2 | Estratti
CAPITOLO 2 | NEED2
I'm out, nothing here to care about
What's that sound?
What's that song about?
Nothing worth to say aloud.
Then why do I seem to need 2?
-Pinegrove
POV THOMAS
Ero seduto a gambe incrociate sul letto quando lei bussò. La vidi spalancare la porta e la vidi fermarsi a scrutarmi con la sua solita insopportabile espressione.
«Da quanto sei sveglio?» Mi chiese alzando un sopracciglio. Io non evitai di sorriderle
«Qualche minuto» mentii.
E mia madre lo sapeva quando mentivo, riusciva sempre a riconoscerlo. Forse perché lei e quelli come lei erano specializzati in quell'arte, o, forse, semplicemente perché sono suo figlio e mi conosce. La sua espressione lasciava intendere che non mi credesse, ma come al solito non le importava la verità. Non le importava se fossi sveglio da 5 minuti, da 5 ore o se semplicemente non mi fossi mai addormentato. A mia madre interessavano altre cose.
«Vedi di onorare la tua famiglia se verrai scelto questa volta» mi disse uscendo e chiudendosi la porta alle spalle. Sapeva benissimo che non lo avrei fatto, ma non le importava discutere con me, o almeno non più.
Mi lavai e mi vestii, ma non feci caso a cosa stessi indossando o in che modo fossero i miei capelli, tanto nessuno ci avrebbe fatto caso. Rimasi, però, a fissarmi nello specchio per tantissimo tempo. Era il grande giorno, quello che avevo aspettato con tanta ansia: quello che aspettavo ogni anno. Mi guardai negli occhi, e nel frattempo il mio cervello si era figurato mille visioni.
Già stavo pensando al piccolo ago che mi estraeva quel poco di sangue di cui avevano bisogno, per qualcosa di cui nessuno sapeva nulla. Mi immaginavo seduto su quelle brutte sedie di legno a guardare con impazienza chiunque avrebbe fatto l'estrazione sperando con tutto il cuore di essere scelto e di uscire dal bunker, per sempre.
Ma non feci in tempo a rendere nitido un'altro scenario poiché fui strappato via dai miei pensieri dalla porta della mia camera che veniva spalancata.
Era di nuovo lei.
«È il momento di andare» mi disse dopo avermi squadrato per qualche secondo. Io non le risposi, la seguii semplicemente fuori dalla camera, passando poi a passo svelto per i vari lunghi corridoi fino a raggiungere la porta di ingresso. Una volta lì salutai a gran voce il resto della mia famiglia, ma nessuno salutò me. Non che mi importasse, probabilmente era meglio così.
Mia madre, invece, mi sorrise e lentamente mi prese una mano, posandomi sul palmo una piccola spilla dorata. Era una W. W come Wagner.
Per un secondo avevo pensato fosse un pensiero gentile, un piccolo regalo prima di un possibile addio. E invece no. Era un piccolo e insopportabile portafortuna che serviva a ricordarmi che io, prima di essere Thomas ero un Wagner. E dovevo onorarli.
Le sorrisi e chiusi la mano a pugno, infilandola poi nella tasca del pantalone; lasciai scivolare la spilla in essa con un movimento veloce poi salutai definitivamente mia madre e lasciai una volta per tutte quella casa.
Mi guardai velocemente intorno poi, senza esitare un momento di più, mi diressi verso il centro del bunker a passo svelto, con impazienza.
Arrivai al luogo dell'estrazione pochi minuti dopo, il cuore che mi batteva talmente forte nel petto da fare rimbombare il rumore nelle mie orecchie. Per un secondo mi sembrò addirittura di star per svenire tanta era la pressione del momento.
Ma dopo qualche secondo tornai in me. Staccai i piedi che, inconsapevolmente, avevo piantato per terra poco prima e ripresi a camminare verso il piccolo edificio.
In fila per il prelievo c'erano pochi ragazzi. Ancora meno erano quelli che lo avevano già fatto. Ero, come previsto, tra i primi. Mi misi in fila, sollevai la manica del braccio destro come da manuale e nel frattempo mi guardai intorno. Riconobbi subito un viso familiare. Era Icarus Graham, probabilmente il mio unico amico in tutto il Bunker. Indossava una canottiera bianca, sporca di quello che credetti essere olio di una qualche macchina che aveva dovuto aggiustare, e dei pantaloni lunghi, anch'essi sporchi. Lo salutai con un gesto della mano ma lui non mi vide subito. Era concentrato, o meglio imbambolato, a guardare l'infermiera estrarre il sangue da qualcuno in fila davanti a lui. Avrei voluto attirare la sua attenzione dicendo il suo nome. Ma questo avrebbe attirato l'attenzione su di me e non volevo che accadesse.
Aspettai il mio turno in silenzio, ma con impazienza, e quando finalmente fui io a sedermi il mio cuore sembrò ricominciare a battere ad un ritmo normale.
L'infermiera non mi rivolse neanche uno sguardo. Si limitò a scartare una siringa dal contenitore di plastica rumorosa e senza alcun preavviso mi infilò quel terribile ago in una vena dell'avambraccio sinistro. Inizialmente non mi fece male, sentii solo quella sensazione di un estraneo fresco. Poi arrivò il peggio. Potevo sentire il risucchio del mio sangue. Potevo sentire la mia vena che si svuotava mentre le dita della mano mi cominciarono a formicolare.
Poi l'infermiera estrasse l'ago e svuotò il mio sangue in un piccolo contenitore. Mi fece segno di andarmene e io non esitai ad ubbidire.
Mi avvicinai a Icarus e presi posto accanto a lui. Il ragazzo si voltò verso di me e mi sorrise.
«Sempre tra i primi eh, principessa?» mi disse con un tono sbeffeggiante.
Io alzai gli occhi al cielo
«Tu non sei da meno, e non chiamarmi in quel modo» gli dissi, ma invano. Sapevo che tanto non mi avrebbe ascoltato.
Lui scrollò le spalle, poi il suo sguardo si spostò su un ragazzo appena entrato. Lo riconobbi subito. Era Phoenix Blake.
Non lo conoscevo davvero, ma i miei genitori parlavano spesso di lui a cena, quindi era come se lo conoscessi, o perlomeno conoscevo i pettegolezzi. Non sembrava un tipo tanto a posto, o almeno, così si diceva in giro.
Lo seguii con gli occhi mentre si metteva in fila dietro un ragazzo robusto, quasi il doppio di lui, il quale gli lanciò un'occhiata spregevole.
«Lo hai visto anche tu?» chiese Icarus con voce incredula «che sguardo che gli ha lanciato l'armadio al piccoletto»
Io scossi la testa «Non chiamarlo piccoletto» lo ammonii «Avete la stessa corporatura»
Distolsi lo sguardo dal ragazzo dai capelli marroni per riportarlo su Icarus, voglioso di vedere la sua espressione sbigottita da ciò che avevo detto. Ma proprio in quel momento le mie orecchie udirono qualcosa di parecchio insolito nella stanza dell'estrazione.
«Cos'è che hai detto?» aveva domandato Phoenix, con un tono decisamente troppo alto.
Il ragazzo armadio si girò verso di lui con una lentezza estenuante. Accanto a me Icarus si agitò sulla sedia.
«Ti ho detto di non starmi così vicino» rispose «frocio» aggiunse dopo una pausa di qualche secondo a denti stretti.
Phoenix gli diede una spinta, più forte di quanto mi aspettassi. E evidentemente più forte di quanto si aspettasse il ragazzo armadio data l'espressione in cui la sua faccia si era piegata.
«Il piccoletto vuole farsi ammazzare» sussurrò Icarus, ma io lo ignorai. Avevo paura che quei due si menassero di brutto.
Notai la mano di Phoenix chiudersi in un pugno, pronto a scagliarsi contro il ragazzo armadio. Istintivamente mi alzai dalla sedia, ma Icarus mi precedette.
Si avvicinò a passo svelto ai due e si mise tra loro. Io lo seguii ma mi tenetti un pochino più distante.
«Le botte dopo l'estrazione» disse con tono di rimprovero Icarus.
I due ragazzi lo guardavano confusi, poi Phoenix sciolse il pugno.
«E comunque» aggiunse guardando il ragazzo armadio «La frociaggine non è contagiosa»
Lui non rispose. Si limitò a far passare lo sguardo da me agli altri due e a girarsi di spalle con un sonoro sbuffo.
«Già, sarai pure grande. Ma il 3 contro uno non lo avresti vinto» disse Icarus ridacchiando, e il ragazzo armadio si limitò a ignorarlo, lanciandogli solamente un'occhiataccia.
Phoenix, invece, lo squadrò per qualche secondo poi sbuffò «Mi ha chiamato frocio» disse, più come per tenerlo come promemoria che per comunicarlo a noi.
«Abbiamo sentito» gli risposi «Hai fatto bene a incazzarti, ma quello lì ti avrebbe spezzato in due»
Phoenix non disse nulla, si limitò a spostare lo sguardo sulla fila che piano piano avanzava.
Io aprii la bocca per dirgli qualcos'altro ma fui interrotto da un altro suono insolito.
Un ragazzo dai capelli biondi, che non avevamo sentito entrare, si era messo in fila dietro Phoenix e senza un vero e proprio ritmo stava schioccando le dita. Cercai di non guardarlo e notai Icarus lanciarmi uno sguardo confuso. Era quasi come se fossi riuscito a sentire il suo "Uno normale mai?" direttamente nel cervello, nonostante non avesse proferito parola.
Io scrollai le spalle e con un gesto della testa lui mi fece segno che il nostro lavoro lì era finito e di tornare a sederci.
Ci mettemmo seduti poco più indietro rispetto a prima. Non ci rivolgemmo più la parola. Eravamo entrambi intenti a fissare lo schermo nero posizionato davanti alle innumerevoli sedie che piano piano si stavano riempiendo.
Sentivo lo stomaco contorcersi e snodarsi in continuazione. Aspettavo che lo schermo si accendesse e che i nomi degli scelti illuminassero i nostri volti. E speravo con tutto me stesso che il mio sarebbe stato tra quelli. Non avevo un bisogno vero e proprio di arrivare alla città sicura. Ero figlio di una delle famiglie più importanti del bunker, di conseguenza ero ricchissimo. Però era proprio questo ciò che volevo allontanare dalla mia vita. Mi sentivo sempre sotto esame ed era una sensazione che mi soffocava ogni giorno di più; una sensazione che uscendo da quel posto mi avrebbe abbandonato.
E senza che me ne accorgessi le luci della stanza si affievolirono, senza spegnersi del tutto. Mi guardai intorno per meno di qualche secondo. Possibile che fossi stato sovrappensiero abbastanza tempo da fare arrivare tutti i ragazzini mancanti?
Beh, evidentemente sì.
Lo schermo si illuminò gradualmente, fino a diventare completamente bianco. Con un suono acuto dagli altoparlanti uscì la solita voce robotica, che probabilmente era un messaggio registrato.
«Benvenuti e Benvenute ragazzi e ragazze ad un nuovo rito di estrazione per il Ritorno!» annunciò la voce «Come probabilmente già saprete, il Ritorno è il nome che abbiamo dato all'atto di migrazione della specie umana. Voi giovani avete il compito di uscire sulla terra dove sarete esposti a radiazioni alle quali, fortunatamente, siete immuni! Quello che dovete fare voi è molto semplice: arrivare alla Città Sicura, e per farlo dovrete semplicemente andare a nord e raggiungere i vostri amici dei Ritorni precedenti!» come ogni anno quel discorso mi diede fastidio. Ovviamente sapevamo tutti come funzionasse il Ritorno e ripeterci tutto quanto in una situazione di stress come quella dell'estrazione non mi sembrava il caso. Ma non ero io colui che si occupava delle regole quindi non avevo mai osato obiettare.
«E voi, oggi, siete qui per scoprire se siete stati scelti oppure no per il Ritorno di quest'anno!» esclamò la voce facendo scatenare i soliti applausi registrati.
Poi improvvisamente i nomi comparvero sullo schermo e tutti i nostri occhi si incatenarono a leggere.
Io non feci molta attenzione ai nomi degli altri. Aspettavo il mio. Ma alcuni non potevo fare a meno di riconoscerli
Riconobbi Echo Hayes, una ragazza alquanto misteriosa con cui non avevo mai scambiato una parola
Poi Vesper Jacksonville: il ragazzo che i suoi genitori chiamavano "lo spacciatore del bunker" e che i miei non esitarono a etichettare così a loro volta.
Notai anche Bryenne Wood, i suoi genitori erano conoscenti dei miei.
Poi sullo schermo comparvero anche i nomi di Icarus e Phoenix e dunque finalmente anche il mio.
POV ALICE
Non sono tanti i momenti della mia vita in cui mi sono sentita davvero lo stomaco stringersi per la paura. Non ero solita spaventarmi per le piccole cose come le mie amiche. Loro tremavano prima di un'interrogazione, in prossimità di una visita medica e se un uomo di mezza età le guardava con uno sguardo strano.
Io invece no.
Io studiavo sempre prima di un'interrogazione, cercavo sempre di evitare occasioni in cui avrei potuto prendermi delle malattie ed ero completamente in grado di tirare un calcio nelle palle ai vari pedofili.
Ma nonostante tutto ero terrorizzata dall'estrazione. Quei minuti nella stanza erano sempre fatali per me. Mio fratello Zayden diceva sempre che fosse perché non c'ero abituata. Ma io sapevo perfettamente che non fosse per quello.
Quando poco dopo il mio quattordicesimo compleanno mi ritrovai per la seconda e ultima volta della mia vita in prima fila nella stanza dell'estrazione tra Zayden e una mia compagna di classe e lo schermo si illuminò potei sentire il terrore, ancora più amplificato dell'anno prima.
Il fatto non era che avessi paura del mondo di fuori, anzi, desideravo tantissimo arrivare alla città sicura. Ciò che mi preoccupava era lasciare mia madre e mio fratello.
Zayden si era sempre occupato di me da quando nostro padre ci aveva abbandonati e ciò era diventato ancora più difficile quando nostra madre si ammalò. Era costretta a letto, sempre con le flebo attaccate alle vene. Non capiva più nulla, a malapena si ricordava di noi.
Quindi Zayden dovette lasciare la scuola e iniziare mille lavori per portare a casa abbastanza soldi per farci sopravvivere. E nel frattempo io badavo alla mamma. Le cambiavo le flebo, le davo le medicine e tutte quelle cose.
Se fossi stata estratta questo lo avrebbe dovuto fare qualcun'altro. Una presenza costante in casa nostra. Qualcuno che Zayden avrebbe dovuto pagare profumatamente.
Ma questo non era neanche la cosa che mi terrorizzava di più. Ovviamente avevo paura che fosse Zayden ad essere estratto. Lui sarebbe riuscito ad arrivare alla città sano e salvo, di questo non avevo dubbi, ma senza di lui io e la mamma saremmo state spacciate. Lei sarebbe morta nel giro di un mese e io dopo di lei.
Ed è esattamente per questo che alla vista del mio nome, seguito da quello di mio fratello sullo schermo scoppiai a piangere, soffocando il più possibile tutti i singhiozzi che minacciavano di uscire.
Zayden mi strinse in un abbraccio, sapevo che provasse lo stesso che provavo io. Ma lui non piangeva. Non lo faceva mai. Ma io potevo capire quanto avrebbe voluto farlo. E sapevo che non lo facesse solo per non farmi pensare che lui non fosse il super eroe che io immaginavo.
«La mamma morirà» gli dissi, le parole soffocate dal fatto che la mia faccia fosse completamente schiacciata contro il suo petto.
Zayden mi accarezzò i capelli con una mano, e lo potei sentire prendere un respiro più profondo
«Lo so» rispose semplicemente, con una voce che non avevo mai sentito prima provenire da lui. Era spaventato, quanto me. Probabilmente di più
Fancast:
Josh Hutcherson as Thomas Wagner
Norman Reedus as Icarus Graham
Dylan O'Brien as Phoenix Blake
Julia Stiles as Alice Williams
Jensen Ackles as Zayden Williams
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