solo le cose giuste e necessarie per la giornata.
E quando scese per fare colazione, e ritrovò i suoi amici già accomodati a tavola sorridenti, sorrise semplicemente tra sé e sé.
— Pronti all'avventura?
Atsumu rise. — Io non lo sono mai stato, francamente.
— Fifone! — rise Takeshi.
Katsuki provava un moto di fierezza tanto grande che la volta in cui aveva realizzato un video bellissimo e lunghissimo e lo aveva postato su YouTube, a confronto, sembrava una bazzecola. Le facce dei suoi amici erano così sorprese, e scioccate, che sapeva in qualche modo di aver fatto una cosa buona.
Atsumu ed Takeshi guardavano l'edificio dinnanzi a loro a bocca aperta. Atsumu lo indicò con confusione.
— Vuoi... vuoi dire che facciamo un'indagine qui?
Katsuki si corrucciò, premendo meglio il berretto sul proprio capo, per evitare che il sole gli facesse male. — Che? No. Voglio passare il mio compleanno con lui.
Takeshi sbuffò una risata. Atsumu sbuffò e basta.
— Questa... è la cosa più gay che io ti abbia mai sentito dire.
Katsuki si voltò lentamente, con fare teatrale. Poi lentamente inarcò il sopracciglio. Dava l'impressione di avere appena affondato i denti in un limone da quel sorrisetto sbilenco che galleggiava sul suo viso.
Takeshi alzò le mani. — Non guardare me in quel modo! — rise. — Lo ha detto lui!
— Ed entrambi siete due coglioni. — replicò secco. — Non sono fatto per le relazioni. Smettetela di fare storie.
— Fai le stesse storie di Ladybug e Chat Noir. — rise Atsumu. Alle occhiate confuse dei suoi amici tossicchiò e strinse le proprie mani, giocherellandoci. — Sto guardando la serie con la mia cuginetta. Zia mi dà la paghetta se sto con lei, e guardare Miraculous mi piace...
Katsuki annuì leggermente, come se anche lui una volta si fosse trovato a guardare un cartone animato, in età adulta, emozionandosi e immedesimandosi nei personaggi.
— Comunque... no. Voglio solo passare del tempo con Kaiju.
— Quindi ci molli qui e vai a divertirti? — fece Atsumu. Takeshi sembrava trovare la ilare scena al pari di una moglie che piazza scuse improponibili per non far uscire il marito con gli amici.
Katsuki si massaggiò il ponte del naso. — No. Dobbiamo festeggiare tutti insieme, ovvio.
Takeshi poggiò la mano sulla spalla di Atsumu, per bloccarlo un attimo e parlare a sua volta. — Okay, il tuo è un pensiero gentile, Katsuki, ma... e se non volesse? O se non potesse, magari...?
Katsuki ci rifletté. Effettivamente aveva fatto tutto senza chiedere. Non aveva idea se ci fosse qualcuno in casa. Se Kaiju aveva voglia di fare amicizia. Se aveva voglia di vederlo al di fuori dell'ambito esoterico. Non poteva fare a meno di pensare che non voleva essere rifiutato. Credeva davvero che lo avrebbe lasciato entrare?
Takeshi gli si avvicinò, accarezzandogli la spalla. — Be', puoi... fare un tentativo. Poi, a prescindere da cosa dirà, io e 'Tsumu andremo a prendere quelle belle bisteccozze che abbiamo ordinato in macelleria! Te le preparerò proprio come piacciono a te. Che ne dici?
Katsuki sorrise leggermente, prima di prendere un grosso respiro e annuire. — Va bene.
"Speriamo bene", si disse, prima di avvicinarsi al citofono e premere il pulsante affiancato dalla scritta "Meiun".
Dopo pochi secondi ci fu un rumore elettronico, e la voce di una donna che assisteva incessantemente il suo parente più caro in vista della morte lo accolse. — Sì? Chi è?
Katsuki strinse le labbra, e rabbrividì. Era Ando quella che parlava, e sicuramente non aveva nessun parente che stesse per morire da un momento all'altro. Eppure... perché la prima immagine che gli era venuta in mente era proprio di una donna distrutta al capezzale di un parente?
Katsuki si schiarì la gola, grattandosi la nuca, e delle piccole risatine si scatenarono alle sue spalle. La scena doveva essere sembrata tutt'altra a Takeshi e Atsumu. — Salve, signora Meiun potremmo salire?
Ci fu silenzio. — Chi siete?
Katsuki si sbatté la mano sulla fronte, dandosi dello stupido con uno sbuffo mentre gli altri due ridevano. — Siamo Katsuki, Takeshi e Atsumu. Scusi per il disturbo, ma volevamo stare un po' con Kai-
— Macché disturbo! — esclamò, improvvisamente gioiosa. — Salite pure! Vado a far vestire Kaiju, vi lascio tutto aperto!
Il cancello si aprì. Il portoncino cento metri più avanti si aprì. Katsuki si ritrovò a sbattere le palpebre come un ebete, prima di farsi avanti. Atsumu ed Takeshi continuavano a sghignazzare come matti di fronte a quella scena ridicola.
— Andiamo, dai.
E lentamente percorsero il tragitto verso l'appartamento. L'escalation di brutte sensazioni non era cambiata dall'ultima volta che erano stati lì, giusto pochi giorni prima. L'appartamento emanava l'energia malefica di cui era stato coperto, che aveva lentamente assorbito per rendere invivibile la vita lì. Arrivati alla sua porta, aperta, Ando era lì, pronta ad accoglierli con un grosso sorriso. Sembrava così felice di vederli che quasi il cuore di Katsuki si frantumava. Non dovevano aver ricevuto molte visite amichevoli. Voleva rimediare.
— È permessoo! — salutarono i ragazzi, entrando educatamente mentre Ando li faceva passare.
Quando fu il turno di Katsuki, Ando lo bloccò e lo strinse in un grande abbraccio, caloroso e morbido. Nonostante il suo disagio col contatto fisico, la sua morsa era piuttosto piacevole.
— Salve. — salutò confuso, ricambiando l'abbraccio.
— Tanti auguri! — gli sorrise lei, accarezzando il suo viso. Quelle parole lasciarono Katsuki parecchio interdetto. — Se solo avessi saputo prima della tua visita, ti avrei fatto una torta!
Katsuki arrossì dolcemente, lasciandosi sfuggire una risata. — Non ce ne sarebbe stato bisogno comunque, zia. Non preoccuparti.
Ando fece "no no!" col dito indice, il viso esausto tutto contento. — Ti faccio un dolcetto! Promesso!
Ci furono dei passetti in corridoio, e appena Katsuki si voltò il sorrisone di Kaiju gli si presentò davanti agli occhi. Lo notò con indosso una camicia abbottonata come l'abito di un chierichetto.
— Kacchan! Auguroni!
Atsumu ed Takeshi risero a quella allegria, e Katsuki cercò di fulminarli con lo sguardo. Non era davvero abituato a sentire quella parola. Era così irreale, e si sentiva così... imbarazzantemente felice ad essere festeggiato così tanto per il suo compleanno. Era assurdo. Era segretamente così felice.
Kaiju sorrideva davvero tanto. I suoi dentini saltavano all'occhio, perché nessuno di loro ricordava di averlo visto così felice da poter fare un tale sorriso.
— Grazie. — quasi incespicò Katsuki. Kaiju sorrise ancor di più.
— Ciao Atsumu, ciao Takeshi. A cosa dobbiamo la vostra visita?
Takeshi scrollò le spalle, ed Atsumu rise. — Questa è una bella domanda. Non ne abbiamo idea! Ci ha portato lui qui.
Katsuki fece spallucce, simulando nonchalance verso Ando. — Mi sarebbe... piaciuto stare insieme ad Kaiju. Speravo di invogliarlo a stare fuori all'aria aperta insieme a noi.
Ando emise un verso entusiasta, un po' strozzato dal tentativo di tener su un comportamento adeguato ad una donna poco più che cinquantenne. — Sarebbe meraviglioso! Vi fermate a pranzo? Posso cucinarvi qualcosa!
Takeshi fece un passo avanti, giulivo. — Crede potremmo fare un barbecue?
Probabilmente trascinato da tutto quel buonumore Atsumu fece un passo avanti. — Che figata! Signora Meiun, Takeshi è il maestro del barbecue. Ci appostiamo in giardino, ma non disturberemo, promesso.
Ando tentennò. — Il giardino, sì... ma è tutto così disordinato da quando Kaiju non ha più potuto curarlo... con l'erba alta...
Katsuki lanciò uno sguardo ad Kaiju. Non sembrava entusiasta come tutti gli altri. Sembrava trattenuto da qualcosa che gli impediva di raggiungere il momento. Più lo guardava, più Katsuki pensava somigliasse a Mister Scrooge quando osservava i ricordi del Natale Presente.
— Kaiju, tu che ne pensi? — gli domandò direttamente Katsuki. Al che Kaiju sussultò sorpreso, guardandolo. La sua espressione vuota di coscienza si riempì, e i suoi occhi verdi luccicarono di desiderio di vita.
— Io... se potessi, aiuterei volentieri a rimettere un po' in sesto il giardino. So dove si trovano tutti gli attrezzi, e... insomma, ero io che lo facevo...
Katsuki si strofinò le mani, contento di avere un compleanno diverso dal solito. — Ti aiuterò.
Kaiju si voltò, con occhi sgranati. — No! Ma come! Ma oggi è... è il tuo compleanno, perché dovres-
Katsuki si mise a ridere. — Scherzi? Io amo fare giardinaggio. E il vostro cortile ha bisogno di una sistemata. I bambini del condominio ne saranno felici.
Kaiju sorrise leggermente, e la sua espressione sospesa si fece man mano meno precaria e annebbiata. — Sì. Ne sarebbero contenti.
Ando sorrise, abbracciando Kaiju e Katsuki, per poi passare a stritolare con gioia anche Atsumu ed Takeshi. La sua gioia, spontaneità, strapparono un sorriso ai ragazzi. Kaiju si ritrovò a ridacchiare a bassa voce. — Che giornata meravigliosa! Vado ad avvisare anche Hikari! — e sparì in cucina, camminando a dieci centimetri da terra seppur facendo quasi lo stesso rumore dei cannoni sparacoriandoli.
Kaiju rise, dondolandosi sui talloni tutto emozionato. — Quindi... si va?
— Certo! — esclamò Takeshi, lanciando un braccio sulle spalle di Katsuki.
Atsumu si aggiunse ridendo. — All'esplorazione della giungla! Sìiii!
Katsuki nascose il viso dietro una mano, sorridendo leggermente.
Proprio qualche settimana prima che la situazione di Kaiju peggiorasse e la sua salute mentale si deteriorasse così velocemente, Ando aveva cercato di convincerlo a scendere per aiutarla a risistemare il giardino, con scarsi risultati. Kaiju non era pronto ad affrontare il mondo, e la luce del sole infastidiva i suoi occhi sensibili. Non sembrava più lui quando, in un attacco d'ira, aveva lanciato in quel ripostiglio comune ripostiglio la cassetta degli attrezzi ed era letteralmente scappato per chiudersi nella sua stanza. Quando Katsuki e gli altri si avvicinarono per curiosare, trovarono la stessa scena: a parte la quantità di polvere nel piccolo capanno, era rimasto tutto come allora, dalla puzza di chiuso e di muffa al disordine tra chiavi inglesi di vecchi proprietari e attrezzi da giardino vari.
— Qui nessuno si occupa di niente. — mormorò Kaiju, cercando stancamente il tagliaerba e il carburante. — Il proprietario si occupa solo di scocciare per avere l'affitto, e tutti i residenti se ne infischiano. Solo io e mamma ci mettevamo d'impegno. E i bambini erano contenti di questo.
— Ho notato... — mormorò Takeshi, con un vecchio pallone bucato tra le mani.
— Questo posto è in rovina. — sospirò Kaiju stanco, posandosi alla parete. Katsuki lo soccorse, facendo il lavoro per lui, e gli diede qualche attimo per riposare. — I genitori si lamentano delle zecche e i bambini non possono più uscire. A me dispiaceva troppo, per questo sgobbavo come un idiota per loro.
Katsuki gli sorrise. — Ora ci siamo noi.
— Sarà divertente! — trillò Atsumu, prendendosi una sigaretta.
Kaiju rise.
— Ti piace molto fumare, eh?
Atsumu fece spallucce, ridacchiando, e tra una chiacchiera e l'altra Katsuki si perse tra i suoi pensieri.
Sperava davvero andasse tutto bene. Ci teneva di tutto cuore a passare una bella giornata, ma c'era un'incognita purtroppo. Kaiju avrebbe potuto star male da un momento all'altro. Seppur avesse accettato l'impegno, sembrava molto insicuro. Come se si aspettasse un risvolto negativo. Come se avesse paura di qualcuno.
Mentre preparava il mezzo per una tosatura veloce dell'erba, si ritrovò a chiedersi come sarebbe andata. Se Kaiju avrebbe dato di matto, se qualcosa sarebbe successo. Ma forse, se non gli avesse dato possibilità di pensarci troppo, di rimuginarsi su... forse sarebbe andato tutto per il meglio.
Doveva averci pensato anche Takeshi, poiché si premurò di farlo ridere tutto il tempo. E Katsuki li guardava, spingendo quel tagliaerba obsoleto e un po' malandato, con un leggero sorriso sulle labbra mentre si asciugava un filo di sudore.
La giornata era bellissima. Il cielo era limpido, si poteva avvistare un poco di foschia in lontananza, in quei punti in cui cielo e terra sembravano ricongiungersi in armonia, e man mano che lavoravano d'impegno per annaffiare qualche fiorellino assetato anche quel cortile sembrava tornare più fresco e bello, lasciando i ragazzi soddisfatti, lieti come poche volte lo erano stati.
Katsuki pensò ad Atsumu. Sembrava essere uno dei più felici.
Era un ragazzo molto semplice, lui. Un tipo calmo, molto sciallo, pacifico, ma soprattutto premuroso e rivolto sempre al prossimo. A partire dal loro trio d'amici, si era sempre impegnato per dare il massimo di se stesso in ogni attività e appuntamento proposto.
La sua mente distratta riportò ai suoi occhi la faccia che aveva, quella maschera di orrore che indossava il giorno del suo compleanno di svariati anni prima, quando si ritrovò davanti ad una casa diroccata con accanto Takeshi e Katsuki entusiasti che sembravano non aspettare altro che un fantasmino da beccare in 4K. Aveva quasi dato di matto, mordendosi le mani e fumandosi forse due o tre sigarette di fila, prima di riuscire a trovare il coraggio per entrare.
Era un ragazzo formidabile, con tante buone capacità, ma il motivo principale per cui Katsuki adorava essere suo amico era che aveva la pazienza necessaria per mettere da parte se stesso e seguirlo in ogni avventura mozzafiato che gli veniva posta davanti. Sempre che fosse qualcosa che rendeva felice un suo amico. Altrimenti si sarebbe comportato come un qualunque uomo di cinquant'anni che si guarda la sua partita di calcio con una birra in mano sulla sua poltrona logora, vecchia ma sempre accogliente. Non gli piaceva molto uscire dalla sua zona di comfort. E questo Katsuki cercava di tenerlo sempre bene a mente.
Oltre ciò, era risaputo il suo amore per la natura. Non aveva mai avuto un giardino tutto suo da curare, ma la sola idea infondeva sempre una piacevole sensazione nel suo cuore (ci teneva spesso a ricordarlo, quando uscivano per boschi a fare scampagnate da brivido). Takeshi e Katsuki si erano tanto affaccendati per riuscire a realizzare, seppur parzialmente, il suo sogno, proprio perché un amico del suo calibro non poteva non ricevere qualcosa in cambio. Quando gli regalarono le sue piante grasse nane (le preziose Esmeralda e Fluffy), Atsumu emanò delle vibrazioni che urlavano "potrei baciarvi!", e anche la sua bocca lo faceva.
Vederlo immerso nel suo elemento naturale anche in quel momento, mentre lui ed Kaiju cercavano di amputare (non potare, badate bene) dei cespugli per fare un po' di spazio, be'... era davvero bello.
— Kaaaat! Mi servirebbe un aiuto, questo ramo potrebbe far del male a qualcuno ma la sega a quattro mani non funziona con solo due mani! — lo richiamò al presente Takeshi, ansante, da sotto un albero.
Katsuki scosse la testa e spense il tosaerba, maneggiandolo per estrarre il cassetto e svuotarlo. — Un attimo solo.
— Eddai! Ho sprecato quindici minuti cercando di fare avanti e indietro! Da solo non ci riesco!
Katsuki rise, svuotando in un angolo del cortile l'erba appena tagliata, che produceva un buonissimo odore, fresco e vitale, che spirava tramite la brezza verso le finestre aperte del condominio. — Dai, ma di che ti lamenti, almeno tu sei all'ombra, al fresco!
— Senti è da QUINDICI minuti che sto tagliando 'sto ramo del cazzo, e visto che non sono Lord Garmadon che ha quattro braccia molto forti, sei seriamente pregato di darmi una cazzo di mano!
Katsuki sentì il proprio petto esplodere quasi letteralmente nel tentativo di trattenere il respiro e non ridere a quella visione di Takeshi con quattro braccia che si dedicava alla creazione di un malvagio giardino assatanato.
Amputando di qua, sradicando di là, si fece quasi mezzogiorno. Takeshi, come promesso, era andato via per prendere il suo materiale da barbecue e si era appostato in un angolo, al sicuro, preparando il pranzo ("Guarda, Kaiju, guarda che belle bisteccozze ho comprato! Cosa? Se so cucinarle? Certo se so cucinarle! Chiedi pure a Kat!"). Atsumu era accanto a lui per la sua pausa sigaretta, e Kaiju giaceva ansante sotto un albero, probabilmente stremato dalla pulizia del giardino. Katsuki, che sentiva la propria pelle delicata iniziare a scottarsi, batté in ritirata verso quell'ombroso albero, al fresco. Appena si trovò seduto accanto a lui sospirò. Cominciò ad osservarsi, e sbuffò esausto. Aveva la pelle arrossata, iniziava ad infastidirlo e a farlo sentire eccessivamente accaldato.
— Ti devo portare una crema? — chiese rapido Kaiju, facendo quasi sussultare Katsuki.
I due si guardarono per un attimo.
— Che crema?
— Oh! — Kaiju arrossì, giocherellando con le proprie mani. — Per l'albinismo. Sai ho fatto delle ricerche sull'albinismo proprio queste ultime notti, quando non riuscivo a dormire...
Katsuki si ritrovò ad inarcare le sopracciglia, divertito. — Uh... okay. Chi te lo ha detto?
— Nessuno. L'ho capito da solo... nei miei ricordi eri sempre pallido, ma non ci badavo perché spesso giocavi in casa tua... ma ora che ti ho rivisto mi sono insospettito, per il candore della tua pelle e la sfumatura irreale dei tuoi capelli, e i tuoi occhi talvolta sembrano azzurro-violacei, quindi ho subito capit-
Kaiju tacque, arrossendo ulteriormente. Probabilmente si era messo in imbarazzo da solo. La cosa fece sorridere amabilmente Katsuki.
— Cavolo, — esclamò quindi, per distrarlo. — Dovremmo iniziare una di quelle serie tipo Real Time in cui sistemiamo giardini. Tipo... Giardini da Incubo.
Kaiju rise debolmente, e il rossore sul suo viso e collo diminuì. Menomale, avevano appena evitato un infarto probabilmente. — Non è messo così male. L'ho lasciato solo per qualche mese.
Katsuki rise, annuendo. — Scusa, scusa, giusto. Hai ragione tu. Però sarebbe divertente registrarlo, che ne dici?
— Già.
Restarono in silenzio. Katsuki lo osservava con la coda dell'occhio. Aveva una brutta sensazione, come quando sei davanti al frigo, senti puzza di roba ammuffita e ti accorgi che potresti, come potresti non averlo fatto ma sei quasi sicuro di averlo fatto, aver lasciato della frutta a marcire in frigo accidentalmente.
— Kaiju. Ti senti bene? — chiese quieto, guardando con un leggero sorriso Atsumu ed Takeshi litigare vivacemente per qualcosa di stupido come al solito.
Kaiju sospirò, chiudendosi a riccio. — Io... ho... questa sensazione. Mi sento soffocare.
Katsuki si rivolse completamente a lui, le sopracciglia corrucciate e una leggera smorfia. — Abbiamo fatto qualcosa di male? Ti ho messo pressione?
Kaiju alzò rapidamente il viso, agitando le mani vivacemente. — No no! Ti prego, no! Non hai fatto niente di male!
E sospirò ancora, chiudendosi come una piccola pallina. — Non so cosa mi prenda... sento di star minando da solo la mia felicità. Mi sento come se non facessi davvero parte di tutto questo! E mi sento così... immensamente depresso al pensiero. Nonostante stare qui fuori in giardino con voi mi piaccia, nonostante i raggi solari mi scaldino e io mi senta immerso nell'oro, da quanto è preziosa questa situazione, io... io mi sento fuori luogo. Come se non meritassi di essere felice. E ogni volta che queste... due, tre, quattro, cinque, sei... che queste sette parole attraversano la mia mente, io sto male, e improvvisamente vorrei solo andare volando in camera mia e restarci. Nonostante camera mia mi faccia schifo e-
— Ragazzi!
L'attenzione dei quattro venne subito attirata da Ando, che con un gran sorriso e un bel vassoio si avvicinava.
— Vi ho fatto della limonata! Venite a rinfrescarvi un po'!
Atsumu ed Takeshi lasciarono le loro rogne per correre felici verso di lei, e Katsuki si alzò, sorridendo. Ma non mosse un passo.
— Kai... guarda dentro il tuo cuore. Osserva bene, e poi rispondimi. Tu vuoi stare qui con noi? Ti rende felice?
Passarono una manciata di secondi. Ando si voltò, cercando i due ragazzi, e li trovò sotto quell'albero, e fece loro un gran sorriso. Sentì Kaiju fremere poco sotto di lui.
E poi, si alzò in piedi anche lui, fissandolo. Sentiva il suo sguardo su di sé, seppur non lo osservasse.
— Kacchan... non c'è cosa che io voglia di più al mondo, che non sia stare con te e divertirmi.
Katsuki lo sentì prendergli la mano, e con il respiro mozzato in gola si sentì strattonare dolcemente in avanti, in una piccola corsa.
Vide bianco.
Una civetta volò davanti ai suoi occhi, obbligati aperti.
Infine lui, un Kaiju più piccolo, mite e timido, che stava seduto in un angolo. Guardava Katsuki e altri bambini giocare, quel ricordo era vivido, e poteva sentire il suo dolore, la sua solitudine, la sua incapacità nel comunicare cosa provava, cosa voleva. Katsuki sentiva di avere appena morso un tavolo credendolo di cioccolato. Si era appena rotto i denti, e voleva quasi piangere.
L'ultima cosa che vide, fu l'aura di Kaiju. Sentiva felicità, seppur fosse oppressa da una sensazione scura e opaca. Ma la sua stessa aurea gli sorrideva. Era piacevole saperlo così felice.
Scosse la testa, trovandosi improvvisamente davanti a Ando che gli offriva un bicchiere. Lui lo prese, e cercò di sorridere, ma subito nascose le labbra dietro il bicchiere, guardando Kaiju continuare ad andare avanti, a sorridere, più sereno, in pace con se stesso.
Sospirò in silenzio. Chissà cosa avrebbe pensato di lui, sapendo che era appena entrato per sbaglio tra i suoi ricordi. Si sarebbe arrabbiato, per aver invaso la sua privacy?
Senza contare i suoi repentini sbalzi di umore, che si abbattevano furiosamente anche su di lui, su Katsuki, sentiva quell'entità interagire e giocare con i suoi sentimenti e creare attorno a lui quella strana sorta di tensione che teneva tutti legati insieme in un doloroso prisma, che invano cercava di riflettere un po' di luce sul punto focale del caso di Kaiju.
Finì il bicchiere di limonata dissetante, zuccherina e aspra al punto giusto, e abbassò il bicchiere. Non se l'era goduto, tra quei pensieri asciutti.
— Zia, ho molta sete. Posso versarmi un altro bicchiere?
Ando ridacchiò, annuendo velocemente. — Ma certo che sì, Katsuki! Che domande. Devi solo scusarmi, non posso versartelo io. Devo tenere il vassoio.
Katsuki le sorrise, scuotendo la testa. – Non preoccuparti.
Prese la caraffa di vetro per il manico, e lentamente si versò quel liquido piacevolmente freddo.
Mano a mano che il bicchiere si riempiva, Katsuki sentiva la sua volontà riempire la sua testa, quasi si stesse rovesciando la caraffa di limonata in testa.
Non se lo poteva permettere. Doveva stare alla larga dalle mani di Kaiju Meiun.
4408 parole
Autrolino dell'Angoscia
Eheh
Spooky Month... Ma a Luglio!
E questo perché è giusto così. C'è il natale a luglio... e io voglio pure Halloween.
HALLOWEEN è LA MIA FESTA PREFERITA SENTITE SONO DUE SETTIMANE CHE ASCOLTO ROBA SPOOKY-
Okay okay basta stronzate.
Allora!
Nuovo capitolo, dopo un bel po' di tempo. Ci sto lavorando da giorni, e stamattina ho deciso di tagliar corto: era troppo lungo, e preferisco assimilarlo con altra roba. Devo finire tutto entro l'8 agosto. Anche perché ho paura di dover lavorare... dovrei togliermi del tempo per lavorare e applicarmi ad altro.
Ragazzi, spero sinceramente mi darete del supporto per questa storia. In molte classifiche, seppur minori, ho ottenuto dei buoni risultati. Seppur poi non mi ritrovo mai nelle classifiche principali... ma è un bug solo mio o anche voi vedete migliaia di storie in questi elenchi di lettura ma mai le vostre? Alle volte temo di impazzire.
Be', spero che con i Wattys le cose cambino. Non avete idea di quanto cazzo lo vorrei! Quel maledetto premio! Qualcosa che certifichi, a modo suo, le mie competenze da scrittrice, il mio valore! Lo vorrei così tanto! Mi farebbe comodo un po' di notorietà.
Sono sempre sola, senza qualcosa che mi tiri su... ma mi sono accorta che i miei libri mi aiutano a tirare avanti assai.
Vorrei poterne pubblicare almeno uno. Speriamo bene.
Se poteste aiutarmi mi piacerebbe tanto! Consigliatela a qualcuno, datemi opinioni, qualsiasi cosa, per favore. Mi sono impegnata molto nella creazione di questo libro, e nella creazione di ciò che verrà dopo.
L'avete visto? L'avete visto il titolo della storia? Avete visto che ho cambiato la bio?
Bad Omens I.
Che ve ne pare, eh?
Qualcuno che legge ha aspettative o idee su cosa succederà? Idee su come svilupperò meglio questa trama, prima di dedicarmi al resto?
Qualcuno che pensi io abbia una chance almeno di venir messa in lista? *occhioni*
Ci vediamo presto! Spero! Non so quando scriverò ma lo farò!
P.S.: Scusatemi se alcuni nomi ho dimenticato di cambiarli... è un casino
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