CAPITOLO VENTIDUESIMO - parte 1

Quella domanda, il moro, sembrava averla attesa con impazienza fin da quando aveva iniziato a parlare dei tremendi retroscena che caratterizzavano tutti gli altri prigionieri. Le sue labbra si inarcarono in un sorriso strano che trasmise alla ragazza una sensazione angosciosa, e per un attimo i suoi occhi parvero brillare di una luce innaturale. Una luce folle, irrazionale, che fece percorrere la schiena di Allyson da un brivido freddo.
-Io sono Jeff the Killer- rispose, orgoglioso. -In base a questo, potresti risponderti da sola-.
La ragazza deglutì nervosa, stringendo fortemente i pugni di entrambe le mani. -Sei un killer...- farfugliò. -È ovvio-.
L'altro annuì con un cenno del capo, ma non distolse lo sguardo dalla ragazza neanche per un solo secondo, come se stesse attendendo da lei un'altra domanda. E quest'ultima, in effetti, giunse poco dopo.
-Quante persone hai ucciso?- gli chiese Allyson, con un filo di voce; e mentre pronunciava queste parole, fece un altro passo indietro mossa dal timore che stava salendo dentro di lei.
Il corvino avvicinò il volto alle sbarre, in modo tale che la fronte le sfiorasse appena; adesso il suo sguardo era parzialmente celato dai capelli neri che dondolavano verso il basso. -Io sono decisamente l'individuo più pericoloso, tra quelli detenuti in questo posto. Non a caso, come vedi mi mantengono costantemente immobilizzato-.
Rivelando questa verità, il ragazzo si aspettava di veder nascere della paura nel volto di quella ragazza; di vederla spalancare le palpebre ed aprire la bocca, o magari trovare una scusa per allontanarsi. Tuttavia, fu estremamente stupita del fatto che l'espressione sul viso della sua interlocutrice, anziché terrorizzata, fosse semplicemente confusa. Aggrottò la fronte e lo scrutò in silenzio per una manciata di secondi, giocherellando con le dita per sciogliere la tensione che  fino ad allora aveva accumulato. -E' strano... Tu sei... La persona più ragionevole, qua sotto- esordì, per poi distogliere rapidamente lo sguardo.
Il giovane killer tacque, ma non smise mai di fissarla intensamente.
-Sto parlando con te proprio adesso- continuò la ragazza, sfregando le mani sul petto per via della bassa temperatura dell'ambiente circostante. -Cosa che non potrei fare con gli altri, per quanto ho potuto constatare-. Dicendo questo Allyson lanciò uno sguardo alla cella ove veniva tenuta prigioniera la donna con un solo occhio; quest'ultima, con la guancia premuta contro alla sbarre della porta, la stava fissando ossessivamente mentre sussurrava  in modo a malapena  comprensibile  una serie di frasi sconnesse.
-Hai ragione- esordì Jeff, concedendosi una brevissima risata sotto ai baffi. -Ma questo non significa nulla-. Tornando a premere la fronte bianca sulla rete metallica il killer assunse un'espressione strana, che la ragazza non riuscì ad interpretare. -Personalmente, io alterno momenti di lucidità, a momenti di furia omicida. O almeno, questo dice il dottorino-. Tacque per un secondo, poi concluse: -Potrai supporre facilmente che questo è un momento in cui sono lucido...  Anche se per me è piuttosto difficile comprendere in quale stato mi trovo realmente-.
Allyson si limitò ad  annuire, lasciando che tutte le cose che avrebbe voluto domandargli a proposito del suo passato restassero solo pensieri e non uscissero mai dalla sua bocca; ma non sapendo che altro fare, si schiarì la gola e tentò di cambiare l'argomento di conversazione. -Da quanto tempo sei chiuso qui?- disse.
-Troppo- rispose lui, tornando svogliatamente a sedersi sul pavimento imbottito, al centro della sua cella. -Credo più di un anno-.
-E... Vi tengono prigionieri qua sotto e basta? Non vi curano?- domandò ancora la ragazza.
Il quesito scatenò in Jeff una breve risata divertita, mentre inarcava la schiena ed intrecciava  le gambe cercando di assumere una posizione più comoda -Curano? Questa gente non è curabile-.
-Questo è... Assurdo- mormorò lei, scuotendo energicamente la testa. -Siamo in una clinica psichiatrica, loro dev..-.
-Ragazza...- la interruppe bruscamente il moro, alzando lievemente il tono della voce. -A nessuno importa di guarire me, o gli altri pazienti che vengono tenuti rinchiusi qui.  Aspettano solo che giunga per noi la morte, e intanto suppongo vengano profumatamente sovvenzionati per il servizio che offrono-.
Ally tacque per una manciata di secondi, rimasta interdetta da ciò che aveva udito; stava provando una miriade di emozioni in contrasto tra loro, generate dalla gran confusione  mentale che le parole di Alan le avevano scaturito. Pensò a lungo, con lo sguardo basso puntato sul pavimento logoro di quel corridoio, e infine si ritrovò a borbottare. -Questo non è giusto-.
-La tua idea di giustizia è parecchio strana- le fece notare il killer, scuotendo il capo. -Ti sto dicendo che io e tutta quest'altra gente siamo responsabili di un enorme numero di omicidi, abbiamo fatto a pezzi molte più vite di quante tu possa immaginare-.
La ragazza passò nervosamente le dita tra i capelli rossastri, realizzando che le sue mani stavano tremando seppur non si sentisse poi tanto spaventata in quel momento. -Anche tu parli in modo strano- rispose, accennando un amaro sorriso. -Parli come se non ti importasse-.
-È vero- si limitò a dire lui. -Potrei conoscere il tuo nome?-.
La ragazza espirò, annuendo con la testa. -Ma certo, io sono Allyson-.
-Allyson- ripeté il moro, con un filo di voce tra le labbra sottili. 
-Ma va bene anche Ally, tutti mi chiamano così- continuò la ragazza, adesso lievemente in imbarazzo.  -Ed io come dovrei chiamarti?-.
-Soltanto Jeff-.
Nel corridoio era finalmente calato il silenzio; i pazienti nelle loro celle avevano smesso di lamentarsi, e solo qualche  sussurro era percepibile alle orecchie di Allyson, oltre ai rumori deboli ed ovattati che provenivano dal piano di sopra. Recuperando un  po' di coraggio la ragazza tornò ad appoggiare le mani alla porta. -Ti piacerebbe se tornassi a trovarti?- chiese, rivolgendosi a Jeff.
Sul volto di quest'ultimo apparve istantaneamente un'espressione di stupore a malapena percettibile, come volesse nascondere il fatto che quella domanda lo aveva toccato profondamente; probabilmente non riusciva neanche a ricordare quale fosse stata l'ultima volta che qualcuno aveva desiderato spontaneamente la sua compagnia. Annuì con decisione, poi rispose con un tono di voce estremamente piatto. -...Sì-.

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Capitolo dedicato a Crow_666.
Non credo di aver mai ricevuto così tanti complimenti da una sola persona! XD
Approfitto per dire pubblicamente che sono felicissima che ciò che scrivo ti piaccia così tanto; è una cosa che mi riempie il cuore.

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