5 | Conoscenza
CAPITOLO 5 | YOUNG DUMB & BROKE
While we're young dumb
Young, young dumb and broke
Young dumb
Young, young dumb and broke
Young dumb
-Khalid
POV LYSANDER
Una volta arrivati alla grotta, ci scambiammo uno sguardo di tensione. L'aria era impregnata di un silenzio innaturale, come se persino il mondo esterno avesse trattenuto il fiato, aspettando che facessimo il prossimo passo. Il sollievo di essere finalmente fuori dal bunker si era dissipato in un attimo, sostituito da un freddo disagio che mi strisciava sulla pelle. Il pensiero del mio letto, per quanto scomodo, mi mancava più del solito. Ero stato stupido a pensare che lasciare il bunker sarebbe stato la parte più difficile.
«Ragazzi! Guardate!» Le voci concitate di alcuni ragazzini mi strapparono dai miei pensieri.
Spostaj lo sguardo nella loro direzione e vidi che indicavano delle armi in pietra posate a terra. Erano rozze, quasi fossero state abbandonate lì da qualcuno o qualcosa che sapeva che saremmo arrivati. Mi avvicinai, con una strana attrazione verso quegli oggetti antichi e pericolosi. Le scrutai, cercando di percepire qualcosa oltre la loro apparenza. Non sembravano semplici strumenti dimenticati.
La mia mano si mosse quasi da sola verso una di esse, il freddo della pietra si fece subito sentire, ma un brivido ancora più intenso mi attraversò la schiena. Prima di poter afferrare completamente l'arma, sentii una stretta ferma sul mio petto. Ryder. «Ei, ei, ei. Chi ti ha dato il permesso di toccarle?» Mi chiese con un sorrisetto.
Lo fissai, non mascherando il mio fastidio. «Ah, perché, serve il permesso?» Risposi, cercando di suonare spavaldo.
Ryder mi fissò per un attimo che parve durare un'eternità. Poi, senza dire una parola, allentò la presa e si spostò di lato, lasciandomi solo. «Fai come vuoi», disse con tono glaciale. Ma il modo in cui lo disse mi fece capire che non era un invito. Era un avvertimento.
Rimasi lì, con l'arma in mano, e per un attimo il tempo sembrò rallentare, ma decisi di tornare verso la mia amica.
«Che è successo?» mi chiese con un sorriso divertito, cercando di alleviare la tensione. «Dicevi che mi fossi fatta un buon amico, ma vedo che anche tu hai i tuoi fan.» Cercò di scherzare, ma la mia mente era già altrove.
«Sì, divertente.» Borbottai distrattamente, senza badare troppo a quello che diceva.
Un altro ragazzo si stava avvicinando, Thomas Wagner. Davvero si stava avvicinando proprio ora? Voleva farsi ammazzare?
«Forza, dividiamoci le armi. Mi sembra ovvio che ce le abbiano lasciate i ragazzi dei Ritorni precedenti.» Aveva senso, quindi non diceva sempre cose sbagliate?
«Sai che ti dico, a me quel Thomas non dispiace. Non sembra antipatico.» Mi sussurrò Aria all'orecchio, facendomi cenno verso di lui.
Sospirai, «parlaci allora, che ti devo dire?»
«Avete visto ragazzi? Si crede il sindaco della Terra, proprio come voleva suo padre!» esultò Ryder, con una teatralità che rasentava il ridicolo.
C'era qualcosa di profondamente inquietante nel modo in cui Ryder guardava gli altri, aveva sempre quel sorrisetto beffardo... Il suo obiettivo non era la risata, era il potere. Il potere di dominare l'atmosfera, di piegare le emozioni degli altri alla sua volontà.
Thomas, si fece avanti. «Pensi che sia divertente?» chiese. In quel momento, tutto poteva succedere. Era uno di quegli istanti in cui il destino sembrava sospeso, in attesa di una decisione che avrebbe potuto cambiare tutto. Pace o violenza. Amore o odio.
E poi, come in uno scatto improvviso, Waller fece la sua scelta. Prima che qualcuno potesse rendersene conto, colpì Thomas con un calcio alla gamba, facendolo crollare a terra. La caduta fu come un colpo sordo, che rimbombò nelle menti di tutti i presenti, congelando l'istante. Aria, con la sua solita impulsività, si mosse verso Thomas, ma Vesper la trattenne.
Mentre osservavo la scena, non capivo come due persone come Ryder e Jacksonville potessero attrarre tanta attenzione. La gente li seguiva, affascinata dal loro carisma tossico. Io, invece, rimanevo ai margini, osservando, distaccato. Non mi sentivo migliore di loro, semplicemente non volevo essere trascinato nel loro caos.
Ryder, con il suo sorriso ancora stampato in faccia, rispose a Thomas, che ancora si contorceva a terra.
«No, ma questo sì, invece.» Le sue parole erano veleno puro, come se traesse piacere dal vedere il dolore negli occhi dell'altro.
Ma proprio quando la situazione stava per sfuggire completamente di mano, una voce interruppe la tensione. Era Zayden, il fratello maggiore di Alice Williams.
«Finiscila.» Disse con calma, «invece di litigare dovremmo occuparci della caccia e della nostra salute. Volete davvero uccidervi prima di riuscire a fare il bagno in un lago?» Il suo tono era ironico, ma c'era una serietà di fondo che faceva capire a tutti che le cose dovevano cambiare, e in fretta.
Per un attimo, il tempo sembrò fermarsi. Ryder e Thomas si fissarono, gli occhi di entrambi erano pieni di odio. Da una parte, l'arroganza di chi voleva il controllo, dall'altra, la rabbia di chi ne aveva avuto abbastanza.
Ryder alzò gli occhi al cielo appena vide tutti ascoltarlo, come se non volesse perdere il potere che gli aveva dato Vesper.
In meno di un secondo si girò, prese in mano una pietra e si avvicinò alle mura della grotta, ed iniziò a scriverci sopra, facendo un rumore fastidioso, e tutti fummo obbligati a tapparci le orecchie.
Quando finì di scrivere buttò la pietra a terra, e leggendo quello che aveva scritto. Fu in quel momento che capimmo non fosse una scritta pacifica.
"I due rompicoglioni, saranno i primi a muorire come dei cani."
Sarebbe anche stata una bella minaccia, se non fosse stato per l'ultima parola. Nonostante questo, però, alcuni iniziarono a ridacchiare, e Ryder sembrò sentirsi soddisfatto dopo questo.
Prima di andarcene, però, notai Thomas avvicinarsi a lui, con sguardo poco rassicurante.
«Sai, sei proprio un'idiota. Hai scritto male morire, genio.»
Ryder iniziò a ridacchiare, come se questo non gli importasse davvero. «Non tutti abbiamo avuto una buona educazione, Signor Wagner.»
Aria mi tirò il braccio per andarmene, e la seguii senza ribattere. Uscimmo dalla grotta, ormai si stava facendo parecchio tardi, ed eravamo tutti affamati. Avremmo dovuto dividerci i compiti, quindi in più gruppi.
C'era parecchio caos generale, e nessuno sapeva dove andare. «Ascoltatemi bene!» Ovviamente a parlare fu Vesper, non sapevo quanto fidarmi di lui, conoscendo la sua reputazione, ma sempre meglio del restare con le mani in mano.
Appena iniziò a parlare, sentii un sospiro uscire dalla bocca della mora, guardandomi attorno, notai che non tutti erano felici di seguirlo, forse avrebbero preferito fare di testa loro.
«Dato che si sta facendo sera, consiglio di dividerci in più gruppi. Chi andrà a caccia, chi si occuperà della cucina, chi penserà alle armi, poi credo serva qualcuno che organizzi le cose per medicare e cagate così. E un gruppo per i turni di notte» Iniziò il discorso, catturando la nostra attenzione.
«Se non vi va bene quello che vi assegno, potete pure andare a farvi fottere.» Aggiunse infine, indicando la foresta, che col calare del sole sembrava sempre più fitta.
Il tempo passò velocemente, i gruppi iniziavano a crearsi, e io mi ritrovai indeciso. Aria si unì al gruppo della caccia, ma il suo volto tradiva una certa riluttanza.
Vesper si avvicinò al gruppo delle armi, stava dando ordini, a me dava fastidio, non è che volessi comandare io, ma non mi sarebbe dispiaciuto, non volevo farmi sottomettere da lui... qualcuno cominciò a raccogliere materiali, altri a discutere su come fabbricare nuove armi con quello che avevamo a disposizione.
«Tu», sentii dire, e mi resi conto che Vesper stava parlando a me. «Tu farai parte del gruppo della cucina. Per caso hai da ribattere?»
Feci di no con la testa, pur non essendo del tutto convinto. Mi unii al piccolo gruppetto che si stava dirigendo verso il campo, dove avevamo radunato le poche provviste rimaste. Perché Vesper mi aveva scelto apposta per la cucina? Forse sapeva qualcosa che io ignoravo? Beh, a scuola ci eravamo incrociati davvero poche volte, e quelle poche volte... non mi sembrava gli stessi molto a genio.
Non ero mai stato bravo a cucinare, in realtà, alcune ricette me le aveva insegnate Aria, ma riuscivo a capirle solo dopo un paio di tentativi.
Mi guardai attorno, la mora non c'era, era andata a caccia, sarei voluto andare con lei, ma a quanto pare Vesper non gradiva la mia presenza.
«Ei!» Sentii una voce femminile alle mie spalle, e appena mi girai mi arrivò una giacca addosso.
Era una ragazzina dai capelli rossi, che sembrava molto più piccola di me. Occhi grandi e azzurri, con un sorriso enorme in volto, notai subito le sue lentiggini che le decoravano le guance, e le sopracciglia fini.
«Scusa?» Domandai sconcertato, levandomi la sua giacca verde dalla faccia.
«Dobbiamo iniziare a lavorare, e tu te ne stavi lì imbambolato a guardarti attorno.» Mi ammonì, socchiudendo il sorriso. «Sono Emma.»
«Lysander.» Le porsi la mano ma lei con un gesto fin troppo veloce si girò di spalle andandosene a parlare con un'altra ragazza, che sembrava avere più o meno la sua età, forse era un anno più piccola, ma non ne ero sicuro.
La ragazza teneva in mano un paio di frecce, molto probabilmente era del gruppo delle armi, mi avvicinai a loro, con la scusa di star cercando qualcosa. «Sì, e poi gli ho tirato la mia giacca addosso... oh, eccolo qui!»
Mi girai lentamente, sforzando un piccolo sorriso. «Lei è Willow.» La rossa mi presentò la sua amica, spostandosi un po' a destra. «Ciao, sono Lys.»
Mi sorrise, senza che io avessi il tempo di aggiungere altro, Emma parlò, «hai qualcosa di interessante da raccontarci?»
Alzai le spalle, forse qualcosa da dire lo avrei avuto, ma non avevo voglia di parlarne con nessuno, soprattutto se quella persona non era Aria, o il Dottor Nolan.
«Io voglio cucinare una torta, potremmo portarla alla città del Nord appena saremmo arrivati.» Sentii dire da una ragazzina bionda a quel Zayden, poco più indietro di noi, sembrava felice, contenta.
Emma alzò gli occhi al cielo, «sempre se arriveremo vivi...» Willow la guardò confusa, «che intendi?»
«Non è detto che riusciremo a sopravvivere tutti.»
Senza rendermene conto la guardai confuso, e lei subito mi rivolse un'espressione divertita. «Ti ho scioccato?»
Un bel po', in realtà. Di certo io non volevo morire, soprattutto dopo quello che era successo ai miei genitori, volevo dimostrargli il mio potenziale, che loro non avevano mai creduto in me.
«Sopravviverò.» Annunciai, più per comunicarlo a me stesso che a loro.
«Anche io!» Intervenne la mora, che fino ad ora non aveva quasi detto niente. Perché saremmo dovuti morire? Non aveva sens...
«Ragazzi!» Urlò qualcuno, del gruppo di caccia, seguito da quelli della esplorazione, tutti ci allarmammo, confusi, li contai velocemente, non sapevo nemmeno io perché lo stessi facendo, ma qualcuno di loro non c'era. Erano in cinque, e ora erano in quattro , mancava una ragazza dai capelli castani chiari, mi ricordavo fosse amica di Andrew.
«Che cazzo è successo?» Domandarono dei ragazzi all'unisono.
Avevano tutti il fiatone, il mio sguardo si spostò immediatamente su Aria, che sembrava stare bene, un sorriso mi comparì nel volto senza che neanche me ne rendessi conto.
«Ci sono degli animali... erano strani però, come se le radiazioni li avessero resi... più pericolosi.»
Spiegò quest'ultima, catturando l'attenzione dei presenti. Perfetto, se prima ero sicuro di farcela, ora non ero più tanto convinto.
POV ARIA
Poco prima:
La foresta intorno a noi sembrava quasi respirare. Stavamo attenti ad ogni passo, ed ogni ramo spezzato sotto i piedi era un grido di allarme che mi faceva trasalire. L'aria era piena di nebbia, camminavamo da un po' in quello che era un paesaggio distorto, devastato dal disastro nucleare. Ogni cosa qui sembrava marciare verso la decomposizione, gli alberi spogli, con foglie nere che cadendo sembravano polvere, l'acqua stagnante che non rifletteva nulla, e persino il vento che spirava era un soffio di morte.
Eravamo sei, e tra di noi si respirava tensione. Mi sentivo sempre sul filo del rasoio, ma non era solo a causa dell'ambiente. La verità è che non sopportavo Vesper. Lui camminava davanti al gruppo, spavaldo come sempre, e ogni volta che lo vedevo mi si stringeva lo stomaco. Mi irritava profondamente quel suo modo di comportarsi da leader, come se sapesse sempre cosa fare, come se fosse immune a qualsiasi tipo di paura o esitazione. Il suo volto era sempre impassibile, quasi un muro che non lasciava trasparire niente.
Myla camminava accanto a me. Di solito parlavamo, ma oggi anche lei sembrava distante. I suoi occhi castani, di solito caldi, erano ora spenti, quasi vuoti. La sua lancia era stretta nelle mani come fosse l'unico legame con la realtà. Sentivo il suo respiro rapido, come se anche lei stesse combattendo la stessa sensazione di soffocamento che avevo io. Eravamo amiche, eppure in quel momento ci sentivo separate, come se ognuno di noi fosse avvolto in una bolla di isolamento.
Icarus era sempre più avanti, non parlava molto, ma quando lo faceva, pronunciava battute, per rilassare il gruppo. Non era un tipo pragmatico, non uno che si concentrava. Per lui c'erano sempre distrazioni, ma perfino lui sembrava preoccupato. Lo vedevo nei piccoli movimenti delle sue mani, nelle occhiate rapide che lanciava dietro di sé, come se anche lui avvertisse qualcosa di sbagliato. Qualcosa di terribile si avvicinava, ma nessuno voleva ammetterlo.
Echo era la più taciturna di tutti, quasi invisibile se non fosse per il suo passo leggero. Aveva un'aura misteriosa, come se fosse più a suo agio nella foresta che tra le persone. Lanciava occhiate furtive agli alberi, come se aspettasse che da un momento all'altro qualcosa saltasse fuori.
Poi c'era Amanda. Se avessi dovuto dire chi era il cuore del gruppo, avrei detto senza dubbio Amanda. Lei era sempre la più positiva, la più solare. Trovava il modo di sorridere e cercare il lato positivo delle cose. Era la più giovane tra noi, ma anche la più tenace. Aveva quella risata contagiosa, e ogni tanto la sentivo ridacchiare sottovoce quando Icarus faceva battute stupide, come se stessimo camminando in un prato primaverile anziché in una foresta mortale. Mi faceva sentire al sicuro, come se ci fosse ancora un po' di normalità nel mondo.
Ma quel giorno, la normalità si sgretolò di colpo.
«Muoviamoci, non ho voglia di perdere tempo.» Parlò Vesper, continuando a camminare.
«Perché? Cos'hai di meglio da fare?» Domandai, riprendendo a guardarlo.
«Ragazzi...» Echo cercò di parlare, ma venne immediatamente interrotta dal biondo.
«Dovresti imparare a stare zitta.» Rispose con un tono tagliente, voleva farmi sbottare.
«Sei tu quello che...» Provai a ribattere, ma Echo si intromise, non lasciandomi finire.
«Ragazzi! Guardate!»
Avevamo raggiunto una radura quando li vedemmo per la prima volta. Erano lì, immobili tra gli alberi, ombre nere incastonate nel verde malato della foresta. I loro occhi brillavano nel buio, era due punti di luce innaturale che riflettevano una furia animale. Inizialmente pensai che fossero semplici lupi. Eppure, mentre si avvicinavano, realizzai che non avevano nulla di normale. Erano enormi, deformi, come se la radioattività avesse corrotto ogni fibra dei loro corpi. Il loro pelo era striato da pustole, la pelle era malamente attaccata ai muscoli contorti, le zanne erano spropositate, gialle come ossa marce.
La prima a notarli fu Echo. Le sue dita si serrarono intorno all'arco e un sibilo d'avvertimento uscì dalle sue labbra, ma era già troppo tardi. Loro si muovevano più veloci di quanto avessimo potuto immaginare. Prima che potessimo reagire, uno dei lupi si lanciò su Amanda. Fu tutto così veloce, troppo veloce.
«Amanda!» Gridai, ma il mio grido si spense nell'aria.
Il lupo la afferrò con un balzo, le sue fauci affondarono nella carne della sua spalla, e Amanda urlò. Un urlo che mi attraversò l'anima, un suono pieno di dolore. Cercai di sollevare la lancia, ma le mie mani tremavano così tanto che non riuscivo a prendere la mira. Gli altri si mossero come in un incubo, le loro figure sembravano sfocate dai miei occhi appannati dal terrore. Vesper rimase lì, fermo come una statua. Lo guardai, sperando di vedere qualche traccia di umanità in lui, ma non vidi nulla. Solo quella sua dannata calma. Quell'apatia insopportabile.
Amanda continuava a urlare mentre il lupo la scuoteva come una bambola di pezza. Vidi il sangue schizzare, il suo corpo si contorceva in modo innaturale, e lo schiocco delle sue ossa che si spezzavano mi perforava le orecchie. Era un suono disgustoso, crudo, primordiale. Una parte di me voleva chiudere gli occhi, ma non potevo. Ero bloccata, costretta a guardare mentre la mia amica veniva fatta a pezzi.
Poi, un suono gorgogliante uscì dalle sue labbra. Il suo viso, una volta radioso, era contorto in un'espressione di puro orrore e agonia. Non riusciva più nemmeno a urlare. La vita stava abbandonando il suo corpo, lentamente, crudelmente. Il lupo, come se stesse giocando con lei, continuava a morderla, a strappare brandelli di carne, a dilaniarla pezzo dopo pezzo. E noi... noi non potevamo fare nulla.
«Correte!» Gridò Myla, e fu come un ordine venuto da una realtà parallela, qualcosa che risvegliò i nostri corpi intorpiditi dal terrore.
Non so come trovai la forza di muovermi. Le mie gambe si mossero da sole, come se una parte primitiva del mio cervello avesse preso il controllo. Iniziammo a correre, tutti. Icarus davanti, io e Myla subito dietro. Echo ci seguiva a breve distanza, con Vesper che chiudeva la fila. Ci mancava il fiato, ma nessuno si fermava. Sentivo il cuore battermi nelle orecchie, e le gambe bruciare dalla fatica. Ma dovevamo continuare. Non potevamo fermarci.
Dietro di noi, sentivamo ancora gli ululati, quei suoni terrificanti che sembravano provenire direttamente dalle profondità dell'inferno. Non osavo voltarmi. Non volevo vedere cosa ne restava di Amanda, non volevo affrontare il fatto che l'avevamo lasciata lì, sola, in balia di quei mostri. Il pensiero mi devastava, ma dovevo scappare. Dovevamo sopravvivere.
Finalmente, riuscimmo a seminare i lupi dopo poco, o quel che erano. Non ci avevano seguiti, in realtà, forse volevano solo spaventarci? Di una cosa ero certa, se ci avessero rincorsi, ora saremmo tutti morti.
Arrivammo dagli altri prima che il sole calasse, per fortuna non ci eravamo accampati nella foresta, ma lì nei dintorni, e quei lupi sembravano fossero attaccati a quelle grotte, per qualche motivo.
Eravamo stremati, esausti. Io avevo ancora il fiatone, avevo avuto paura, tanto paura. Cercai subito Lysander con lo sguardo, e quando lo vidi, mi sentii già meglio.
Fancast:
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