6 | Fame

CAPITOLO 6 | SKINNY

People say I look happy
Just because I got skinny
But the old me is still me
and maybe the real me
And I think she's pretty
-Billie Eilish

POV ZARA

Non riuscimmo a mangiare niente quella sera. Quelli del gruppo caccia sembravano davvero terrorizzati quando erano tornati. E a causa della totale confusione io non capii neanche cosa avessero visto.

Sicuramente qualcosa che riguardava degli animali radioattivi, ma erano talmente spaventati che dovevano per forza aver visto qualcosa come un coccodrillo grande quanto un elefante. Altrimenti la loro era stata davvero una reazione esagerata

Per quanto riguarda la cena tutti erano di pessimo umore. Forse tutti tranne me. Per quanto mi riguardava meno mangiavo meglio era. Il mio corpo era abituato ormai a piccole porzioni di cibo ogni giorno. Non sentivo la fame neanche nei giorni in cui non mangiavo nulla.

Fatto sta che nonostante non mi pesasse la cena mancata, quando si fece buio avevo davvero molto sonno. Ma, ovviamente, non potevo andare a dormire come tutti gli altri perché io e un altro povero sfigato avevamo il primo turno di veglia. Non sapevo davvero da dove mi fosse sorta l'idea di fare parte di quel gruppo.

Ero seduta su un sasso subito fuori dalla caverna, in mano stringevo un'arma da fuoco di cui non ricordavo il nome e che a malapena sapevo utilizzare. Poco lontano da me c'era il ragazzo biondo con cui avrei dovuto fare il turno, nella mia medesima posizione. Solo che lui sembrava tesissimo. La sua gamba faceva su e giù a intervalli regolari.

«Quanto durerà questa cosa?» gli chiesi, un po' per iniziare una conversazione, e un po' perché davvero non lo sapevo.

«Un'ora» mi rispose senza voltarsi, lo sguardo era fisso verso l'oscurità.

«Sono Zara Meadows» mi presentai. Quella situazione mi stava irritando. Non mi piaceva quando le persone erano evasive nei miei confronti. Non ero una persona molto loquace ma mi dava comunque fastidio il silenzio assoluto.

«Isaac Finnigan, piacere» replicò lui «Secondo te in base a cosa capiamo che l'animale è radioattivo e dobbiamo ucciderlo?» mi domandò.

«Credo sia più grande del normale» gli risposi stringendo l'arma ancora più forte.

«Peccato che non sappiamo cosa significhi "normale". Le foto sul libro di scienze non rendono molto» disse lui ridendo leggermente.

Io annuii anche se non poteva vedermi «È vero» dissi «Ma credo che si percepisca se un animale è stra...»

Un rumore. Lo sentimmo entrambi, e ne ero sicura perché lui scattò in piedi imbracciando l'arma. Era uno strusciare di foglie. Ma non era il vento. Mi concentrai con gli occhi sul punto da dove pensavo provenisse il rumore e lo vidi. Stonava decisamente nell'oscurità.
Era una piccola bestiola. Bianca come un foglio di carta.

«È un coniglio» sussurrò Isaac abbassando l'arma. «Vai a prendere un pugnale» mi ordinò facendo un passo in avanti, con una delicatezza tale da non produrre nessun suono. Ma probabilmente per lui non era difficile. Il suo peso sulle foglie era minimo, era magro. Probabilmente magro come avrei voluto esserlo io.

«Che stai facendo?» gli chiesi da alta voce, quasi rimproverandolo. E se quella roba fosse stata radioattiva? Stava cercando per caso di morire?

«Devo immobilizzarlo» annunciò facendo qualche altro passo avanti «Vai a prendere il pugnale» mi ripeté.

«E se fosse radioattivo?» domandai alzando nuovamente la voce.

«Non morirò toccando un coniglio, ora vai a prendere il pugnale» disse a denti stretti, abbassandosi. Allungò una mano verso il coniglio che istintivamente fece un passo indietro.

«Zara, il pugnale» mi ordinò per la centesima volta.

«Non sembra una buona idea»

«Vuoi mangiare qualcosa? Bene. Prendi il pugnale» disse a denti stretti.

Ma io non mi smossi dalla mia postazione. Imbracciai l'arma e la indirizzai verso la bestia, togliendo la sicura.

«Non farlo» mi disse, voltandosi lentamente.

Lo ignorai totalmente. Il coniglio avanzò annusando l'aria. Poi sfiorò il suo dito, ancora allungato nella sua direzione, con il naso. E io non esitai.

Gli sparai un colpo, poi un secondo e addirittura un terzo. Isaac balzò all'indietro.

«Cazzo ma che ti prende?» sbottò alzandosi.

«Stava per morderti» gli risposi guardandolo negli occhi.

«Non stava per mordermi» disse lui, e io percepii la rabbia e la paura nel suo tono di voce.

Abbassai lo sguardo sul coniglio. Era morto stecchito. Lo avevo colpito con tutti e tre i proiettili. Uno dei quali era proprio sul piccolo muso. Velocemente spostai lo sguardo sulla mano di Isaac.

«Ti ho colpito» dissi, sgranando gli occhi. Il suo dito era pieno di sangue.

«Non mi hai colpito» rispose lui, con voce bassa ma decisa.

«Si invece, stai sanguinando»

«Mi hai fatto saltare una fottuta unghia»

E mentre parlava dall'entrata della grotta uscirono un piccolo gruppetto di ragazzi. Tra i quali riconobbi Vesper Jacksonville, Echo Hayes e Thomas Wagner, e anche quella ragazza di nome Aria di cui però non ricordavo il cognome.

«Cosa cazzo è successo» urlò Echo scandendo ogni parola e enfatizzando sempre di più la preoccupazione.

Istintivamente lasciai cadere l'arma per terra e feci un passo indietro.

«Wow siete arrivati finalmente. Non sarete stati troppo reattivi?» domandò Isaac con un sorriso in faccia che tradiva totalmente il tono di voce irritato «Se ci fosse stato un pericolo saremmo morti noi due e voi sareste arrivati in tempo per vedere i nostri cadaveri» continuò, alzando un sopracciglio.

«Non ho capito comunque cosa sia successo» ripeté Echo, ignorando completamente le parole di Isaac. Probabilmente perché sapeva che il ragazzo aveva ragione. Abbassò poi lo sguardo sul coniglio, sgranando ancora di più gli occhi.
Nel frattempo spuntarono altri ragazzi alle sue spalle.

«Sei ferito» disse Wagner avvicinandosi a Isaac.

«Non sono ferito, mi ha sparato solo su un'unghia, non ho bisogno di nulla»

«Qualcuno mi dice perché ha dovuto sparare?» sbottò Aria alzando il tono di voce più di quanto avesse fatto prima Echo.

«Io...» mormorai «Il coniglio stava per morderlo, sembrava radioattivo quindi gli ho sparato»

Isaac chiuse gli occhi per un secondo e prese un respiro talmente profondo che potremmo addirittura sentirlo tutti quanti. Poi scosse la testa più di una volta, e senza dire nulla a nessuno si fece spazio tra le persone e entrò nella caverna.

Lo seguii con lo sguardo, e mi sentii in colpa. Perché io sapevo che quel coniglio non fosse radioattivo, perché sapevo che non lo avrebbe morso. Avevo sparato solo per renderlo immangiabile. Perché io non volevo mangiarlo. Era un coniglio grasso, più ciccia che ossa. E sicuramente mi avrebbero proposto di mangiarlo. E lo avrei fatto. E poi lo avrei vomitato di nascosto. Ma odiavo la sensazione del vomito. Odiavo come il mio corpo mi faceva sentire le sue proteste ogni volta che mi convincevo a farlo.

Ero solo un'egoista.

E senza che me ne accorgessi, Vesper Jacksonville mi afferrò per un braccio e mi allontanò di qualche passo dagli altri.

«Cosa cazzo hai fatto?» sbottò, con un tono di voce simile a quello che aveva avuto Isaac dopo il terzo sparo. Però più aggressivo. Molto più aggressivo. Le sue mani si strinsero sulle mie spalle, scuotendomi leggermente «Cosa cazzo hai fatto?»

24 dicembre 3212

«Cosa cazzo hai fatto?» sbottò, con un tono di voce simile aggressivo, arrabbiato e forse anche sorpreso, sua madre.

Era la notte di natale, aveva mangiato come poche volte in vita. Ogni boccone le aveva regalato una sensazione di insolito piacere. E ciò era male. O almeno lei pensava fosse così.

Ed era per questo che quella sera si trovava in ginocchio davanti al gabinetto. Ed era per questo che quella sera sua madre si era ritrovata a fissarla mentre era in quella posizione.

«Cosa fai? Mangi e vomiti? Tuo padre lavora più di quanto riesci a concepire per farti avere quel cibo» le urlò contro la donna.

E lei pianse, più di quanto stesse già piangendo.

«Ho cucinato per ore quella roba» continuò lei, ignorandola completamente «E ora è nel cesso, cazzo, Zara!»

«Mi dispiace» le rispose con un filo di voce, trattenendo i singhiozzi che minacciavano di uscirle dalla gola.

«Cosa vuoi provare facendo questo?» le domandò, la voce uscì come un sibilo dalle sue labbra.

«Io...» mormorò Zara «A scuola mi prendono in giro per il mio colore della pelle» dichiarò. Sua madre corrugò la fronte «Pensavo che magari se fossi diventata magra la gente avrebbe smesso»

La donna scosse la testa. Imponentemente.
«Hai immaginazione eh? Questa mi sembra una scusa bella e buona. Ammetti solo che volevi sputare sul lavoro dei tuoi poveri genitori. Ci fai più bella figura»

«Non è una scusa!» singhiozzò Zara, le lacrime le caddero dalle guance, bagnandole il vestito che indossava.

Presente

Mi ribellai dalla sua stretta e lo guardai negli occhi, assottigliando il mio sguardo.
«Pensavo fosse radioattivo» mi giustificai, cercando di imitare il suo tono

«E hai pensato di sparargli? Tre volte? Rischiando di uccidere il ragazzo strano?» mi chiese, piegando leggermente verso destra la testa.

«Stava per morderlo» replicai.

«Che tragedia! Avremmo avuto un coniglio mannaro tra i nostri o cose del genere secondo te? Cazzo il peggio che sarebbe potuto succedere era che avrebbe perso il dito e noi avremmo mangiato coniglio stasera!»

Scossi la testa e mi allontanai da lui. Le lacrime mi pizzicavano gli occhi ma non le lasciai uscire. Camminai a passo svelto verso una direzione indefinita, ma quando passai davanti all'entrata della caverna qualcun altro mi fermò.

Era Aria.

«Hey! Zara, giusto?» mi chiese, il suo tono di voce, al contrario di quello di Vesper, era calmo. Mi fermai e le annuì «Isaac mi ha spiegato quello che è successo» mi disse «Hai agito di istinto, non preoccuparti per il coniglio. Nessuno di noi morirà di fame oggi»

Le lacrime minacciarono di nuovo di uscire dai miei occhi, rigorose e salate.

«Non preoccuparti, okay? Il dito di Isaac sta bene, gli hai colpito solo l'unghia» mi disse con voce rassicurante. Io annuii.

«Mi dispiace» le risposi «Ho avuto paura»

«Tutti quanti abbiamo paura»

POV BRYENNE

C'erano solo due cose che io avevo sempre preteso dalla mia famiglia: un letto su cui dormire e cibo tre volte al giorno.

Nel Bunker non eravamo ricchi, ma quasi. Non avevamo un palazzo gigante come i Wagner, né gli schiavi e altre cagate simili. Ma stavamo bene.

Fuori, invece, giá dal primo giorno non avevamo più nulla di ciò che normalmente mi era assicurato mi fu, invece, negato.

E ovviamente questo mi rese suscettibile. Ma io ero fortunatamente una ragazza dotata di autocontrollo quindi decisi, per non diventare una presenza spiacevole, di tenere la bocca chiusa.

Ma quando quei fottuti colpi di pistola mi svegliarono, pochi minuti dopo che finalmente ero riuscita a chiudere occhio, sapevo che non sarei riuscita a mantenere la calma ancora per molto.

Mi girai sulla schiena, fissando il soffitto della caverna mentre le ombre degli altri che si alzavano preoccupati mi ballavano sulla faccia.
Non mi interessava cosa fosse successo, meno di zero.

Ma prima o poi doveva arrivare qualcuno ad interrompere il mio disinteresse. La faccia di Aria si parò davanti al mio viso facendomi buttare gli occhi al cielo.

«Cosa vuoi?» le chiesi, girandomi di lato.

«Alzati, devi medicare Isaac» mi ordinò, anche lei con voce stanca.

«Non so neanche chi cazzo sia» replicai, senza neanche prendermi la briga di guardarla.

«Avrete tempo per le presentazioni» disse lei, dandomi un colpetto sulla schiena con la scarpa.

Sbuffai sonoramente alzandomi da terra. Le lanciai un'occhiataccia, che lei ricambiò divertita. Quasi come se mi stesse prendendo in giro.

«Non osare prenderti tutta questa confidenza con me» la avvertii, passando le mani sul tessuto dei vestiti. Cercando invano di pulirli dalla polvere.
«E soprattutto» cominciai «Perché devo farlo io?»

«Perché sei una di quelle del gruppo che si occupa di questa roba. Ora fai qualcosa per quel poveraccio e smetti di lamentarti» annunciò, facendomi segno di seguirla per poi fare qualche passo verso l'uscita della caverna.

Io la seguii controvoglia, trascinando i piedi per terra. Proprio accanto all'uscita c'erano quasi tutti gli altri, accalcati l'uno addosso all'altro. Intenti a parlare tutti insieme, creando una terribile confusione.

«Tornate a dormire» li richiamò a gran voce Aria, sperando di essere ascoltata,
ma dovette ripeterlo un paio di volte. Il gruppo di ragazzi si dimezzò, fino a quando non rimasero davvero in pochissimi.

«Bryenne lui è Isaac, Isaac lei è Bryenne» ci presentò in modo sbrigativo «Ora tu fai quello che devi fare e poi tornate a dormire» aggiunse, rivolgendosi solo a me.

Mi presi un paio di secondi per osservare il ragazzo. Era alto e magro, con i capelli biondi. Le labbra erano completamente ricoperto di sangue, che sembrava fresco. Sulla fronte invece ce ne era solo una striscia, come se si fosse asciugato il sudore con qualcosa sporco di sangue.

Abbassai lo sguardo sulle sue mani, una delle due completamente ricoperta dal liquido rosso, che ancora gli colava giù da un dito, formando una piccola pozzetta per terra.

«Tu» dissi ad un ragazzo, che era rimasto lì ad osservare, facendogli un gesto con la testa per attirare la sua attenzione.

«Vammi a prendere le poche cagate che ci hanno lasciato» gli indicai un punto un po' più lontano, dove avevamo posizionato tutto ciò che poteva esserci utile per medicare le persone. Ma erano davvero delle stupidaggini: un paio di cerotti, una boccetta di acqua ossigenata e qualche batuffolo di cotone.

Lui annuì e si allontanò subito. Io nel frattempo feci un passo verso destra, allontanandomi dalla pozzetta di sangue, sedendomi poi a terra. Il biondo fece lo stesso, muovendosi un po' incerto. Come se fosse, giustamente, in imbarazzo.

«Cosa cazzo è successo?» gli chiesi, osservandolo con un'espressione accigliata.

«C'era un coniglio, Zara lo ha visto e ha pensato che fosse radioattivo e che mi volesse mordere quindi gli ha sparato» mi spiegò lui, riassumendo tutto molto velocemente.

«E ti ha colpito sulla mano?» domandai.

«Mi ha fatto saltare un'unghia» disse con noncuranza.

Gli feci segno di farmi vedere e lui mi porse la mano. Nel frattempo il ragazzo tornò, sedendosi accanto a noi.

«Non ti è saltata un'unghia, deficiente» gli dissi, osservando la sua ferita, con un po' di disgusto.
«Ti è completamente esplosa la falangetta»

«La cosa?» mi chiese, un po' confuso.

«Diciamo che puoi dire addio a tipo metà del dito» gli risposi, un po' divertita.

Lui corrugò la fronte «Ecco perché mi fa così male» ragionò ad alta voce.

«E invece alla bocca che hai fatto?» gli chiesi, alzando lo sguardo. Lo osservai per qualche secondo, realizzando di essermi completamente dimenticata il suo nome.

«Non volevo arrabbiarmi, quindi mi sono morso la lingua» rispose lui, con una semplicità impressionante «Ma ho un po' esagerato»

Io sbuffai, poi mi concentrai sulle cose che mi aveva portato l'altro ragazzo, di cui invece il nome proprio non lo sapevo e non avevo intenzione di impararlo.

Presi un batuffolo di cotone e lo imbevetti di acqua ossigenata per poi premerglielo sulla ferita senza dargli alcun preavviso.

Lui sussulutò e la sua espressione si tramutò in una accurata rappresentazione del dolore.
«Cazzo» pronunciò, socchiudendo gli occhi «Non puoi essere un po' più delicata?»

Io scossi la testa «Vuoi che lo faccia quella stramboide al posto mio?» gli domandai retoricamente, facendo un cenno ad una ragazza dietro di me che ci osservava stando ancora in piedi.

«No, io...» cominciò lei, con una voce che lasciava intuire che non si aspettava di essere chiamata in causa.

«Stavo scherzando» la interruppi, continuando a medicare il biondo

«Come sta lo smilzo?» chiese a gran voce qualcuno, varcando la soglia della caverna. La sua voce rimbombò nel mio cervello, irritandomi più di quanto già non fossi.
Senza girarmi sapevo già chi fosse, era una delle poche persone di cui avevo imparato il nome e che già da subito avrei voluto veder sparire. Icarus

«Non irritarmi» lo avvertii a denti stretti.

«Ma lo stai meditando o martoriando?» mi chiese divertito, accucciandosi accanto a noi.

«Se non stai zitto ti faccio ingoiare l'acqua ossigenata» dissi costringendomi a non guardarlo.

Lui non mi rispose, diede semplicemente una pacca sulla spalla al biondo, per poi alzarsi per andare probabilmente a dormire. E questo mi diede ancora più fastidio.

Il mio sguardo si spostò sul ragazzo a cui avevo chiesto di prendere la roba. Era seduto accanto al biondino e sin da quando era tornato con le cose non aveva distolto lo sguardo dalla ferita sanguinolenta del ragazzo. Probabilmente era solo stanco e si era inconsapevolmente imbambolato; ma io in quel momento non ci pensai neanche.
Ero l'unica costretta a fare qualcosa e volevo farlo pesare agli altri.

«Cosa sei? Un fottuto vampiro?» gli chiesi, con un tono eccessivamente aggressivo. Lui alzò la testa, visibilmente confuso. Forse non aveva neanche capito che stessi parlando con lui.
«Se sei attratto dal sangue succhiagli il dito. Aiuta a fermare l'emorragia, è solo antigenico» dissi «e inquietante»

Lo vidi alzare un sopracciglio, un po' perplesso, e incrociare per poco più di un secondo lo sguardo con il biondo. Si alzò poi da terra, ignorando completamente quello che avevo detto.

Pochi secondi dopo, ad interrompermi di nuovo fu una ragazza nera che aveva appena varcato la soglia della caverna. Aveva gli occhi lucidi e stringeva tra le mani un fucile. Appena ci vide la sua espressione si incupì.

«Mi dispiace così tanto» disse, avvicinandosi «Non volevo prenderti...io mi sono solo spaventata» disse, con voce tremante.

«Non preoccuparti, chiunque avrebbe reagito come hai fatto tu» la rassicurò il biondo, cercando invano di mascherare l'espressione di dolore che aveva in faccia
«È un peccato per il coniglio, poteva riempire qualche stomaco»

Improvvisamente mi fermai, sentendomi rabbrividire dalla rabbia. Spostai lo sguardo sulla ragazza, facendo incrociare i nostri occhi quasi subito «Era commestibile?» chiesi, scioccata «State scherzando spero?»

Lei abbassò lo sguardo, mortificata.

«Cazzo se proprio dovevi sparare potevi colpire 'sto qua nel cervello» sbottai, alzandomi in piedi «Sono disposta al fottuto cannibalismo pur di mangiare qualcosa» annunciai voltandogli le spalle.

Mi diressi verso lo spazio dove avevo deciso di dormire, ma fui interrotta da niente di meno dell'ultima persona che volevo vedere: Vesper.

Essere sulla terra faceva schifo, ma non aver niente da mangiare non era la cosa peggiore. E neanche il fatto che avessi dovuto lasciare la mia vita nel Bunker che era, a dir poco, perfetta.
Era dover vivere tutta quella merda con il mio insopportabile ex.

«Nessuno è felice di non aver mangiato» mi disse, a denti stretti.

«Lasciami in pace, Jacksonville» lo ammonii, lanciandogli l'occhiata più di odio che riuscissi a produrre.

«Sei una vipera» annunciò, con il solito tono che aveva quando voleva litigare. Non capivo perché gli piacesse così tanto discutere, ma la verità è che non mi importava davvero.

«Rimanda il tuo momento da coglione a domani mattina, brutta testa di cazzo. Non sono in vena adesso» lo anticipai, superandolo.

Se solo avessi potuto far sparire tutti...



Fancast:

Zendaya as Zara Meadows

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top